27 November 2014

dolce spirale uncinettica

Risalita, ancora risalita. 

uncinetticamente

Risalita, con  l'autunno e l'inverno che si avvicina vale doppio, triplo. Vale un sacco. Ho scoperto di amare l'autunno, non la pioggia continua degli ultimi giorni, ma la luce meravigliosa, i colori cangianti, andare a raccogliere castagne, osservare ogni giorno gli alberelli di fronte casa che si spogliano, accogliere i primi raggi di sole che entrano  esattamente dalla finestra della cucina e proiettano le nostre ombre rosse sul muro. Che meraviglia. Quella luce rossa e calda ci farà dubitare di cambiare casa, quando e se....

Squabus ama l'autunno e allora sì che è risalita, allora sì che tutto è possibile. Tutto può cambiare, tutto si può rinventrare. O riscoprire.

Ho rispolverato i miei uncinetti. Se ne stavano  tristi e sconsolati in un bustone insieme ai quintali di lana che avevo comprato in occasione dell'ultima spirale uncinettica. Perchè io ogni tanto ci ricado, ogni volta mi chiedo perchè avevo smesso. E la risposta è forse che la spirale è un po' fagocitante. Lana dappertutto, incapacità di pensare ad altro. Voglia di fare di più e ancora e ancora. Che alla fine, qui siamo fatti così. Questa spirale la cerco più misurata, sempre appassionata, ma accogliente e non totalmente totalizzante.


Io forse raggiungo "the flow" con l'uncinetto. Penso molto alle persone mentre lavoro. Penso a chi regalerò questa cosa, penso a cosa preferirebbe quell'altra. Devo respirare e mettere  in fila i pensieri quando mi viene quella foga di fare. Poi prendo  l'uncinetto e con la lana intreccio i pensieri. Perchè quella persona quella volta mi ha detto questo o quello. Perchè non ne abbiamo mai più riparlato. Perchè mi sono sentita così? Si può fare meglio vero? Si che farò meglio. 

Penso molto anche al natale che arriva , che qui si sà com'è. E voglio che quest'anno sia  diverso. Col chercheur abbiamo parlato di cosa vorremmo che fosse per il piccolo. Il fatto è che "natale" non si può  costruire a tavolino. Io non so che natale saremo in grado di offrirgli. Quest'anno e i prossimi. Lui che intanto che noi non sappiamo, non diciamo, torna dal nido cantando père noël père noël e chissà che immaginario si sta costruendo fuori di qui. A volte mi si spezza il fiato al pensiero. Di emozione e timore. 


E quindi uncinetto pensando a tutto quello che ho sbaglato e che voglio migliore. Ed è un dolce uncinettare. E' solo un peccato che uncinettare scrivendo non sia proprio possibile. Scriverei, forse, delle bellissime poesie...

15 November 2014

Arduino, la coerenza cardiaca e DIY versione geek ...il chercheur intanto - parte II


Per fortuna mi sono fatta perdonare, perchè in quello stesso giorno arrivava   un pacchettino tanto atteso. Col chercheur abbiamo molto parlato di cosa volevamo fare col suo contenuto, sono riuscita quindi a recuperare qualche punto "compagna di geekitudine". E siccome i nostri giochini geek hanno a che fare con quella Risalita che mi sta graziando, lascia che io racconti cosa può essere di aiuto al sentirsi giù, schiacciati. Depressi, lo diciamo ad un certo punto?



Flashback
Era aprile ed io ero in partenza per il mio ormai tradizionale secondo viaggetto annuale di mamma-in-fuga-dalla-prole, ero in stazione in attesa del treno che mi avrebbe portato a Parigi dalle mie amichette olandiche. Venivo appena appena fuori dal picco più basso di quella cosa scura e cattiva in cui sono stata più o meno invischiata negli ultimi (cristo santo!!!??) due anni. Però almeno scarsi, dai. Porca vacca comunque.

