30 January 2014

di insoddisfazione, coaching, burnout - venting

Avvertenza, il mode venting valve è ON.
Questo post lo ho fatto a pezzi senza pietà, ma lo stesso sa un po' di vulcano che erutta, lo posto lo stesso chè sono stufa di  bozze qui a marcire come faccio di solito, anzi, voglio liberarmene, persino in malo modo... se saranno rose -con i loro rovi- fioriranno e se ne parlerà ancora. Altrimenti, e benvenga, pace. Sciò.


C'è tutta una storia di matrioske, coaching, psicoterapia in una terza lingua, una storia che io ho promesso che mi racconterò. Ma poi la vita mica aspetta a te che non trovi le parole, quella preme per essere raccontata comunque. Quindi succede che qui mica stiamo ad aspettare che si decida, la me che vorrebbe raccontare le puntate precedenti, di come ha vissuto un burnout e ne è uscita, forse acciaccata. O forse è il burnout e la sua guarigione che ha lenito, come un balsamo paradossale, alcune delle sue ferite...


Che poi, anche nel puro ora, i racconti si intrecciano. Io che vado dalla dottoressa del lavoro e sono diversamente sincera per quanto riguarda le domande sulla soddisfazione nel lavoro. Poi riguardo al resto sono cristallina come il mare del primo mattino. E poi in mezzo ad un allagamento, che col lavoro ha poco a che fare, rifletto sulle ragioni per quella sincerità bugiarda

Il mio capo, generalmente buzzurro e direi mediamente antipatico e  sgradevole, ha un momento di illuminazione e ci tira in mezzo tutti che vuole fare un percorso di coaching. E quindi un coach verrà a parlarci e intesseremo un percorso di gruppo (!!?) non ancora ben definito.
Avete mai fatto un coaching? Significa che una persona, si presume qualificata a farlo, sta lì a sentire come stai, quali sono le tue prestazioni, se c'è qualcosa che non ti soddisfa. E poi ti da dei consigli, prova a suggerirti altri punti di vista, ti rivede dopo un po' e discute con te se ci sono stati progressi. Più o meno così. E può essere una cosa fichissima. Per quelli che ci credono e ci vedono un'utilità e riconoscono il bisogno. Fare coaching in un gruppo non tanto piccolo (14 persone) la vedo una cosa complessa e sono molto curiosa di vedere che ne salterà fuori. Se davvero il capo parte senza un là preciso, come ha detto, mi immagino molti silenzi e sorrisi imbarazzati...


Succede pure che in mezzo all'ennesimo fastidio che provo in relazione ad un collega che secondo una parte di me -lavorativamente parlando- non mi tratta comme il faut, prendo il capo a quattrocchi e gli dico che vorrei fare una seduta di valutazione. Come la facevo negli Stati Uniti ed in Olanda ed ho scoperto che qui no. Nelle mie esperienze precedenti una parte di quelle domande -tra le righe di tutto il resto che è più importante e concreto- le affrontavi col tuo supervisore. Senza timore di conflitto di interessi. Si presuppone che se hai un problema con lui, con lui tu debba riuscire a discuterne. E se non ci riesci le alternative di fondo ci sono, le risorse umane stanno lì dietro a tua disposizione. Ma col tuo capo ci DEVI parlare in maniera strutturata del tuo lavoro, del tuo rendimento, delle tue aspirazioni, una volta all'anno. Dove lavoro ora no. E' il medico del lavoro che pone quelle domande specifiche e così vaghe.
E quindi ho chiesto al mio capo questo spazio di discussione strutturato, mezza Lisa SImpson che implora ti prego dammi un voto, mezza Tafazzi, chè scrivere un rapporto di autovalutazione non è mica acqua di rose. 

Maledetta Squa che stai sempre appesa al feedback, pure quando del lavoro, in fondo, non te ne frega una beata minchia. Che poi sta qui il nodo di tutto, no? O no?
Mo' tocca che tra il coach e questa seduta di autovalutazione autoimposta qualcosa io dovrò tirare fuori. Non posso continuare a fare lo struzzo. Se nel primo caso non so ancora quali domande mi verranno poste, anche se le posso immaginare, nel secondo le conosco, me le sto ponendo da sola...


Poi la storia va avanti, ma io ho deciso che davvero mi voglio impegnare a postare corto e quindi magari un'altra volta...

