Un post che vuole raccontare una situazione
vissuta come discriminazione di genere.
Impercettibile, involontaria ed inconsapevole, quindi pure in qualche modo peggiore.
Impercettibile, involontaria ed inconsapevole, quindi pure in qualche modo peggiore.
Un post forse (ma forse, non so mica) un po'
paranoico che spera di essere letto e commentato anche da uomini.
Così per capire il livello di paranoia registrato da altri da me.
Altri anche in senso di genere.
Era gennaio. Un gruppo del centro
nazionale di ricerca francese mi contatta. Il curriculum fitta, le
mie motivazioni giudicate molto buone, mi invitano quindi per un colloquio
con il direttore del gruppo, poi un secondo coi suoi collaboratori.
Il direttore mi offre il posto ed allora io avanzo la mia richiesta
di un contratto all'80%. Dice che si informa, poi organizza un
incontro per discuterne con quella che chiama la gestionnaire (che già suona
malissimo, pòrella - n.d.Squa: sarebbe la segretaria amministrativa
dell'istituto). Essendo un posto in una struttura pubblica, sapevo già
che non ci sarebbe stato il minimo spazio per negoziare alcunchè a
livello economico.
Ma a me più che della pecunia, interessa del mio tempo. Anche se non c'è spazio a negoziare niente altro sono comunque fermamente decisa a difendere almeno
il Mamadag.
La gestionnaire ci accoglie trafelata. Sono occupatissima, devo andare ad una riunione a Parigi e via dicendo... pare il bianconiglio. Fin dal primo minuto che ci sediamo alla sua scrivania -neanche
fossimo in visita dal Presidente del Sarcazzo- diverse persone
bussano alla sua porta per chiederle cose di diversa natura. A tutte,
con tono parecchio seccato sottolinea je suis en rendez-vous, come a
dire sto facendo qualcosa di molto importante. Lo prendo come un
buon segno, parlare con me è una cosa importante.
Andiamo subito a discutere la questione
contratto all'80%. Forse dimentica che lo aveva già fatto via email, mi ri-spiega che un contratto
formalmente all'80% non sarà possibile, che viene concesso dopo aver lavorato almeno un
anno per il centro nazionale di ricerca. Io di questa cosa devo
prenderne atto. Posso forse negoziare con Madame la République, che
sarà formalmente il mio datore di lavoro? (E però tra me e me questa cosa non la
capisco come principio, bisognerà che trovi qualcuno che me ne
spieghi il senso. Perchè una persona che comincia non ha diritto ad
una settimana più corta, mentre dopo che è nel sistema sì?
Un paio di spiegazioni terra-terra le trovo, ma sono in cerca della
spiegazione alta ed ufficiale.)
Comunque. Come mi viene spiegato e rispiegato: lavorare 4 giorni è
impossibile, a meno di prendere una giornata di ferie. E siamo lì riuniti proprio per esplorare possibili soluzioni e accordi tra me ed il mio diretto
supervisore per far saltare fuori 4 giorni e mezzo. Quello che preme
a la gestionnaire -come è giusto- è che tutto rispetti i
regolamenti, le coperture assicurative e vattelappesca. Per farla
breve ed arrivare al dunque, ogni possibilità che mi prospetta in questo colloquio fallirà in seguito
(inclusa quella di chiedere una deroga alla République in persona -o quasi- per
farmi un contratto con le stesse ore settimanali, ma che precisi
formalemente la loro distribuzione asimmetrica nella settimana, così
da coprire il buco di un pomeriggio a settimana senza dover usare le ferie e restando nella totale legalità) . Fallisce
tutto. E comunque anche ottenere 4,5 giorni significa che è tutto
già fallito sul mio piano familiare ideale, per le ragioni che ho spiegato qui.
Quel che mi manda a casa parrecchio
disturbata
Questa persona, di sesso femminile,
apparentemente potente o che si vuole dipingere molto importante. Che continua a ripetermi le stesse cose
mille volte - e faccio fatica a non spazientirmi- tipo che un contratto
all'80% viene concesso solo dopo un anno di anzianità. L'ho già spiegato su, vero
che dà fastidio sentirselo ripetere? Me l'avrà ripetuto 5
volte minimo. E ad ogni ripetizione ci aggiunge un pezzettino più
sgradevole nei modi.
