18 December 2014

invece

Squabus respirava molto profondamente da giorni e giorni. Sferruzzava e respirava fondo visualizzando una forte energia mistica e natalizia e facendola sua. Squabus ogni anno intorno al solstizio invernale subisce un incantesimo scuro e vischioso e si perde, più ancora del resto dell'anno. Squabus ha deciso che quest'anno invece no e sperava che respirando e visualizzando, visualizzando e sorridendo, si sarebbe sentita abbastanza forte al momento della partenza. Mancavano ancora cinque giorni, da visualizzare anche sul calendario dell'avvento di lana e cartoncino riciclato, quello dei biscotti e della pasta e del pacco degli yogurt quello da sedici. Il primo calendario dell'avvento della sua storia . Cinque giorni intorno all'albero di natale più strano del mondo. Il primo albero di natale della sua storia familiare, quella nuova.

E invece. E invece il nonno de chercheuris si è sentito poco bene, proprio mentre la nonna de chercheris era in ospedale per un'operazione. E allora squabus, il chercheur, con al seguito un piccolo pistacchietto felice di "andare a Italia" e anche un po' confuso che oggi non è la lana del 23 che tiriamo, perché erano 18 giorni che parlavamo di quel giorno lì per andare a Italia.


E allora non c'è più tempo per respirare preventivamente, tocca respirare dentro e confidare nella saggezza dei momenti di emergenza. Anche se Squabus questo déjà vu che ha provato nel fare le valige a tempo record gliel'ha spezzato il fiato. Anche se il nonno si è già ripreso, la nonna si rimetterà in piedi prestissimo perché è di fibra forte. Squabus ha pensato a chi in piedi non avrebbe voluto rimettersi neanche potendo.

Per un attimo ha sentito una vertigine al toccare con mano la solidità della famiglia de chercheuris...
Squabus è annegata un attimo in un mare di lacrime invisibili poi le ha invisibilmente asciugate. In questo istante guarda il mare nizzardo che tante volte ha lenito I suoi pensieri. Tra poco arriveranno le gallerie del confine ed un silenzio radio riempito di lana e collane e guantini....

Squabus spera che la forza del respiro sia con lei.
A risentirci dall'altra parte del confine.


07 December 2014

Abbiamo (almeno) due cervelli - una definizione di intelligenza emotiva

(sottotitolo: gettando appunti sulle base teoriche di quella Risalita...)

Il Sistema limbico o Cervello emotivo è la parte del sistema nervoso che governa la sfera emotiva (quella che viene spesso chiamata la via bassa o animale o istintiva) ed è contrapposto alla Corteccia prefrontale o Cervello razionale che governa il linguaggio, il pensiero logico e cosciente (via alta).
Il Cervello emotivo controlla tutto ciò che è implicato nel benessere psicologico e anche gran parete della fisiologia del corpo: la tensione arteriosa, gli equilibri ormonali, il sistema immunitario e digestivo e il funzionamento del cuore.



Le due vie sono molto diverse. quella bassa è velocissima e grezza, è l'istinto, il cervello nella sua forma primitiva, quella alta è lenta ma precisa e rappresenta la parte più  evoluta del sistema nervoso.
E' normale e meravigliosamente efficace che le due vie siano così diverse, perchè non sarebbe pensabile dover controllare in maniera logica e cosciente la respirazione, il ritmo cardiaco e tutto il resto. Il sistema limbico potrebbe essere assimilato al nostro pilota automatico.


La vita psichica è il risultato di uno sforzo costante di simbiosi tra i due cercelli. Da un lato il cervello razionale, cosciente, razionale e volto al mondo esterno. Dall'altro il cervello emotivo, incosciente, preoccupato della pura sopravvivenza e direttamente collegato al corpo. Questi due cervelli sono relativamente indipendenti e contribuiscono in modo diverso al nostro comportamento. I disordini emotivi conseguono dal disfunzionamento del cervello emotivo. Per gran parte questi squilibri originano da esperienze dolorose vissute nel passato e che si sono impresse in maniera indelebile nel cervello emotivo continuando a influenzare le nostre emozioni e il nostro comportamento anche moltissimo tempo dopo. Il compito di uno psicoterapeuta è riprogrammare il cervello emotivo in modo che sia adattato al presente piuttosto che continuare ad essere influenzato da situaizioni e vissuti del passato. A questo scopo spesso è più efficace usare metodi che passino per il corpo piuttosto che contare sul linguaggio e la ragione dai quali a conti fatti il Cervello emotivo è totalmente scollegato.
In effetti le emozioni sono l'esperienza cosciente di un insieme di reazioni fisiologiche che avvengono nel nostro corpo in risposta a stimoli esterni ed interni.  Si potrebbe quindi quasi dire che il cervello emotivo è  collegato più strettamente al corpo piuttosto che al cervello razionale. Talvolta è più semplice accedere alle emozioni attraverso il corpo piuttosto che attraverso il linguaggio.



Quando i due cervelli non vanno d'accordo
Il cervello emotivo e quello razionale ricevono stimoli dal mondo esterno in contemporanea. L'interazione tra loro, cooperazione o competizione, determinerà quello che proviamo e persino il nostro rapporto con il mondo e con gli altri. Detto in parole molto povere, se la dissociazione  tra i due cervelli è molto spinta saremo infelici. Al contrario se c'è cooperazione tra i due piani staremo bene (sempre in soldoni).

Il compito del cervello emotivo è di dare l'allarme. E' per sua natura sul chivalà ed è pronto a dare avvio ai processi che  vengono definiti  “combatti o fuggi”. Qualora individui un'emergenza, interverà annullando all'istante tutti i processi del cervello razionale. E' effettivamente una buona strategia di sopravvivenza, se c'è un pericolo, inutile perdersi in discorsi e sottigliezze. Il problema è che quando le emozioni sono troppo forti, la predominanza del cervello emotivo governa e annulla i nostri processi mentali impedendoci di riflettere in maniera razionale e controllata.


Questo meccanismo può spiegare molte cose interessanti. Per esempio perchè  siamo incapaci di concentrarci e di rendere nell'ambito cognitivo e razionale se siamo depressi o abbiamo subito un evento traumatico (per inciso quanto mi parlano questi quadretti!!!). O perchè persone che hanno subito abusi fisici o meno, abbiano spesso un temperamento troppo sensibile ed emotivo. In alcuni casi si può parlare di vero e proprio corto circuito tra i due sistemi. Per esempio nel caso di disturbo post traumatico da stress, in seguito ad un forte stress il cervello emotivo subisce una deregolazione, secondo la quale prenderà a segnalare allarmi e situazione di pericolo a stimoli esterni anche (oggettivamente) minimi, con il solo e comprensibilissimo scopo di protezione. L'allarme viene dato al minimo segnale di pericolo e il cervello emotivo è incapace di ricevere rassicurazioni sull'effettiva, razionale, assenza di pericolo, dal momento che il cervello razionale viene silenziato e bypassato.

Il cervello razionale in condizioni normali serve a dirigere quello emotivo. In seguito ad un segnale di allarme spropositato, un buon equilibrio tra i due prevede che la parte razionale rassicuri quella emotiva. Una predominanza della via alta  su quella bassa è anche nociva al benessere. Essere governati dal cervello razionale significa non prestare attenzione a quello emotivo e banalmente costringersi in situazioni che ci fanno male. Quel che ne deriva è: stress, con tutte le problematiche che gli sono legate (stanchezza, ipertensione, disordini intestinali e dermatologici, problemi cardiaci e così via).

Secondo questo modello stiamo bene se c'è  equilibrio tra reazioni emotive immediate che ci fanno reagire al pericolo imminente e le risposte razionali che sono in grado di guidarci a costruire il nostro avvenire e quello delle nostre relazioni sociali. Stiamo bene se ci troviamo in equilibrio e armonia tra quello che pensiamo (e diciamo) e quello che proviamo.

Questa capacità di armonia è anche detta intelligenza emotiva.
Se il nostro cervello razionale funziona molto bene siamo intelligenti nel senso classico del termine. Se i due cervelli lavorano in armonia e serenità siamo emotivamente intelligenti.


 I metodi naturali di cui si parla nel libro di cui parlavo in questo post, sono tutti -direttamente o indirettamente- volti a coltivare questa armonia.

03 December 2014

La metafora dell'uncinetto


Sono andata in centro a prendere nuova lana, ne avevo già quintali, ma quintali troppo assortiti, provenienti da diversi cicli della spirale, non abbastanza colori e lane incompatibili. E poi ho perso di vista gli uncinetti del numero 6 e questo era inaccettabile. Avevo bisogno di sferruzzare proprio col numero 6.

Ho imparato l'uncinetto da mia madre e se ci penso non ci sono molte altre cose che mi abbia insegnato. Non a cucinare, nessun particolare segreto casalingo, nessun segreto del mondo e degli uomini. Non eccelleva in nessuno di questi campi, almeno da un certo punto della sua vita in poi. Prima, dicono le voci, era una persona eccezionale e vincente. Cullo il desiderio, il bisogno, di scrivere alle sue amiche di gioventù per farmi raccontare com'era la mia mamma prima. Per soffrire fino in fondo di quella malasorte ingiusta e poi perdonare tutto e tutti e anche lei. E infine anche me stessa.

Non mi ha insegnato molte cose, neanche a fare gli spinaci e i broccoli che faceva lei, che in mezzo a tutte le cose così così che cucinava, quando cucinava, erano buoni. Erano suoi.

Però l'anno della maturità mi ha fatto da spalla nella preparazione dell'interrogazione di scienze sulle rocce. Lei, da bravo architetto secchione-110-e-lode, le rocce le conosceva a menadito e mi aveva dato un sacco di trucchi per ricordarmele. Presi 9 e fu l'unica volta. Quel 9 rappresenta per me la potenzialità. Quello che avrebbe potuto essere e non stato. Povera la mia mamma che la vita se l'è fagocitata. Povera la mia mamma che nessuno ha saputo aiutare.

