Faccio le valige in fretta e furia, neanche minimamente pronta mentalmente al fatto che si parte, si va in un altro paese, si pseudo-torna in un posto che non si riesce piu' a concepire come casa.
Volando nell'aere invece entro in un particolare mood, tipo voglio fare 450 cose, vedere 540 persone, andare, vedere, fare e disfare. Appena atterro in terra meneghina invece, vengo fagocitata in un buco nero. Succede sempre cosi', alla fine. Passo tre quarti di venerdi in casa. A lavorare. Risolvo anche un bel rompicapo che era in sospeso, se non ho preso fischi per fiaschi. Fuori, al di la delle impalcature di una ristrutturazione che dura da anni e credo non finira' mai, il cielo e' blu, il sole e' splendente. Io tergiverso. Poi mi decido, esco fuori dal paesello, vado a Milano. Mi incammino alla metropolitana.
Fermata porta venezia, dalle impalcature a qui ci e' voluta un'ora esatta. Quite a trip. Scendo, in cuffia les nummer tweeëntwintig, mi metto a passeggiare per buenos aires, guardo le vetrine, la gente, vado su e giu. Mi sembrano tutti marziani, sono molto affascinata. Mi sento molto ragazza di provincia, fuori posto nell'abbigliamento e nelle movenze. Voglio un gelato. Sono perplessa dal fatto che posso entrare e chiedere un gelato in perfetta lingua locale. Mi compro uno strepitoso kway blu. Mi servira'. Mentre cammino, mi rendo conto che sono leggermente infelice. Voglio tornare a casa
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Io lo so cosa stai pensando.
Lo scrivo, non lo scrivo, quasi quasi lo scrivo. Ma no dai...
E' lo stesso che penso anche io quasi ogni volta.
Ma tu prova, prova a lasciare una traccia.
Non sarà invano.
Prova pro-pro-prova