Che è tipico dei funzionari lavorare
all'80% (tu precaria, ma che pretendi?).
...bla bla bla... e che un contratto all'80%...
c'est claire que ce sont toujours les femmes qui demandent ça..
[non si capisse mai: è ovvio che sono sempre le donne a domandarlo]
Ecco io non so voi, donne o uomini che
siate a leggere. Io qui non ci ho più visto. La gestionnaire continuava a parlare ma io non la sentivo più.
Tutto qui quel che mi ha fatto incazzare (oddio io veramente spero che non la pensiate così...)
Tutto qui quel che mi ha fatto incazzare (oddio io veramente spero che non la pensiate così...)
Secondo me una cosa così non si dice. Non si dice ad una donna che è davanti a te a discutere il suo
futuro contratto e non si dice a nessuno. Poi da una donna (sulla
cinquantina scarsa credo), con deliri di potere suona
ancora più sgradevole.
Non c'è alcun dubbio che la
battuta infelice apre uno spiraglio sulla società che mi circonda. Una donna che
commenta quanto sia normale che siano sempre e solo le donne a chiedere il part time. A me il quadretto non fa impazzire.
E insieme allo spiraglio si è aperta una sorta di
ferita (politica diciamo) e dei pensieri a
tratti forse irrazionali. Io ho pensato che se io non posso lavorare all'80% è anche colpa degli uomini.
Che se domandassero anche loro di lavorare meno per stare coi figli
la République magari si sveglia e questa regola idiota di dover maturare
un anno di anzianità prima di avere questo grande privilegio cadrebbe.
Se una richiesta fosse avanzata dalla maggior parte della popolazione verrebbe accettata. Invece
- se c'est claire que ce sont toujours les femmes qui demandent ça,
- e questa cosa non è concessa
-> allora è per colpa degli uomini.
A me pare lapalissiano.
Mentre invece credo che dobbiamo pretendere che parte del nostro tempo (uomini e donne) ci venga restituito per le nostre famiglie. Deve essere una cosa normale, non un privilegio da concedere.
E non solo. (Qui entriamo nel campo irrazionale, me ne rendo conto) Come donna mi disturba il fatto che gli uomini non sentano l'esigenza di rinunciare a parte del loro tempo lavorativo per stare a casa con i figli. Ovvio che non voglio offendere situazioni dove il 100% dello stipendio è davvero necessario. Però vado anche oltre con una provocazione. Anche per le situazioni dove il 100% sembra indispensabile, per il bene della società, della famiglia, ma soprattutto dei figli: non è forse meglio essere il 20% più poveri in termini monetari, ma il 20% più ricchi in termini di tempo ed attenzione per la famiglia? Chiaro che quel disturbo ho il diritto di risolverlo solo nel piccolo della mia famiglia. E pure lì ci vuole una certa fatica. Però allo stesso tempo non voglio sottovalutare il contributo che un esempio o una piccola voce ribelle può dare. E quindi ho voluto raccontare questa storiella di micro-discriminazione (e sul potere del raccontare del proprio piccolo e farne quasi politica ci vorrei ritornare su). Voglio raccontare quel che penso e come vanno le cose nella mia di famiglia.
Se una richiesta fosse avanzata dalla maggior parte della popolazione verrebbe accettata. Invece
- se c'est claire que ce sont toujours les femmes qui demandent ça,
- e questa cosa non è concessa
-> allora è per colpa degli uomini.
A me pare lapalissiano.
Mentre invece credo che dobbiamo pretendere che parte del nostro tempo (uomini e donne) ci venga restituito per le nostre famiglie. Deve essere una cosa normale, non un privilegio da concedere.
E non solo. (Qui entriamo nel campo irrazionale, me ne rendo conto) Come donna mi disturba il fatto che gli uomini non sentano l'esigenza di rinunciare a parte del loro tempo lavorativo per stare a casa con i figli. Ovvio che non voglio offendere situazioni dove il 100% dello stipendio è davvero necessario. Però vado anche oltre con una provocazione. Anche per le situazioni dove il 100% sembra indispensabile, per il bene della società, della famiglia, ma soprattutto dei figli: non è forse meglio essere il 20% più poveri in termini monetari, ma il 20% più ricchi in termini di tempo ed attenzione per la famiglia? Chiaro che quel disturbo ho il diritto di risolverlo solo nel piccolo della mia famiglia. E pure lì ci vuole una certa fatica. Però allo stesso tempo non voglio sottovalutare il contributo che un esempio o una piccola voce ribelle può dare. E quindi ho voluto raccontare questa storiella di micro-discriminazione (e sul potere del raccontare del proprio piccolo e farne quasi politica ci vorrei ritornare su). Voglio raccontare quel che penso e come vanno le cose nella mia di famiglia.