Guardavo tra i libri in vendita alla grande edicola della stazione, nella speranza di trovare una perla, qualcosa che mi aiutasse a guardare avanti a superare velocemente quel momento di super down

Ho acquistato questo libro (nella sua versione francese):

Guarire. Una nuova strada per curare lo stress, l'ansia e
la depressione senza farmaci né psicanalisi

David Servan-Schreiber

Questo libro è molto interessante per chi vuole prendersi cura delle proprie tendenze depressive. Soprattutto  se vi intriga conoscere i meccanismi dei metodi alternativi per combatterle.  Elenca e spiega infatti 7 sfere di azione tramite le quali affrontare e curare depressione, ansia e stress, evitando interventi di tipo farmacologico e anche senza psicoterapia. Questi i campi di azione suggeriti:
  1.     rimozione dei traumi psichici con i movimenti oculari tramite il cosiddetto EMDR (nota di Squa: che in realtà, credo, è sempre "somministrato" in sede di una psicoterapia)
  2.     energia della luce (fototerapia)
  3.     agopuntura
  4.     alimentazione (apporto in acidi grassi Omega-3)
  5.     attività sportiva
  6.     comunicazione emotiva non violenta, relazioni sociali e solidarietà
  7. Il settimo metodo (che in realtà nel libro è presentato per primo) è la ricerca della "coerenza cardiaca".


 Proprio quest'ultimo è quello su cui il chercheur si è appassionato quando gliene ho parlato. Misurare il battito cardiaco e monitorarne la variazione? Mi piace! Guarda come sono bello e scienziato: se compro il materiale giusto posso farlo da me.

Il chercheur ha quindi acquistato il necessario: una sonda ottica e un micro-processore (il mitico Arduino). Poi ha scritto uno scriptino che trasforma il battito rilevato dalla sonda in un grafico in cui sulle ascisse c'é il tempo e sulle ordinate la frequenza cardiaca calcolata sugli ultimi 2 battiti, il grafico rappresenta quindi la velocità del cuore e mostra ogni accelerazione o decelerazione.

Dice la teoria che respirando "attraverso il cuore" (secondo le tecniche classiche di yoga e meditazione) si interviene direttamente sulla frequenza cardiaca rendendola regolare. Si ma che significa "respirare attraverso il cuore"? Bho! Adesso che abbiamo il nostro strumento di biofeedback non abbiamo proprio bisogno di saperlo spiegare, ogni tanto ci sediamo al computer, infiliamo il sondino sul dito e ci guardiamo il cuore sullo schermo cercando di guidarlo verso la coerenza.

Praticamente il DIY in salsa geek!!

Io amo quest'uomo


Dettagli più precisi su cos'è la coerenza cardaca e come può aiutare a coltivare la propria serenità interiore, si possono trovare qui, dove è riportato un brano del libro suddetto. Io sto ancora studiando  e a suo tempo pubblicherò la terza parte di questo post cercando di spiegar(mi) come mai funziona.


#arduino it's finally at home


13 November 2014

Squabus litiga


e per una buona volta non è distrutta dal senso di colpa, dal senso di "avrò sbagliato"? Dal senso di "oddio e adesso che succederà?". Squabus si sente fino benino nel mezzo del litigio!

La scrittura del post del divano deve aver sbloccato qualcosa. Squabus per altro ha l'impressione che ultimamente è tutto un sblocca-sblocca. Pare di stare in mezzo ad un domino, toccata una tesserina è caduta gran parte del paesaggio. E bisogna dire che si sta un gran bene senza certe convinzioni, pensieri, segreti, omissioni, nel mezzo del proprio paesaggio mentale. Che sollievo madre mìa! Squabus ultimamente ha fatto tanti di quei passi in avanti (molti di più e molto più significativi di quelli già menzionati) che si sente ancora più illuminata di prima. Tutto questo sa di rinascita, più che di risalita.


