31 March 2015

una fontana rotta

L'ultimo giorno dell'anno 2013 andavo con Pisti, mano nella mano, a prendere il pane dietro casa.


Dal panettiere c'erano i signori Rigagnoli, invecchiati ed acciaccati, ma erano sempre loro, i signori che abitano al numero 32, dove abitavano i miei. Ora mio padre sta al 28, giusto un paio di portoni più il là.

Li ho salutati, ho comprato il pane, poi Pisti se ne stava appiccicato al bancone. Il signor Rigagnoli, che evidentemente aveva risposto al mio saluto solo per cortesia, mi guardava interrogativo, poi pare che mi metta a fuoco, sorride, mi dice ah ma tu sei... non ricorda il mio nome. Si, sono Squa, la figlia del signor Dini, stavamo anche noi al 32, al secondo piano... Momento come di sorpresa, poi grandi sorrisi e gentilezza e allegria per Pistacchio e Tanti saluti al tuo papà.


Le lacrime han cominciato a scendere veloci subito all'uscita del panettiere, in una mano avevo la busta del pane, nell'altra la mano di mio figlio-quasi-duenne, trotterellante ed inconsapevole, non c'era modo di asciugarle. Allora ho preso il mio piccolo Pistacchio in braccio, ho strofinato le gote contro il suo cappellino rosso di pile e l'ho baciato mille volte sulle guance. Mi sono, ancora una volta, infinitamente intristita a pensare che probabilmente persino nel paesino dell'hinterland, oggi, la vita sarebbe più semplice di come era una volta, quando tutto era difficile e pesante, anche incontrare i signori Rigagnoli sul pianerottolo.


Ogni volta che penso a quanto era più difficile e come ora non lo sia più, piango come una fontana rotta.

30 March 2015

Metablogica e gratitudine, perchè si scrive

È comprensibilisimo il bisogno disperato di fissare, schematizzare, capire cosa sta determinando questa risalita. Dopo anni col freno a mano tirato (forse decenni) ho voglia di spiccare il  volo. Ho voglia di essere e non di aver paura. Soprattutto non voglio più aver paura di me stessa. Voglio perdonarmi, voglio accettarmi. Voglio capire com'è che funziona. Questo coinvolge anche il blog  e lo scrivere per me e per gli altri.


Perchè ho paura di scrivere?
Perchè poi lo faccio lo stesso ma col freno a mano tirato?
Perchè i silenzi stridono e i suoni non convincono?


Tre settimane orsono ho ricevuto una email molto importante. Fare blog è qualcosa di meraviglioso, ma quello che succede dietro al blog è la parte migliore. La parte importante è trovare il coraggio di lasciare commenti su blog altrui lasciando una traccia seguibile. La parte migliore è che chi ti legge altrove possa venire a trovare a casa tua e leggere le cose che scrivi, ma soprattutto quelle che non scrivi. La parte più toccante è se qualcuno che ha letto una tua osservazione e che ha una storia come la tua, ti scrive, a quasi un anno di distanza. La parte che fa un po' male è pensare tutti i giorni a questa donna e sperare che stia bene.


La parte meravigliosa è la gratitudine per un pensiero che non è restato solo pensato ma è stato anche scritto e inviato. La gratitudine perchè quel pensiero ricevuto mi ha fatto sentire che aveva un senso aver coraggio e che ha un senso provarci.

Sono tre settimane che ogni mattina mi sveglio pensando a quanto sia importante dare un senso alle proprie parole.




29 March 2015

Epanouissement e esercizi di scrittura auomatica



Lei si chiama Effe è italiana ed è la compagna di un collega del chercheur
L'ho stalkerizzata un tantinino e l'ho invitata ad uscire. Un po' come quella  volta là.

