29 March 2014

La titolare

Bocca serrata e sottile, i cui lati puntano verso il basso. Anche lei mi ricorda mia madre, mia madre nei momenti no. La titolare solo a fotografarla, solo ad immortalare quell'espressione quasi terrorizzata, sembra schiacciata dalla vita. Le voci pettegole che si sentono fanno il resto nel dipingere intorno a lei un'aria di sofferenza e fatica. Ma è una fotografia sbiadita, vuota e ormai  irreale, probabilmente di un tempo che fu.

La titolare ha un figlio autistico e un passato di sofferenza marchiato in quella piega delle labbra, sussurrato dalle voci di corridoio.

Pare che tenda a far pesare agli altri i suoi problemi, aveva detto una voce petulante.
Certo è che ha davvero un'aria fragile ho osservato io prima di conoscerla, prima di sorprendermi delle sue battute ciniche e taglienti. Prima di rimanere sbalordita che da quella fotografia in tristezza e sofferenza saltassero fuori una fermezza e una determinazioni incredibili.

E' arrivata da noi a giugno dell'anno scorso, il giorno prima Squabus giocava a calcetto e si domandava come sarebbe stato averla come collega. In mezzo alla schiera di titolari indolenti e scansafatiche, non contenta di dove stava, lei aveva chiesto di cambiare gruppo, rischiando di macchiare, in un certo qual senso il suo cammino professionale. Poteva perdere o guadagnare tutto. E non so fino a che punto è cambiato il suo scenario interiore, non so fino a che punto vede un miglioramento nella sua vita, glielo dovrò chiedere, sono molto curiosa.

E' arrivata un po' schiva e timida, continuando a bere caffè con le persone di prima, nè dell'ex gruppo nè del nuovo. Si è guardata intorno circospetta, come tastando il terreno con attenzione prima di appoggiare il piede. Come chi si è vista sprofondare troppe volte nelle relazioni umane o come chi è irrimediabilemnte paranoico. Il dubbio è forte tutte le volte che mi dice "questo è un covo di serpi", raccontandomi tal o tal altra vicenda, come una lugubre novella 2000. Devo dire che del suo personaggio un po' mi insospettisce quel suo vedere tutto nero e cattivo, accanto all'avermi detto più di una volta che quando doveva decidere in che gruppo andare e poi decise per il nostro non sapeva che c'ero io. Lei lo sa che il suo arrivo da noi rende vana ogni mia speranza di diventare titolare. Ma chi potrebbe mai pretendere un tal riguardo verso una perfetta sconosciuta?


Ha preparato tutte le soluzioni che le servivano nella vetreria solida e luccicante, ha allineato perfettamente tutte le bottiglie sulla mensola del suo bancone. Ha messo il nastro adesivo colorato su tutte le sue cose, e come si usa ci ha scritto il suo nome, a chiare lettere: TITOLARE. Inizialmente ha scelto il nastro rosso, ma dopo qualche mese tutto è diventato verde. Una piccola insegna, anch'essa di nastro adesivo, campeggia sul suo bancone, scritta blu su fondo verde: ZONE VERTE.  Qualcuno deve averle fatto la battuta oppure lei ne ha fatto perfetta metafora, non era pronta ad affondare quel piede, poi ad un certo punto la fiducia l'ha pervasa e al semaforo è scattato il verde. Me la sono figurata intenta e concentrata a staccare tutti quei pezzetti di nastro rossi e sostituirli diligentemente con quelli verdi. Uno ad uno. La titolare è impressionantemente diligente e ordinata. Organizzata, puntuale. Bravissima.  Tutte cose che io non sarò mai a fondo o senza uno sforzo estremo.


Io - come poterlo negare? - rosico.
Rosico in un modo tutto mio, silenzioso e immobile. Incapace di volere male ad una persona così forte e sofferente. Non potrei fare del male neppure a persone che mi mostrano solo cattiveria e stolido disprezzo e che io ho preso a disprezzare a mia volta, pur con altalenanti sensi di colpa (un tal ingegner so tutto io, per esempio, ma quello è un altro ritratto e di tutt'altro calibro). 
Io davanti alla titolare resto abbagliata e anche un filo turbata.

