Era natale...
Già odio il natale...
Io non me ne ero accorta che arrivava.
Anche quest'anno mi ha preso a tradimento...
E arrivo un po' tardi, lo so, ma ci ho messo un po' a riprendermi.
Un giorno mi sono svegliata e non solo era natale ma ero anche diventata cicciona.
Era natale, appunto, ed ero dai miei. Dai miei c'è una bilancia (qui no) e dai miei c'è anche mia madre. E' andata così: arrivo, entro in casa, la abbraccio, lei restituisce calorosamente l'abbraccio, poi fa un passo indietro, mi guarda da testa a piedi e mi fa Squa... devi proprio metterti a dieta. Una era abituata a sentirsi dire Sei trasparente, sei un'acciuga', ma in questi giorni ti nutrirò io, bella di mamma, bistecche, polpette, pastasciutta ...
Finita l'era, parrebbe, non che io sia mai stata davvero un'acciuga, tranne per forse un semestre della mia adolescenza, ma core di mamma non era ancora la quasi sessantenne di oggi che si pesa 7 volte al giorno e sta maniacalmente attenta a tutto quello che mangia (senza ahilei essere ancora un'acciuga).
E quindi accoglienza due volte traumatica:
1) Sono diventata talmente cicciona che pure la mia mamma mediterranea mi mette a dieta
2) Temo che la mia mamma mediterranea non solo perderà quei 10-12 chili di surplus che ha, ma mi diventerà anoressica.
Poi però nei giorni successivi, un po' distrattamente, fischiettando, metto i piedi sulla bilancia... e bè si mamma cara, sarai pure da sorvegliare con questa tardiva minaccia anoressizzante però c'hai pure ragione. Di essere intondita ne ero ben cosciente, ma di stare per valicare la decina successiva non me ne ero accorta no.
Beccata fischiettante sulla bilancia, ammetto che si, forse, qualche chiletto, insomma, si, va bene ma', mi metto a dieta, si. Ma cerco comunque di sminuire, e lei giù con distratti No, Squa, davvero, dopo i trenta diventerà difficilissimo combatterla. Corri ai ripari adesso!
Ma fosse solo questo il mio risveglio natalizio. Insieme alle osservazioni distratte sulla ciccia, tutto il santo natale è stato un rimando ai tempi biologici che corrono dalle mie parti. Direttamente o indirettamente. Avrei voluto raccontare con più dovizia, ma non ci riesco più. Basti accennare che una se ne parte, si trasferisce lontano ma neanche poi tanto, continua ad indossare le sue calze a righe e i pantaloni a tutaccia, poi torna all'ovile e si rende conto che, forse, in qualche strano modo, l'allontanamento ha sospeso il suo orologio biologico e sociale. Torna e ritrova quelli che erano compagni di vita e società mettere su casa, andare all'ikea a comprare i mobili, oppure sposati
(bé di questo se ne era un minimo accorta, aveva pure giusto un attimo testimoniato all'evento, ma una capatina, non è la stessa cosa del seguire i piccoli e grandi drammi quotidiani),
attendere dei bambini e financo lottare con la suocera. E assiste a litigate furiose dell'amica con la di lei madre, a botte di insulti e di non-ti-permettere-di-parlare-male-di-mio-marito finale.
Poi vede un sacco di altre cose su cui preferisce sorvolare...
Vede infine, questa la dico, i compagni di vita una volta ribelli presi a colpi di lezioni sociali. Del tipo il giovane scapestrato e senza un lavoro fisso, che ha messo incinta la fidanzata tempo fa e ora i due faticano a sbarcare il lunario senza l'aiuto dei rispettivi genitori... Una vede, dicevo, il giovane ribelle, che si becca dal suo proprio padre, come frase finale di un discorso più complesso, un duro Perchè sei tu che dovresti mantenerla, hai capito?. Ma cosa più inquietante, di fronte ad una semplice mano sulla spalla di solidarietà e di dissociazione con l'osservazione da mezzoggiorno nel dopoguerra, il ribelle si gira serio serio e pacifico e una si becca un no, non fa niente, devo solo stare zitto e ringraziare dell'aiuto.