Ci siamo incontrate alla sua fermata del tram, siamo andate in centro ed io, come ultimamente mi succede, ho dato praticamente tutto... svelato ogni mistero, messo tutte le carte in tavola. Lo faccio, me ne pento e poi lo faccio nuovamente. Addicted. Tutte le mie fragilità ben allineate sul tavolo. Ma proprio tutte, nessuna esclusa. Ma perchè?


Dopo il suo ultimo trasloco, anche per lei una sorta di rimpatrio, le è presa la crisi, non sa se vuole continuare a lavorare nel mondo accademico. Io ci sono ancora dentro e medito se sia il caso di restarci o meno. Ci capiamo.

Sta leggendo un libro di una certa Maud Simon, si intitola Fais ce qu'il te plaît ! 12 semaines pour trouver votre voie et rencontrer votre destin 

In libreria sta nello scaffale che si chiama Epanouissement, che è una parola davvero bella che in senso figurato significa realizzamento. Si dice dei fiori: une fleur s'épanouit, les fleures épanouissent. Sbocciano. Insomma qui in Francia anche le persone sbocciano. Mi pare bello. Anche molto primaverile.


Non ho (ancora?) recuperato questo libro, ce ne sono già troppi sul comodino e non avanzo. Ossia nessuno finisce, non fanno altro che aumentare in numero. A me comunque la cosa non disturba mica. Mi sento in bella compagnia, solo non sono sicura di impararare davvero qualcosa (ma mi pare di si, comunque).
Effe mi ha raccontato degli esercizi che questo libro propone per la prima settimana. Sono tre. Partendo da quello che mi ricordo meno: c'è una scatola dove mettere quelche più ci piace, o quello che vogliamo salvare, o quello che ci entusiasma, non mi ricordo bene. Cosa ci mettiamo in questa scatola? Io senza esitazioni ho detto un quaderno ed una penna. Un altro dice di provare a usare la mano sinistra (se si è destri) per fare delle cose semplici. Servirebbe ad attivare l'emisfero destro. Quello che più mi ha richiamato l'attenzione sono quelli che chiama esercizi di scrittura automatica. Significa (almeno per come l'ho interpretato io) ogni giorno sedersi per una decina di minuti a scrivere di getto, qualsiasi cosa passi per la mente, senza filtri, senza controllo, senza mai fermarsi, senza mai esitare.

Al terzo giorno di esercizio ho iniziato a programmare i post del blog. NOn sono tutti stati scritti al momento, anzi, alcuni sono molto molto vecchi e ho avuto il coraggio di sentirli di nuovo. Non sono scritti in scrittura automatica, ma so che ho potuto liberarli grazie a questo esercizio. E' un esercizio molto potente e semplicissimo. Per noi grafomani anche piacevole!

21 giorni di post quotidiani, per pura e semplice sfida. Vediamo se ci riesco. 


Se provate anche voi, poi mi raccontate?


28 March 2015

Di educazione "passiva" e telepatia



Scambio tipico quando Squabus (o il chercheur) starnutisce
Etcia
e Pistacchio: Salute Mamma!
Grazie amore mio


L'altro giorno l'etcia è stato suo
Salute amore mio!
Grazie mamma


Stavo passando lo straccio in cucina e mi sono messa a pensare che è incredibile, quanto abbiamo e stiamo ancora penando per quel per favore quando chiede e quel grazie quando riceve. E che fatica sentirli. Invece Etcia e salute e poi anche il grazie proprio di questo scenario gli sono automatici, fino scontati, da un pel pezzo di tempo dei sui 2 anni e tre quarti (n.d.Squa: di quando questa bozza è comparsa nei draft, ora sono 3 conclamati, grazie al blogstorming che mi fa tornare in mente una bozza abbandonata!!!). E allora è ovvio domandarsi perchè il salute è così automatico e il per favore no? Sto pensando a questo. E mi rispondo che è perchè il salute è di pura imitazione, chiamiamola educazione passiva, mentre per quel per favore ci stiamo dando così tanta pena da fargli perdere spontaneità o che so io. 