Dal suo coraggio per esempio. O forse dovrei chiamarlo spirito di abnegazione. Dopo appena qualche mese, si è messa senza troppi teatrini a fare le cose tra le più truculente che si possano immaginare in un laboratorio di ricerca. Cose che però sono importanti e possono portare lontano nella comprensione della Scienza, con la esse maiuscola. Cose per le quali si è guadagnata il rispetto di tutti. Cose che io non riesco a dire, altro che immaginare di fare con le mie mani, o anche solo guardare con i miei occhi. Lei fragile, col suo bagaglio enorme di sofferenza marcato in viso, Lei, senza un lamento, ha preso in mano il bisturi e via.

E' lei che un giorno mi ha detto non c'è niente di peggio di un figlio malato. L'ha detto perchè io stavo alludendo ad altre possibili sofferenze, che non sono puntuali, che non hanno un prima e un dopo, che ti  entrano nell'essere fino a colonizzarlo interamente. Tanto che non sai chi sei e chissà se lo saprai mai. Scenari esistenziali e non, che non si possono dire tanto facilmente a chi non li conosce. Scenari che prima vanno smontati pezzo a pezzo e solo dopo se ne può parlare. Finchè sono così sofferenti, delicati, ci rendono delicati, fragili come cristallo. Ammiro e invidio la capità di parlare dei suoi demoni, significa che è andata oltre. L'allusione quel giorno però si è congelata tra i miei pensieri, finchè è scomparsa, volatilizzata. Delusa perchè non ci sono meglio e peggio nella sofferenza. C'è quel senso di tragedia e quella fragilità di cristallo. Il resto non conta. 
Quella stessa sera, quell'allusione volatilizzata mi si è ripresentata sulle labbra nella conversazione con un'altra persona. Mi sono tradita, poi mi sono pentita e non mi sento bene al pensiero di avere lasciato un pezzo di me vagare per menti altrui, senza la mia supervisione.

Molte persone credono -o si comportano come se credessero- che la sofferenza è solo una cosa terribile che ti succede ad un certo punto. Il fatto è che tu riesci o non riesci a fare fronte, a seconda di chi sei stato fino a quel giorno. Io resto sbalordita dall'inconsapevole arroganza di chi crede di essere forte perchè è riuscito a superare un evento difficile. La forza c'era prima, ed è un merito personale fino ad un certo punto, la tragedia certamente serve da filtro. O da palcoscenico.  

Io mi rispecchio invece in tutti coloro che sono cresciuti difettosi. Giorno dopo giorno nel difetto, fin dal principio o quasi. Che non significa che quella forza non ci sarà, un giorno, non significa affatto mollare. La forza verrà allenata, muscolo per muscolo, con fatica.
Significa però che verrà allenata in solitaria, davanti ad un pubblico che ci crede fragili punto, senza ragione. O forse per pigrizia, stupidità, insensatezza, masochismo.
Noi attori silenziosi, soli e incompresi di uno spettacolo criptico e inintellegibile.

Finchè non riusciremo a parlarne.

10 comments:

  1. La forza, eh... Conosco persone con una grande forza che gli altri giudicano deboli perché non la esteriorizzano o non ne hanno i connotati esteriori. Sta tutto in quella necessità di "esteriorità".
    Ho incontrato tante persone che volevano mostrarsi forti quando ai miei occhi era solo quelli più deboli, che non riuscivano a farmi provare alcun fascino.
    Ho una visione romantica della forza, chissà forse per la mia generazione venuta su con Guerre Stellari :) , ma non è qualcosa della quale ci si riempie la bocca o che se ne fa uso con i deboli.
    Ma ripeto, la mia è forse una visione ideale e noi viviamo in un'epoca dove conta solo il reale.