Però si, l'uncinetto me l'ha insegnato. Credo sia stato nello stesso anno delle rocce,  un anno fortunato. Mi ha insegnato la maglia bassa, quella alta e il punto gambero, mi pare. Dopo moltissimi anni ho scoperto, o almeno mi è parso di capire, che uno di quei punti non era fatto in maniera canonica. La mia mamma era un po' anarchica, soffriva nei ranghi, aveva l'esigenza di rompere gli schemi, come si poteva vedere nelle cose che ha progettato. La sua deve essere stata una maniera per reagire al suo papà militare e alla sua mamma meticolosa e pignola. La sua Ribellione.
Questa cosa è passata nei miei modi di fare para-para. Sono la testa per lo più saggia, ma molto calda della situazione, sono quella che si ribella e che non ci sta. Al limite per me ribellione è quella metodicità che anelo e non compio mai completamente. Quel delirio che ho per l'archiviazione, per la catalogazione senza speranza del mio caos (che guarda un po' si sta arginando...ma quella è un'altra metafora , quella dell'dell'armadio...)

Tornando all'uncinetto, resterò sempre col dubbio se per mia madre il fare la maglia bassa in quella maniera non canonica fosse intenzionale. Ci sta col personaggio. Ma anche non fosse intenzionale, era lei, lei era una maglia bassa non canonica. Però contava, contava le maglie e ripeteva lo schema sempre uguale a se stesso. In maniera stranamente ligia e stretta. Era testarda la mia mamma.


Io sono più creativa. Non riesco a contare, non riesco a seguire un pattern e con l'uncinetto questa cosa è limitatamente limitante. L'uncinetto, rispetto al lavorare a maglia che ho provato in una stagione invernale  olandica, quando la mia amica canadese K aveva montato un circolino di maglia (e uncinetto). Sono risucita a fare due berrettini, uno è andato alla bimba di H, la mia dottoranda americana preferita. Poi la maglia l'ho abbandonata perchè facevo fatica costretta in quei ranghi prefissati... L'uncinetto , dicevo, è un'arte molto versatile, il lavoro può cambiare continuamente e adattarsi senza troppo sforzo alle esigenze. L'uncinetto può anche somigliare alla scultura per certi versi. Se Pistacchio mi lasciasse più volentieri la sua mano quei guantini li avrei già finiti già da mo'. Invece sono ferma ad un pollice. Medito di fargli il calco della mano per andare avanti, perchè di questo passo quando ho finito o sarà estate o i guanti saranno piccoli.



Oggi sto pensando che non sembra poi così grave aver appreso quella maglia bassa anarchica ed atipica. Non canonica. Io, all'uncinetto, posso costruirci lo stesso un mondo che è colorato, bello e funzionale come tutti gli altri. Pur con la consapevolezza, a volte dolorosa, di non poter parlare maglie basse con gli uncinettari canonici. Non è grave.Ne troverò di atipici sul cammino, spero.

Quello che mi pesa è non aver imparato la rifinitura. O come diavolo si chiude il lavoro. La mia mamma andava come un treno a sferruzzare e sfornare sciarpe, ma restavano « grezze ». Nel suo ultimo anno di vita ha intrecciato tonnellate di lana distribuendo sciarpe non rifinite a figli, nipoti, nuore e genero. L'uncinetto portava anche lei in the flow, mi sà. Quando era più giovane probabilmente aveva conosciuto quel desiderio di sperimentare che io sto assecondando con le collane. Nessuna sarà uguale alla precedente, perchè io non ce la faccio a replicare. E' più forte di me e per certi versi è un peccato. 


In quegli anni lontani delle rocce mi ero fatta una lunghissima sciarpa in due tonalità di grigi, che poi era andata in prestito all'economo di Madrid. Anni dopo qualche altra sciarpa. Poi dei bei guantini per la Teddy, una cappello per Sonrisa (era pure finito sul blog a ripensarci...), uno per il chercheur. Una coperta terribile per  Hnita-bebè. Anni dopo una collana semplicissima per me, che molte persone mi hanno sorriso. Molte persone hanno sorriso la mia collana, come dire ah tu sai fare questo. Io posso fare cose belle. Quindi adesso mi rimetto in creazione. So fare poco, ma quel poco che so fare deve creare cose belle. Voglio coltivare questa maglia bassa anarchica e farci cose meravigliose. Il DIY esistenziale è in mood ON.

(questo post ha perso un pezzettino nel suo lungo peregrinare, se lo ritrovo ce lo rimetto qui... che blogger distratta questa Squa... intanto buon uncinetto a tutti)



27 November 2014

dolce spirale uncinettica

Risalita, ancora risalita. 

uncinetticamente

Risalita, con  l'autunno e l'inverno che si avvicina vale doppio, triplo. Vale un sacco. Ho scoperto di amare l'autunno, non la pioggia continua degli ultimi giorni, ma la luce meravigliosa, i colori cangianti, andare a raccogliere castagne, osservare ogni giorno gli alberelli di fronte casa che si spogliano, accogliere i primi raggi di sole che entrano  esattamente dalla finestra della cucina e proiettano le nostre ombre rosse sul muro. Che meraviglia. Quella luce rossa e calda ci farà dubitare di cambiare casa, quando e se....

Squabus ama l'autunno e allora sì che è risalita, allora sì che tutto è possibile. Tutto può cambiare, tutto si può rinventrare. O riscoprire.

Ho rispolverato i miei uncinetti. Se ne stavano  tristi e sconsolati in un bustone insieme ai quintali di lana che avevo comprato in occasione dell'ultima spirale uncinettica. Perchè io ogni tanto ci ricado, ogni volta mi chiedo perchè avevo smesso. E la risposta è forse che la spirale è un po' fagocitante. Lana dappertutto, incapacità di pensare ad altro. Voglia di fare di più e ancora e ancora. Che alla fine, qui siamo fatti così. Questa spirale la cerco più misurata, sempre appassionata, ma accogliente e non totalmente totalizzante.


Io forse raggiungo "the flow" con l'uncinetto. Penso molto alle persone mentre lavoro. Penso a chi regalerò questa cosa, penso a cosa preferirebbe quell'altra. Devo respirare e mettere  in fila i pensieri quando mi viene quella foga di fare. Poi prendo  l'uncinetto e con la lana intreccio i pensieri. Perchè quella persona quella volta mi ha detto questo o quello. Perchè non ne abbiamo mai più riparlato. Perchè mi sono sentita così? Si può fare meglio vero? Si che farò meglio. 

Penso molto anche al natale che arriva , che qui si sà com'è. E voglio che quest'anno sia  diverso. Col chercheur abbiamo parlato di cosa vorremmo che fosse per il piccolo. Il fatto è che "natale" non si può  costruire a tavolino. Io non so che natale saremo in grado di offrirgli. Quest'anno e i prossimi. Lui che intanto che noi non sappiamo, non diciamo, torna dal nido cantando père noël père noël e chissà che immaginario si sta costruendo fuori di qui. A volte mi si spezza il fiato al pensiero. Di emozione e timore. 


E quindi uncinetto pensando a tutto quello che ho sbaglato e che voglio migliore. Ed è un dolce uncinettare. E' solo un peccato che uncinettare scrivendo non sia proprio possibile. Scriverei, forse, delle bellissime poesie...

15 November 2014

Arduino, la coerenza cardiaca e DIY versione geek ...il chercheur intanto - parte II


Per fortuna mi sono fatta perdonare, perchè in quello stesso giorno arrivava   un pacchettino tanto atteso. Col chercheur abbiamo molto parlato di cosa volevamo fare col suo contenuto, sono riuscita quindi a recuperare qualche punto "compagna di geekitudine". E siccome i nostri giochini geek hanno a che fare con quella Risalita che mi sta graziando, lascia che io racconti cosa può essere di aiuto al sentirsi giù, schiacciati. Depressi, lo diciamo ad un certo punto?



Flashback
Era aprile ed io ero in partenza per il mio ormai tradizionale secondo viaggetto annuale di mamma-in-fuga-dalla-prole, ero in stazione in attesa del treno che mi avrebbe portato a Parigi dalle mie amichette olandiche. Venivo appena appena fuori dal picco più basso di quella cosa scura e cattiva in cui sono stata più o meno invischiata negli ultimi (cristo santo!!!??) due anni. Però almeno scarsi, dai. Porca vacca comunque.

Guardavo tra i libri in vendita alla grande edicola della stazione, nella speranza di trovare una perla, qualcosa che mi aiutasse a guardare avanti a superare velocemente quel momento di super down

Ho acquistato questo libro (nella sua versione francese):

Guarire. Una nuova strada per curare lo stress, l'ansia e
la depressione senza farmaci né psicanalisi

David Servan-Schreiber

Questo libro è molto interessante per chi vuole prendersi cura delle proprie tendenze depressive. Soprattutto  se vi intriga conoscere i meccanismi dei metodi alternativi per combatterle.  Elenca e spiega infatti 7 sfere di azione tramite le quali affrontare e curare depressione, ansia e stress, evitando interventi di tipo farmacologico e anche senza psicoterapia. Questi i campi di azione suggeriti:
  1.     rimozione dei traumi psichici con i movimenti oculari tramite il cosiddetto EMDR (nota di Squa: che in realtà, credo, è sempre "somministrato" in sede di una psicoterapia)
  2.     energia della luce (fototerapia)
  3.     agopuntura
  4.     alimentazione (apporto in acidi grassi Omega-3)
  5.     attività sportiva
  6.     comunicazione emotiva non violenta, relazioni sociali e solidarietà
  7. Il settimo metodo (che in realtà nel libro è presentato per primo) è la ricerca della "coerenza cardiaca".


 Proprio quest'ultimo è quello su cui il chercheur si è appassionato quando gliene ho parlato. Misurare il battito cardiaco e monitorarne la variazione? Mi piace! Guarda come sono bello e scienziato: se compro il materiale giusto posso farlo da me.

Il chercheur ha quindi acquistato il necessario: una sonda ottica e un micro-processore (il mitico Arduino). Poi ha scritto uno scriptino che trasforma il battito rilevato dalla sonda in un grafico in cui sulle ascisse c'é il tempo e sulle ordinate la frequenza cardiaca calcolata sugli ultimi 2 battiti, il grafico rappresenta quindi la velocità del cuore e mostra ogni accelerazione o decelerazione.