Questa cosa l'ho pensata anche di fronte ad una scenetta che mi aveva lasciata esterrefatta. Lui seduto sul suo vasino con un librone in mano dove ci sono delle letterine sparse in mezzo ad altri disegni.
A, B, C D, E G L M diceva puntando ad ogni colpo la lettera giusta. L'ho osservato per alcuni lunghissimi secondi fare questa cosa. Esterrefatta. Ci ho messo poi unbel po' a capire com'era possibile. Il motivo risiede in quel pc giocattolo che ogni tanto accende in autonomia (vivaddio) e che tra i vari giochini da scegliere ne ha uno in cui tutto l'alfabeto viene sparato sullo schermo a pixel grandi tipo 2 cm l'uno con in sottofondo la voce di uinnidepù che legge le letterine. Stessa cosa, ho scoperto poi, vale per i numeri. Quel Pistacchio lì abbandonato al suo pc giocattolo ha assimilato tutto solo e senza alcuna interferenza delle cose che di solito si insegnano attivamente (credo). E allora mi domino per non "interrogarlo" chè, forse, mi dico, quanto meno mi immischio in questo apprendimento passivo, quanto più sarà spontaneo e piacevole. E lungi da me il desiderio di mettermi vicino ad insegnargli qualcosa di più. Solo con le lingue il mio desiderio scalpita ma è stato frenato da difficoltà abbastanza preoccupanti, di cui parlerò, forse, a suo tempo. Appena mi sarò ben centrata sull'argomento e successivamente decentrata, che è la parte più difficile.


Ma tornando alla scenetta dell'etcia e del Salute. Ero lì che svuotavo la lavastoviglie e intanto pensavo proprio a quanto scritto qui sopra. E il Pistacchio se ne esce così:
No mamma, non per favore, salute.
Come stesse leggendo nei miei pensieri. E non è la prima volta...
A me a volte 'sta specie di telepatia mi fa una gran paura.





Questo post partecipa al blogstorming di genitoricrescono.

27 March 2015

Si è fatta i ricci

Preparandosi ad una due settimane senza il chercheur, Squabus ha avuto il coraggio di invitare nuovamente il nonno de Squabus e quindi spolvera questa vecchissima cosa restata in bozza per più di un anno, che é la seocnda parte di questo post qui.

Visto poi che si parlava di passivo aggressivi.


Correva febbraio 2014

Squabus ha appena passato la settimana peggiore degli ultimi due anni e poco più. Il periodino non era certo roseo di suo, è vero, ma non si sarebbe certo aspettata un tracollo così a precipizio in sensazioni lontane, indesiderate e piuttosto orribili.

Squabus sta scrivendo in terza persona e questo già lo ha notato. Ci sono dei guai, e allora si crede di risolvere tutto scrivendo in terza persona... E invece no! Una svolta già c'è stata, e in peggio. I problemi si sono accumulati non è che si possono risolvere con la terza persona... (semicit: Bianca, Nanni Moretti)


Il nonno questa volta non è venuto con la zia Susanna a fare da back up per mamma Squa durante la settimana di lontananza del chercheur. Ora Squabus si è resa conto del perchè il nonno insisteva per venire con la zia Susanna. Il nonno è taciturno come la notte, ma scemo non è e forse non se lo dimentica mica che lui e Squa insieme non è che sia un gran assortimento. Squabus invece ha tendenza a dimenticarlo. Si potrebbero anche interpretare come prove tecniche di ottimismo. O masochismo, a scelta.


In poche parole succede che in qualche giorno appena di convivenza, una Squabus, un Pistacchio, un nonno, è tornata l'ombra, netta, scura e terrificante, di quelle ore morte delle venti. E quel desiderio di allontanarsi da lui, che sparisca dalla sua vista, di non doversi preoccupare per lui, di restare sola.

