30 October 2013

Discomfort

Molto probabilmente la storia di quel bambino, non é come la mia storia, probabilmente per i suoi genitori c'é ancora speranza di felicità e buonumore. E amore, soprattutto, tanto amore. Perché in una casa senza amore si muore sempre un po' tutti.


Eppure leggere la lettera della sua mamma, mi ha fatto pensare alla mia storia. Sono mamma, oggi. Ma ieri, un maledetto ieri che per fortuna si allontana sempre di più, ero figlia di genitori "separati in casa" e infelici, tanto infelici e tanto complessi. Così complessi che in quel  ripostiglio ci stanno a fatica. Restati sotto lo stesso tetto, finché la morte non li ha separati, credo perché pareva più difficile fare il contrario. Perché quelle complessità immaginate da sole e isolate facevano più paura.


E' difficile immaginare la tristezza che si insedia nel cuore a crescere nel non-amore. O in un amore non sano, non so cosa fosse quella cosa densa e scura che aleggiava. C'é stato però un momento in cui la voglia di vivere mi ha travolta, o forse era solo l'aver finalmente conosciuto l'amore. Ero all'apice o alla fine dell'adolescenza, definizioni che ho attraversato senza capire a fondo. Ci provai. Provai tante cose, tra cui convincere lei ad andarsene. Ho fallito, più volte, finché non sono stata travolta anche io. Allora ho solo desiderato fuggire. Salvarmi. Perché non potevo salvare loro senza salvare me stessa. Sono fuggita talmente lontano, non solo nello spazio, che mi é stato impossibile un saluto.


Lungi da me giudicare. piuttosto vorrei poter mandare tanto, tanto coraggio a quella mamma, perché per fare felice lui deve innanzi tutto fare felice se stessa.


Uscire dalla comfort zone, diceva Fede qualche post più indietro. Da quando ho letto il suo commento continuo a pensare a quell'espressione. Più *sconfortevole* di questo angolino dove mi sistemo oggi si può pure, ma ancora non ci riesco. A volte però sento che ci riuscirò.

25 October 2013

Flessibilità non è il contrario di consapevolezza

Mi pare che un po' tutti mi raccomandiate di non essere rigida e non fissarmi su una 'linea educativa precisa', cito Mila su tutti. Capisco che posso aver dato l'impressione di essere una mamma pedante, rigidona e magari pure fredda, qua o altrove (o magari è solo il fantasma di quel che temo). Ne prendo atto, mi dispiaccio un poco, perchè mi sento la quintessenza della sensibilità, dell'amore e dell'empatia, ma amen, probabilmente è anche vero che sono più rigida della media? Bho! Non è poi così importante. E' vero che ci sono cose su cui non transigo, no matter what. Il sonno è diverso, perchè la notte è buia e fa paura. Lasciatemi ripetere, che mai fa male, che aborro Estivil e i metodi di 'lascia piangere, passerà'. Mai lo lascerò piangere quei pianti disperati più di qualche minuto striminzito. So bene che suono hanno i pianti poco convinti che possono essere lasciati sfogare. Non si tratta(va? siamo in tregua da 2 notti e stasera è persino andato a letto sereno) di quelli. Però come mi mette a disagio il 'lascia piangere passerà', mi mette ugualmente a disagio il 'è una fase, è normale, lascia correre, passerà'. Che tutti i bimbi attraversino una certa fase, non significa che non ci sia qualcosa che possiamo fare per aiutarli a superarla.


A me però pare davvero che quel che devo cercare, nella gestione di queste notti di emergenza, è proprio una certa fermezza di pensieri, altrimenti non solo impazzisco, ma rischio di fare proprio dei danni e di peggiorare la situazione. Sono una persona non empatica, di più. Con mio figlio, poi... non ve lo devo spiegare. Se va avanti così, come è successo quella notte, se lui piange, alla lunga piangerò con lui, ogni capacità di pensiero razionale sarà spazzato via. E non potrò essere quella base sicura di cui un bimbo ha bisogno, sarò in balia della sua stessa disperazione. E' questo che voglio prevenire. E' questa la linea che bramo. Va bene il concetto generico di flessibilità, ma reagire ogni volta in modo totalmente diverso non può dare alcuna sicurezza, siete d'accordo con me? 