Per raccontare i fatti come sono accaduti, tanto per una volta, chè Squabus di norma ha difficoltà a raccontare di terzi, in toni accusatori e negativi per lo meno. E però la catarsi chiama. La liberazione...   venting mode is ON. Per raccontare insomma è successo che iL collega manipolatore e snob l'ha cagata in pieno. L'ha provocata, forse senza neppure volerlo veramente, ma solo per stronzaggine intrinseca (e non so che cosa è peggio) l'ha indotta ad una rabbia profondissima, ma per fortuna misurata e fino buona. Del tipo "Ma perchè diavolo mi tratti così che io sto facendo del mio meglio ad AIUTARTI, per aiutare TE, brutto stronzo e stupido". Che poi bisogna dire che tutti gli astri del cielo si sono rimessi a girare come un tempo che fu, Squabus si sente intellettualmente presente, riesce a ricordare quello che legge, riesce ad appassionarsi a certi compiti che prima bof e insomma si era messa di buzzo buono per fare funzionare le cose, nel progetto del manipolatore stupido. Ma quello niente, preso probabilmente da casi suoi, diamogli il beneficio del dubbio, l'ha ignorata quando lei gli chiedeva di guardare i risultati, ha continuato col suo atteggiamento altezzoso e impegnatissimo, e la sua routine fatta di caffè -rigorosamente ed esclusivamente con  pari grado o più- infastidimento e stress e ordini impartiti agli altri 3 poverini sotto le sue preziose guide. Squabus allora gli ha fatto uno sgarbo garbatissimo. Una cosa che lei sapeva benissimo l'avrebbe mandato su tutte le furie. Squabus ha mostrato i risultati al capo di tutti chiedendogli un parere.

Apriti cielo.

Quello si è incazzato a morte. E' inutile raccontare qui tutti i dettagli, quello che ci siamo detti e fatti. BAsti sapere che la conclusione del litigio è stata che secondo lui Squabus non aveva il diritto di mostrare neppure l'aspetto tecnico dei risultati nè ai colleghi nè tanto meno al capo di tutti. Cosa che Squabus continuava e ocntinua a dire essere fuori discussione. Non se ne parla prorpio bello!!!

Se fossi disponibile e simpatico sarebbe forse altro paio di maniche, pensava Squabus. Ma   l'opportunità di formarmi a cose che non so fare e di crescere discutendo con colleghi tutti e soprattutto superiori, se questi hanno il tempo che tu non hai o non vuoi dedicarmi. Te lo puoi scordare ciccio!!

COnclusione fu che probabilmente non c'è compatibilità e che la cosa migliore era parlare col capo dei capi perchè mi assegnasse ad un altro progetto.



Solo con te ho questi problemi, ha detto lo stronzo (bugia! bugia! bugia!), per citare una delle cose più intenzionalmente atte a ferire che ha detto. E Squabus che un di' avrebbe curvato le spalle spaventata e tapina, chiedendosi cosa avesse lei di sbagliato, ha fatto un sorriso mite, sereno  e paziente, ripsondendo: Me ne farò una ragione. E intanto pensava (peccato che non l'abbia detto ad alta voce!!!): si vede che sono speciale!! Quanto ha poi sorriso contenta Squabus di questo pensiero spontaneo, positivo e bello proprio.


Squabus ha poi raccontato la vicenda a tutti, ma come è da lei, mettendo bene in chiaro i propri difetti e le proprie intransigenze. In cerca spudorata di approvazione e sostegno. Persino alla titolare, l'unica tra tutti  ad essere pseuso-pari a lei come quadro gerarchico (solo che lei è titolare, che cambia parecchie cose alla fine!) e che è diventata pappa e ciccia con lui. La titolare ha detto che lo stronzo manipolatore Il n'est pas vicieux et tordu. Squabus, che pensa esattamente l'opposto, è rimasta silenziosa ad ascoltarla. NOn l'ha contraddetta, ha preso semplicemente nota e ha ringraziato del consulto amichevole, che per altri versi è stato molto utile. Squabus ha capito cos'altro ha mandato in bestia il manipolatore. Apparentemente Squabus è troppo fiera e altezzosa e la cosa ai piani più alti non è così apprezzata. Amen, ci farà i conti. Evviva la serenità.


Poi ha parlato con la colleghina giovane e saggia e carina e amichetta ormai. E anche col nuovo dottorando simpatico e con la dottoranda asiatica. Tutti l'hanno rincuorata e le hanno dato pacche sulle spalle dicendole degli accorati Vedrai che si risolve tutto. Ma lei mica era preoccupata. Solo ci teneva molto ad affermarsi. Cosa che non fa mai. Per amore di correttezza, perchè parlare dei conflitti nel sototbosco le è sempre parsa una cosa sbagliata e cattiva. Squabus stavolta invece ha deciso di affermare i suoi bisogni. Squabus s'è rotta il cazzo di essere integerrima e corretta ad oltranza. Pardon my french, ma adesso veramente basta.