Nell'adolescenza di Squabus le modalità familiari erano silenzio, facce incazzate con nuvoletta muta del pensiero da dover interpretare, che tanto qualcosa di storto c'era sempre, la casa non era mai in ordine, la cena mai pronta, qualcosa di spiacevole lì fuori si trovava immancabilmente, ma Squabus -e presumibilmente anche tutti gli altri- comunque giù a domandarsi cosa avesse fatto di male,  cosa ci fosse di sbagliato in lei, in prima persona, non la casa, la cena, le cose che non funzionavano. A pensarci bene la sensazione chiara era che tanto niente sarebbe mai andato bene. Quella sensazione di pericolo imminente, di dover fare attenzione ad ogni minimo gesto.

Che magari poi raramente c'era la giornata sì e si facevano due chiacchiere. Ma per la maggior parte erano sbuffi, alzate di voce e cotolette sbattute con violenza nel microonde. Le famose cotolette che il chercheur mi bacchetta ogni tanto. Hei tu ti ho vista, non lanciare cotolette.  E tutto poi va bene.


Da qualche tempo il nonno ha perso la sua aggressività, non pare più lì affacciato sull'uscio aspettando la bagarre, come in stato provocatorio. Squabus era già arrivata alla consapevolezza che quello che rendeva così suo padre in quei tempi bui non era solo il suo innegabile carattere di merda, ma lo stress, uno stress infinito dovuto alla fatica di una famiglia difficile che gli pesava tutta sulle spalle e in aggiunta un lavoro impegnativo che probabilmente non aveva le qualità personali per svolgere. Sono speculazioni. Comunque una cosa è certa: il nonno in quanto a mindfullness zero zerella.

Per suo sommo sbalordimento e terrore, nei giorni scorsi, Squabus, dopo qualche giorno di clausura forzata in presenza di quell'uomo, che non parla, non dice, non si esprime, ha cominciato, lei, a trattare suo padre, come lui trattava lei e gli altri. Quel mobbing neppure tanto velato fatto di poche parole, che sta a voler comunicare, ma senza dirlo ad alta voce:
Spostati che tu non sei capace.
Zitto che mi dai ai nervi.
Non ti sopporto più e vorrei solo essere sola e non dovermi preoccupare anche di te.
Che poi magari suo padre non era neanche questo che stava pensando esattamente. Chi lo sa.

Mobbing familiare, non mi viene altro termine per descriverlo.
Una roba brutta che Squabus era convinta di essersi lasciata alle spalle.
E invece qualche giorno di clausura, certo aggravato da circostanze al contorno faticose, ma in altro contesto gestibilissime -con un pizzico di quella famosa mindfullness- Pistacchio malato, stanchezza, tre notti d'insonnia una in fila all'altra, momento no. La privazione del sonno rende le persone orribili. Ma poi soprattutto -anche qui- di sfondo una sensazione di insoddisfazione e frustrazione sul lavoro. Che poi Squabus se la sta tirando addosso o la sta tirando fuori? La differenza è fondamentale, nel primo caso Squabus si deve dare una regolata, raccogliere e coltivare le energie migliori, respirare a fondo e giù pedalare dritta con convinzione ed entusiasmo. A volte ci riesce e funziona, sembra andare meglio per un po', ma poi giù un nuovo inciampone. Nel secondo caso, perchè soffrire? Un altro lavoro là fuori ci sarà. I tempi sono duri, è vero, ma al limite si campa bene anche con uno stipendo e soprattutto con la salute non si scherza. Squabus ne è perfettamente conscia, solo non ha mica capito se viene prima l'uovo o la gallina.Se é addosso o fuori insomma.


Quindi giorni di clausura col nonno muto che non esprime neppure i bisogni primari. Un giorno che finalemnte riescono ad uscire per una passeggiata,
Squabus gli chiede cosa hai voglia di fare? 
Nonno: niente... 
Squa: Ma non hai mai desideri? 
Nonno: Io? no! [come a dire: sia mai...]
Squa: Questo è un gran problema perchè poi gli altri devono pensare per te (ma anche no, a posteriori, solo se sono masochisti e stupidi). 