Ovviamente ci devono essere le eccezioni, ma stabilire i punti saldi, alcune cose su cui non transigere mai o quasi, secondo me è fondamentale. Se ogni notte è diversa da quella prima non penso si arriverà facilmente a trovare una modalità per risolvere il nodo. E si confonderà il bimbo. Perchè io ne resto convinta: c'è sempre o quasi un nodo da sciogliere. Non sempre è facile da districare ***, qualche volta non ci si riesce, ma una ragione o un insieme di ragioni, o se non ragioni delle strategie per venirne a capo... ci sono sempre. Anche solo mentali. Ed erano quelle che bramavo l'altro giorno. In preda allo sfinimento.


Credo di averlo scritto altrove, ma può essere anche che no, lo ripeto qui, rischiando di attirarmi qualche odio: per me queste notti sono novità pura. Pistacchio si è sempre addormentato solo e sereno e ha sempre dormito tranquillo gestendo da solo i suoi risvegli e riaddormentamenti notturni. Mi sono attrezzata perchè fosse così, mi sono preparata al meglio che potevo, poi -cosa più importante- il soggetto si è dimostrato supercollaborativo. Jackpot. Invece non sono attrezzata, non siamo attrezzati, per le notti in bianco, in termini di abitudine fisica, perchè lo so che ci si abitua, a tutto.  Ancora noi no, siamo (eravamo?) in una fase di adattamento incredulo, e speriamo ancora, facendo scongiuri, che questa non diventi la norma. 

Prima ancora che mio figlio nascesse, dicevo, mi sono preparata e ho poi gestito serenamente la questione dell'accompagnamento alla nanna. Per quanto riguarda i risvegli notturni invece non sono proprio ferrata. Mi ripeto, reagire con empatia, flessibilità, istinto è sicuramente fondamentale, ma su uno scenario solido di consapevolezza. Che significa sapere cosa si sta facendo e perchè. Consapevolezza che si cerca di costruire mettendosi in ascolto del bimbo, della situazione, di se stessi, ma anche leggendo, informandosi, chiedendo consiglio agli amici e analizzando la situazione. Io di questo resto straconvinta. Forse questo mi fa passare per rigidona, razionale, o ditemi voi cosa. Non posso che dispiacermene, ma io nel non arrendersi ci credo e continuerò a crederci.


*** alla fine aveva solo caldo!!!
Se avete letto la cronaca dalla trincea, spero di strapparvi almeno un piccolo sorriso con questa, che è una battuta solo a metà...

23 October 2013

notizie dalla trincea

NOn ho avuto tempo e soprattutto energie di rispondere ai vostri ultimi commenti, che sono bellissimi, me ne scuso. Qui stiamo in un vortice. In trincea, appunto...
Appena firmiamo un armistizio torno a chiacchierare. 


Però nel tentativo di combattere la sindrome della pagina bianca, m'è scappato di macchiare questo schermo di logorrea incontenibile. Sappiatelo e lasciate ogni speranza o voi che iniziate.

Le parole sconclusionate che seguono le scrivevo ieri ad ore antelucane... le riesco a postare stamane perchè il pupo stanotte ha dormito, io ho riposato e mi sono trascinata fuori dal letto, invece che gongolare tra le coperte. Infatti da qualche tempo a questa parte, la mattina .....


........o Pistacchio si sveglia presto, oppure non oso muovere dito per lasciarlo dormire, oppure ancora sono troppo stanca e resto sdraiata al buio, surfando mollemente col mio Smartie adorato, da una parte santo subito, dall'altra fonte di inesauribile spreco di tempo. Tant'è. NOn è tempo per crescere altrove e altrimenti, ne prendo atto. Solo, ho bisogno di uno spazietto per me ogni tanto, evviva il teatro, evviva un'uscita ogni tanto con neo-amiche (ormai lo posso dire, e mentre lo scrivo mi commuovo). QUel che però urge riprendere è una riflessione più strutturata sul parenting, sulle sfide che ci attendono, che sono già iniziate e ci stanno travolgendo.