SOlo una cosa ha omesso di dire ai più, che ci aveva messo la malizia, che lo sapeva che lui si sarebbe arrabbiato e che in fondo lo voleva fare arrabbiare. Squabus avrà da gestirsi il senso di colpa di questa malizia e di questa omissione. Si farà una ragione anche di questo.



Dopo due sessioni di arbritraggio separate. Prima lui col capo. Poi Squabus col capo, domani oggi sono convocati per arbitraggio a 3. Perchè in fondo in fondo lo stronzo ha bisogno di aiuto e non può permettersi di lasciare le cose  così e risolvere il conflitto gli conviene.
Lei preferirebbe non lavorare più con lui che è un personaggio fintamente solare, fintamente amico di tutti e invece fosco e cattivo e subdolo. Per lo meno così lo percepisce lei e gli starebbe volentieri alla larga. Però è anche vero che finire un conflitto così e separarsi creerebbe un antipatico precedente che Squabus preferirebbe non avere sulla sua fedina professionale. E poi - e questa è la cosa pericolosa e mai provata e per cui si sente molto in colpa - sottosotto un po' è divertita dall'idea di stuzzicarlo ancora e vedere se lo fa arrabbiare di nuovo....

Squabus è intrigata e curiosa di come metterla giù in questo arbitraggio a tre, perchè pare che lo stronzo al capo abbia detto cose totalmente diverse da quelle(a) che rimproverava a lei. Ma allora non sei stronzo, sei stupido? E mo' di che parliamo domani oggi?


Eccoqua, questa era la storia di Squabus che litiga. Diccome lei è naive e troppo buona (insomma a conti fatti, a vedere tutta sta malizia e desiderio di litigare che spunta a tradiemnto...) accetta volentieri dritte e incoraggiamenti dai lettori con tanto savoir faire e  più sgamati di lei.

11 November 2014

I signori (e signore) che guidano il tram


 
Adoro andare a prendere Pistacchio in bicicletta. Adoro l'ultima discesa che ventila ben bene  i pensieri della giornata e mi fa arrivare da lui in scioltezza. Ho apprezzato anche riportarlo su per la salita, perchè mi piaceva l'idea che eravamo insieme, in movimento e ogni tanto ci parlavamo complici. Da un po' di tempo però un po' per pigrizia, un po' per accontentarlo (che poi è il vero punto della situazione),  invece di pedalare su per la strada che ho appena percorso, io e lui andiamo un po' più in là, facciamo una discesa ancora più ripida che ci porta ad una fermata del tram, quello blu con gli uccellini bianchi, ormai famoso su questo blog. PIstacchio adora il tram e io con lui. SOno felice di questa nostra routine anche perchè giustifica l'acquisto del costosissimo abbonamento annuale ai mezzi. COsì monto la bici sul tram, lui ben legato sul seggiolino, incastro la bici e mi aggrappo ben bene facendo attenzione a frenate e partenze e andiamo su per le 5 fermate che ci portano a casa. 

I nostri rituali sono in costante evoluzione e anche questo mi piace molto. MI da la misura della sua crescita, della consolidazione delle sue certezze, del desiderio di esplorare nuove cose. Una volta che eravmo cisì incastrati e aggrappati  ho dovuto negargli una cosa che desiderava molto. CI siamo capiti male, ogni volta montiamo sul tram vicino al conducente, quella volta  devo aver detto andiamo vicino al signore che guida, lui ha capito andiamo a  vedere il signore che guida, quindi una volta su si aspettava che lo facessi scendere dal seggiolino e lo portassi vicino alla cabina. COsa ovviamente impossibile. Allora ho sopportato i suoi strilli e proteste -e gli altri passeggeri insieme a me- e gli ho detto tra un sighiozzo e l'altro che quando fossimo scesi alla nostra fermata, ssaremmo usciti e andati davanti, affianco al signore che guida il tram a guardarlo. Inutile dire che ora questo è il nostro rituale di discesa dal tram. Immancabilmente usciamo, ci mettiamo lì paralleli a l muso del tram e osserviamo il conducente.