A nonno muto dopo qualche giorno risponde una Squabus provata psicofisicamente, nervosa, facilissimamente irritabile ed anche incazzosa. Solo che incidentalmente il povero Pistacchio stava nel mezzo. Quel povero innocente Pistacchio, già piuttosto frignino nel pieno della sua duennite acuta fatta di reazioni incontrollabili e incapacità di darsi un contegno.

Risultato: un circolo vizioso di frigna, fastidio e -incredibilmente chiaro e limpido- l'assorbimento preciso di Pistacchio della modalita di mobbing contro il nonno. Non voleva più essere toccato da lui, lo cacciava e lo trattava male. E il nonno che incassava tutto senza un briciolo dell'aggressività dei tempi andati. Una cosa terribile. Squabus si è accorta che il silenzio ed il nervosismo aveva contagiato tutto. Che non stava più parlando neanche con il suo piccolo. Che si era dimenticata delle sessioni di solletico mattina pomeriggio e sera, intervallate da: facciamo un respiro profondo e poi lui che ride e chiede: encore? E giù un altra manciatina di solletico sotto il collo, sul pancino, sui cosciotti morbidi. Solletico e risate pazze 2-3 volte al giorno, o anche a richiesta, come la tetta, Squabus è certa che qualcuno ne ha già studiato gli effetti benefici per la salute e lo spirito. Invece no, Squabus aveva perso il solletico, l'entusiasmo e la parola, e per forza quel piccoletto lì si sentiva perso, abituato com'è al rimbambimento materno fatto di bla bla bla e di storie e di racconti. Chissà se sono tutti così i bimbi, Pisti adora essere parlato. La parola è una delle poche cose che lo può calmare.  Lui gli piace ascoltare. Lui in quel silenzio stava impazzendo peggio di sua madre e probabilemnte anche attraverso sua madre. Che cosa brutta.


Poi per fortuna è tornato il chercheur. Un'ondata di pace ha pervaso Squabus, Pistacchio, la casa intera. Il nonno fino ad un certo punto.  La sola presenza del chercheur ha placato l'animo inquieto di Squabus e anche se il jet lag metteva a dura prova lui e la sua pazienza, Squabus ha ritrovato la parola, la voce ferma, pacata e tranquilla e tutta la pazienza scomparsa. Pistacchio ha ripreso a sorridere, a Squabus pareva leggergli in viso un certo sollievo Meno male che sei tornata, mamma, ho avuto paura...
Per fortuna l'incantesimo malvagio è stato annullato nuovamente... come si fosse sveglaita da un sogno terribile, Squabus si è detta no, no! Quella ragazzina non c'è più e dovesse tornare la cacciamo a calci. Ci ho messo anni ad allontanarmi da quel paradigma, questa non sono io, questa sono io in relazione a mio padre, come il chercheur ripete allo stremo.


Squabus si sente di merda, si sente una persona orribile. Il nonno è appena partito e lei si è detta ecco adesso piangerai e ti sentirai una cacca e ti pentirai tantissimo della tua cattiveria. Poi no, poi ha deciso che sarebbe stato da perfetti idioti piangere per questi giorni passati, valeva più la pena buttare fuori, come se questa bruttura fosse qualcosa di diverso da lei. 
E quindi si, è vero: al giorno d'oggi Squabus è probabilmente una persona orribile, ma si da comunque una piccola pacca sulla spalla, perchè oggi non si è abbandonata al magone più ottuso e inutile e invece ha deciso di metterlo nero su bianco, che non è mica sempre cosa semplice. Squabus ha passato una settimana comportandosi come la peggiore passivo-aggressiva e con gran terrore pensa che probabilmente in scala minore è così che si comporta col mondo, perchè è cresciuta così. Squabus è incazzata nera per questa opportunità mancata di crescere come una persona migliore. Squabus è altresì perfettamente consapevole che non servirà a nulla nascondersi tutta la vita dietro ad un mi hanno cresciuta così, che è ora di prendersi le proprie responsabilità e non solo a parole. Squabus sa di dovere cambiare. Il come, quello è ancora tutto un gran mistero.