La notte appena trascorsa non è una tipica notte, ma racconta una storia che si sta ripetendo, temo sempre più spesso. Anche se ogni giorno, ogni notte, di questi tempi, è entità a sè. Stiamo in trincea come si usa dire. E se non sono già i terrible-two, se c'è un peggio che deve arrivare, allora io mi preoccupo sul serio. Ho bisogno di tempo per prepararmi, fermare tutto, fare il vuoto, respirare a fondo, prima di tuffarmi in qualcosa che sia ancora più grande di questo. Ci stiamo sfinendo. La pazienza vacilla troppo spesso.

 Devo anche rinnovare il monito da rileggere quando mi verrà di nuovo voglia, che basta week end fuori porta, che ci riportano più sfiniti di prima all'ovile. LA settimana scorsa era già stata terribile, troppo intensa, papà in trasfertà e io che mi metto a organizzare troppe cose, per troppi giorni di fila. La piscina la domenica, la compagnetta del nido a cena il lunedì, la famiglia Sivigliana il martedì. Poi la bella Sivigliana resta con Pisti nel dopo cena, io vado a teatro e lei lo mette a letto, ma questo meriterebbe un post a sè. Che una terza persona mettesse a letto Pistacchio è successo mica tante volte. Tre mi pare. Insomma una valanga di energie e emozioni, Troppe. Le settimane precedenti neanche tanto più serene, tra gastrò e stanchezze varie e diffuse. Soprattutto 4 giorni di fila la nido, senza pause. Aggiungiamoci un week end fuori e poi via si riparte per una nuova settimana.

Santo mercoledì, santi mama e papadag che saranno solo domani ma sto bramando già, per fermare le bocce, fermare questa centrifuga incomprensibile, provare ad affrontare all day long questo uragano fatto a volte di pianti inconsolabili, a volte di testardaggine, a volte di tristezza infinita, ma contraddittoria, che allo stesso tempo vai via, stammi vicino, non ti voglio, stringimi forte.


Stanotte è cominciata, o meglio è finita, alle 2. E' partito il turno del papà, che ti ha calmato, ti ha dato acqua, ti ha raccontato una storia. NOn ho contato quante volte. Forse 3. IL tuo mantra: ja-bà ja-bà ja-bà, ovvero là-bas, tradotto: (voglio andare di) là. La prima volta ti ha portato là-bas a farti vedere le macchine parcheggiate, le biciclette sul balcone, gli alberi che ondeggiavano al vento. Poi è riuscito a calmarti e riportarti alla nanna.  Ti calmavi nel giro di 15-30 minuti, 'svenivi', ti risvegliavi dopo 15-30 minuti e si ricominciava.

Il mio turno è partito verso le 3.30, con mezzora di anticipo vista la tragicità della situazione. Hai ripetuto straziante come una cantilena Tatte-tatte-tatte. Ieri sera ti eri mangiato l'equivalente di un bue, ma può essere che avevi sete, eri in un bagno di sudore. HO ceduto. Ti ho portato là-bas, ti ho seduto sul poang del soggiorno mentre preparavo il biberon. Vedere la sequenza di movimenti per preparare il latte ti rassicura, da qualche tempo. E io che ero quella che non voleva associare il latte al sonno, non volevo che il biberon significasse rassicurazione. Dov'è finita quella donna? Dove sono finita?

Non avevi nessuna intenzione di tornare in camera tua. MI è andato in corto il cervello, ti ho lasciato seduto sul tappeto e ti ho detto la mamma è stanca, ha bisogno di dormire e va a letto. Sono andata a letto. Sei restato un po' lì a parlottare, nel tuo linguaggio incomprensibile. POi, trotterellando nel tuo sacconanna (ma quanto sei buffo?), sei arrivato fino al lettone. Ti ho tirato su. Un attimo prima eri vispo vispissimo, una volta vicino a me hai giocato un po' all'orsetto, poi ti sei messo a pancia in giù vicino a me, segno inequivocabnile di rilassamento. Ti ho coccolato un po'. 


