... il ritorno del post kilometrico...
K. e' partita. I suo aereo per il Canada deve essere decollato una mezzoretta fa. L'ennesimo addio. Ci abbracciavamo ieri sera e mi tornavano in mente tutti gli abbracci di addio, in particolare l'abbraccio con Milena partendo da Nizza, quante lacrime. Ma K. e' di stoffa forte e vedendola liberarsi dalla presa asciutta e sorridente, le ho ricacciate dietro le mie. Si cresce anche. E di lacrime ne avevamo viste scorrere fin troppe negli ultimi giorni.
Dalle brutte notizie mie e sue. Lei che si preparava per un ultimo viaggio europeo in solitaria, Siviglia, Cadice, Granada, Barcellona. Invece si ritrova a impacchettare tutto in fretta e furia sperando di arrivare a casa in tempo per salutare suo padre per l'ultima volta. Sono andata da lei appena ho potuto, l'ho trovata ad occhi rossi, seduta al tavolo, correggeva i compiti di inglese dei suoi piccoli alunni. E mi e' sembrato buono e giusto questo suo impulso di andar via lasciando tutto in ordine. Sono andata a comprare cosa le mancava: spugne, sacchetti dell'immondizia. Ho chiamato il chercheur per i rinforzi. Poi mi sono messa in silenzio a pulire il forno, mentre lei finiva di correggere i compiti. Che' in ogni caso non riuscivo a stare ferma. E strofinare un forno incrostato fino a farlo tornare a specchio mi sembrava l'attivita' piu' sensata possibile. Il bisogno irrefrenabile di sistemare qualcosa, di combinare qualcosa di buono. Poi K. ha finito la correzione ed e' arrivata la cricca francofona al completo. Il chercheur si e' dedicato a fare spola alla pattumiera per buttare il buttabile (un'impresa: l'immondizia nel centro dei paesini chic olandesi...). D. si e' dedicato al bagno, mentre F. l'indisciplinato svuotava il frigo bevendo birra. Io continuavo a strofinare il forno.
Il giorno dopo, compro i biglietti per Milano, vado a lavorare tardissimo, parlo col capo, faccio partire i fermentatori in batch, lavo bicchieroni da 20 litri. E poi e' il giorno dei saluti. Avevamo stabilito che K. dormira' da noi, cosi' e' ad un passo dalla stazione, che' deve prendere il treno prima dell'alba. Io avevo finalmente stabilito per quella sera un appuntamento con Y. l'amica siberiana. Non c'eravamo piu' viste per mesi, per "colpa" mia e finalmente ero pronta ed avevo voglia di vederla. Il programma originario era cena, ma prima un workshop di tiramisu che volevo portare in ufficio il giorno dopo per il gravoso (per me) evento sociale porta la torta per il tuo compleanno. Che' io una voglia di festeggiarmi che non se ne ha un'idea. Pero' sono in fase di assecondamento ed accettazione dei codici sociali. Vedo tutto come un challenge: tipo vedi che schifo la vita a volte, che sara' mai portare una torta in ufficio? Non renderti la vita ancora piu' difficile e pedala e sbatti uova...
Mando una mail a Y. e le spiego tutta la situazione, proprio tutta. Mi si stringe il cuore di dirle di mia madre, la sua e' morta un anno e mezzo fa e so che non si e' ancora ripresa del tutto. Le spiego di K. che parte, che dormira' qui, del padre di K.. Del tiramisu' che mi resta di traverso. E le dico pero' che io voglia di vederla ne ho sempre, che saro' a casa nel tardo pomeriggio, di passare da me se vuole...
Arrivo dal lavoro alle 6, esausta. Tutto l'occorrente per il tiramisu e' li; a disposizione. Il divano mi rifiuta. Il mio corpo rifiuta il divano. Ale' mi tiro su. Faccio il tiromisu. Comincio a scaffettierare litri di caffe', in granparte deca, lo mischio con del cioccolato stavolta. Un sms di Y.: viene tra mezzora. Alla fine quasi programma originario. Cerco le fruste dello sbattitore. Non le trovo da nessuna parte. Per un attimo mi ricascano le spalle mentre mi rendo conto che la mia casa olandese non ne e' mai stata dotata: mi sto confondendo coi ricordi della casa nizzarda e quella coloradense, quando ancora facevo le torte di pere di fatto... Qui al massimo un minipimer e si e' rotto l'anno scorso. No, energie per bianchi a neve a mano non ne ho. Telefono a T., la dottoranda portoghese, che in effetti col Tiramisù ha un certo feeling. Mi porta le sue. Insisto che ci mancherebbe vado a prendermele io, insiste che no. Mi arrendo: mi lascio coccolare.
Arriva Y. e ci beviamo un infusione. La vedo triste, e' triste per me o c'e' qualcosaltro? cerco di sorridere e sdrammatizzare. Dice che lei sta bene, allora sara' preoccupata per me? Dico io per il momento mi sento forte. E insisto che devo fare questo tiramisu', ho bisogno di combinare qualcosa di buono. Arriva T. si ferma solo un minuto per lasciarmi le fruste. Sembra stanchissima e mi sento un po' **in colpa** di averla fatta venire fin qui. Poi caccio via il senso e mi prendo questa coccola.