Adesso corre l'anno 2015, sono passate quattro stagioni e mezzo ed il nonno sta per tornare ed il chercheur per ripartire. Squabus ha un po' paura. Giusto un pochino.

26 March 2015

'cause Evolution could explain virtually anything

Squabus ha appiccicato un piccolo post it sul frigorifero, da qualche tempo. Sopra c'e scritta una lista di nomi di donne che aspettano. Alcuni nomi sono stati depennati, e non perché quelle donne l'abbiano delusa così tanto da volerle cancellare dalla vista e dal cuore (anche se continuare a vedersi ha perso di senso reciproco e fa male tanto quanto non vedersi più, anche se in fondo quella storia é durata proprio poco). Sono state depennate perché Squabus ha realizzato il piccolo pensiero che voleva donare a quella vita in viaggio per il mondo. Un pensierino realizzato coi i punti giusti (ma quella é un'altra storia, una storia uncinettica).


Oggi Squabus ha realizzato che deve cambiare la taglia del post it, chè piccolo com'è non basta più, perché la lista diventa sempre più lunga.  Questo per spiegare che it's raining babies non é un modo di dire da donna che aspetta nervosamente il suo turno e che inizia a prepararsi all'idea che magari non arriverà mai.


Sebbene talvolta Squabus abbia pensato che è ingiusto e bizzarro, perché ad ognuna di quelle donne aveva confessato la sua tristezza e il  desespoir insieme ad altre vicende varie.  Ad alcune anche parecchio tempo ormai, tipo uno o due anni-pancia fa. Alcune volte Squabus ha pensato che avrebbe preferito  non essersi svelata così tanto, che avrebbe voluto che non fosse così flagrante la delusione per chi le ha sbattuto in faccia la sua stessa delusione con il un indelicato trionfare. Avrebbe voluto essere stata capace di preservare la sua sfera intima.

Poi, con l'arrivo dell'illuminazione, dell'esercizio della grattudine e della pazienza Squabus ha pensato una cosa anche un po' buffa. Ha pensato che, non fosse che si sente un po' stanchina di sentirsi commiserata, continuare a raccontare le tristezze di una sfortunata infertilità secondaria sarebbe cosa buona e giusta Ed evolutivamente sensata.

Perché le  piace pensare e illudersi che parte di quelle vite siano arrivate anche grazie al suo  contributo catalizzatore. Chè forse dire ad una donna che a volte la natura è difficile le fa venire voglia di provarci e allora quella, in fondo, è la ragione evolutiva del perchè Squabus ha una lingua che non sa mai starsene  buona e tranquilla nel riparo dei denti.

In fondo evoluzione e conservazione della specie, sono una ragione molto alta e degna.


E allora a Squabus il buonumore torna a pacchi. Perché forse non avrà mai più il piacere di dare alla luce un altro alienino (o forse si, chissà, ma forse anche no ed andrà bene lo stesso, ma magari poi sì), però essere un catalizzatore di cose belle non le dispiace punto.  Se solo le si placasse il cuore all'idea di andare a conoscere quella nuova vita e se conoscendola potesse dimenticare quella mancanza di tatto che le punge ancora in petto. Se solo non pensasse alla punta di commiserazione che le sembra di aver scorto all'annuncio della buona novella, mentre scrive un nuovo nome su un post it giallo e un poco più grande.