Ce ne sono tanti, sono signori e signore, bianchi e neri, giovani e più vecchi. Spesso hanno un aria un po' imbronciata, ma immancabilmente, quando ci guardano fermi a guardarli gli scappa un sorriso. Qualcuno lascia partire uno o due  Tin addizionali, prima di partire, in onore del Pistacchio che li guarda incantato. Io sono felice di questo rituale nuovo, non solo perchè mi permette di accontentar eil mio bimbo, ma perchè mi sembra di portare un sorriso ai signori che guidano il tram.

 

 Questo post nasceva altrimenti. NAsceva per dire che due anni e tre quarti sono una fase meravigliosa. E che anche la duennite passa.  Che poi quando mi lamentavo della duennite pesa, in fondo lo sapevo, che la duennite non ce l'aveva mica Pistacchio, ce l'avevo io. Ma di come m'è passata la duennite e grazie a cosa, vlo racconto un'altra volta, forse.


10 November 2014

La caffettiera, metablogica e un nuovo post dei post

Sono un vulcano...
eccomi qui, ancora in risalita forte e chiara, un bimbo febbricitante che ho appena accompagnato al riposino, un chercheur via per per quattro giorni ad una conferenza. Seduta ad un pc che va a carbone,eccomi,  io sono un vulcano. Potessi, mi chiuderei in casa a scrivere. Le rare volte che mi viene questo fuoco comunicativo, immagino una stanza da letto, una scrivania e una finestra sul mare. E io che scrivo, scrivo scrivo.....


Da dove comincio? Dal vulcano. Perchè sono sempre così? O niente o tutto, un tutto da non riuscire a mettere i pensieri in fila, a non riuscire a domare le parole? Sarò mica bipolare? Ho chiesto alla Matrioska l'altro giorno. SI è messa a ridere. Ah la MAtrioska. Ci starebbe anche lei nei miei pensieri scritti. Elogio di una Matrioska si intitolerebbe quel pensiero fatto a post.


E adesso, un respiro grande, un po' di metablogica e poi un post dei post.


Dove va questo blog? Cosa fa? Di cosa parla? Che toni ha? Non ne ho idea. Di tutto un po' e va benone così. Non ho per fortuna questa smania che mi si legga, mi si segua. La smania che ho è di esprimermi. Di tirare fuori cose che stanno lì a far muffa e corrodere gli animi. Di condividere. DI trovare anime gemelle. Quello si.

Di cosa continuerò a parlare? Del più e del meno? Di burnout (o quello che fu?), di depressione, della psicoterapia, di famiglie disfunzionali e malattia mentale, di conciliazione scontenta. Di bilinguismo e fatica, quanta fatica.

A volte però mi piglia un brivido... e se provassi ad impegnarmi un po' di più? E se provassi a coltivare quell'interesse che sta premendo e ne facessi qualcosa di più strutturato? Saprei domare il mio caos e darmi dei limiti? Un giorno magari potrei essere anche io una casalinga con bonus, una felice donna a casa con un bell'interesse da coltivare. In tante(i?) ci provano, magari non funziona, ma magari stai bene lo stesso. Mha.



L'ultimo post dei post non è rimasto del tutto nell'aria, poi alcune cose le ho scritte davvero, alcune no, altre se ne stanno lì in draft, in forme più o meno compiute. Ho 72 post in draft. Io sono la donna-draft! Parecchi sono abbozzi, cose che premevano e non hanno trovato la giusta luce. Alcuni post sono belli che finiti, ma non c'è più la luce giusta o chissà che cosa. IO non sono tipa da programmare post. Qualche volta l'ho fatto ma niente non funziona. Il click deve essere una cosa del momento. Se al momento del click lo spirito non è lo stesso del post allora non se ne fa più niente. Immagino sia così per molti. Io però penso che "costringermi" a scrivere qualcosina oggi giorno sarebbe terapeutico. Una sorta di meditazione. LA ricerca della calma giusta, del "la" della scrittura. Non è sempre possibile assecondare l'ispirazione del momento ed è un vero peccato. Se potessi scrivere quando mi preme l'ispirazione, sarei felice. Se fossi una persona meno caotica avrei un taccuino dei post che nascono lontano dalla tastiera. E sarei una donna meno caotica e più felice. Scrivere mi fa un gran bene. Nonostante io stia perdendo la grammatica, l'ortografia, il mio italiano tutto.