E voi? Che effetto vi fanno le domande qui sotto? Siete felici del vostro lavoro? Sapete di cosa avreste bisogno per cambiare la situazione? Perchè il maledettissimo punto è quello, se non lo sapete -e io mica lo so bene- è proprio un pasticcio.







29 comments:

  1. Ok, provo ;-) Si, mi è capitato di rispondere a quelle domande, per una valutazione, e ho pure preso parte al programma di coaching: in entrambi i casi mi sono sentita, come dire, in grossa difficoltà...

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    1. Perché in difficoltà? Non lasciarmi sille spine... dimmi di più :)

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    2. Perchè ad ogni risposta vedevo già la controrisposta, paracula, del coacher pagato dalla dirigenza per mantenere lo status quo..e allora non sapevo se lasciar correre o lnciarmi in una crociata. Con un contratto a tempo determinato non rinnovabile è stato un dilemma, quello tra il fare e il lasciar perdere...

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    3. "coach pagato dalla dirigenza per mantenere lo status quo".. fain effetti un po' impressione :(

      d

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  2. Io lo saprei pure, ma che me lo chiedano, ecco...
    comunque scrivi, scrivi!

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    1. E te lo sto proprio chiedendo! Dimmelo!!?
      Ehsi fa presto a dire scrivi...

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  3. Da me sono 10 anni che hanno prudentemente lasciato perdere ogni tentativo di coaching, sanno perfettamente che siamo inc...ati neri e che facciamo fin troppo squadra per sopravvivere ad un management inesistente e inaffidabile.
    Io lo so di cosa avrei bisogno per migliorare la situazione lavorativa: l'allontanamento dei dirigenti scelti a caso in tempi di vacche grasse, incapaci di gestire questa nuova epoca di scarse ma importanti opportunità. So che dobbiamo sempre partire da noi, non dagli altri, ma ci sono strutture burocratiche che ci vogliono anni per abbatterle e temo non avremo così tanto tempo.
    Nel frattempo cerco di modificare il mio punto di vista e darmi la responsabilità di ciò che sto vivendo ... magari prima o poi ne farò uscire qualcosa di buono ... altrove!
    Rispetto a voi, spero davvero che il coaching funzioni, anche solo per poter esprimere ciò che desideri, anche se magari adesso non ti sembra di averlo ancora ben definito, dar voce ad un pensiero lo rende molto più chiaro.

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    1. Intanto ammiro la tua chiarezza di pensieri.
      Il coach è venuto, andato e tornerà tra 3 mesi. L'esperienza è stata... bho... pare che il gruppo ne abbia giovato. Ma il gruppo non sono i singoli. Personalmente crrdo di aver perso un'occasione per stare zitta. Ma almeno mi è servito da stimolo per iniziare un percorso mio.

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  4. Una delle migliori esperienze sul lavoro è stato il periodo di coaching personale ma è stata un'occasione, era una specie di test. Non c'è niente di così strutturato. Forse rispondeva a una mia esigenza personale, sicuramente ne sono uscito migliorato o comunque conoscendomi meglio.

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    1. Ci credo anche io nel coaching. Ma in 14, una volta ogni 3 mesi, non lo so. Vediamo cosa succede alla prossima. Io -e forse è anche una cosa che va affrontata- sono in difficoltà a tirare fuori qualcosa nel gruppo. Ci penserò

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  5. Qui in UK in genere si ha un mentor che ti segue dal punto di vista dello sviluppo professionale e non lavora con te (e a volte é la persona migliore con cui parlare perché al di fuori del proprio gruppo), e poi il tuo capo ti chiede durante l'appraisal annuale o semestrale se va tutto bene e se puó fare qualcosa per migliorare le cose... peró nella mia esperienza, se le cose vanno bene, uno ha giá la tranquillitá di discutere con il proprio capo le cose giorno dopo giorno, se invece non va tanto bene, lui ti fa la domanda perché la deve fare, e tu rispondi 'tutto bene grazie', perché sai che tanto va cosí... Spero che nel tuo caso le domande siano uno strumento per migliorare veramente, a volte é proprio farsi le domande che aiuta...