Dice la teoria che respirando "attraverso il cuore" (secondo le tecniche classiche di yoga e meditazione) si interviene direttamente sulla frequenza cardiaca rendendola regolare. Si ma che significa "respirare attraverso il cuore"? Bho! Adesso che abbiamo il nostro strumento di biofeedback non abbiamo proprio bisogno di saperlo spiegare, ogni tanto ci sediamo al computer, infiliamo il sondino sul dito e ci guardiamo il cuore sullo schermo cercando di guidarlo verso la coerenza.

Praticamente il DIY in salsa geek!!

Io amo quest'uomo


Dettagli più precisi su cos'è la coerenza cardaca e come può aiutare a coltivare la propria serenità interiore, si possono trovare qui, dove è riportato un brano del libro suddetto. Io sto ancora studiando  e a suo tempo pubblicherò la terza parte di questo post cercando di spiegar(mi) come mai funziona.


#arduino it's finally at home


13 November 2014

Squabus litiga


e per una buona volta non è distrutta dal senso di colpa, dal senso di "avrò sbagliato"? Dal senso di "oddio e adesso che succederà?". Squabus si sente fino benino nel mezzo del litigio!

La scrittura del post del divano deve aver sbloccato qualcosa. Squabus per altro ha l'impressione che ultimamente è tutto un sblocca-sblocca. Pare di stare in mezzo ad un domino, toccata una tesserina è caduta gran parte del paesaggio. E bisogna dire che si sta un gran bene senza certe convinzioni, pensieri, segreti, omissioni, nel mezzo del proprio paesaggio mentale. Che sollievo madre mìa! Squabus ultimamente ha fatto tanti di quei passi in avanti (molti di più e molto più significativi di quelli già menzionati) che si sente ancora più illuminata di prima. Tutto questo sa di rinascita, più che di risalita.


Per raccontare i fatti come sono accaduti, tanto per una volta, chè Squabus di norma ha difficoltà a raccontare di terzi, in toni accusatori e negativi per lo meno. E però la catarsi chiama. La liberazione...   venting mode is ON. Per raccontare insomma è successo che iL collega manipolatore e snob l'ha cagata in pieno. L'ha provocata, forse senza neppure volerlo veramente, ma solo per stronzaggine intrinseca (e non so che cosa è peggio) l'ha indotta ad una rabbia profondissima, ma per fortuna misurata e fino buona. Del tipo "Ma perchè diavolo mi tratti così che io sto facendo del mio meglio ad AIUTARTI, per aiutare TE, brutto stronzo e stupido". Che poi bisogna dire che tutti gli astri del cielo si sono rimessi a girare come un tempo che fu, Squabus si sente intellettualmente presente, riesce a ricordare quello che legge, riesce ad appassionarsi a certi compiti che prima bof e insomma si era messa di buzzo buono per fare funzionare le cose, nel progetto del manipolatore stupido. Ma quello niente, preso probabilmente da casi suoi, diamogli il beneficio del dubbio, l'ha ignorata quando lei gli chiedeva di guardare i risultati, ha continuato col suo atteggiamento altezzoso e impegnatissimo, e la sua routine fatta di caffè -rigorosamente ed esclusivamente con  pari grado o più- infastidimento e stress e ordini impartiti agli altri 3 poverini sotto le sue preziose guide. Squabus allora gli ha fatto uno sgarbo garbatissimo. Una cosa che lei sapeva benissimo l'avrebbe mandato su tutte le furie. Squabus ha mostrato i risultati al capo di tutti chiedendogli un parere.

Apriti cielo.

Quello si è incazzato a morte. E' inutile raccontare qui tutti i dettagli, quello che ci siamo detti e fatti. BAsti sapere che la conclusione del litigio è stata che secondo lui Squabus non aveva il diritto di mostrare neppure l'aspetto tecnico dei risultati nè ai colleghi nè tanto meno al capo di tutti. Cosa che Squabus continuava e ocntinua a dire essere fuori discussione. Non se ne parla prorpio bello!!!

Se fossi disponibile e simpatico sarebbe forse altro paio di maniche, pensava Squabus. Ma   l'opportunità di formarmi a cose che non so fare e di crescere discutendo con colleghi tutti e soprattutto superiori, se questi hanno il tempo che tu non hai o non vuoi dedicarmi. Te lo puoi scordare ciccio!!

COnclusione fu che probabilmente non c'è compatibilità e che la cosa migliore era parlare col capo dei capi perchè mi assegnasse ad un altro progetto.



Solo con te ho questi problemi, ha detto lo stronzo (bugia! bugia! bugia!), per citare una delle cose più intenzionalmente atte a ferire che ha detto. E Squabus che un di' avrebbe curvato le spalle spaventata e tapina, chiedendosi cosa avesse lei di sbagliato, ha fatto un sorriso mite, sereno  e paziente, ripsondendo: Me ne farò una ragione. E intanto pensava (peccato che non l'abbia detto ad alta voce!!!): si vede che sono speciale!! Quanto ha poi sorriso contenta Squabus di questo pensiero spontaneo, positivo e bello proprio.


Squabus ha poi raccontato la vicenda a tutti, ma come è da lei, mettendo bene in chiaro i propri difetti e le proprie intransigenze. In cerca spudorata di approvazione e sostegno. Persino alla titolare, l'unica tra tutti  ad essere pseuso-pari a lei come quadro gerarchico (solo che lei è titolare, che cambia parecchie cose alla fine!) e che è diventata pappa e ciccia con lui. La titolare ha detto che lo stronzo manipolatore Il n'est pas vicieux et tordu. Squabus, che pensa esattamente l'opposto, è rimasta silenziosa ad ascoltarla. NOn l'ha contraddetta, ha preso semplicemente nota e ha ringraziato del consulto amichevole, che per altri versi è stato molto utile. Squabus ha capito cos'altro ha mandato in bestia il manipolatore. Apparentemente Squabus è troppo fiera e altezzosa e la cosa ai piani più alti non è così apprezzata. Amen, ci farà i conti. Evviva la serenità.


Poi ha parlato con la colleghina giovane e saggia e carina e amichetta ormai. E anche col nuovo dottorando simpatico e con la dottoranda asiatica. Tutti l'hanno rincuorata e le hanno dato pacche sulle spalle dicendole degli accorati Vedrai che si risolve tutto. Ma lei mica era preoccupata. Solo ci teneva molto ad affermarsi. Cosa che non fa mai. Per amore di correttezza, perchè parlare dei conflitti nel sototbosco le è sempre parsa una cosa sbagliata e cattiva. Squabus stavolta invece ha deciso di affermare i suoi bisogni. Squabus s'è rotta il cazzo di essere integerrima e corretta ad oltranza. Pardon my french, ma adesso veramente basta.


SOlo una cosa ha omesso di dire ai più, che ci aveva messo la malizia, che lo sapeva che lui si sarebbe arrabbiato e che in fondo lo voleva fare arrabbiare. Squabus avrà da gestirsi il senso di colpa di questa malizia e di questa omissione. Si farà una ragione anche di questo.



Dopo due sessioni di arbritraggio separate. Prima lui col capo. Poi Squabus col capo, domani oggi sono convocati per arbitraggio a 3. Perchè in fondo in fondo lo stronzo ha bisogno di aiuto e non può permettersi di lasciare le cose  così e risolvere il conflitto gli conviene.
Lei preferirebbe non lavorare più con lui che è un personaggio fintamente solare, fintamente amico di tutti e invece fosco e cattivo e subdolo. Per lo meno così lo percepisce lei e gli starebbe volentieri alla larga. Però è anche vero che finire un conflitto così e separarsi creerebbe un antipatico precedente che Squabus preferirebbe non avere sulla sua fedina professionale. E poi - e questa è la cosa pericolosa e mai provata e per cui si sente molto in colpa - sottosotto un po' è divertita dall'idea di stuzzicarlo ancora e vedere se lo fa arrabbiare di nuovo....

Squabus è intrigata e curiosa di come metterla giù in questo arbitraggio a tre, perchè pare che lo stronzo al capo abbia detto cose totalmente diverse da quelle(a) che rimproverava a lei. Ma allora non sei stronzo, sei stupido? E mo' di che parliamo domani oggi?


Eccoqua, questa era la storia di Squabus che litiga. Diccome lei è naive e troppo buona (insomma a conti fatti, a vedere tutta sta malizia e desiderio di litigare che spunta a tradiemnto...) accetta volentieri dritte e incoraggiamenti dai lettori con tanto savoir faire e  più sgamati di lei.

11 November 2014

I signori (e signore) che guidano il tram


 
Adoro andare a prendere Pistacchio in bicicletta. Adoro l'ultima discesa che ventila ben bene  i pensieri della giornata e mi fa arrivare da lui in scioltezza. Ho apprezzato anche riportarlo su per la salita, perchè mi piaceva l'idea che eravamo insieme, in movimento e ogni tanto ci parlavamo complici. Da un po' di tempo però un po' per pigrizia, un po' per accontentarlo (che poi è il vero punto della situazione),  invece di pedalare su per la strada che ho appena percorso, io e lui andiamo un po' più in là, facciamo una discesa ancora più ripida che ci porta ad una fermata del tram, quello blu con gli uccellini bianchi, ormai famoso su questo blog. PIstacchio adora il tram e io con lui. SOno felice di questa nostra routine anche perchè giustifica l'acquisto del costosissimo abbonamento annuale ai mezzi. COsì monto la bici sul tram, lui ben legato sul seggiolino, incastro la bici e mi aggrappo ben bene facendo attenzione a frenate e partenze e andiamo su per le 5 fermate che ci portano a casa. 

I nostri rituali sono in costante evoluzione e anche questo mi piace molto. MI da la misura della sua crescita, della consolidazione delle sue certezze, del desiderio di esplorare nuove cose. Una volta che eravmo cisì incastrati e aggrappati  ho dovuto negargli una cosa che desiderava molto. CI siamo capiti male, ogni volta montiamo sul tram vicino al conducente, quella volta  devo aver detto andiamo vicino al signore che guida, lui ha capito andiamo a  vedere il signore che guida, quindi una volta su si aspettava che lo facessi scendere dal seggiolino e lo portassi vicino alla cabina. COsa ovviamente impossibile. Allora ho sopportato i suoi strilli e proteste -e gli altri passeggeri insieme a me- e gli ho detto tra un sighiozzo e l'altro che quando fossimo scesi alla nostra fermata, ssaremmo usciti e andati davanti, affianco al signore che guida il tram a guardarlo. Inutile dire che ora questo è il nostro rituale di discesa dal tram. Immancabilmente usciamo, ci mettiamo lì paralleli a l muso del tram e osserviamo il conducente.