Una si commuove e rimane senza parole.
Una cerca di mediare, quando la famiglia la tira in ballo per risolvere certe questioni. Però non è che sempre riesce a tirar fuori qualcosa di costruttivo. L'unica cosa che poi le viene in mente è di chiudersi in bagno per un po', insieme alla bilancia, si, a cercare di fare un po' di considerazioni su cosa gli sia preso a tutti, senza dare troppo nell'occhio. Si siede sulla tazza chiusa come non faceva dall'adolescenza e comincia a guardare fuori dalla finestra... beato il paese dove i cessi hanno ancora una finestra. Ma il suo orologio sociale e biologico non è al passo con i tempi che corrono nel contesto natalizio e non sa bene da dove cominciare. Finisce che una vede un sudoku sul bidone di fronte al water. Decide quindi di annegare i suoi pensieri in quel sudoku appoggiato lì, abbozzato. Lo studia solo con gli occhi, ché è peccato mortale interferire sul gioco di un altro appassionato di sudoku. La bilancia è lì davanti che la guarda. Decide di prendersi una piccola vendetta sulla classe genitoriale. Guardando la bilancia c'è l'ha su con l'altra, ma in questo momento sta punendo il genitore maschio che compila sudoku senza usare il cervello, scrivendo pagine di numeri inutili quando può spremere i neuroni. Una si è presa pure uno sbeffeggiante Non ci credo (...), dal genitore maschio che la guardava fare sudoku senza l'aiuto di pagine di numeri. Una non resiste e fa due, tre piccole correzioni agli appunti del genitore nelle caselle del sudoku. E se non avete mai giocato seriamente a sudoku peccato, perchè finische che quando una è disperata riesce anche a vedere il sudoku come metafora della vita. Tirare avanti le sembrerà sempre, d'ora in poi, come risolvere un sudoku. Almeno sembra più divertente.
Quando esce dal bagno una non ha risolto un bel niente del terremoto di pensieri che le si sono scatenati. Ha in testa solo domande sciocche e nessuna conclusione costruttiva.
Quindi verso i trenta tutto quello che immaginavamo fosse l'essere adulti si avvera magicamente, nonostante i moti di ribellione della tardo-adolescenza? Che poi in realtà cosa avrebbe significato famiglia a trentanni non se lo era mai immaginato e anzi l'hanno un po' spiazzata i significati attribuiti al concetto di famiglia in queste strane feste.
Ma io che facevo mentre la gente del mio mondo rientrava negli schemi sociali i più classici?
Insomma una si sveglia un giorno: di colpo è natale, di colpo è cicciona e di colpo ha pure trentanni... che poi non ne ho ancora neanche ventinove, ma dico trenta in onore al cliché che ne ho sempre fatto nell'adolescenza. Ed è vero poi che svegliarsi un giorno e rendersi conto di colpo di avere trentanni e prenderla con gioia non è cosa facile.
Una ad ogni saluto, dopo ogni visita, è abituata a piangere un tot di lacrime liberatorie del senso di colpa, della malinconia, della mancanza che sentirà di questo mondo lasciato. Questa volta era certa che non avrebbe versato una lacrima, felice di allontanarsi da quest'idea di famiglia che la opprimeva da due settimane. Il babbo l'ha fregata, ha cominciato lui, lei ha visto gli occhi acquosi quando l'abbraccio finale si è sciolto. Eh già! non c'è stato natale più in famiglia di questo, commuoversi ai saluti era il minimo. Ma forse il genitore piangeva perché ha visto la vendetta sul suo sudoku e proprio non gli è andata giù.
Intanto oggi mi vesto esattamente come ieri, mi prendo la briga di lavarmi le ascelle. Ieri però avevo un calzino a righe multicolori su fondo giallo ed uno a righe azzurre su fondo grigio. Devo bandire le righe dal mio guardaroba. Almeno dal cassetto dei calzini. No, non ce la farei. I calzini sono l'unica cosa coerente. E forse i trentanni saranno solo immaginazione...