29 agosto 9.50 direttamente da una panchina di sans âme / 29 agosto 21.15 con la tisana di liquerizia in mano
Secondo giorno.
A 200 metri (su 600) e 6 minuti dal traguardo (ossia in anticipo, ma non così tanto) mi rendo conto di aver dimenticato a casa il doudou (faccino della disperazione). Chiamo il chercheur che stava per portare A con sé al lavoro, giusto quell' oretta (croce sullo stage di basket)
Il chercheur: ma è così grave?
Squa: direi proprio di si (faccino imbufalito... no ma non hai presente cosa rappresenta il doudou nel nido francese ?? prego leggasi Alice d'archivio, farsi quattro risate.)
Citando Alice solo gli organismi monocellulari e i serial killer sono sprovvisti di doudou.Squa: direi proprio di si (faccino imbufalito... no ma non hai presente cosa rappresenta il doudou nel nido francese ?? prego leggasi Alice d'archivio, farsi quattro risate.)
Dopo sei minuti giusti di orologio, sollevata, li vedo pedalare all'orizzonte, col cagnetto marrone di pezza a.k.a. il doudou (farlocco anche per noi, e sto ancora citando Alice).
L'educatrice in carica del nostro inserimento è nervosa e insicura. Quando non mi chiede se mio figlio si sa girare sulla pancia,continua a chiedere conferma di ogni minimo dettaglio alla sua collega. Non ho osato chiederle se è appena rientrata dopo una lunga pausa. O se è sempre così.
Parla con me ma in realtà sta ascoltando conversazioni che avvengono vicino a noi. Cerco di distaccarmi da quella sensazione ma in fondo sono nervosa anche io. Mi domando come posso prendere il conttollo e assicurarmi che vada tutto bene.
Bref. oggi sono già tutti fuori e andiamo anche noi fuori, si decide frettolosamente che me ne andrò subito e tornerò tra mezzora. Tento di salutare littleP ma quello non mi si fila di pezza. Un po' titubante mi faccio convincere a sparire dalla circolazione. Imbraccio lo zaino e esco. Cammino dietro l'angolo e mi siedo su una panca di cemento, la prima a sinistra. Mi abbandono seduta e decido che passerò almeno i prossimi venti minuti a meditare. O circa.
Parla con me ma in realtà sta ascoltando conversazioni che avvengono vicino a noi. Cerco di distaccarmi da quella sensazione ma in fondo sono nervosa anche io. Mi domando come posso prendere il conttollo e assicurarmi che vada tutto bene.
Bref. oggi sono già tutti fuori e andiamo anche noi fuori, si decide frettolosamente che me ne andrò subito e tornerò tra mezzora. Tento di salutare littleP ma quello non mi si fila di pezza. Un po' titubante mi faccio convincere a sparire dalla circolazione. Imbraccio lo zaino e esco. Cammino dietro l'angolo e mi siedo su una panca di cemento, la prima a sinistra. Mi abbandono seduta e decido che passerò almeno i prossimi venti minuti a meditare. O circa.
I primi dieci minuti se ne vano effettivamente a guardare meditativamente i giunchi mossi dal vento. Tra flussi di penseri impazziti. E paragoni, che non si dovrebbero mai fare e men che meno tra due bambini che sono figli tuoi. Ma per una mente analitica (e per nulla sintetica) come la mia è francamente impossibile.
Per non parlare della faticosa danza del rimuginamento loco. L' inserimento di A. alle porte dei suoi quattro mesi nel delizioso nido della deliziosa cittadina medievale. Fossimo restati là A. sarebbe un altro bambino. E io sarei un'altra donna e un'altra mamma. Forse.
Poi mi scasso di guardare nel vuoto, perchè io non penso, io scrivo tra me e me. E allora scriviamo... Passo quindi altri dieci minuti scarsi a pigiare tasti su uno smartphone stupido #myidiotsmartphone.
A cinque.minuti.dallo.scadere del.tempo mi dico che ça peut suffir e mi incammino a ritrovare il mio bambino e il suo cagnetto farlocco di pezza.
Solo quando l'ho ritrovato pimpante e sorridente come l'avevo lasciato, mi rendo conto di avere lasciato sulla panchina di cemento il mio zaino, effettivamente pieno di cose un filino importanti.
E quindi, non si fosse capito prima, arrifamo:
Ciao piccoletto, la mamma torna subito, ma proprio subito subito...