Allora 4 bianchi a neve e si mettono da parte, 4 tuorli e 4 cucchiai di zuchero sbattutti, poi si uniscono 500 gr di mascarpone. Quindi si incorporano delicatamente i bianchi, con un mestolo di legno. Uno strato di savoiardi inzuppati, uno strato di crema, una spolverata di cacao. Non trovo il colino, lo cerco 5 minuti buoni, poi ci rinuncio. La pioggia di cacao sara' piu' a grandine. Magari e' anche piu' buono. Ci divertiamo nel processo di inzuppamento e disposizione del savoiardo. Presto il processo diventa in catena di montaggio. E' il dogma del lavoro di squadra: succede sempre. Due o tre strati. Di solito mi mette ansia che sia troppo poco quello che preparo, che non basti. Stavolta no. 2 teglie e ce le faremo bastare. Facciamo anche contenitori piu' piccoli, cosi' Y. se lo porta a casa. Ne prepariamo uno per K. e uno per gli altri della truppa.
Poi frema ma assertiva, dolce e delicata, dico che voglio andare a salutare K., quindi usciamo, il chercheur si sveglia dalla sua pennichella, beato lui! Poi accompagniamo Y. a casa che e' di strada ed andiamo al baretto belga d'abitudine. Una birra, il tiramisu, gli abrracci e a nanna. Alla fine K. va a dormire da un'altra amica che si e' offerta di accompagnarla in aereoporto. Crede che io mi sia offesa che non viene da me. Menomale che me lo chiede, cosi' posso dirle di non essere stupida. Volevo solo esserle di aiuto, alleviare. Ma forse c'e' qualcosa che non afferro. E sono esausta. La giornata e' stata intensa.
La vita e' fatta di priorita' e di accettazione delle emergenze che te le fanno cambiare. Vivere bene richiede saggezza nel valutare le priorita', ed adattarsi il piu' serenamente possibile quando cambiano. Forse alla fine cresco anche io, no? Due volte diciassettene oggi.. fa paura
E adesso si sveglia il chercheur e mentre scende le scale mi canta happy birthday (dear president)a mo' di Marilyn Monroe. Mi fa ridere a crepapelle.
Cosi' e'....
K. e' partita. I suo aereo per il Canada deve essere decollato una mezzoretta fa. L'ennesimo addio. Ci abbracciavamo ieri sera e mi tornavano in mente tutti gli abbracci di addio, in particolare l'abbraccio con Milena partendo da Nizza, quante lacrime. Ma K. e' di stoffa forte e vedendola liberarsi dalla presa asciutta e sorridente, le ho ricacciate dietro le mie. Si cresce anche. E di lacrime ne avevamo viste scorrere fin troppe negli ultimi giorni.
Dalle brutte notizie mie e sue. Lei che si preparava per un ultimo viaggio europeo in solitaria, Siviglia, Cadice, Granada, Barcellona. Invece si ritrova a impacchettare tutto in fretta e furia sperando di arrivare a casa in tempo per salutare suo padre per l'ultima volta. Sono andata da lei appena ho potuto, l'ho trovata ad occhi rossi, seduta al tavolo, correggeva i compiti di inglese dei suoi piccoli alunni. E mi e' sembrato buono e giusto questo suo impulso di andar via lasciando tutto in ordine. Sono andata a comprare cosa le mancava: spugne, sacchetti dell'immondizia. Ho chiamato il chercheur per i rinforzi. Poi mi sono messa in silenzio a pulire il forno, mentre lei finiva di correggere i compiti. Che' in ogni caso non riuscivo a stare ferma. E strofinare un forno incrostato fino a farlo tornare a specchio mi sembrava l'attivita' piu' sensata possibile. Il bisogno irrefrenabile di sistemare qualcosa, di combinare qualcosa di buono. Poi K. ha finito la correzione ed e' arrivata la cricca francofona al completo. Il chercheur si e' dedicato a fare spola alla pattumiera per buttare il buttabile (un'impresa: l'immondizia nel centro dei paesini chic olandesi...). D. si e' dedicato al bagno, mentre F. l'indisciplinato svuotava il frigo bevendo birra. Io continuavo a strofinare il forno.
Il giorno dopo, compro i biglietti per Milano, vado a lavorare tardissimo, parlo col capo, faccio partire i fermentatori in batch, lavo bicchieroni da 20 litri. E poi e' il giorno dei saluti. Avevamo stabilito che K. dormira' da noi, cosi' e' ad un passo dalla stazione, che' deve prendere il treno prima dell'alba. Io avevo finalmente stabilito per quella sera un appuntamento con Y. l'amica siberiana. Non c'eravamo piu' viste per mesi, per "colpa" mia e finalmente ero pronta ed avevo voglia di vederla. Il programma originario era cena, ma prima un workshop di tiramisu che volevo portare in ufficio il giorno dopo per il gravoso (per me) evento sociale porta la torta per il tuo compleanno. Che' io una voglia di festeggiarmi che non se ne ha un'idea. Pero' sono in fase di assecondamento ed accettazione dei codici sociali. Vedo tutto come un challenge: tipo vedi che schifo la vita a volte, che sara' mai portare una torta in ufficio? Non renderti la vita ancora piu' difficile e pedala e sbatti uova...