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  2. Non riesco a vedere la forza in assoluto, ognuno di noi ha i suoi punti di forza e quelli di debolezza... ma forse non ho capito nulla di quello che volevi dire...

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  3. Ma quando ti ha detto che non sapeva ci fossi tu cosa intendeva esattamente?
    Che bel malloppo di personcina da avere intorno, in senso sia positivo che negativo...
    Quanto poi alla forza...L'unica in cui credo davvero ultimamente è quella di chi riesce a non lamentarsi e si focalizza sul prossimo passo. Mio figlio che sta imparando a camminare è un piccolo compendio e monito ambulante.
    Un abbraccio squa

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  4. Anche io resterei affascinata e turbata da una così. E allo stesso tempo però mi riconosco in alcuni tratti, per come l'hai descritta. Forse è solo quella specie di apologia per aver vanificato le tue speranze che me la rende sospetta, perché infatti non ci si può aspettare quel tipo di cortesia da un estraneo...ma forse non sono in grado di contestualizzare bene.

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  5. Non so perché, ma mi hai fatto venire in mente il commento di un tizio, davanti al suicidio di un conoscente comune: "Non era abbastanza forte"
    Sia io che il mio compagno siamo rimasti disgustati O_o

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  6. I tuoi testi sono sempre così profondi e pieni di significati differenti, che non ti nego una certa difficoltà nel commentare, senza rischiare di cadere nel banale o di andare fuori tema.
    Un punto però, mi ha colpito particolarmente ed è forse l'unico che non condivido totalmente.
    Come ogni persona su questa terra, ho passato momenti difficili. Perdite, di diversi tipi. Non ho provato il dolore più grande, ma era comunque UN dolore. Una parte di me in quella fase è inevitabilmente cambiata e io mi sono ritrovata a conoscere una nuova forza. E' come dici tu, la forza c'era indubbiamente anche prima, ma un evento brutto, carico di sofferenza, cambia - o può cambiare - una persona. A volte tirare fuori o inventarsi una nuova forza, è la soluzione migliore.
    Poi, come hanno già commentato, ci sono casi in cui la forza è solo una facciata. In realtà, i casi sono così tanti che potremmo continuare a scrivere per sempre a riguardo.
    Non so se quello che ho scritto abbia senso. Se non ho capito niente, chiedo venia.
    Un abbraccio.

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  7. Confesso di aver dovuto rileggere la seconda parte del post una seconda volta per capirlo...
    Concordo che forti si nasce, ma si può anche diventare se la vita ci pone davanti degli ostacoli che ci spronano ed allenano ad esserlo. Si può anche non diventare forti mai se si sceglie di essere in balia degli eventi. C'è a chi gli viene naturale esserlo in ogni occasione, chi deve imporselo con violenza. Probabilmente è vero che non c'è sofferenza peggiore di vedere il proprio figlio che sta male, ma deve essere difficile anche combattere qualcosa di effimero e non tangibile che senti essere dentro di te, ma non capisci perché. Che ti impedisce di vivere ed è di difficile comprensione per chi ti circonda. Tu ne stai già parlando e ti auguro, presto, di andare oltre...

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  8. Ciao a tutti e grazie
    avevo scritto a RobinD un lungo commento, ma sarà poi stato il senso di colpa di averlo fatto al lavoro, s'è perso. POi mi rendo conto che quel che le avevo scritto risponderebbe a molte delle vostre osservazioni.

