Amata
Sono tornata alla normalità da qualche giorno.
Ma non può definirsi normalità: qualcosa è cambiato. Non riesco a capire esattamente cosa e neppure il perché.
Ho sospettato che il perché fosse legato ad un incontro che ho fatto in treno. Ma l'ho ritenuto ridicolo nel momento stesso in cui lo pensavo. No, non ridicolo, ma risibile. E per questo, vigliacca che sono, non racconterò di questo incontro e di cosa ha suscitato. Però, che sia ridicolo o meno, voglio e vorrò per sempre bene a questa arzilla vecchietta che ha incrociato il mio cammino. Non riesco a spiegarmi la tristezza al pensiero di non poterla avere vicina.
Ho trascorso dieci giorni praticamente a cavallo dello stretto, facendo su e giù in continuazione. Ho perso, mio malgrado, la manifestazione contro il ponte del 22 gennaio a Messina. Anche su questo vorrei documentarmi meglio e scrivere.
E' stato un viaggio alle origini, grazie ai racconti sui miei avi che ho raccolto. Quando riuscirò a distinguere la leggenda dalla realtà sarò ben felice di scriverne. E se poi non riuscirò a focalizzare la realtà, trasmetterò ai miei nipoti la leggenda. L'ho trovata avvincente.
E' stato anche un viaggio verso il futuro.
Aldiquà ed aldilà dello stretto ho lottato con la burocrazia, con la lentezza, con quello che non funziona, con la difficoltà di camminare per strada a causa del degrado generale, con le false credenze che portano solo dolore, con l'omertà psicologica del tanto si deve tirare avanti. Eppure, per ognuna di queste cose, ho visto, oppure solo avvertito, un rovescio meraviglioso. Pacatezza, saggezza, pazienza. La gentilezza di tutto un autobus che voleva aiutarmi al mio semplice chiedere un'informazione al conducente. E l'interessarsi disinteressato di tutte le persone alle quali mi sono rivolta con una sola domanda e con le quali alla fine ho parlato a lungo. L'allegria e il buon umore. Il chiedermi se avevo bisogno di aiuto solo perché mi guardavo un po' intorno ed erano le 11 di sera e per strada non c'era nessuno, forse sembravo spaesata e invece sapevo esattamente dove ero e mi guardavo intorno con il sentimento di essere in visita ad una nonna malata, che si è lasciata andare.
Sono la nipotina che la nonna conosce poco. Sono la giovinetta che tornando alle origini, trova questa città sgarrupata e sempre uguale a se stessa, nella sua vecchiezza e nel suo stato di abbandono.
Poche cose ho visto cambiate, per lo meno nella sensazione che mi hanno dato. Forse più case vuote ed abbandonate, più locali chiusi ed in attesa di nuova vita. I giovani partono ed i vecchi scompaiono. Un nuovo centro commerciale, dove anche i miei giovani zii vanno la domenica a consumare la loro socialità. E dove andiamo sennò? mi rispondono quando li guardo stupiti.
Sto pensando che per certi versi l'arretratezza può essere la salvezza dell'avanguardia. Se solo da quel punto si tentasse una strada diversa...
Perciò o ciononostante, in questo momento, il mio futuro lo vedo a sud.