Oggettivamente : e' responsabilità
soprattutto degli uomini se finisce che le donne non possono stare a casa parzialmente
con i figli. O decidono di non lavorare, se non sono disposte a rinunciare ad almeno quel pezzetto di tempo in più coi figli. Perchè questo ci rende disuguali per il mercato. E le
donne, se vogliono stare al passo e non soffrire discriminazione di genere, devono rinunciare a qualcosa.
Io volevo lavorare, volevo essere una
mamma che lavora. Ma di meno. Per il bene di tutti, perchè avrebbero vinto
davvero tutti. Così invece perdiamo tutti. Quel 20% in più che la
République otterrà da me inficierà la qualità dei restanti 80% e questo vale anche e soprattutto per mio figlio. Ne sono
convinta.
Stimo uomini come Fefo che seguo da quando ha aperto il blog e mi piace molto perchè senza fare nessuna caciara, giorno per giorno, fa una vera e propria azione politica, descrivendo un piccolo mattoncino alla volta la parità professionale e familiare che mi auspico. O anche Gae (Stratobabbo), che ho invece appena incrociato e che scrive post che fanno sperare che gli uomini si vogliano unire alla ribellione che mi nasce in corpo.
E lo voglio citare paro-paro Gae, anche se apparentemente un po' a margine del discorso che faccio qui
Questo post sconclusionato è frutto di quel malessere
lancinante che solo il terribile esprit de l'escalier può darmi.
L'essere colpita nel vivo tanto da zittirmi, che accade così, citando
Diderot :
L'homme sensible, comme moi, tout entier à ce qu'on lui objecte, perd la tête et ne se retrouve qu'au bas de l'escalierUn uomo sensibile quanto me, colpito dall'argomentazione data a suo sfavore, perde la testa e non la ritrova che in fondo alle scale.
quante avrei dovuto dirgliene....
Ma la cosa che mi interessa di più: voi cosa ne pensate?
E se siete un po' d'accordo con me, che avreste voluto dirle all'importante gestionnaire?
Spero ti diano il part-time!
ReplyDeleteha ha ha
ReplyDeletebattuta eccezionale
:)
Dovresti considerare anche il punto di vista del datore di lavoro che non è detto che possa organizzare il servizio elasticamente. Certo puoi fargli "i conti in tasca" e avere tutte le ragioni del mondo per preferire lavorare l'80%, ma nei fatti, nella negoziazione non avete raggiunto un accordo.
ReplyDeleteInutile dire che nella nostra realtà italiana siamo ancora mille anni luce più indietro di ciò che descrivi.
ReplyDeleteIo sono riuscita a lavorare meno ore per un paio d'anni ma poi non c'è stata più l'opportunità, sebbene io sia in un'azienda a maggioranza femminile.
Non so dire se questo dipenda dal fatto che solo le donne sentono la necessità di avere più tempo per la famiglia. Non so se si tratta di discriminazione. O se alla fine sia una visione distorta di organizzazione e "benessere". Le aziende considerano il tempo parziale un costo e non un'opportunità, temo che spesso la stessa cosa avvenga per i lavoratori. Un po' è legato agli stipendi (a noi attualmente servono tutti e due e al 100%) e il resto alle abitudini culturali (anche qui la riduzione di orario non la chiede praticamente mai un uomo).
Mi spiace non saperti dire cosa avrei pensato\fatto al tuo posto ma comprendo perfettamente il senso di impotenza rispetto alla gestione del tempo e rispetto ad una condizione che dovrebbe essere legata alle esigenze della famiglia e non della "donna" o "madre".
Mi auguro tu possa ottenere il meglio possibile.
Cara Squa, ed io che pensavo alla Francia come il paradiso della conciliazione. Butto li'qualche considerazione.
ReplyDeleteNon darei forse la colpa agli uomini, ma alla cultura generale, che e' creata - come dimostra la tua gestionnaire, da donne e uomini.