E' successo solo una volta, nella tua carriera di bimbino da 0 a 21 mesi, che hai dormito una porzione della notte insieme a me. Un paio di settimane fa, al termine di una notte ugualmente tormentata come questa. Non è una cosa che cerchi. Ti svegli e strilli, venire nel lettone non è (ancora?) il tuo scopo. Comunque ti sei calmato. Appena papà si è reso conto, si è arrabbiato, si è trasferito sul divano.
Non è d'accordo, in teoria neppure io, ma durante notti così tormentate so solo ripetere: io lo voglio qui.
Il chercheur, la voce della solidità: NOn confondere quello che vuoi tu con quello che è meglio per lui. Quest'uomo l'ho formato io ed ho creato un mostro. Quest'uomo ha probabilmente ragione, ma allo stesso tempo io sento l'esigenza di sapere che la prossima volta che inizierà a gridare, sarò vicina e gli potrò fare subito una carezza. Non ne posso più di sentirlo gridare disperato.
La mia fede nel sonno-nel-suo-lettino non aveva ancora incontrato le urla di pura disperazione. Dice lui, mettiti -anche tu- i tappi... Quest'uomo ha decisamente bisogno di dormire.

Alla vista del papà che se ne va Pistacchio scende dal letto e lo segue. Vuole mamma, vuole papà, o forse, molto più probabilmente, non lo sa nemmeno lui cosa vuole. BAttibecchiamo un po', io e il papà. NOn siamo tanto lucidi, io almeno. Lui dice che lo stiamo confondendo. Non posso dargli torto, il fatto è che una linea non ce l'ho. Non ancora (aiuto!), ma ce l'avrò, ce la devo avere. 


Riprendo Pistacchio in braccio e ritorno in camera sua. Ad un certo punto mi sviene in braccio, lo metto a letto. Lo so già che nel giro di poco strillerà di nuovo. Infatti dOpo poco ricomincia piangere. Il papà, nel frattempo rimigrato nel lettone, sostiene che reagiamo troppo in fretta e dobbiamo lasciarlo piangere un po'. Piange forse un minuto e mezzo e poi si ferma di botto, a mezzo strillo. Mi si ferma il cuore. Poi per fortuna tossicchia un po', e poi tutto tace.  Finchè, forse 15 minuti dopo, riattacca di nuovo mamma, mamma, mamma, tatte, tatte, tatte. Solo che ha bevuto 250ml un'ora prima (e un bue per cena). Mi presento con dell'acqua. che rifiuta, colpisce, si dibatte. Questa volta sono fermamente ocnvinta a non lasciare la sua stanza. Però penso anche che non vorrei fargli venire quel luogo in odio. Il ja-bà è incessante. Si dibatte come un pesce.


Poi mi hai morso, Pistacchio, mi hai morso forte, esattamente sul cuore. Nel giro di qualche minuto singhiozzavo piano, insieme a te, ma non per il male, che non sapevo più da quale lato del cuore venisse, ma per la mia inutilità, per l'incomprensibilità e l'incapacità di tranquillizzarti. Non sono servite le storie sui tram che ti piacciono tanto, non è servito cantare, nè provare a contenerti forte. Non è servito aprire la finestra per farti prendere aria, ché intanto eri un bagno di sudore. Domani, cioè oggi, che dalle 2 ad adesso intanto la notte è passata, porca di quella paletta, o i giorni successivi, probabilmente sarai malato di nuovo. COs'altro bisogna aspettarsi? L. la bimbina biondissima del nido ce ne ha già  un po': un nuovo fantasmagorico giro di gastrò. Ci vorrà poco e arriverà a te, stanco e provato. Non abbiamo supporti che possano tenerti lontano da lì preventivamente, questione di scampare il bacillo di turno.


Restiamo lì sul poang in camera tua. Tu che ti dibatti, io che singhiozzo piano piano, finchè arriva papà, che finora ti ha sentito benissimo, solo un pochetto ovattato dai tappi nelle orecchie. Finisci in braccio a lui che ti riempie di baci e ogni volta che fa una pausa tu dici dipserato cò, cò (encore e cioè ancora). Per lo meno te lo sei riconquistato. Riusciamo di nuovo ad accompagnarti alla nanna. Sono le 5. 

Alle 5.45 strilli di nuovo. Saranno le 6.30 quando ti calmerai e accetterai di essere rimesso nel tuo letto per l'ultima volta di questa notte allucinante.

Ed eccomi qui, dovrei essere al lavoro in questo momento, invece sono qui, ancora in pigiama, a tratteggiare una notte da incubo in maniera sconclusionata. I miei uomini al momento dormono, finalmente, io che faccio vado? Vorrei salutarti come ogni mattina, adesso al rituale si è aggiunto il saluto attraverso lo spioncino della porta di casa...