Ce ne sono tanti, sono signori e signore, bianchi e neri, giovani e più vecchi. Spesso hanno un aria un po' imbronciata, ma immancabilmente, quando ci guardano fermi a guardarli gli scappa un sorriso. Qualcuno lascia partire uno o due  Tin addizionali, prima di partire, in onore del Pistacchio che li guarda incantato. Io sono felice di questo rituale nuovo, non solo perchè mi permette di accontentar eil mio bimbo, ma perchè mi sembra di portare un sorriso ai signori che guidano il tram.

 

 Questo post nasceva altrimenti. NAsceva per dire che due anni e tre quarti sono una fase meravigliosa. E che anche la duennite passa.  Che poi quando mi lamentavo della duennite pesa, in fondo lo sapevo, che la duennite non ce l'aveva mica Pistacchio, ce l'avevo io. Ma di come m'è passata la duennite e grazie a cosa, vlo racconto un'altra volta, forse.


10 November 2014

La caffettiera, metablogica e un nuovo post dei post

Sono un vulcano...
eccomi qui, ancora in risalita forte e chiara, un bimbo febbricitante che ho appena accompagnato al riposino, un chercheur via per per quattro giorni ad una conferenza. Seduta ad un pc che va a carbone,eccomi,  io sono un vulcano. Potessi, mi chiuderei in casa a scrivere. Le rare volte che mi viene questo fuoco comunicativo, immagino una stanza da letto, una scrivania e una finestra sul mare. E io che scrivo, scrivo scrivo.....


Da dove comincio? Dal vulcano. Perchè sono sempre così? O niente o tutto, un tutto da non riuscire a mettere i pensieri in fila, a non riuscire a domare le parole? Sarò mica bipolare? Ho chiesto alla Matrioska l'altro giorno. SI è messa a ridere. Ah la MAtrioska. Ci starebbe anche lei nei miei pensieri scritti. Elogio di una Matrioska si intitolerebbe quel pensiero fatto a post.


E adesso, un respiro grande, un po' di metablogica e poi un post dei post.


Dove va questo blog? Cosa fa? Di cosa parla? Che toni ha? Non ne ho idea. Di tutto un po' e va benone così. Non ho per fortuna questa smania che mi si legga, mi si segua. La smania che ho è di esprimermi. Di tirare fuori cose che stanno lì a far muffa e corrodere gli animi. Di condividere. DI trovare anime gemelle. Quello si.

Di cosa continuerò a parlare? Del più e del meno? Di burnout (o quello che fu?), di depressione, della psicoterapia, di famiglie disfunzionali e malattia mentale, di conciliazione scontenta. Di bilinguismo e fatica, quanta fatica.

A volte però mi piglia un brivido... e se provassi ad impegnarmi un po' di più? E se provassi a coltivare quell'interesse che sta premendo e ne facessi qualcosa di più strutturato? Saprei domare il mio caos e darmi dei limiti? Un giorno magari potrei essere anche io una casalinga con bonus, una felice donna a casa con un bell'interesse da coltivare. In tante(i?) ci provano, magari non funziona, ma magari stai bene lo stesso. Mha.



L'ultimo post dei post non è rimasto del tutto nell'aria, poi alcune cose le ho scritte davvero, alcune no, altre se ne stanno lì in draft, in forme più o meno compiute. Ho 72 post in draft. Io sono la donna-draft! Parecchi sono abbozzi, cose che premevano e non hanno trovato la giusta luce. Alcuni post sono belli che finiti, ma non c'è più la luce giusta o chissà che cosa. IO non sono tipa da programmare post. Qualche volta l'ho fatto ma niente non funziona. Il click deve essere una cosa del momento. Se al momento del click lo spirito non è lo stesso del post allora non se ne fa più niente. Immagino sia così per molti. Io però penso che "costringermi" a scrivere qualcosina oggi giorno sarebbe terapeutico. Una sorta di meditazione. LA ricerca della calma giusta, del "la" della scrittura. Non è sempre possibile assecondare l'ispirazione del momento ed è un vero peccato. Se potessi scrivere quando mi preme l'ispirazione, sarei felice. Se fossi una persona meno caotica avrei un taccuino dei post che nascono lontano dalla tastiera. E sarei una donna meno caotica e più felice. Scrivere mi fa un gran bene. Nonostante io stia perdendo la grammatica, l'ortografia, il mio italiano tutto.

Oltre a finire o pubblicare quelli che già sono in draft, ma di quelli oggi non ne parlo, bisognerà che mi somiglino di nuovo... Ecco, se potessi avere tutto il tempo e la pace e l'ispirazione non mi abbandonasse, questi sarebbero i pensieri di cui scriverei:

  • Lettera ad uno pseudo-stalker
  • che andrebbe insieme o forse no insieme ad un altro molto tosto intitolato: Molestate
  • I signori che guidano i tram
  • Ti voglio bene come il mare, che però poi è stato messo in crisi da:
  • Ci mancava solo Edipo
  •  Yin &Yang
  • che fa il paio con Squabus litiga! Ed è lo stesso serena

Sono poi mica tanti a ben vedere... Ma siccome sono un vulcano, invece ora vado a leggermi un libro, tanto Il Pistacchio tra pochissimo si sveglia!
Volete mica votare il vostro preferito?

Lo sentite questo rumore di caffettiera? SOno io! C'ho un vulcano in petto!!!

05 November 2014

Di olimpiadi e tante altre cose

Quattro anni  
Quattro anni sono il tempo in cui un atleta si prepara alla prossima olimpiade. Quattro anni sono un lasso di tempo che non ho mai dovuto/avuto il privilegio di considerare.

Pensare ai prossimi quattro anni è molto difficile per me che sto lottando per dare una dimensione degna al Passato, non farmi devastare da un Futuro che non arriva, per concentrarmi su un Ora e Adesso. Grazie a questo libro (quello piccolo e prezioso) semplice e difficile allo stesso tempo, per la prima volta, forse ci riesco. Un libro che ho aperto in un momento che gli più appropriato non si poteva e poi ho lasciato in sospeso, pur pensando a lui ogni giorno.

All'inizio di quest'anno prendevo coscienza della negatività del mio ambiente di lavoro. Siccome sono troppo buona, o ingenua o sempre pronta a prendermi una grossa fetta delle responsabilità del sistema, mi sono messa e rimessa in discussione nel tentativo di salvare il salvabile. Ma con un sano distacco con un tentativo faticossissimo di sano distacco. Sicuramente quando il contratto si avvicinava alla fine, non ho provato l'angoscia del passato, quando sentivo quell'ansia di dimostrare che valevo un rinnovo, quando sentivo di dovermelo sudare. Questa volta al contrario ero pervasa da una serena convizione che io non dovevo dimostrare niente a nessuno. Se possibile mi sono ancora più rilassata, come a dire io questa sono, potrei sì dare molto di più, ma di certo non in queste condizioni. Oh se ho dato di più, oh se sono stata più.
Mi domando comunque se quel di più non fosse un'illusione, quel passato di affanni, se io non fossi solo convinta di stare dando di più, solo perchè mi stavo dando pena, quando invece ora do (il) meglio proprio perchè rilassata e distaccata. Ma é un meglio un po' triste e sconsolato. Quel che più importa è che sicuro manca la passione, quel fuoco sacro del voler fare bene. Perduto, disperso. Forse (anche) questo è (tristemente) crescere, forse è questa mancanza di luce negli occhi che noi giovani ed entusiasti di ieri vedevamo in noi maturi, distaccati e disillusi di oggi. L'odio per il collega più anziano che indulge nella pausa caffè, il pensiero rabbioso - misto senso di ingiustizia che lui non fa un cazzo e noi invece si suda sangue. E la non comprensione che lui invece, intelligentemente, intanto che noi ci perdiamo in fatiche esagerate, sta stringendo relazioni che gli sono molto più importanti sulla sfera puramente lavorativa, del non rompersi la testa, rovinarsi il fegato, negandosi una pausa. E non sto parlando di politica (certo c'è anche quella, ahimè), sto parlando del coltivare le relazioni per il proprio benessere psicofisico. Le pause caffè sono sottovalutate. Ma questo è tutto un altro discorso...


Non mi sento mica troppo bene. Io, ma anche qui.
All'inizio dell'anno prendevo coscienza che il mio malessere dipendeva anche da quella decina di persone che ero costretta a vedere ogni giorno. Non tutte, ma alcune, forse un paio o forse anche una sola. Alla quale, ancora una volta, lascio il potere di influenzare il mio umore, la mia emotività, la mia salute in fin dei conti.
Intanto, nel giro di qualche mese da quella presa di coscienza, ho tagliato l'agognato traguardo del primo anno, grazie al quale ho maturato il diritto a lavorare all'80%. Il mio adorato mamadag, che  un anno e mezzo fa declinavo in tutte le salse. Erano i tempi in cui parlavo molto di conciliazione, di disparità di genere e cose importanti. Avevo creato una bella etichetta, che suonava cosi': "conciliazione bisessuata". Poi ho smesso. Ed é peccato, perché avere il feed back di essere stata d'ispirazione era una cosa preziosa e bella. Ho smesso perchè al momento mi pare di avere poco da conciliare. Si conciliano due cose di valenza non posso dire simile, ma diciamo entrambe importanti. Si può parlare di conciliazione se fuori dalla famiglia che si deve gestire e si vuole godere, si trova un lavoro stimolante e interessante e che si desidera portare avanti bene e con la stessa passione di prima. Se questo entusiasmo viene meno, non stiamo parlando di vera conciliazione, per lo meno non era questa la conciliazione di cui io parlavo prima. Questa in cui mi ritrovo è una battaglia di sopravvivenza. Per quattro giorni a settimana lo scopo é arrivare alle 17, tirando avanti come posso e senza tornare a casa troppo "pesta". Col senso di colpa del condividere le incombenze familiari con una persona che il suo lavoro lo adora e che si sta facendo in 4 per esserci, esserci forte e chiaro su entrambi i fronti. Temo che sia a questo punto che (le donne) mollano il colpo. SOno meno stimolate nella sfera lavorativa e allora, teoria dei giochi docet, si mettono da parte. E' ancora un altro discorso. Parliamone, ad un certo punto parliamone.