25 March 2015

Pari e dispari



Casa nuova è al numero 15 che è un numero a cui sono molto affezionata. È stato il primo numero che ho avuto sulla maglia e mi piace tanto anche se è dispari. A me piacciono i numeri pari, a me piacciono le cose pari e l'asimmetria mi mette un gran disagio. Il mio secondo numero di maglia quando ho cambiato squadra è stato l'8, che sa di infinito dritto ed è pari che più pari non si può, eppure non mi convinceva, mi piaceva il 15, ma se l'erano già preso, ed io ero triste e non mi capacitavo, perchè a me piacciono i numeri pari, appunto. Ma forse era proprio quello, che io pari non ero e allora dovevo proprio averci un numero dispari sulla schiena e sul petto. Mi ricordo benissimo quella maglia blu e il 15 grande sulla schiena.

La casa nuova il chercheur scherza che non ci piacerà perchè il sole non sorge dentro le finestre come qui. E mi fa spazientire il chercheur perchè gli dico allora non compriamola se dici così, invece lui no, dice così ma poi la vuole comprare lo stesso, la casa dove non sorgerà il sole nelle finestre.


La casa nuova è arrivata in fretta, mi è sembrato, ma poi si è fatta un gran aspettare. Tutti i documenti che dovevano arrivare sono arrivati in ritardo e adesso che già abbiamo il giorno della firma stabilito ancora manca qualcosa e non è mica sicuro se firmeremo proprio questo venerdì.


Venerdì è 27. E 27 è un numero dispari che però mi fa un gran rispetto. Intanto è tre al cubo, che fa molto ordine e disciplina. 27 è il numero che se ne è andata. 27/3/15 mi era parsa una bellissima data, pur nel suo trionfo di disparità . Mi era parso di buon augurio ma chissà invece forse ho sbagliato.

Ai numeri dispari porto rispetto.

22 March 2015

Why?

Toc toc!

C'è ancora qualcuno sintonizzato qui? Non lo so, siamo così poco disciplinati su queste pagine che non mi stupirei se no. Siamo un po' più giudiziosi lontani da questo schermo ed era diventata una cosa un po' rara e quindi si è un po' emozionati. La strada è lunghissima ancora, ma si stanno accendendo dei lampioni lungo il cammino.

Ad un certo punto si è incontrati questo video, che ha un sacco di qualità positive e anche negative, ma io non ho voglia di dirle prima che chi passa di qui lo veda, quindi facciamolo strano, ditemi che effetto fa a voi questo video.
 

Buona ispirazione! e ci vediamo nei commenti, spero....




Ci sono i sottotitoli e anche il testo trascritto nella lingua che più preferite

07 March 2015

Un caffè al sole con Didi

La giornata era iniziata sotto il segno che chiamerei Emotional. Arrivata in ufficio avevo trovato nella casella della posta un plico destinato a me (e per una buona volta non era "spam")! La busta era quella di TU-cittadina-medievale-olandica e conteneva la tesi di D., uno dei primi studenti di master che conobbi laggiù e che poi tornò per il dottorato (e tra qualche tempo se ne verrà nientepopòdimenochè in quel di MontePello, per mia somma e immensa gioia!!!). Le mie mani corrono in fondo al libercolo, dove c'è la parte più meravigliosamente bella e significativa: i ringraziamenti. Il mio nome tra gli altri, con le parole più votate a farmi torcere le budella di nostalgia, soprattutto in questo momento. Quando arriva la colleghina dolce deve per forza vedere le gocce che cadono sulla scrivania, decide di starmi alla larga, in quel momento le sono grata. La mia giornata sarà di quelle più intense e ora ho bisogno di ricompormi. Attacco col da farsi, quel magone però è rimasto lì. La Titolare mi dice che lei mangerà presto, gli altri sono al seminario, mi chiede se voglio unirmi a lei. La sola visione della Titolare mi fa sentire come se avessi ingoiato un macigno, in questo periodo. Molta ammirazione e stima, ma la sua bravura e puntualità in questo momento di sfacelo, pur in ripresa, mi fa fisicamente male. E però fa comodo anche a me mangiare presto. Mi siedo accanto a lei a ingoiare pasta e macigni. 