Vado ad iniziare questa giornatina leggera? Posto in fretta, tornerò a rileggermi anche io.  Avrei voluto parlare meglio anche delle possibili cause di questo momento difficile... oltre al fatto inconfutabile che cresci, il tuo papà che parte in viaggio? i denti?  l'instabilità al nido? Nido che stiamo meditando di cambiare con una tata. E la storia si è fatta un po' beautiful, con intrecci e coincidenze incredibili, che sembra che gli dei mandino segnali. Racconterò, appena possibile.


Intanto qui in trincea vorremmo trovare energie per studiare tattiche e strategie (di sopravvivenza e) per superare il momentaccio, fino al prossimo. Quanto ho scritto è disorganico, comfuso, disordinato, probabilmente inutile. Se però laggiù ci fossero consigli per noi, ringraziamo. Pure qualche pacca sulla spalla non fa mica male. Ci risentiamo all'armistizio all'ora?

Io continuerò a cinguettare appollaiata su quel ramo pesante, mi rendo conto che spesso i miei tweet violano lo spirito stesso dell'uccellino cinguettante. Tipo che twittare 'dilemma nido o tata' ecco forse è un tantino troppo... lasciatemi twittare, comunque  :)

14 October 2013

#CartolinaDalleVacanze

L'autunno è arrivato anche qui. L'aria è frizzante, il sole è più obliquo, per fortuna generoso, la luce è magnifica e ricorda una delle vite passate. Quasi tutte tranne l'ultima della quale sono comunque, ancora, nostalgica. Ma finalmente posso dire che sta passando.

Mentre l'autunno arrivava, io e Francesca ricevevamo le vostre cartoline per una #CartolinaDalleVacanze. Ne sono arrivate parecchie, tante che speriamoil postino non ne abbia lasciata qualcuna per strada... è stato bello leggerle mentre l'abbronzatura sfumava e l'estate si allontanava. L'autunno è ormai inoltrato e, come promesso, ecco la cartolina delle cartoline

Da Francesca troverete la parte più preziosa delle cartoline: il retro.


#CartolinaDalleVacanze 2013



Grazie di aver partecipato e chissà all'estate prossima?

05 October 2013

Il potere catartico del teatro

...un post che pare parecchio autoreferenziale, e forse lo è... 
Ma son giornate queste che un'iniezione di autostima non fa mica male...


Era novembre 2009. 
Io volevo vivere. Volevo vivere tutta la vita che non avevo vissuto. 
Mi rivedo lì, anno accademico 2009/2010, a vivere in maniera più intensa che mai. Oddio, più che vivere correvo e scrivevo post illegibili sul mio correre. Ma che la dicevano lunga... Ad agosto ho dovuto fermarmi a riposare, certificata.

Ma non era di burnout che volevo parlare, oggi. Ma di quello che, nonostante il burnout, mi faceva stare bene. Mi teneva quasi a galla. Nel mentre di quella crisi di atomicità, che volevo fare tutto e di più, tra mille altre cose, mi iscrissi a 2 corsi di teatro. Durante l'inverno tenni duro, il burnout sbocciò nel mezzo della primavera e iniziò a logorarmi ad estate inoltrata. 

A giugno mettevamo in scena Morte accidentale di un anarchico di Dario Fo. Una cosa per niente semplice e poco fruibile per il pubblcio olandese. Per me era tutto bellissimo, l'inglese nelle pronuncie variopinte  di un gruppo all united colors, il decor tutto toni di viola, l'intesa coi compagni.
Ero il commissario Bertozzo al quale il mio consistente sovrappeso  non stava poi male. Gli dedicai tanta applicazione ed un cipiglio mussoliniano nell'espressione. Venne il giorno della prima, ad un festival di strada bellissimo, che non so se esiste più. Era pomeriggio e la platea davanti al palchetto era piena di bambini. I bambini, come spettatori,  non recitano mica... quello che pensano gli si legge in faccia. I bambini sono il peggior pubblico per iniziare. E' stato da lì, fin dalla prima volta, che imparai a guardare altrove.