Non credo, al di la'di regolamenti, sull'impossibilita' assoluta di trovare formule di lavoro flessibile per uomini e per donne. Tante volte quando "non si puo'" almeno nella mia esperienza e'perche' il lavoro e' organizzato male o non organizzato affatto. Ricordo non so piu' in quale paese del Nord Europa che 1) la paternita' non se la pigliava nessuno finche' non hanno fatto una legge apposita che di fatto spingeva molto caldamente a prenderla, ora la paternita' se la prende il 90% degli uomini ergo, la cultura si cambia, non e' immutabile 2) La paternita' se l'era presa pure se non il primo ministro, l'assistente specialissimo del primo ministro ed il mondo non si era fermato ne' il governo caduto. Mi spiace non ricordare bene il paese e le circostanze.
Insomma,in un mondo ideale io sarei a favore di una rivalutazione della sfera domestica (spesso svalutatissima, e guarda caso si tratta proprio del campo dove le donne regnavano) e di quanto avviene in essa, che e' lavoro duro: educazione dei figli, autoproduzione,etc etc. D'altro canto ci va anche una flessibilizzazione della sfera lavorativa, per donne e uomini. E se posso permettermi "raise hell" in casa per spingere al cambiamento mariti/partner recalcitranti.
Infine, secondo me, la tragedia vera e' che pensavamo che il lavoro fuori casa ci avrebbe liberate ma il prezzo e' alto, anche se sotto molti aspetti ne vale sicuramente la pena.
Spero tutto cio' abbia un senso, sono reduce da celebrazioni di San Patrick ;-)
Posso solo condividere un vissuto personale: la cosa brutta è che spesso come donna ti scontri con donne come te che dovrebbero capire ma invece...
ReplyDeleteQuasi come se pensassero:" io ho dovuto soffrire quindi soffri anche tu!"
Questo mi rattrista più di tutto!
Fra
quanti input! Ringrazio tutti tantissimo e mi pongo come obiettivo di coltivare più la sintesi, lo so che è pesante leggere post così lunghi. Faccio molta fatica ad arginarmi ma prometto che ci proverò
ReplyDelete@AstareQui
Certamente hai ragione. Nel mio caso specifico come dicevo il mio datore di lavoro sarà lo Stato in persona che lo capisco bene deve badare ad arginare i costi. Avendo io vissuto (in Olanda) altro, perchè economicamente un'altra realtà era possibile, faccio fatica ad accettare.
I got spoiled per così dire. E però mi fa piacere anche raccontare le mie impressioni da persona che è stata forse privilegiata fino ad adesso ed ora questi privilegi li ha persi (anche se, ahimè, per scelta...), spero non disturbi.
Per quanto riguarda la logistica pura il mio supervisor diretto sarebbe stato d'accordo con me per l'80%, è stata la République che ha detto no....
@Marzia
Per colpa di una battutina infelice e di questa situazione specifica, la realtà francese la sto dipingendo peggio di quello che è. Penso sia più avanti di quella italiana, ne saprò di più con un po' di tempo. E penso mi farà piacere continuare a raccontare. Anche se conoscendo poco di quella italiana faccio fatica a fare paragoni.
Il mio post è più che altro uno sbrocco di pancia che pur nella sua irrazionalità o ingenuità ho voluto riportare per provocazione. NOn lo so neanche io se è vero che le donne sentano più l'esigenza di dedicare del tempo alla famiglia. Sicuro è che ci dipingono così ed il fatto che in genere guadagnamo di meno rende la scelta a volte scontata. Probabilemnte il problema si riduce essenzialemnte a questo.
@Fede
non lo so se è il paradiso. Come dico rispondendo a Marzia penso siano più avanti. Però questa piccola e sciocca battutina ha lasciato un segno (me la sono segnata insomma)
Penso sia la Norvegia
http://en.wikipedia.org/wiki/Daddy_quota
E qualcosa di simile si sta meditando in Francia. Sto cercando di preparare un post... ma come dicevo...la sintesi non mi è amica.
Sono daccordissimo che un cambiamento avverrà se 'lottiamo' dal di dentro. Io non ho molto da lamentarmi della micro-politica sociale che vige in casa mia (qesageriamo persino...quando mi riferisco a noi uso l'espressione "genitori a quattro mani", spero di riuscire a scriverne). Però spesso non mi sta bene quel che vedo. Non mi starebbe bene per esempio se non potessi godermi le mie amiche perchè a casa loro la conciliazione paritetica è un miraggio.