Oltre a finire o pubblicare quelli che già sono in draft, ma di quelli oggi non ne parlo, bisognerà che mi somiglino di nuovo... Ecco, se potessi avere tutto il tempo e la pace e l'ispirazione non mi abbandonasse, questi sarebbero i pensieri di cui scriverei:

  • Lettera ad uno pseudo-stalker
  • che andrebbe insieme o forse no insieme ad un altro molto tosto intitolato: Molestate
  • I signori che guidano i tram
  • Ti voglio bene come il mare, che però poi è stato messo in crisi da:
  • Ci mancava solo Edipo
  •  Yin &Yang
  • che fa il paio con Squabus litiga! Ed è lo stesso serena

Sono poi mica tanti a ben vedere... Ma siccome sono un vulcano, invece ora vado a leggermi un libro, tanto Il Pistacchio tra pochissimo si sveglia!
Volete mica votare il vostro preferito?

Lo sentite questo rumore di caffettiera? SOno io! C'ho un vulcano in petto!!!

05 November 2014

Di olimpiadi e tante altre cose

Quattro anni  
Quattro anni sono il tempo in cui un atleta si prepara alla prossima olimpiade. Quattro anni sono un lasso di tempo che non ho mai dovuto/avuto il privilegio di considerare.

Pensare ai prossimi quattro anni è molto difficile per me che sto lottando per dare una dimensione degna al Passato, non farmi devastare da un Futuro che non arriva, per concentrarmi su un Ora e Adesso. Grazie a questo libro (quello piccolo e prezioso) semplice e difficile allo stesso tempo, per la prima volta, forse ci riesco. Un libro che ho aperto in un momento che gli più appropriato non si poteva e poi ho lasciato in sospeso, pur pensando a lui ogni giorno.

All'inizio di quest'anno prendevo coscienza della negatività del mio ambiente di lavoro. Siccome sono troppo buona, o ingenua o sempre pronta a prendermi una grossa fetta delle responsabilità del sistema, mi sono messa e rimessa in discussione nel tentativo di salvare il salvabile. Ma con un sano distacco con un tentativo faticossissimo di sano distacco. Sicuramente quando il contratto si avvicinava alla fine, non ho provato l'angoscia del passato, quando sentivo quell'ansia di dimostrare che valevo un rinnovo, quando sentivo di dovermelo sudare. Questa volta al contrario ero pervasa da una serena convizione che io non dovevo dimostrare niente a nessuno. Se possibile mi sono ancora più rilassata, come a dire io questa sono, potrei sì dare molto di più, ma di certo non in queste condizioni. Oh se ho dato di più, oh se sono stata più.
Mi domando comunque se quel di più non fosse un'illusione, quel passato di affanni, se io non fossi solo convinta di stare dando di più, solo perchè mi stavo dando pena, quando invece ora do (il) meglio proprio perchè rilassata e distaccata. Ma é un meglio un po' triste e sconsolato. Quel che più importa è che sicuro manca la passione, quel fuoco sacro del voler fare bene. Perduto, disperso. Forse (anche) questo è (tristemente) crescere, forse è questa mancanza di luce negli occhi che noi giovani ed entusiasti di ieri vedevamo in noi maturi, distaccati e disillusi di oggi. L'odio per il collega più anziano che indulge nella pausa caffè, il pensiero rabbioso - misto senso di ingiustizia che lui non fa un cazzo e noi invece si suda sangue. E la non comprensione che lui invece, intelligentemente, intanto che noi ci perdiamo in fatiche esagerate, sta stringendo relazioni che gli sono molto più importanti sulla sfera puramente lavorativa, del non rompersi la testa, rovinarsi il fegato, negandosi una pausa. E non sto parlando di politica (certo c'è anche quella, ahimè), sto parlando del coltivare le relazioni per il proprio benessere psicofisico. Le pause caffè sono sottovalutate. Ma questo è tutto un altro discorso...