Nella folla c'era anche il Chercheur che moriva di emozione. E poi mi disse: Tu volevi farmi prendere un colpo! Ma sei  bravissima, e io che sono stato malissimo per la tua paura di recitare.
Il fatto è che ci si prepara, ma capita che non ci si senta mai davvero pronti. Poi al momento della Prima le cose funzionano: vuoi perchè il risultato da raggiungere lo sai tu, ma chi ti guarda no. Chi ti guarda, lo fa con altri occhi, quasi sempre più gentili dei tuoi. Che poi, e questa è un po' la magia ...in realtà il risultato, tu che reciti, non lo vedi proprio (e in video non vale mica). Teatro è impegnarsi a fare qualcosa che sarà per tutti, altri attori in scena compresi, tranne che per te. E doversi fidare del ritorno. Una cosa magica.

E la volta che davvero ti diverti è la Seconda
E poi di più e sempre di più.



Il secondo anno inscenammo una Arancia Meccanica parecchio rivisitata. Quel che restava fedele all'originale era che ci davamo botte da orbi, e al momento della vera rappresentazione, nella foga della recitazione, sono volate pure per davvero. Un'opera mastodontica per la scenografia complicata e per l'importante numero di personaggi. Io sola ero: la vecchietta che Alex uccide (ma non faceva yoga :), ero la mamma di Alex, ero un Dottor Branon che dubitava. Ero il clochard narratore che le prendeva di santissima ragione e mi fece affrontare l'emozione di saltare in scena per prima da sola. Mica poco per una che prima aveva il panico a parlare in pubblico.

La sera della prima e unica ero già incinta allo stadio che più iniziale quasi non si può. Dovrò raccontare al Pistacchietto di quando insieme recitammo Arancia Meccanica.



Il terzo anno ci fu la secessione, seguii un gruppetto che si distaccò. Nessun litigio o screzio, solo volevamo provare a far da noi. Fu bellissimo. Inscenammo una storia poco conosciuta, ma parecchio divertente: Somebody famous. Eravamo galeotti che inziano a fare teatro e progettano e attuano la fuga durante lo spettacolo. Bellissimo. Il mio pancione era ancora invisibile quando iniziammo, la mia data limite era fine febbraio. Dissi che pensavo di potercela fare a sfornare il pargolo e tornare alle prove, in tempo per lo spettacolo programmato per giugno o luglio. Dissi solo che volevo una parte contenuta. Una era perfetta: il galeotto duro che non dice una parola, sta in disparte e fa paura agli altri. Pochissime battute da memorizzare, molto lavoro sulla mimica, ma quella si improvvisa pure, più o meno.  Mi diedero fiducia e fu bellissimissimo, come ho raccontato in un post a cui tengo moltissimo: recitare fa latte.


Quello che mi piace di più del teatro non è salire sul palcoscenico per lo spettacolo finale, ma il lavoro su di sè e la magnifica sensazione di gruppo che si forma. Una sera a settimana hai la possibilità di portare lì le emozioni che premono e farne qualcosa.  Ero contenta quando ho scoperto un gruppo che si riunisce nel centro culturale di Sans âme, proprio davanti casa (dovrò davvero piantarla di criticare Sans âme). Mi ero dimenticata come solo  la stanchezza fisica è nemica  del teatro. La stanchezza o difficoltà emotiva per niente. L'altro giorno, per esempio, sono arrivata carica di energie ed emozioni, purtroppo negative, ho usato tutta la loro intensità e potenza. Per lo più a ridere. In ogni esercizio di improvvisazione ho scelto l'allegria, il sorriso, la positività, l'intensità da metterci trapelava da ogni poro. Sono uscita di lì mooooolto più leggera e serena. E pensare che mi ero dovuta letteralmente trascinare lì perchè altrimenti sarebbe stato la seconda volta di fila che saltavo, ad appena il quarto incontro del gruppo...

Non sono un persona che sta bene sul palcoscenico, ma proprio per niente, anche se col tempo ho imparato ad apprezzare il salirci, per lo meno su quello di un teatro. Inziai perchè mi pareva una cosa affascinante sfidare il mio limite e speravo di acquisire sicurezza nel parlare in pubblico, cosa di cui a quei tempi avevo un gran bisogno. Quante cose ho imparato. Dal palcoscenico guardo ancora dritta le luci, nonostante il male agli occhi, perchè guardare le persone mi fa ancora vacillare. Ma ci arriverò. A guardare dritto negli occhi un pubblico qualsiasi e convincerlo del mio personaggio.