Verissimo quel che dici: non ci siamo liberate un cazzo! E giusto ieri sera commentando il post col chercheur (a qualcosa scrivere serve, meno male) ho formalizzato esattamente perchè per me 4,5 giorni a settimana sono moooolto più pesanti di 4 ed invece per lui no (verrà un post dedicato al parenting a quattro mani e le sue limitazioni, se non mi perdo per strada e se il Pistacchio si riprende che il nido ha anche i suoi difetti: si è beccato la gastrò, povera stella).
@Fra
hai colto!
Il chercheur mi dice di stare alla larga da la gestionaire, perchè sapendo come sono passionaria ha paura che scatti la rissa. Io però sono curiosissima di sapere la sua storia e quella di tutte le mamme che incrocerò sul lavoro. Per ora so solo che ha un marito italiano.......
Ciao SQUA ti ho incontrata sul blog di Fefo...E COME DIRE, STAMATTINA sei proprio il post che cercavo...
ReplyDeleteanche io vorrei il tempo per l mia famiglia
sono in Italia
e già devo ringraziare che un contratto ce l'ho
certop mi scade a maggio e vista l'ipotesi di un'assunzione con Tindeterminato
non ho nemmeno potuto osare di chiederlo questo part time
e non credo cmq dopo me lo concedano, visti i precedenti
nel qual caso io una autosuluzione l'ho trovata
sfrutterò il congedo parentale
prendendo 1 giornoa settimana
quello è un diritto!
Ciao Paolina,
ReplyDeletequindi anche in Italia il *Mamadag* come lo descrivevo qui
http://squabus.blogspot.fr/2013/03/mamadag.html
è un diritto?
Mi sono messa a spulciare legislazioni francesi e italiane ed è pazzesco che nonostante la lingua e la cultura non mi siano proprie, capisco più le prime.
Ti faccio tanti in bocca a l lupo!
in effetti il mamadag non esiste come diritto...
ReplyDeletema il congedo parentale lo è, e la legge prevede che lo si possa prendere a giorni singoli o al mese...
c'è anche un disegno di legge per recepire una direttiva comunitaria, che prevede la possibilità di usufruire del congedo a ore (con la dovuta decurtazione percentuale dello stipendio che credo sia al 30%)(praticamente ti fai un part time a modo tuo senza dover chiedere nulla, esercitando semplicemente un diritto)...l'italianata è che le modalità attuative sono rimandate ai CONTRATTI COLLETTIVI NAZIONALI! ...
vabbè...
in merito alla legislazione francia-italia,che dire...rafforzi la mia idea...io amante della nazione francese , della lingua e di tutto l'approccio alla vita della francia...e la mia voglia di diventare un expat
Ciao e grazie per la citazione.
ReplyDeleteNaturalmente sono d'accodo con le tue valutazioni e, a costo di essere ostinatamente controcorrente, dico che, io e mia moglie ne parliamo spesso, se un giorno riusciremo a far quadrare l'economia con un part-time, quel part-time sarà il mio. Aug. Ho detto!
sono io che ringrazio te.. ed abituati.. penso che ti citerò spesso, fa bene pubblicizzare esperienze *alternative*. Nell'attesa diventino la norma
ReplyDelete:)
@paolina scusa, giornata impegnativa, mi era scappato il tuo commento, scusami.
ReplyDeleteDunque, forse non sono stata chiarissima e ho fatto di mille erbe un fascio solo. Nel post sul *Mamadag* parlavo solo di legislazione olandese. Della Francia finora mi sono solo lamentata (guarda cosa può fare una battutina infelice), e contavo di rimediare con una ricerchina e paragone tra congedo parentale italiano e francese. Avevo un po' lasciato perdere, se mi ci metto di buzzo buono lo pubblicherò. Ti dico però che sulla carta per quel che ho potuto leggere la situazione italiana non mi sembra (tanto?) peggiore. Certo sulla carta. Ne riparliamo?
Quello che descrivi ad inizio commento e' di fatto il Mamadag! (Gli olandesi lo considerano ad ore, che possono diventare anche giornate intere, ma la sostanza non cambia)
QUanto alla direttiva comunitaria che dovrebbe essere recepita sono curiosa di saperne di più!