Era sabato. Con una macchina in prestito abbiamo percorso la quarantina di chilometri che ci separavano dal
Tempestone bianco. Il
chercheur mi ha lasciato guidare per le strade del Colorado, sonnecchiando sul sedile. Il sole era forte ed avevo dimenticato gli occhiali da sole, i miei occhi chiedevano venia. Non mi era mai successo prima di pensare
annuvolati ti prego, pietà.
Viva il sole del Colorado [[e viva le birre del Colorado chebbbuone, consolano ogni frustrazione. Tornerò alcolizzata]].
Giornata ventosa, comunque, balle di polvere rotolanti.
Ripercorriamo la strada in senso contrario, il
chercheur davanti col bestione, io dietro a subire il riverbero del sole contro le sue parti metalliche posteriori. Finchè al secondo rosso che
chercheur e bestione bruciano, dico basta alle torture, supero e vado a guidare le danze, gli occhi a mezzaluna.
Stiamo uscendo dalla highway, siamo a Fort Nox, sul ponte di uscita, quando proprio alla fine della salita, vedo Tempestone rallentare, poi viene la discesa ed io non vedo piu' nulla. Freccia, accosto, aspetto, niente. Qualche lungo minuto. Faccio inversione, trovo il
chercheur sguardo disperato, Tempestone è svenuto.
...chiamiamo il carroattrezzi, lo portiamo da un meccanico, dove sapevamo sarebbe dovuto andare -non era in perfettissime condizioni- ma non così presto. Ci sentiamo Ugo e la Pina e ci ridiamo sopra, machissenefrega.
Sorridiamo ma siamo depressi e frustrati. Decidiamo di andare alla festa di italiani a cui siamo stati invitati. Ad una festa ci sarà birra, mi dico. In breve veniamo catapultati in un mondo surreale. Nienteaffatto only-Italy, siamo troppo pochi per fare una festa. Un giorno un collega indiano mi chiede se conosco Michele, il successivo vengo invitata alla festa, tra gli invitati nella mail c'è quello stesso Michele.
Il padrone di casa ci viene a prendere, dovevamo essere motorizzati oggi, sai, invece no. In macchina ci presentiamo, è napoletano, ha aperto una pizzeria in città, non sa neanche lui se ha passato più tempo in Italia o negli usa, parla come Troisi, e poi come Pacino nel padrino. Vuole raccontare. Parla, parla. Dieci parole in italiano, tre in inglese ed a volte viceversa. Erano tutti hhhappy. Mia madre s'è rotta the knee. Passiamo a prendere un tizio rumeno, un folletto. Sessanta anni, piccolo e nervoso, barba e capelli lunghi. Ha passato dieci anni in un circo poi si è fatto male ed è diventato chiropratico, fisioterapista, una cosa così. Si siede in macchina e mostra la maglietta celebrativa dei suoi sessanta anni. Rappresenta lui in verticale. Quasi subito si scusa, dice vi devo avvertire che sono parecchio ubriaco. Non beve acqua, dice il pizzaiolo a mo' di spiegazione. Il folletto lo corregge, bevo 1 gallone (circa 4 litri) di acqua all'anno. Per il resto tequila. Parla italiano, non benissimo ma quello che dice è forte ed incisivo, si fa capire. Durante la festa verrà avvistato alternativamente bere, impartire qui e là esercizi di allungamento e flessibilità, stare in verticale su una mano su una sedia, alle prese con l'hula hop che non gli riesce, dire 'mi sono dimenticato di invecchiare'.
La festa è in questo gelido seminterrato, c'è una sorta di ciringuito in un angolo, una strutturina di legno con paglia. La moglie del pizzaiolo ci chiede che vogliamo bere, alle pareti ci sono applicazioni simulanti finestre su un paesaggio tropicale, pappagalli, palme. Nell'altro angolo c'è un biliardo e un biliardino (calcetto, balilla, come lo chiamate). Gente che gioca, musica disco. Più tardi partirà il karaokee. La mamma della moglie del pizzaiolo, che sembra una quindicenne ha cucinato arancini, melanzane alla parmigiana, crocchette, pasta al forno, cannoli alla siciliana. Tutti le fanno i complimenti ed anche io, tutta quella fatica. Ma odo i miei avi piangere dall'oltremondo. La cuoca, che di anni ne ha quarantotto, ci imbastisce su quando faceva la manager a Milano e su come le sue coetanee siano noiose, perchè lei è gggiovine dentro. Ma lei è quella più comprensibile e 'lineare' nel guazzabuglio della festa. Per il resto, io ed il
chercheur ci cerchiamo con lo sguardo, ogni tanto. Ci diciamo con gli occhi
sono tutti pazzi, che bello.