16 February 2014

Metti un Pistacchio, una forse otite, un nonno, una squa

avevo progetti, desideri, per Squabus oggi, sapevano di foto di torte e racconti di feste di compleanno.  
Invece...


Invece c'è una radio di sottofondo che mi disturba, per questo ho le cuffie nelle orecchie, ci ho messo dentro Elisa, ho un po' di stanchezza, un chercheur volato oltreoceano per una settimana ad una nuova conferenza di scienziati, un Pistacchio febbricitante con una forse otite, ma forse no, un nonno che mi da una mano. Questa volta è venuto senza la zia Susanna -e si sente- si è fatto un biglietto di due settimane... quando me l'ha detto mi sono sentita deglutire... 


Mi ricorderò la prossima volta che forse è meglio che faccio da sola? Invece poi mi incarto sempre, tra il timore di un'emergenza, il volerlo far sentire utile. E mi ritrovo incastrata ed irritata. Che poi dai va persino meglio di quanto temessi, almeno si trovano abbastanza tra loro due. Venerdì, quando è iniziata la febbre, mi sono fatta coraggio e li ho lasciati soli dalle 9 alle 12, sono tornata per pranzo (evviva i 5 minuti di bici dal lavoro), l'ho messo a nanna e poi di nuovo soli dalle 13.30 alle 16.30, che poi tecnicamente ha rappresentato appena una mezzoretta, perchè ha dormito tutto il tempo. Domani e forse pure dopo ci toccherà bissare. In fondo poi se a quei due fa piacere, chi sono io per non farli restare da soli un pochetto. Chi sono io per non fidarmi? Per avere paura? Per sentirmi per niente tranquilla...
Sono io che non mi trovo. Pistacchio riesce a prendere il meglio di lui, senza alcun problema.  Io invece guardo quest'uomo e mi dico, ma io come ho fatto a crescere con un padre (ed una madre) così? A tratti mi scoppia da ridere, amaramente, certo... Assertività zero, nevrastenia mal celata, incapacità di farsi del bene, incapacità di solitudine costruttiva. Insicurezza.  E con questo panorama mi stresso, non mi sento per niente bene, e soprattutot provo una pena infinita. ma in fondo tocco con mano quanta strada ho fatto lontano da questo modello  (ma pure quanta ancora ne ho da fare).


Penso  e ripenso a questa cosa che mi sono detta giorni fa: Si diceva che le persone sono specchi, che ci restituiscono un'immagine che possiamo apprezzare o meno. Ma è una grossa balla. Possiamo scegliere ogni giorno, ogni minuto, il palcoscenico su cui salire. Se curveremo le spalle, il mondo ci tratterà da paria. Se saremo fieri, ambiziosi e ci rispetteremo, tutti ci rispetteranno. Non esiste altra cosa più importante del rispetto di sè.  Siamo noi stessi lo specchio dei nostri pensieri, motivazioni e il motore di come ci considereranno gli altri.

Poi penso alla titolare che un giorno m'ha detto non c'è niente di peggio di un figlio malato. Io l'ho guardata dritta negli occhi, ma poi li ho abbassati e ho guardato altrove. 


Penso a quel delicato, meraviglioso meccanismo di quando le persone raccontano i loro problemi. Ci sono le mazzate che ad un certo punto la vita piazza sulla strada E poi ci sono armadi dentro ai quali la vita rinchiude, giorno dopo giorno un poco di più. Ci sono-molto semplicisticamente- due categorie di persone, mi sembra. Quelle che ce la fanno e quelle che no. Quelle che ci rimangono sotto e quelle che si dibattono fino a passare sopra. Quelle che il loro dolore ce la fanno a dirlo e riescono a farsi aiutare. Quelli che no. Però la cosa meravigliosa è che ora ci credo che gli uni possano diventare gli altri, in entrambe le direzioni purtroppo. 

Quanta voglia di farcela. Mi commuovo da sola.

Ecco poi, giusto in mezzo a parole inevitabilmente sconclusionate,  arriva quella canzone lì e io mi squasso, che non esiste come verbo, perchè non lo so dire cosa mi prende. Come si fa a stare dritti ascoltando questa canzone? Come si fa a stare in piedi e a non accartocciarsi? Non è una canzone ascoltabile in pubblico. Impossibile.