Finalmente mamadag
Quando al primo di aprile sono passata all'80% sono rifiorita a nuova vita, finiti gli incastri e i mercoledì di maratone. Un po' di respiro e di tempo e finalmente delle ferie di cui disporre, che prima bruciavo in mercoledì pomeriggio presi per creare un mama/papadag che volevo a tutti i costi ma che non mi aveavo concesso. Poi mi sono fatta inculare col cambio di contratto perchè le ferie di prima non avrei potuto trasferirle al nuovo contratto. Oddio fregare fino ad un certo punto perchè le ferie me le sono godute, eccome se me le sono godute. Anche lì sono come rinata. E quando al primo di agosto è iniziato il nuovo contrato e intanto il nido chiudeva per tre settimane, non ho esitato un attimo a prendere ulteriori 3 settimane, pur sapendo che poi avrei fatto fatica, per una volta ho fatto la cicala. Tra maggio ed agosto sono proprio pochi i giorni in cui ho lavorato. La sto pagando adesso. Da fine agosto a fine dicembre con 3 giorni di ferie, ma soprattutto nessuno su cui poter contare per le emergenze, sto facendo una gran fatica. Per carità poi faccio pratica zen concentrandomi sul fatto che i problemi sono altri e c'è chi sta peggio. Ma quando in collegamento skype sento mio padre appresso ai tre nipoti geograficamente vicini, un giorno babysitta uno, il giorno successivo l'altro, poi tutti e tre in un colpo. Ecco, lasciatemi uno spazio di lamento, mi si perdoni il post che forse scriverò sul fatto che mi sento sopraffatta dal non avere nessuno su cui contare e dal senso di gratitudine e debito enorme che sento verso la mamma (santa impresaria) che ha tenuto il piccolo una mattina di emergenza. Il senso di debito mi pesa enormemente. Perchè il marito dell'impresaria ha detto chiaramente che lui non si fiderebbe se io ed il chercheur ricambiassimo il favore. Certo a loro una mano non servirà perchè hanno i nonni vicini. Doversi fidare di qualcuno che ti sta dicendo che di te non si fiderebbe fa male al cuore. Ma mi sono persa di nuovo.


Prendi una donna, dille che l'ami
Questo nuovo contratto. E' arrivato in sordina, non lo pensavo, non lo bramavo, non l'ho sudato. E' arrivato in sordina e poi ha fatto un gran frastuono. Quattro anni. Quattrro anni mi ha detto il capo buzzurro. Sto chiedendo un rinnovo 4 anni per te, lo vuoi? Pensavo mi stesse prendendo per il culo. Non ci potevo credere. Devono essere tattiche , deve essere il Teorema alla Ferradini della sfera lavorativa. Tu eri lì che dicevi vabbè se anche non mi rinnovi non è la fine del mondo, cerco altrove, con tutte le implicazioni che restare con te ha. Con questa legge che vieta di essere impiegati nella funzione pubblica per più di 6 anni, quanto più io rimango dove sono adesso, dove so per certo non si potrà aspirare ad un tempo indeterminato, quanto più tempo perdo altrove a costruirmi una possibile strada. Tac, proprio la volta che dai anche no, se non mi rinnovi non piango mica. Quattro anni. Il capo buzzurro mi ha offerto 4 anni di rinnovo. una cosa che non si è mai vista nell'istituto dove lavoro, quindi ora sono quella dei quattro anni. Che c'avrà mai quella che le anno offerto quattro anni di rinnovo? Ma poi lo vedi com'é scontenta, antipatica e sempre musona.  e poi é sempre li' a bere caffé con tutti, la vita é proprio ingiusta!


La sventurata rispose
Nel mezzo di bufere esistenziali, mica troppo convinta ma concentrandomi sugli innegabili vantaggi, non da ultimo uno stipendio garantito, ho firmato accettando questi 4 anni. Eppure. Mi concentro sui privilegi. Il privilegio dell'80%. Il privilegio della calma, del non-stress, se solo accetto le cose come sono, se solo rinuncio. Se solo mi accontento. Eppure. Eppure c'ho una cosa indomabile in petto. Forse é la fiammella del fuoco sacro che ogni tanto si riaccende e poi la bufera circostante la manda in fumo. E quella cosa imbizzarrita in petto mi dice scappa, altrove potresti rinascere. E se fosse il mestiere in sè ad essere sbagliato? Poi succedono giornate iluminate in cui sono illuminata, appunto, e tutto è meraviglioso a prescindere se funzioni o meno. Giornate in cui mi dico ch epotrei fare altro, ma che potrei anche continuare a fare quello che sto facendo con rinnovata passione. E allora mi dico che é vero che sono io il problema, ma stavolta me lo dico in modo positivo. Dipende solo da me.
Allora, di nuovo,  cerco il modo di far funzionare tutto per il meglio e non lo trovo. E poi si parte per un altro giro di giostra, torno a casa pesta e mi ripeto come un mantra che non è obbligatorio, che posso ricominciare, per l'ennesima volta, altrove. Che sarebbe anche una sorta di rivincita. Ma io non funziono per rivincite. Io funziono per sbattere la testa centinaia di volte sullo stesso muro, finché non lo sfondo. A quale prezzo pero'?



Quattro anni sono un'olimpiade. Quattro anni mi si blocca il respiro. Possono cambiare tante cose in quattro anni, mi dico, posso provare a cavalcare ogni singolo giro di giostra cercando di non ammalarmene. Ah se cambiano gli scenari in quattro anni. Non ho "che" da essere quercia in un paesaggio di erbacce e fiorellini a cui dare da bere. Posso sopportare, posso vederli andare via, quelli che andranno, e concentrarmi su questa palestra di vita. Posso crescere e prendere queste difficoltà come delle prove da superare. C'è un qualcosa pero', quando penso a questi quattro anni, che mi fa vacillare. Tra quattro anni il mio bambino ne starà per compiere 7. Sette anni. Non sono solo io che devo crescere è anche lui. Io posso sopportare tanto, non c'é dubbio, ma lui? Posso davvero trascinarlo in questa avventura? Posso farlo crescere in questa olimpiade?

31 October 2014

La metafora del divano

Le persone -alcune persone- dicono di me che sono ingenua. O anche che sono "troppo buona".
Se nelle circistanze in cui queste "definizioni" emergono fossi in un momento di alta autostima (praticamente l'allineamento cosmico per la pace del mondo) io direi invece che sono una persona "giusta". Poi mi rendo anche conto della presunzione di questa definizione. Diciamo che sono una persona a cui viene spontaneo mettersi nei panni degli altri. Mi piace capire il punto di vista anche di chi mi pesta i piedi. Mi piace quando si raggiunge un punto di armonia. Detesto la disarmonia e percepisco cosi' tanto i malumori altrui che diventano facilmente i miei. Mi pare di essere il gigante del miglio verde. Allora molto spesso finisce che io perdo il mio punto di vista, lo cedo per il bene comune. La matrioska dice che non solo é del tutto comprensibile, visto il mio vissuto, ma che é stata una delle maniere più sane di costruirmi-nonostante. Certo sono consolazioni, ma fino ad un certo punto.

Tornando al troppo buona o ingenua. Io mi sento molto male a sentirmelo dire perché so bene che queste persone in realtà pensano che io sia stupida o debole. Il libro al quale mi sto dedicando con molta passione (Coltivare l'intelligenza relazionale) mi ha fatto pensare ad un possibile nesso comune tra queste persone. Hanno una forte componente narcisistica (esistono solo loro e tutti gli altri sono puro scenario) o machiavellica (gli altri sono un puro strumento per raggiungere i propri fini). Pensare che gli altri possano essere in errore o peggio ancora sbagliati (e non solo io) é un concetto relativamente nuovo per me. Ho sempre creduto nelle buone ragioni degli altri, ho sempre pensato che mi sarebbe semplicemente servito saperle per perdonarli e nell'ignoranza di quali queste ragioni fossero io li perdonavo in partenza. Conoscendo bene le mie buone ragioni, al contrario, sono sempre stata dura con me stessa e i miei errori. Breaking news: Gli altri possono essere sbagliati tanto quanto me e non é normale che sia solo io a mettermi in profondo e costante dubbio e a darmi pena di considerare nel punto di vista altrui. Non a caso riesco a stringere relazioni vere solo con persone che sono in grado di dubitare di sé e non si vergognano di ammetterlo. Persone poco difese e poco "cattive" e aggressive.


Una cosa certa é che non sono mossa solo da quel desiderio idilliaco di armonia. Spesso sono mossa -o piuttosto paralizzata- dalla paura. Paura dei conflitti, paura del dolore. Quando da bambini mio fratello (che per inciso ha una forte componente machiavellica ...e di me dice che sono troppo buona!!) me le dava (e da più grandi me le dava metaforicamente, usandomi senza ritegno) io non reagivo. La cosa che più detestavo era quando mi metteva la testa nell'incavo del divano. Un divano bellissimo di pelle nera, pezzo di design da mia madre prima adorato e poi devastato. Un oggetto meraviglioso che avrei voluto fare mio ma che mio padre ha buttato via dopo la sua morte. Lo ho adorato, nonostante la paura che ci associavo da bambina. Detestavo essere costretta li' e a tuttoggi quell'immagine e la sensazione che la accompagnava mi perseguitano insieme al suo potere metaforico. E allora se iniziava a darmele io non rispondevo, purché la smettesse e purché non si arrivasse al divano. Io sentivo solo il divano nell'aria e immaginavo che se non lo facevo arrabbiare di più forse riuscivo a scamparla.

Ultimamente mi sono messa a sperimentare nuove modalità. Mi faccio grande e dico dei grandi no, nell'intento di chiarire che non mi lascero' sopraffare. Quando pero' il fratello maggiore del momento me le da più forte, mi prende uno sconforto profondo e doloroso che mi lascia ancora più inerme e spaventata.