Mando una mail a Y. e le spiego tutta la situazione, proprio tutta. Mi si stringe il cuore di dirle di mia madre, la sua e' morta un anno e mezzo fa e so che non si e' ancora ripresa del tutto. Le spiego di K. che parte, che dormira' qui, del padre di K.. Del tiramisu' che mi resta di traverso. E le dico pero' che io voglia di vederla ne ho sempre, che saro' a casa nel tardo pomeriggio, di passare da me se vuole...
Arrivo dal lavoro alle 6, esausta. Tutto l'occorrente per il tiramisu e' li; a disposizione. Il divano mi rifiuta. Il mio corpo rifiuta il divano. Ale' mi tiro su. Faccio il tiromisu. Comincio a scaffettierare litri di caffe', in granparte deca, lo mischio con del cioccolato stavolta. Un sms di Y.: viene tra mezzora. Alla fine quasi programma originario. Cerco le fruste dello sbattitore. Non le trovo da nessuna parte. Per un attimo mi ricascano le spalle mentre mi rendo conto che la mia casa olandese non ne e' mai stata dotata: mi sto confondendo coi ricordi della casa nizzarda e quella coloradense, quando ancora facevo le torte di pere di fatto... Qui al massimo un minipimer e si e' rotto l'anno scorso. No, energie per bianchi a neve a mano non ne ho. Telefono a T., la dottoranda portoghese, che in effetti col Tiramisù ha un certo feeling. Mi porta le sue. Insisto che ci mancherebbe vado a prendermele io, insiste che no. Mi arrendo: mi lascio coccolare.
Arriva Y. e ci beviamo un infusione. La vedo triste, e' triste per me o c'e' qualcosaltro? cerco di sorridere e sdrammatizzare. Dice che lei sta bene, allora sara' preoccupata per me? Dico io per il momento mi sento forte. E insisto che devo fare questo tiramisu', ho bisogno di combinare qualcosa di buono. Arriva T. si ferma solo un minuto per lasciarmi le fruste. Sembra stanchissima e mi sento un po' **in colpa** di averla fatta venire fin qui. Poi caccio via il senso e mi prendo questa coccola.
Allora 4 bianchi a neve e si mettono da parte, 4 tuorli e 4 cucchiai di zuchero sbattutti, poi si uniscono 500 gr di mascarpone. Quindi si incorporano delicatamente i bianchi, con un mestolo di legno. Uno strato di savoiardi inzuppati, uno strato di crema, una spolverata di cacao. Non trovo il colino, lo cerco 5 minuti buoni, poi ci rinuncio. La pioggia di cacao sara' piu' a grandine. Magari e' anche piu' buono. Ci divertiamo nel processo di inzuppamento e disposizione del savoiardo. Presto il processo diventa in catena di montaggio. E' il dogma del lavoro di squadra: succede sempre. Due o tre strati. Di solito mi mette ansia che sia troppo poco quello che preparo, che non basti. Stavolta no. 2 teglie e ce le faremo bastare. Facciamo anche contenitori piu' piccoli, cosi' Y. se lo porta a casa. Ne prepariamo uno per K. e uno per gli altri della truppa.
Poi frema ma assertiva, dolce e delicata, dico che voglio andare a salutare K., quindi usciamo, il chercheur si sveglia dalla sua pennichella, beato lui! Poi accompagniamo Y. a casa che e' di strada ed andiamo al baretto belga d'abitudine. Una birra, il tiramisu, gli abrracci e a nanna. Alla fine K. va a dormire da un'altra amica che si e' offerta di accompagnarla in aereoporto. Crede che io mi sia offesa che non viene da me. Menomale che me lo chiede, cosi' posso dirle di non essere stupida. Volevo solo esserle di aiuto, alleviare. Ma forse c'e' qualcosa che non afferro. E sono esausta. La giornata e' stata intensa.
La vita e' fatta di priorita' e di accettazione delle emergenze che te le fanno cambiare. Vivere bene richiede saggezza nel valutare le priorita', ed adattarsi il piu' serenamente possibile quando cambiano. Forse alla fine cresco anche io, no? Due volte diciassettene oggi.. fa paura
E adesso si sveglia il chercheur e mentre scende le scale mi canta happy birthday (dear president)a mo' di Marilyn Monroe. Mi fa ridere a crepapelle.
Cosi' e'....
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Io lo so cosa stai pensando.
Lo scrivo, non lo scrivo, quasi quasi lo scrivo. Ma no dai...
E' lo stesso che penso anche io quasi ogni volta.
Ma tu prova, prova a lasciare una traccia.
Non sarà invano.
Prova pro-pro-prova