    Riassumo o insomma ci riprovo.
    NOn mi stupisce che quanto ho scritto risulti incomprensibile, ero troppo arrabbiata. Volevo tornare a cancellarlo questo post, non ho ancora voluto rileggerlo, tornerò a farlo quando non sentirò più quella rabbia. E magari mi negherò, magari lo cancello, magari non ci credo più. Vorrei che succedesse, perchè lo stato d'animo alla base non è buono, non è costruttivo. Però lo sento, maledizione, lo sento eccome.
    Non ho reso grande giustizia alla titolare mischiando questa mia rabbia al suo ritratto, lei che è una persona in gamba, che prende le cose con estrema serietà e rappresenta parte di quello che ero e non riesco più ad essere, e gran parte di quello che non sono mai stata e non so se ci arriverò mai.
    Il dialogo infelice - che avrebbe dovuto seguire con un:
    "scusa non ho capito, perchè dici questo? Se invece ti fossi accorta che c'ero io cosa avresti fatto? AVresti scelto un altro gruppo?"
    ma era così semplice fare proseguire il dialogo così che invece no, lo scambio di battute è finito con le sue parole. Comunque sia forse è dettato dal suo passato di esperienze terribili con le persone (o forse paranoia, davvero non lo so, mi sembra una persona tutto sommato risolta ed equilibrata, però a volte tira fuori certe cose nere e pessimiste, come: lavoriamo in un "covo di serpi", e non lo dice, ma lei implicitamente è perfetta allora. Questo certo che mette parecchio a disagio). Insomma era forse un modo, parecchio sgangherato e pure ingenuo a ben vedere, di proteggersi dall'ennesima stronza vipera che potesse divertirsi a rovinarle le giornate, così per rabbia o per sport. A voler ben vedere talvolta anche lei risulta pungente, come chi è stata trafitta troppe volte.

    E comunque sia è vero e sacrosanto che la rabbia che ho dentro è alimentata anche da questa dama che è comparsa sullo scenario, che nonostante tutto stimo molto.

    NOn riesco più a portare sul blog cose razionali e ragionate. FAccio troppa fatica là fuori, mi viene da venire qui a sbroccare, mi rendo conto che può destabilizzare chi mi leggeva prima. Chi era tempo fa che mi lasciò uncommento "pensavo che fossi una tosta?" Era al post sull'osteopata mi pare. IO al momento non sono tosta, io non sono forte. Io in questo momento mi sento molto fragile e delicata. Non significa che non si lotti per tornare belle, determinate, toste, ma che ora forse è il caso di mostrare un cartello grande, *fragile, maneggiare con cura*.
    Spero solo che la rabbia mi abbandoni, che non porta mai nulla di buono.


    Ci tengo a precisare una cosa. Faccio una gran fatica a parlare male delle persone -pur sconosciute a chi ascolta- sul blog, come nella vita di tutti i giorni. Quella funzione dell'uomo medio (e probabilmente sano) che 'sparla per sfogo' non mi è propria, non la so usare, la vedo ogni giorno sulla bocca di tutti (titolare in testa) e mi destabilizza, mi causa disagio e fastidio.
    Non so neppure se è tanto liberatorio, forse non ho capito come si fa, com'è la tecnica. PErò ho deciso che ci provo. Almeno sul blog.

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  9. Tra post e commento c'è tanta roba, sono un po' disorientata ma voglio commentare (superando l'ansia da prestazione che mi generano i tuoi complimenti :-)). Io non mi reputo per niente un'esperta in sofferenza, forse per questo la temo parecchio, anzi ma ho visto persone vicino a me sciogliere tanti di quei nodi atavici che vorrei stringerti in un abbraccio pieno di ammirazione, di fiducia e di accettazione (di rabbia e fragilità e chi più ne ha più ne metta). Meg

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  10. Ecco, i nodi verranno al pettine, intanto mi sciolgo io. La tua accoglienza è sempre tenera e commovente. ,(però no dai: ansia da prestazione pussa via! Tu qui puoi dire anche cose cose leggere frivole e che ne so io.
    ti abbraccio forte forte forte

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Io lo so cosa stai pensando.
Lo scrivo, non lo scrivo, quasi quasi lo scrivo. Ma no dai...
E' lo stesso che penso anche io quasi ogni volta.
Ma tu prova, prova a lasciare una traccia.
Non sarà invano.

Prova pro-pro-prova