A me della nazionale italiana ai mondiali in Germania non me ne può fregare di meno.
Non mi interessa neppure il calcio, in generale, non mi interessa -almeno- l'ossessione, la malattia, la follia che il povero sport si ritrova intorno, povero davvero. Da animo sportivo, amante della competizione e del gesto atletico mi piace però lo sport, semplicemente. Ho visto i croati contro il Brasile l'altro giorno e mi hanno intrigata, per questo sto in trepidante attesa di Croazia-Giappone.
Mi frega quindi dei mondiali. Ieri ero sì davanti alla tele a guardare Italia-Usa e non potevo evitare di chiedermi se oltreoceano Joe March stesse facendo altrettanto, invece di darmi la risposta che attendo per passare alla fase successiva (mi sento anch'io al girone eliminatorio del mio mondiale personale).
Eravamo da una coppia di amici ialiani provvisti di satellite, rivelatosi poi inutile: è un delirio questo mercato calcistico-televisivo odierno! Francesi che vedono solo Francia e poco altro -ovviamente parlo di reti nazionali- Italiani e Spagnoli altrettanto. E forse è così per tutti. Gli italiani in Italia hanno dunque visto la partita su mamma rai, dall'estero sul satellite ce la si ritrova criptata. Per fortuna una rete francese la trasmetteva. S'è tentato invano di collegarsi a radiouno-radiodue-radiovattelappesca, si è riusciti con radiopopolare, ma pareva troppo poco sintonizzata sullo spirito agonistico. E' toccato insomma prepararsi psicologicamente ad una telecronaca fatta di esclamazioni del genere oulalalala, quelle pureté e Squad-v-a Azu-r-a a tutto spiano.
La coppia di amici ha una splendida bimbetta di nome Teta che si fa sempre più bella, agli occhi ed allo spirito. Teta ha un anno e mezzo e dice ancora poche parole (e ancora meno sono quelle che ho avuto la fortuna di sentirle dire, ché si sta facendo timidina crescendo e se anche l'ho vista nascere e fare i suoi primi passi -5 dicembre 2005, non lo dimenticherò mai- non mi vede spesso ultimamente). Ieri sera andava dicendo [mamma, papà,] cacca, acqua, bira (birra), miche (formiche), lapàlla (palla), lapàlle (palle). Sfoggiava un vestitino blu recante la scritta Italia e relativa bandiera sul petto e a braccine levate scandiva Italia-Italia-Italia. Giuro. E, deve essere in onore dei mondiali, ha cominciato a scandire altre parole come fossero slogan, milone-milone-milone diceva guardando la torta di limone che avevo portato. Checco-checco-checco diceva quando il chercheur non la sentiva, che non so che gli fa alle bimbe, lo guardano sempre affascinatissime e timide.
Vabbè, non posso negare, mio malgrado, di essere sensibile al concetto di nazionale. Se mi infervoro, spero, mi alzo in piedi su un'azione, è perchè sport è anche 'tenere per un partito' e tifare la mia nazionale è la cosa più facile ed a portata di mano (ma tra poco vado a tifare Croazia e pure con più gusto). Una volta esterata il concetto di identità nazionale mi si è fatto più controverso. Come posso dire? In quanto al calcio, la tensione nel vedere la mia squadra giocare mi arriva in termini di 'vediamo di non fare altre figuracce', 'vediamo di non doverci vergognare ancora', ché già ce ne abbiamo ben donde. Anche già in termini calcistici (e a tal proposito divertente Zucconi su Repubblica, che fa un po' di outing per aiutarsi ad approcciare il concetto di 'Italia ai mondiali', di 'sti tempi... signora mia).
Ora, fare figuracce per me non è perdere. Assolutamente no, neppure essere eliminati subito e neanche arrivare ultimi. Fare figuracce è tirare una gomitata cattiva (e stupida, tremendamente stupida) all'avversario. Tre punti di sutura a lui, cartellino rosso a te. E guardate la faccia di culo che sfoggia poi. La galera dovrebbero darti, altro che cartellino. Bell'immagine, complimenti.
Interviste a Lippi su Repubblica, le Figaro. Italiani e francesi si sentono dire che sì, De Rossi ha sbagliato, gli parlerò. Pare che non ci sia dato sapere quali segretissime cose si diranno a quattrocchi allenatore e giocatore-bestia.
Della gomitata del romanista a McBride (nell'intervallo gli hanno ricucito lo zigomo con tre punti di sutura) Lippi non vuole però aggiungere altro. "Dico solo che ha sbagliato e che ne pagheremo le conseguenze, gli parlerò, ma il tutto resterà tra me e lui".
Sport24.com : L’expulsion de De Rossi a été l’un des tournants du match. Que lui avez-vous dit dans le vestiaire ?
Marcello Lippi : Je ne vous le dirai pas. Il a fait une erreur, il a été expulsé. Il n’a pas été le seul dans ce match.
Tutto qui? 'Na parola più dura, fosse solo per la faccia, poteva dirla... Che gli ha detto negli spogliatoi? Chiede il giornalista di sport24.com. Non ve lo dico risponde Lippi. Ma sparati.
Altrove (ci ripensa?), dice che saranno duri con lui, non faranno ricorso sulla sua squalifica, che vuole che bolla nel suo brodo di questa pentola che è stata messa sul fuoco ieri sera. Dice proprio così. Se questo è sport (e lingua italiana).
Non che Lippi debba essere responsabile per le cattiverie (e pure minchiate, diciamolo, che c'ha concluso De Rossi??) dei suoi giocatori. Non che l'allenatore di una squadra nazionale debba avere una qualche valenza educativa sui 'suoi ragazzi', però... Eventi così denotano che è mancata, prima e forse sempre, l'educazione al rispetto dell'avversario e soprattutto della decenza... si dice fair play, mi pare. (No, deve bollire nel suo brodo). Lo sport nella sua essenza dovrebbe essere correttezza, rispetto e perfino nobiltà d'animo. Ma forse vivo nel paese dei balocchi io.
Arena, il ct USA, intanto allude che ci siamo comprati la partita... come biasimarlo? Perdonatemi, mi perdonerà pure Zucconi... io il mondiale continuerò a guardarlo, anche più allegramente, una volta eliminata l'italietta. Per amore dello sport.
E mi rileggerò e correggero dopo, forse, chè ho perso ampiamente il calcio di inizio... E forza Croazia!
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Io lo so cosa stai pensando.
Lo scrivo, non lo scrivo, quasi quasi lo scrivo. Ma no dai...
E' lo stesso che penso anche io quasi ogni volta.
Ma tu prova, prova a lasciare una traccia.
Non sarà invano.
Prova pro-pro-prova