E allora forse mi sono costruita questa grossa balla della giustizia e armonia, ma la verità vera é che sono debole e terrorizzata che gli altri menino più forte.

14 October 2014

2 anni in questo istante

Due anni fa arrivavamo a Montpellier. Proprio a queste ore della sera.
Una squa, un chercheur e un pistacchietto di 8 mesi in una macchinina grigia, piccola e stracarica.


E' un anniversario ancora controverso. La nostalgia d'Olanda si sta attenuando e la fatica dell'inizio qui anche. Sento che non può che andare meglio.


Negli ultimi giorni, poi, le mie connessioni neuronali hanno ripreso a funzionare. Riesco a leggere e ritenere delle informazioni. Riesco a concentrarmi. Riesco a ricordare. Non era più così scontato e non credevo che sarei mai più tornata lucida come prima, in grado di pensare come prima. Mi sento miracolata, oltre che illuminata. Mi domando se è la melatonina che ho iniziato a prendere una settimana fa per curiosità (erano tre anni e forse anche qualcuno in più che non dormivo più così profondamente). Sembra non avere alcun effetto collaterale. Non so quando e come smettere. Mi sento troppo bene per farlo già.


Questo post è numerato 400. Mi piacciono le cifre tonde. 

 

10 October 2014

Risalita

(un potpourri, come al solito)





Ho smesso di contare al G+7, però la facilità del conteggio a volte mi induce in tentazione e mi ritrovo a pensare a quante cose sono successe cambiate in soli 21 40 giorni. E anche qualcuno di più, chè la trasformazione era in corso, io immagino grazie a quella presenza. Ma per fortuna non si è arrestata quando quella presenza è svanita.


Niente è davvero successo fuori, però le mie percezioni sono indubbiamente diverse. I cambiamenti sono tangibili, assaporabili, visibili e danno speranza. Molta più speranza rispetto a quel disperato -seppure benvenuto- pensiero Così non va bene mica, bisogna fare qualcosa (ma cosa?), che mi rimpallavo da circa... 22 mesi??? Madre mìa, non se ne poteva più.


Io, per cominciare dalla fine, che pero' é la cosa più sconvolgentemente incredibile, ho pubblicato un post che non era facile, nonostante fossero un paio di anni che lasciavo pezzettini nella rete, ho creato un'etichetta che si chiama malattia mentale. E questo non è affatto poco. Io sono fiera di me e dei pensieri che mi stanno accompagnando al riguardo fin dal minuto in cui  ho cliccato Publish. Questa é una cosa meravigliosa, che non so se potro' spiegare neanche con un milione di parole.


Poi, passando a cose che sembrano piccole e insignificanti, ma non lo sono affatto...
  • per esempio, ho ricominciato a cucinare. La parmigiana di melanzane, i falfel, l'agnello, il risotto salsiccia e castagne, la tortillas de patata, il gazpacho, l'hummus, la polenta, gli involtini di zucchine e compagnia bella (e buona!). E non escludo di iniziare a parlare di cucina anche qui, a grande sorpresa...
  • Io, nonostante quanto sopra, ho perso 4 chili. Che sono pochi rispetto al rimanente sovrappeso, ma é già moltissimo. Ché qui non si vuole fare le finte ciccione e lo si sappia che si pesa ancora 74kgx167cm. Ne restano ancora 4 del post-gravidanza e circa 10 del post smettere di fumare. Non riusciro' a perderli tutti e 14, mi pare impossibile, ma forse ancora 5 si, giusto per sfondare il muro dei 70 al rovescio ed essere fiera di me stessa.
  • Stamattina Qualche mattina fa mi sono alzata alle sei e mezza e sono venuta a sedermi ad un computer (ahimè non mio, lui mi è diventato insopportabile). E questo, per un insonne mattutina come me è un ottimo segno, chè restare sdraiata finchè tutti si svegliano sembrerebbe, forse, ai più, infinitamente più sensato, e invece significa sprecare le mie ore migliori ed era troppo tempo che questo accadeva.
  • Sto scrivendo, in questo preciso istante. E non sono cose molto profonde o belle o importanti, ma da qualche parte bisogna pure cominciare.
  • Sto leggendo/studiando dei libri che potrebbero aiutarmi. Uno in particolare mi ha folgorata. E sono ancora ad un terzo. Me lo sto sorseggiando con calma, come fosse il primo te del mattino. Devo riuscire a difendere con le unghie e i denti lo spazio riservato alla lettura. PErché leggere é una cosa meravigliosa e io si' che me lo ricordavo, ma c'avevo il blocco.
  • Io sorrido moltissimo più di prima guardando negli occhi le persone e comunicando energia. E poi riesco davvero a vedere il lato migliore delle cose, non è più un mero tentativo razionale, mi viene da dentro.
  • Riesco a dirmi di avere pazienza, il più delle volte. Non sempre riesco davvero ad averla, ma almeno me lo dico. E' un buon inizio.
  • Io -e questa è la parte che in linea pratica mi preoccupa un po'- ho pensato che forse è il caso di restare a vivere nel quartiere Sans âme, e smetterla di accanirci a cercare una casa più verso il centro. Approposito di lâcher prise. Case verso il centro non ce ne sono nell'arco dell'investimento economico  che ci possiamo/vogliamo permettere, ché noi, si sa, preferiamo sempre volare molto bassi pur avendo ali forti. La vita sarebbe senza dubbio più colorata, nel Centre Ville, ma in fondo anche logisticamente più difficile, per quel che riguarda la vita di tutti i giorni, meno lieve, meno 5 minuti e arrivi dove hai bisogno. Questa cosa l'ho pensata mentre credevo, speravo, che quel certo desiderio si stesse davvero esaudendo. Poi il frutto del desiderio è svanito, ma il pensiero di restare a Sans âme non si è dissolto nel nulla. Solo quando passeggio in Centre Ville vacillo un po'. Abbiamo visitato case a ritmi folli, tanto che forse una ce ne sarebbe che forse, forse.   
  • Ho ricominciato a sognare. Di notte intendo. Erano mesi e mesi che la mattian mi svegliavo vuota. Ho letto delle cose sul sogno cosciente e senza neppure bisogno di molto sforzo ha funzionato, al mattino mi sveglio di nuovo meravigliandomi delle cose intricate che ha prodotto il mio inconscio. Non l'ho ancora sognata o non sono riuscita a ricordarmi di un sogno dove lei fosse presente, ma immagino che verrà anche quel momento.
  • Ho fatto pace col concetto di Routine e ne ho fatto una dolce alleata. Ho ripensato ultimamente a quanto mi diceva Daniele, in quel post dove elencavo le mie "risorse" chiedevo quali fossero le vostre . Anche io adesso preparo quello che posso il giorno prima ed è una cosa piccolissima, ma che dice molto. Perché significa che guardo in avanti, ma prendendo piacere nell'adesso.
  • Sono cosciente di ripetere continuamente certi schemi distruttivi nei rapporti interpersonali. Soffro moltissimo delle conseguenze, chè se fossi veramente stronza e non lo sembrassi solo la mia esistenza sarebbe infinitamente più semplice. Però, ora, invece di abbattermi, ho iniziato a fare  feed back puntuale. Cazzo é andata male, vabbé pazienza, la prossima volta provero' a fare cosà. Sono fiduciosa che prima o poi, se continuo con questa applicazione a cercare altre modalità,  riuscirò.
  • Ho iniziato a cercare di dire molto precisamente cosa non va. In un meccanismo che sembrava autolesionista, e forse lo è pure stato, quella mattina del primo di settembre, io ho scritto al mio capo una email in cui dicevo esattamente cosa stava succedendo. Che stavo avendo una fausse couche (in italiano non riesco a dirlo, la parola è troppo). Il mio capo lo ha riportato, con mio grande stupore, a tutti gli altri. D'altronde non lo avevo avvertito che volevo che la cosa restasse confidenziale, e -d'altronde numero due- quest'uomo ha oggettivamente dei limiti relazionali. Ed io sto imparando ad apprezzarlo comunque,  in fondo crescere significa anche perdonare i limiti umani del proprio capo, in qualche modo. Sono sopravvissuta al rientro sul lavoro e anzi provo un nuovo slancio , finalmente, chè in quel luogo sto sprecandomi. E questo è un lungo, altro discorso. Che mi dovrò di elaborare, non adesso però.

Una mattina della settimana scorsa avevo da fare un esperimento lunghissimo, di quelli che stai in piedi delle ore appresso al timer che suona (poi ci si stupisce della mia cooking crisis) e devi fare su e giù e fare calcoli e pesare polveri e stare molto attenta chè un piccolo errore e il lavoro di giorni se ne va a puttane. Quella mattina, mentre ero seduta al computer, preparandomi psicologicamlente alla giornata massacrante, ho avuto una specie di illuminazione, l'ennesima del periodo. Mi chiedevo -ancora una volta- se davvero voglio  fare questo mestiere,  dicendomi che forse sarei molto più felice a fare altro. Ma cosa?  FInché mi é venuta in mente una cosa meravigliosa. E mi pareva incredibile non averci pensato prima. Poi, sono entrata in laboratorio come un gladiatore buono, con il sorriso stampato in volto. Pipettavo calma e precisa comme il faut e intanto pensavo in sottofondo a questa idea meravigliosa. E a quel bancone mi sono divertita come credo non sia mai, mai successo in 8 anni di pure decentemente onorevole carriera. Perché ti diverti davvero solo se hai un qualcosa di meraviglioso che ti aspetta.

Poi, come se già la mia giornata non fosse stata già fantasticamente meravigliosa cosi' come stava andando, in una pausa ho letto questo post di Polly e ho fatto il test e ci ho preso un gran gusto, perché se stai cambiando davvero fare un test di personalità é una cosa incredibile. E quindi io ora sono  INFJ (100%, 82%, 73%, 64%). Personalità tipo Gandhi (ma anche Hitler...).



Quel che voglio afferrare -e ricordare quando ce ne fosse bisogno- è che un cambiamento c'è indubbiamente stato. Non sono solo parole. Vediamo dove arriviamo in questo giro di spirale,. Oggi sono Gandhi, domani che saro'?