Non mi sento mica troppo bene. Io, ma anche qui.
All'inizio dell'anno prendevo coscienza che il mio malessere dipendeva anche da quella decina di persone che ero costretta a vedere ogni giorno. Non tutte, ma alcune, forse un paio o forse anche una sola. Alla quale, ancora una volta, lascio il potere di influenzare il mio umore, la mia emotività, la mia salute in fin dei conti.
Intanto, nel giro di qualche mese da quella presa di coscienza, ho tagliato l'agognato traguardo del primo anno, grazie al quale ho maturato il diritto a lavorare all'80%. Il mio adorato mamadag, che  un anno e mezzo fa declinavo in tutte le salse. Erano i tempi in cui parlavo molto di conciliazione, di disparità di genere e cose importanti. Avevo creato una bella etichetta, che suonava cosi': "conciliazione bisessuata". Poi ho smesso. Ed é peccato, perché avere il feed back di essere stata d'ispirazione era una cosa preziosa e bella. Ho smesso perchè al momento mi pare di avere poco da conciliare. Si conciliano due cose di valenza non posso dire simile, ma diciamo entrambe importanti. Si può parlare di conciliazione se fuori dalla famiglia che si deve gestire e si vuole godere, si trova un lavoro stimolante e interessante e che si desidera portare avanti bene e con la stessa passione di prima. Se questo entusiasmo viene meno, non stiamo parlando di vera conciliazione, per lo meno non era questa la conciliazione di cui io parlavo prima. Questa in cui mi ritrovo è una battaglia di sopravvivenza. Per quattro giorni a settimana lo scopo é arrivare alle 17, tirando avanti come posso e senza tornare a casa troppo "pesta". Col senso di colpa del condividere le incombenze familiari con una persona che il suo lavoro lo adora e che si sta facendo in 4 per esserci, esserci forte e chiaro su entrambi i fronti. Temo che sia a questo punto che (le donne) mollano il colpo. SOno meno stimolate nella sfera lavorativa e allora, teoria dei giochi docet, si mettono da parte. E' ancora un altro discorso. Parliamone, ad un certo punto parliamone.


Finalmente mamadag
Quando al primo di aprile sono passata all'80% sono rifiorita a nuova vita, finiti gli incastri e i mercoledì di maratone. Un po' di respiro e di tempo e finalmente delle ferie di cui disporre, che prima bruciavo in mercoledì pomeriggio presi per creare un mama/papadag che volevo a tutti i costi ma che non mi aveavo concesso. Poi mi sono fatta inculare col cambio di contratto perchè le ferie di prima non avrei potuto trasferirle al nuovo contratto. Oddio fregare fino ad un certo punto perchè le ferie me le sono godute, eccome se me le sono godute. Anche lì sono come rinata. E quando al primo di agosto è iniziato il nuovo contrato e intanto il nido chiudeva per tre settimane, non ho esitato un attimo a prendere ulteriori 3 settimane, pur sapendo che poi avrei fatto fatica, per una volta ho fatto la cicala. Tra maggio ed agosto sono proprio pochi i giorni in cui ho lavorato. La sto pagando adesso. Da fine agosto a fine dicembre con 3 giorni di ferie, ma soprattutto nessuno su cui poter contare per le emergenze, sto facendo una gran fatica. Per carità poi faccio pratica zen concentrandomi sul fatto che i problemi sono altri e c'è chi sta peggio. Ma quando in collegamento skype sento mio padre appresso ai tre nipoti geograficamente vicini, un giorno babysitta uno, il giorno successivo l'altro, poi tutti e tre in un colpo. Ecco, lasciatemi uno spazio di lamento, mi si perdoni il post che forse scriverò sul fatto che mi sento sopraffatta dal non avere nessuno su cui contare e dal senso di gratitudine e debito enorme che sento verso la mamma (santa impresaria) che ha tenuto il piccolo una mattina di emergenza. Il senso di debito mi pesa enormemente. Perchè il marito dell'impresaria ha detto chiaramente che lui non si fiderebbe se io ed il chercheur ricambiassimo il favore. Certo a loro una mano non servirà perchè hanno i nonni vicini. Doversi fidare di qualcuno che ti sta dicendo che di te non si fiderebbe fa male al cuore. Ma mi sono persa di nuovo.