Poi vado in camera oscura, ci mancava solo quello per il morale già a dura prova... per fortuna ci incrocio la nuova post-doc, quella che ha sostituito la Bella Sivigliana, che non tornerà dopo il congedo maternità, iniziato da un paio di settimane. Anche lei è spagnola, amche lei bellissima, molto più riservata e pacata. Viene da più a nord, ha gli occhi verdi e  trasparenti e parla un buonissimo italiano. Mi illumina la fatica della camera oscura dove non amo per niente rinchiudermi. Al ritorno in laboratorio sono tutti spariti ma non ci penso che sono fuori a bere il caffè, mi metto subito a valutare i risultati. Fa capolino Didi e mi dice: Gli altri saranno fuori....... l'invito è implicito ma esplicito. Vengo volentieri! Lascio là cassetta, pennarelli colorati e film: Andiamo fuori, che ci fa un gran bene. Lui col suo caffè, io con la mia bottiglietta d'acqua, chè a me il caffè è vietato, specie in giornate come questa! Arrivati al portone incrociamo gli altri cherientrano, ci diciamo dai andiamo lo stesso due minuti fuori che ci fa un gran bene... (che meraviglia questo angolino assolatissimo, nascosto e riparato dal vento che abbiamo eletto a posto del dopo-pranzo... che meraviglia!). 

Ma tu dov'eri? gli chiedo. Io ero chiusa al buio della luce rossa, ma tu perchè non eri con gli altri? Ed è lì che mi dice:
Son tornato a casa  a pranzo. Sai son dovuto uscire prima dal seminario, ho ricevuto la telefonata di un mio cugino...
E' morta mia zia.
La moglie del fratello grande di mio padre.

Oh Didi, mi dispiace...
Era molto vecchia. Aveva tra novanta e cento anni, nessuno lo sa quanti precisamente.
Tutti sono d'accordo che era una donna straordinaria.
Mi dispiace molto, immagino che tu sia molto triste.

...

la chiamavo mamma. Da noi nel mio villaggio, tutte le zie e le nonne vengono chiamate mamma e tutti gli zii e i nonni papà. La famiglia è grande. Tutti partecipano all'educazione, te l'ho già detto eh? Dico sempre le stesse cose

...

Come sono i funerali da voi?
Per una donna così anziana è una cosa incredibile. C'è una grande folla, tutti arrivano dai villagi vicini.

...

I nipoti fanno una grande festa. I figli e i nipoti (di generazione precedente) non possono

...

Vuoi dire che per i nipoti di seconda generazione si fanno celebrazioni gioiose?


Sto già piangendo. (Sto di nuovo piangendo).

No scusa... è che ..
è morta mia madre...
sento che sta per "reagire", lo blocco con un gesto della mano
è morta più di tre anni fa, ero incinta, all'inizio della gravidanza. 

...

Non riesco a parlare a questo bimbo di sua nonna, nè della morte, il solo pensiero miatterrisce...
questa cosa di fare una festa con canti e balli mi sembra una cosa meravigliosamente stupenda. 
Scusa Didi, sono un po' emotional oggi.


Facciamo per rientrare


T'as la larme facile toi!

E si, diciamo così...





E meno male che il giorno dopo, e cioè oggi, davanti al mio nuovo quaderno-libro giallo, mi fermo a pensare alla cronaca della giornata di ieri, con quell'inizio e questa triste e bella conversazione,  che poi è proseguita con la sua maestosa serie di mazzate sui denti. Con tutto il magone, i macigni, le lacrime in canna e tutto il resto. Però facendo la cronaca si spiega tutta l'intensità ed in senso di sopraffazione. Sono effettivamente molto piccola sì di fronte a tutto questo. Piccola e stupefatta.


La mattina dopo a colazione, cioè stamattina, racconto al Pistacchio (ci provo almeno) la storia della zia di Didi. Per lo meno ci provo. Per lo meno riesco a pronunciare le parole la zia di Didi è morta ieri
E non è mica poca cosa.