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    1. Si forse hai ragione. Però poi ci sono anche le situazioni intermedie. Un invito to speak up non fa mai male. Poi di sono d'accordo che se la situazione è terribile può esserci ben poco da fare.
      Solo sono molto stupita che dobe lavoro io questo sistema di appraisal non ci sia

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  6. Che te lo dico a fare??
    Spero di riuscire a chiacchierare presto di questi temi insieme a quattrocchi... Io penso però che "fare qualcosa" sia sempre meglio di niente quindi per me hai fatto bene e chiedere questo momento!:)

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    1. Invece penso che fare le cose male sia peggio che non farle. E sono un po' inquieta. Almeno non statica. Ci provo.

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  7. Nel mio ufficio facciamo solo team building, non coaching, ma credo sia molto utile: il mio compagno lo ha richiesto per il team che dirige, perchè un paio di elementi erano "di difficile gestione" ;) e il risultato è stato anche migliore del previsto!
    Meglio che non inizi a parlare del mio rapporto col lavoro, altrimenti finisce che scrivo un post, non un commento! Ti dico solo che è dall'autunno scorso che voglio chiedere un aumento (che non mi accorderanno, ma chiedere è sempre lecito) e non sono ancora riuscita a farlo O_o

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    1. L appraisal è decisamente l'occasione in cui chiedere un aumento.
      Ti giro ls form? Lo proponi al tuo capo, scrivi cosa hai fatto di buono negli ultimi tempi (dall'anno in su) e chiedi feed back.
      Qui puoi scrivere un post quando vupi.

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    2. Oh sì sì, mandami il form se ce l'hai, così me lo studio prima dell'incontro (che comunque non sarà a breve, il capo non ha mai tempo neanche per le cose urgenti, figuriamoci per queste "sciocchezze")

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  8. no, ecco, questo commento non c'entra una mazza con il post.
    era solo per dire che mi sono accorta che non ero tra i tuoi followers, e mi sono messa lì, in quella lista a destra, ché un po' mi dispiaceva, di non essere tra i tuoi followers.
    che ero sicura di esserci, ma invece no.
    ecco. kiss

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    1. Che piacere Wonder, sono onorata!
      Mi fai pensare ad una bozza che giace sconsolata nel blog e si intitola "i follow you"

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  9. ecco..è da ieri che giro qui vaga fischiettando. Io ce l'ho una risposta per quanto riguarda me ma credo non ci capi niente con l'ambiente descritto da te, il contesto lavorativo e l'ecosistema in generale. Noi il management, il "coaching...lo vediamo e non lo vediamo. E' ogni giorno presente ma tra le righe, lo autogestiamo per evitare burnout e si tirano le somme alla supervisione mensile. Quindi tutta n'altra storia perchè abbiamo solo un Cda e siamo soci di cooperativa. Però lo so di cosa ho bisogno per cambiare, sò cosa vorrei e cosa non mi piace del mio lavoro anzi dico meglio, sò cosa mi manca di diverso dal mio lavoro. Ora che ho ridotto "forzatamente" il lavoro sono aumentate le necessità economiche ma sono diminuiti i disagi in generale e sono più serena. Praticamene è una bilancia sempre sbilanciata però sapere dove togliere e dove mettere è una salvezza, questo è vero. (Poi che non ci sono i soldi per farlo..allora è un bel guaio :) )

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    1. E me lo dici cosa ti manca?

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    2. mi manca di diverso un atteggiamento, un senso di leggerezza che avrei in più se avessi economicamente le possibilità di costruirmi un' "impresa" privata.. In particolare mi piacerebbe aprire un posticino dove far sedere le persone, dar loro buon vino, buon cibo, dei libri, buona musica da ascoltare.. un posto dove condividere i momenti quotidiani che sono troppo spesso sottovalutati. Un posto così ma personalizzato. Ma ci sono dei giorni in cui quel senso di leggerezza mi manca talmente tanto da farmi pensare che basterebbe comunque poco per sentirmi meglio o più sicura. E non disprezzerei anche lavorare con i fiori, con gli animali... ma queste sono ricerche a cui tendo perchè troppo "piena" del mio lavoro che però non lascerei mai, solo lo ridurrei ecco, ridurrei i turni. Lavorare come clown dottore per 8 anni, 3 anche 4 turni a settimana in contesti di ogni tipo (neuroriabilitazioni pediatriche, geriatrie, scuole, ematologie, trapianti, chirurgie, odontostomatologie per handicap, campi rom) ti arricchisce tanto ed è un continuo scambio umano. Non si stratta di animazione, si tratta di terapia vera e propria quindi a fine giornata si torna soli ma con una scia di anime non indifferente o comunque una scia di storie cui hai preso parte. Io non voglio viaggiare per esempio, non ne sento il "richiamo". Perchè ho conosciuto il mondo e continuo a conoscerlo tramite il clown dottore, lho conosciuto nelle persone incontrate e l'ho conosciuto nella sua veste più limpida e vera. E ora cerco ardentemente uno spazio semplice e banale dove poter custodire quel mondo e farlo crescere nei ricordi, nel quotidiano in modo che non sia mai dimenticato. Ecco perchè mi pacerebbe aprire un posto dove poter fare una cosa semplice e normale ma con l'amore che ho maturato a modo mio nel tempo grazie agli altri. (poi vabbè io amo l'arte, il vino e la condivisione del pane...detta spiccia spiccia) ..Lunghetta eh?