11 comments:

  1. Non siamo mai chiusi in un destino immutabile del proprio essere, possiamo sempre dare un colpo di reni e risalire in superficie. Probabilmente l'immagine che diamo all'esterno è quella che ci viene da dentro, quello che in fondo noi pensiamo di essere. Se noi stessi pensiamo di non valere il rispetto degli altri, probabilmente gli altri lo capiranno e ci tratteranno senza.
    Leggendo le ultime tue righe mi è venuto un mantra da ripetere "squa non si squassa" o se lo fa poi si risqua.

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    1. È proprio così, nel mezzo ci può essere tutta ma fatica del mondo, a volte. A volte invece certe botte di culo che innescano per te cambiamenti e circoli virtuosi. Al momento alterno grandi passi dalla n avanti a campagne di boicottaggio che lèvati!
      Sono andata ou a cercare nel dizionario di questa lingua che sto perdendo.. e squassare esiste! Per mia somma meraviglia :)

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  2. Credo che alla fine l'atteggiamento di Pisti sia quello migliore, lui si prende il meglio del nonno, senza chiedersi che persona sia, che padre sia stato, chi abbia amato e come. E tu rilassati, che mi pare che loro due insieme non se la cavino mica male!

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    1. Era quello che speravo, ma i giorni successivi purtroppo c'è stato un tracollo. Quanto non sono serena!
      Sono stravolta, soprattutto psicologicamente. Cole in stato di assedio, ma domani torna ol chercheur. Non vedo l'ora davvero@

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  3. Sono d'accordo con Daniele, ci sono giorni in cui tutto ciò che eri prima non c'è più, o meglio è lì a farti da appoggio per raggiungere ciò che prima neppure vedevi.
    E quel giorno ti importa poco di come ti vedono gli altri perché finalmente sei al centro di te stessa e tutto il resto - ma proprio tutto - viene dopo.
    Ci ho messo più di quarant'anni per imparare a volermi bene, sempre e comunque, e spero davvero di non smettere più. Per me è stata la ricetta per superarne qualcuno di quegli ostacoli che squassano ...

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    1. No non lo vedo il "traguardo".. lo intuisco, sento che ce la potrei fare, ma inciampo continuamente in qualcosa.. mi sei certamente d - ispirazione. Grazie per le tue parole!

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  4. io credo che in pochi davvero potrebbero credere che nel mio passato ci siano stati tanti e tali eventi brutti, ma proprio brutti.
    io credo di avercela fatta, a modo mio.
    ma se qualcuno dovesse chiedermi qual è stato non saprei rispondere forse.
    certe cose le ho smontate e le ho guardate, come si fa con un orologio rotto, altre le ho solo riposte in un armadio tra le cose che non mi servono, ma son lì. prima o poi toccherà fare ordine.

    auguri per la combo pisti-otite-nonno...io sarei come te, combattuta tra il bisogno di farcela da sola e cavarsela e la voglia di farsi aiutare e di lasciar che gli altri partecipino e ci aiutino.
    dai che passa presto, pat pat...

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    1. l'armadio traboccante è la metafora che mi perseguita in sogno e nella realtà.
      Tu sei bella proprio! Amica orologiaia. Mi devo prescrivere iniezioni di Shaula mattino e sera...

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  5. Credo che l'equilibrio, il volersi bene,l'accettarsi anche quando in realtà ci detestiamo sia la cosa più difficile al mondo. Dovremmo essere più indulgente con noi stesse. Ma non so come si faccia. Ti abbraccio forte.
    Raffaella

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  6. Ehila Squa, piacere di conoscerti :-)
    Anch'io ti avevo incrociata e mi ero incuriosita...ora piano piano mi ti leggo ben benino (ho gia' la sensazione che abbiamo delle cose in comune, tipo l'essere giramondo e l'universita') :-
    Spero che il chercheur sia tornato e le cose vadano meglio. Grazie di essere passata!

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  7. Ognuno riesce a prendere e cogliere dalla vita cose diverse. E anche dalle persone.
    Tuo padre e tuo figlio possono avere un rapporto molto diverso da quello che tu e lui avete o avete avuto. Loro due sono una tela bianca.
    E questo è splendido perché anche tuo padre avrà una "seconda possibilità"... :)

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Io lo so cosa stai pensando.
Lo scrivo, non lo scrivo, quasi quasi lo scrivo. Ma no dai...
E' lo stesso che penso anche io quasi ogni volta.
Ma tu prova, prova a lasciare una traccia.
Non sarà invano.

Prova pro-pro-prova