...le discese ardite e le risalite

03 October 2014

T.S.O.

Ho notato che ultimamente l'acronimo tso è diventato molto usato.
Si usa in contesti divertenti, che per carità ci sta, mica tu puoi fare sempre la rompicoglioni, quella che insomma con certe cose si scherza mica e vattelappesca. Pesante, tu sei pesante, un quintale di leggerezza dovresti procurarti e poi parlare....


Però ecco, a dire il vero tutte le volte che leggi quell'acronimo in contesti divertenti tu ...certo che vorresti ridere, vorresti davvero abbandonarti al lato cazzaro della vita, perchè si sa che  l'esagerazione è l'origine della comicità etc etc. Però il fatto è che a te sfilano davanti agli occhi certe scene che non fanno per niente ridere. Proprio per niente.  E tutte quelle volte ti chiedi se non sia fondata quella sensazione bastarda che alla fine nessuno possa capire. E poi, in fondo, ti domandi se quelle persone che usano questo acronimo sappiano davvero cosa significa. Poi ti salva pensare che forse qualcuno che lo sa davvero lo incontri e allora ti viene da parlare anche per lui, chè se devi parlare solo per te non ce la fai mica...


Tso, per te, mica per tutti, significa che sei una bambina e vengono a prendere tua madre e la portano dove lei non vuole andare e per un tot di tempo, dipende da molti fattori, la costringono a stare in un posto dove lei non vuole stare. Tu sei bambina e non sei sicura se ha ragione tua madre e le stanno facendo una incommensurabile violenza, oppure se hanno ragione tuo padre e quella gente che è venuta a prendersela e non se la porta via mica troppo facilemente.

Questo -e molte altre cose dolorisissime- significa l'acronimo T.S.O.. Per te.

L'ennesimo inizio

Sono stufa di nascondere certi pensieri per e da tutti coloro che non possono capire e che saranno stupidi, ottusi e magari anche cattivi. Voglio essere più forte di cosi'. Forse non lo sono, ma lo voglio essere.

E' ora di essere presente e trasparente per quelli che ci sono e ci saranno e magari, anche, hanno bisogno di aiuto. Perché solo sapere che non si é soli é un aiuto insperabile e indicibile.
Quello che seguirà, da oggi in poi, magari non l'ho scritto adesso o ieri o qualche giorno fa. Ma l'ho scritto e poi non ho avuto il coraggio. Oggi, che é un nuovo inizio, un inizio triste e rassegnato, ma pur sempre un inizio, sento il coraggio e lo assecondo, per disperazione. Se mi abbandonerà si vedrà.

E poi. Poi quando si dice delle amicizie -o anche solo interazioni- virtuali... si possono dire tante cose, ma c'é un elemento forte e fortemente legato alla scrittura. Noi che ci conosciamo su questi schermi e poi chiacchieriamo attraverso una tastiera, magari abbiamo qualcosa in comune nella vita, nel passato, nei pensieri e nel modo di essere, o magari no. Quello che sicuramente ci accomuna é il bisogno di scrivere e magari anche il bispogno di essere letti. La scrittura per noi é potente, forse é lenitiva. Forse  lasciarmi leggere é la via per trovare delle risposte. O dei compagni di viaggio.

Anche io voglio lasciare la porta aperta. Non so cosa ne sarà, al limite scappa via qualcosa. E non sarà necessariamente un male.

Oggi voglio che sia un inizio diverso.


Adesso ho capito cosa voleva dire:  je lâche prise

19 September 2014

DI formicai allagati, coerenza cardiaca e amore... il chercheur intanto

Avere *un* chercheur per compagno significa vederlo tornare a casa preoccupato, un bel giorno, e farsi imbastire (altrimenti detto: farsi fare una testa tanta) per mezzora sui formicai allagati dalle recenti abbondantissime precipitazioni a carattere temporalesco.

No, ma quando esci devi vedere il muretto qua sotto, è nero pieno di formiche. Poverine

Del resto, per le formiche, lui c'ha un amore che dura da anni e anni. Come -e anche più ancora- che le pigne, le formiche gli hanno fatto compagnia in anni e anni di attesa alla fermata dell'autobus, all'epoca del dottorato, nella prima vita francese (lacrimuccia di nostalgia). Le formiche, lui, è capace di osservarle per ore, ne è affascinatro, le aiuta fino. Lui, le formiche,  negli anni le ha studiate e ora sa tante cose su principesse, regine che si strappano le ali, danze nuziali e capacità riproduttiva incredibile. O più o meno, l'esperta non sono io!

Hanno fatto tutti buchi intorno al formicaio, capisci? Per fargli prendere aria così si asciuga! E ora sono tutte fuori, capisci? Anche le principesse, quelle con le ali, quelle non escono mai. Invece ora sono tutte fuori, ti rendi conto? Devono salvare il formicaio e allora corrono impazzite, ognuna con un uovo in bocca. E' uno spettacolo incredibile

E' ormai sera, ha smesso di piovere, e mi sento molto in colpa perchè mi sono dimenticata di andare a vedere il formicaio sotto casa e le sue meraviglie.


Il racconto di come il chercheur finirà a studiare la coerenza cardiaca la prossima volta... appena trovo un buco energetico-temporale

to be continued

14 September 2014

Madeleine

Un picnic in una vigna assolata, tanto sole e calore e un cielo blu. Uva dolcissima da portarsi a casa, chè quest'anno niente vino. Alcuni teli a terra, cose buone da mangiare (la mia seconda parmigiana di melanzane, forse la crisi in cucina si sta sbloccando, il chercheur dice che almeno non mi revocano il passaporto calabrese...). Bimbi che corrono, altri gattonano o dormono sul seno della mamma. Persone nuove, un po' di entusiasmo, un po' di imbarazzo, un po' di panico, siamo pur sempre selvatici. Ogni tanto mi rendo conto che sono in apnea e allora respiro più a fondo e allora va meglio. Poi due chitarre che strimpellano e canticchiano canzonette francesi. Ed è come addentare una madeleine, ma ancora indefinita, mi prendono dei brividi e un calore dentro e canto un pezzettino insieme alle due chitarre

...je l'aime à mourir...

Non so dove avevo già sentito questa canzone, non so in quale vita, sotto quale cielo, ma mi prende le viscere e me le attorciglia. Eccola qui, per chi la volesse





05 September 2014

G+5

Al giorno meno due (G-2) il chercheur gli ha preso il colpo della strega, mentre sollevava il Pistacchio più pesante del mondo. Al G-1 ho cucinato tutta mattina e ho gestito la pesantezza del Pistacchio, nel pomeriggio mi sono fatta un bagno caldo. Ho poi ripercorso tutte le cose che forse avrei dovuto evitare, ma lo so, lo so bene che non c'è una singola cosa che avrei dovuto o non avrei dovuto fare ed è sciocco pensarci. Anche se questa filosofia un po' estremamente darwinista racchiusa nella legge del tutto o nulla che il personale medico (francese?) continua a ripetere, mi innervosisce, mi disturba. Che non serve il riposo, non c'è accorgimento che tenga, non serve un integratore di progesterone, solo per fare degli esempi. Che la Natura seguirà comunque il suo corso. E io mi innervosisco perchè sì c'è il tutto, c'è il nulla, ma in mezzo ci sono una miriade di altre possibilità. 


Al G+1 mi sentivo ogni secondo sull'orlo dello svenimento, come se in me circolasse la metà del sangue necessario a sostenermi, come se  le mie gambe fossero di piombo.


AL G+2 ho pianto l'Oceano Atlantico, il Pacifico non poteva essere.


 Al G+3 mi sono sentita fisicamente arrabbiata. Al mattino ho rifatto il dosaggio delle beta che per fortuna scendono velocemente senza lasciar temere problemi irreparabili. La Natura me ne  ha dato una, ci tenevo a sapere che non fosse in pericolo. Non riuscivo a stare ferma e mi sentivo arrabbiata, nervosa. Sono riuscita a fare un paio di cose molto utili e che aspettavano da tempo, ordine tra tutti i conti e i documenti di rimborso delle spese mediche e l'acquisto del nostro primo telefono fisso. Nonostante il mio "desiderio" più grande fosse sdraiarmi e distrarmi, lobotomizzarmi con qualche stupido video. Poi un desiderio di correre, di andare più veloce possibile, di smaltire questo qualcosa che ho in corpo e mi da rabbia, il pensiero che fosse  ancora presto.


Al G+4,   doveva telefonarmi la ginecologa e mentre non lo faceva la rabbia  montava ancora di più.  Poi sono andata a scegliere i miei primi occhiali da vista, cosa che trascinavo da mesi (e l'anno scorso dicevo che l'ottico sotto casa non mi serviva...), ho fatto la spesa, una lavatrice, poi ho ascoltato il mio corpo. Ho infilato la tuta, le scarpette e son corsa via su per Sans âme verso Frittole. Correvo, correvo e pensavo che questo quartiere noi lo pensiamo male e invece ci ha dato tanto. Sono tornata a casa, ho pranzato, una doccia galattica, preparato la cena. 


Al G+5 ho sentito voglia di un caffè, io che sono disintossicata da parecchio tempo, l'ho bevuto, mi sono seduta a tavola, ho aperto il pc. Penso di essere pronta ad andare. Ancora un po' più spaventata e umile, leggermente più curva, ma più viva di prima e questo è un gran ben.

Sento a fior di labbra alcune parole che ho letto qualche giorno fa, sullo schermo di una donna molto forte:
se una cosa non dipende solo da te per riuscire, tu non puoi dipendere solo da quella cosa per essere... 

ci provo

03 September 2014

Lettera ad una Matrioska

From: squabus
Date: 4 July 2011 16:31
Subject:  bad and good news
To: matrioska


HI M.,
I was not able to call you: as you know I get in panic and blocked by the phone, but still this is a difficult mail to write.
I always think I can keep up, I can manage, I always guess there is someone else that needs more help than me... and that I can deal with this. So I keep being quite waiting for my moment. But the point is that it would be better for me to talk about this as soon as possible. I know I will have to call you, meanwhile i felt like writing, I hope you will find this email...