Prendi una donna, dille che l'ami
Questo nuovo contratto. E' arrivato in sordina, non lo pensavo, non lo bramavo, non l'ho sudato. E' arrivato in sordina e poi ha fatto un gran frastuono. Quattro anni. Quattrro anni mi ha detto il capo buzzurro. Sto chiedendo un rinnovo 4 anni per te, lo vuoi? Pensavo mi stesse prendendo per il culo. Non ci potevo credere. Devono essere tattiche , deve essere il Teorema alla Ferradini della sfera lavorativa. Tu eri lì che dicevi vabbè se anche non mi rinnovi non è la fine del mondo, cerco altrove, con tutte le implicazioni che restare con te ha. Con questa legge che vieta di essere impiegati nella funzione pubblica per più di 6 anni, quanto più io rimango dove sono adesso, dove so per certo non si potrà aspirare ad un tempo indeterminato, quanto più tempo perdo altrove a costruirmi una possibile strada. Tac, proprio la volta che dai anche no, se non mi rinnovi non piango mica. Quattro anni. Il capo buzzurro mi ha offerto 4 anni di rinnovo. una cosa che non si è mai vista nell'istituto dove lavoro, quindi ora sono quella dei quattro anni. Che c'avrà mai quella che le anno offerto quattro anni di rinnovo? Ma poi lo vedi com'é scontenta, antipatica e sempre musona.  e poi é sempre li' a bere caffé con tutti, la vita é proprio ingiusta!


La sventurata rispose
Nel mezzo di bufere esistenziali, mica troppo convinta ma concentrandomi sugli innegabili vantaggi, non da ultimo uno stipendio garantito, ho firmato accettando questi 4 anni. Eppure. Mi concentro sui privilegi. Il privilegio dell'80%. Il privilegio della calma, del non-stress, se solo accetto le cose come sono, se solo rinuncio. Se solo mi accontento. Eppure. Eppure c'ho una cosa indomabile in petto. Forse é la fiammella del fuoco sacro che ogni tanto si riaccende e poi la bufera circostante la manda in fumo. E quella cosa imbizzarrita in petto mi dice scappa, altrove potresti rinascere. E se fosse il mestiere in sè ad essere sbagliato? Poi succedono giornate iluminate in cui sono illuminata, appunto, e tutto è meraviglioso a prescindere se funzioni o meno. Giornate in cui mi dico ch epotrei fare altro, ma che potrei anche continuare a fare quello che sto facendo con rinnovata passione. E allora mi dico che é vero che sono io il problema, ma stavolta me lo dico in modo positivo. Dipende solo da me.
Allora, di nuovo,  cerco il modo di far funzionare tutto per il meglio e non lo trovo. E poi si parte per un altro giro di giostra, torno a casa pesta e mi ripeto come un mantra che non è obbligatorio, che posso ricominciare, per l'ennesima volta, altrove. Che sarebbe anche una sorta di rivincita. Ma io non funziono per rivincite. Io funziono per sbattere la testa centinaia di volte sullo stesso muro, finché non lo sfondo. A quale prezzo pero'?



Quattro anni sono un'olimpiade. Quattro anni mi si blocca il respiro. Possono cambiare tante cose in quattro anni, mi dico, posso provare a cavalcare ogni singolo giro di giostra cercando di non ammalarmene. Ah se cambiano gli scenari in quattro anni. Non ho "che" da essere quercia in un paesaggio di erbacce e fiorellini a cui dare da bere. Posso sopportare, posso vederli andare via, quelli che andranno, e concentrarmi su questa palestra di vita. Posso crescere e prendere queste difficoltà come delle prove da superare. C'è un qualcosa pero', quando penso a questi quattro anni, che mi fa vacillare. Tra quattro anni il mio bambino ne starà per compiere 7. Sette anni. Non sono solo io che devo crescere è anche lui. Io posso sopportare tanto, non c'é dubbio, ma lui? Posso davvero trascinarlo in questa avventura? Posso farlo crescere in questa olimpiade?