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    3. Amo la lunghezza :)
      Io quando dico la parola burnout temo di essere fuori luogo, perché forse è applicabile davvero solo ad un lavoro come il tuo dove si è a contatto con la sofferenza e dove il tuo impatto conta immediatamente e direttamente....

      Il lavoro che descrivi mi piace moltissimo, sono felice che tu l'abbia scritto, però esula dalla domanda posta.. che è di cosa avresto bisogno nel lavoro attuale per migliorare. Poi lavorare meno è una delle mie risposte. La prima.

      Hasta la lunghezza, siempre!

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  10. Sulla mia situazione lavorativa sai già tanto.
    E secondo me l'unica forma di coaching che conosco è insultare i dipendenti nei corridoi :-( ecco! Se riesci cogli questa opportunità senza farti maciullare!

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    1. Mha il coach in 14 non mi spaventava... e invece ci sono entratacome un ttreno ad alta velocità e mi sono schiantata... ma va bene, ora con calma raccolgo i pezzi.

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  11. "Sapete di cosa avreste bisogno per cambiare la situazione?" quanta ragione hai, alla fine il punto è tutto qui. E spesso si crede di aver bisogno semplicemente di cambiare lavoro ma si finisce col replicare un pattern che parte soprattutto da dentro di noi. Sigh!

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    1. Esattamente. Tempo 6 mesi ero già in piena dinamica arcinota. Per fortuna conosco i potenziali epiloghi e corro ai ripari. Ma mi tocca in grandissimo lavoro su di me ora

      Credo che molti qui sarebbero interessati a leggere il tuo ultimo post! Non

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  12. Ma il feedback di cui scrivi nel post lo dai tu in questo questionario, oppure lo chiedi a qualcun altro? Confermo che forse il coaching potrebbe proprio servirti a trovare qualche soluzione per migliorare, poi i sorrisi imbarazzati si superano, ovviamente se il coacher riesce a entrare in sintonia col gruppo. Deve essere comunque una grande azienda se prevede opportunità di questo tipo - grande nel senso proprio che ha tanti dipendenti, e come cultura in Italia non la vedo molto diffusa. Nel mio ambiente accademico c'è - almeno teoricamente - libertà di movimento su cosa fare, per questo si presume che uno sia sempre soddisfatto al 100%. E' divertente per me cercare di rispondere alle domande che incolli in questo post :)

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    1. Le domande che ho riportato qui erano quelle del medico del lavoro.
      L'appraisal che ho proposto è un momento di valutazione a due fronti: il soggetto valuta se stesso, gli obiettivi raggiunti, quelli da ottenere, gli elementi che mancamo per la realizzazione personale (e compreso promozioni!). Poi valuta anche il proprio capo. Contemporaneamente anche il supervisore esprime la sua valutazione. E se ne parla insieme.


      Anche io lavoro in ambito accademico (scientifico). Le università americane e olandesi prendono molto sul serio l'appraisal. E in genere il lavoratore è considerato un entità più strutturata e dignitosa, anche se precario. Qui sempre di più mi incarognisco a rendermi conto che il precario è considerato un essere inferiore. E mi incazzo.
      E cosa hai risposto alle domande?

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Io lo so cosa stai pensando.
Lo scrivo, non lo scrivo, quasi quasi lo scrivo. Ma no dai...
E' lo stesso che penso anche io quasi ogni volta.
Ma tu prova, prova a lasciare una traccia.
Non sarà invano.

Prova pro-pro-prova