Life has been quite shaken in only few days. I have been in Italy to see my mum last week. I  am happy I did it because my dad was not giving me the complete information.
She is dying, they do not know when, they do not say much, but she has metastasis all over the spine, the hearth, the bones, she got multiple fractures and she can't walk and probably she will never again.
I was impressed by the strength I found in my self to keep up. The question I ask my self and I worry  about is if I will be able to keep this strength until the end? She is so angry and closed in her self, she built this big wall and it is not possible to truly communicate. It has not been easy to stay with her, but it felt right and good for me. I would have felt worse elsewhere. I decided to come back to D. for two very clear and important reasons: one is that I am afraid the worse with her has still to come: I am deeply worried about (and if - doctors prefer to be extremely cautious in giving "perspectives") she will be able to go home. My dad can't manage this and even if he could, the situation would anyway be so bad and unhealthy for both of them. I have been thinking so much in these days about this guiltiness feeling we are working on. I am sure I am improving someway, because I see  I manage to get rid of useless and totally out of place feelings and concerns.
Still, I am not able to consider myself as a completely separate entity from all this situation.
I have been trying to write down about this but I do not get to explain it clearly. Anyway it is not simply that I feel guilty.
It is like I know that something terrible or wrong is happening and I have to do something to prevent worse things to happen.

The second reason I came back is because after 1 week of 8 hours average at the hospital I was starting to feel tired and this is a moment to recover strenght. Not only for my mum. I found out the day before leaving that I am pregnant. I am so happy and feel deep in myself that everything will be ok, that i will be able to take care of this life. But still i know i have still a lot to fight, to improve and find more stability, because this baby, F. and I: we all deserve it.

We have an appointment set for 13th July at 16.30, but I would be relieved if we could also meet before.
Thanks a lot

01 September 2014

in attesa

come arrivare fino a martedì?

Ma anche a lunedì sera per cominciare.
Col fiato sospeso, sicuramente. A testa bassa e con molta cautela. Un passo per volta.

L'incazzatura mi porta fortuna, parrebbe. O almeno sto sperando che sia fortuna. Che non sia solo un anticipo di speranza seguito da tanto dolore.
Il giorno dopo aver scritto quel post tutto incazzoso sull'utero a banana e tutto il resto, mi svegliavo ad ore antelucane - e questo non è una novità-  andavo in bagno dove avevo preparato una confezione di bicchierini di plastica. Per le buone occasioni. Dopo aver pisciato con molto amore e molta cautela nel mio bravo bicchierino ci immergevo uno stick e aspettavo qualche minuto.

Positivo. Banda lievissima, ma positivo. Parrebbe che il mio utero a banana sia abitato. Tutta cauta sono tornata a letto con gli occhi fissi al soffitto.
Quando il chercheur si è svegliato gli ho comunicato la notizia, sempre con molta cautela. L'ho già detto che mi sento di essere molto cauta? Cauta ora è il mio secondo nome. Squa quella cauta.


Qualche giorno dopo andavo a fare le prime analisi. Quelle che spero essere le prime di una lunga serie, spero perché i risultati non sarebbero incoraggianti. Ecco io in realtà ho cominciato a scartabellare l'internet e ravanare in google scholar a cercare informazioni, dritte e dati scientifici.  MI sono molto arrabbiata (visto che porta bene) per il fatto che in alcuni paesi i valori che ho visto nero su bianco sotto il mio nome e alla giovanissima epoca di gestazione non sono affatto allarmanti, mentre in altri si. Magari non siamo tutti uguali, magari c'è un fattore geografico concomitante e le americane certi valori ce li hanno più bassi, mentre le francesi e le italiane no, schizzano subito in altro. E mi ero promessa che la parola beta non la dicevo, ma ora forse l'ho fatto. Ho davvero detto beta? Troppo tardi, l'ho detto. 


Che poi io le beta non le avevo mai fatte prima, ho avuto una gravidanza da persona ignorante, incosciente e soprattutto inconsapevole dei propri limiti e del poco spazio che avesse da offrire all'abitante. Sto giro, se dovesse davvero girare, mi toccano molte paturnie, non solo per la difficoltà ad arrivare a questa nuova seconda lineetta del test, ma per tutti gli scenari che si prospettano da qui in avanti. Alta frequenza di aborti anche tardivi e parti prematuri che vanno a braccetto con un utero unicorne. Ma mi dico anche che sapere di avere questa condizione è già un grandissimo vantaggio, perchè magari quelle cose lì succedono a chi non sa, forse dovremo ringraziare un giorno di non esserci riusciti con tutta questa facilità, forse l'altra volta abbiamo danzato sul fuoco.
Magari un giorno qualcuno me lo dirà  che sono stata brava, che non mi sono fermata ad ascoltare chi diceva, just relax e ho voluto indagare e analizzare. Ad analizzare sono brava. E' a tirare le fila che faccio schifo.

Io comunque sto bene. Fin troppo. Zero (o quasi) nausee, e leggendo c'è chi dice che la nausea è direttamente correlata al livello di beta. Appunto. Che poi quando mi chiedevano della prima gravidanza dicevo che ero molto sorpresa che nonostante il periodo devastante sul piano emotivo, fisicamente stavo bene. Certo stanca e provata, ma zero nausea, zero vomitilli, zero disturbi tipici della gravidanza. NEanche il male alle tette per dire. Ho sempre pensato che la devastazione dell'anima mi distraesse dalle sensazioni del corpo. Invece forse chissà sono fatta che posso avere delle gravidanze anche con le beta basse.

Domani le ripeto e martedì la prima ecografia. Ed è prestissimo quindi può essere che non si veda niente ma che vada comunque tutto bene. Dice fidati del tuo corpo e delle tue sensazioni, se sta andando bene il tuo corpo lo sa.  Io ho troppe sensazioni per poter capire quale sia  quella giusta. NOn so se aveva ragione chi mi ha detto che desidero un figlio anche per recuperare il contatto con mia madre che se ne è andata all'inizio della prima , magari è vero e quelle sensazioni nefaste che sento sono il flashback di quello che fu, è il lutto che cova.
Fatto sta che ho ricominciato a rileggere le mail di quel periodo, in cerca del racconto dei sintomi e di un contatto con quella me che sentiva che tutto sarebbe andato bene e invece questa volta non ne è così certa.

25 August 2014

Istantanee di un'estate

che poi apro gli occhi alle 5 e mi rendo conto che l'estate è davvero agli sgoccioli,tra poche ore sarò di nuovo lì a correre tra l'ufficio ed il laboratorio, a sforzarmi di sorridere, a cianciare con la colleghina giovane e tenera, a cercare di fare del mio meglio. Penso che è enormemente più semplice riuscire davvero a fare del proprio meglio quando si ottiene quel che si desidera. E non so, ora è facile dirlo, ma non è bello il modo in cui mi butto giù e tutto è un disastro se non succede quello che desidero. Che so essere ossessiva da fare paura e annullare ogni altra cosa pur di realizzare un sogno.


Sono le 6 e mezza quando mi alzo e mi siedo al computer, penso che non è possibile che lascio andare questa estate così, che in mezzo a rabbia, delusione e scatti d'ira e grandissima fatica ha portato comunque cose belle. 


Per esmpio un po' di compromesso. Anche qualche giorno di mare, non solo fiume e freddo intervallato da teporini di mezzoggiorno. Ed il chercheur che, deve essere impazzito,  insiste per portarmi sull'isola, quell'isola che avevo amato, ma evidentemente non ricordavo bene, perchè andarci ora mi sembrava una sfacchinata spropositata. E invece sono bastate poche ore, due biciclette ed un Pistacchio che si addormenta sul seggiolino, lungo i sentierini ombreggiati e profumati di pino silvestre. Sono bastati per aprire uno squarcio di felicità. Siamo sempre noi ci siamo detti, che non è per niente vero, ma era una mezza bugia che valeva la pena di essere detta.
 Un unico bagno, poi una nuova pedalata, un gelato e via sul traghetto del ritorno. 




Che a me non è che non piacciano i fiumi e i boschi e quella pace che abbiamo trovato nelle Cévennes e non la molliamo più, ma non posso farci niente se mi hanno fatto un sortilegio ed è il mare quello che mi placa l'animo, che mi da energia e carica e speranza per il futuro. Neanche io amo la folla, la calca e gli aereoplani che trascinano striscioni pubblicitari, ma una volta sulla spiaggia davanti al mare riesco a tagliare tutto fuori. Quattro giorni di mare appena, ma sono bastati a placarmi ed essere grata per la colazione in riva al mare io e il piccoletto (nonostante le crisi di rabbia), per le piccole nuotate del primo mattino quando il mare era una tavola deserta tutta per me. La felicità semplice e lussureggiante di poter uscire dalla tenda in costume con in mano gli occhialini e null'altro, neanche le ciabatte.


Quelle due ragazzine sedute su un plaid, una chitarra, un fascio di fogli davanti. Le ho viste dal trenino a vapore che fa da Saint Jean du Gard a Anduze. Quaranta minuti di fischi e sbuffi bianchi ed un marmocchio estasiato. Belli i fiumi, gli scorci che vediamo, ma a me restano impresse più di ogni altra cosa le due ragazzine che cantano e suonano sedute sull'erba e mi commuovono.


Quella ragazza con uno strumento in spalla (un sassofono?) che agli Estivales venerdì sera, avanzava tra la folla verso il palco, gli occhi fissi alla scena e sul volto un sorriso felice. Di quella felicità che puoi avere solo quando godi da sola, sei tu, e la musica e chissà cosa hai visto davanti a te che sembri in estasi. Non fosse stato che era perfetta così, le avrei toccato la spalla e le avrei detto tu sei meravigliosa, è meraviglioso quello che hai negli occhi.


E poi, certamente e prima di ogni altra cosa, il mio bimbo bello. Che taglia il traguardo dei 2,5. Che è ancora durissimo, ma un pochino meno, che ha gli occhi a ciliegia nera, le ciglia lunghissime e quando sorride arriccia il naso. E parla, parla, parla. E canta some un fringuello. Ed è tutto fiero di fare la pipì sul vasino e portare le mutandine. Sta per ricominciare tutto, bimbo bello, armiamoci di coraggio, qualcosa mi dice che andrà tutto meglio.