Sottotitolo: la mia esigenza di parità
Disclaimer: le cose che racconto e i dettagli che preciso, si riferiscono al pezzettino di mondo in cui ho vissuto io: un lavoro in una università di una piccola cittadina medievale e deliziosa. Potrebbero non applicarsi ad altri contesti olandesi
Mamadag, parola olandese (e figurarsi se non si tornava all'Olanda... mi si perdonerà) che significa giorno della mamma. E' quel giorno della settimana che la maggiorparte delle mamme lavoratrici olandesi stanno a casa dal lavoro per i primi anni di vita dei loro figli. Ripeto ancora una volta che questo applica per lo meno alla realtà che ho vissuto io.
Moltissime persone in Olanda lavorano al 90, 80 o anche 70%. Per chi vuole uno o più Mamadag forever and ever. Inoltre la durata in ore della settimana lavorativa è flessibile: può essere di 36, 38 o 40 ore. Visto che la giornata media è basata su 8 ore lavorative, significa che un contratto al 90% in termini di tempo è concesso a tutti.
Tante donne scelgono di usare il loro congedo parentale per avere il loro Mamadag. Cosìcchè conservando un lavoro full-time, retribuito quasi al 100%, lavorano 4 giorni a settimana nei primi anni di vita dei figli. Per quanto tempo? Il congedo parentale è composto da 13 settimane retribuite al 62% e altre 13 settimane aggiuntive non retribuite. 26 settimane sono 130 giorni, che divisi per 52 settimane in un anno, fa 2,5 (anni). Significa che le mamme possono mantenere il loro lavoro al 100%, lavorando 4 giorni a settimana per almeno 2 anni e mezzo (il calcolo è approssimativo, perchè bisogna tenere in considerazione le settimane di ferie *nei commenti).
Qualche dettaglio in più sul congedo parentale
Deve in principio essere preso nell'arco di 12 mesi. Ma le eccezioni, a discrezione del diretto supervisore, sono comuni (è stato per esempio il mio caso). Il congedo deve consistere al massimo della metà dell'orario lavorativo settimanale. Per dirla altrimenti, questo congedo è designato a concedere un part-time (a percentuale dell'orario variabile) per un breve periodo di tempo. Nella condizione più estrema la mamma può lavorare al 50% per un anno. Tutte le condizioni sono ri-negoziabili con il proprio supervisore diretto, per cui in seguito ad accordo- è possibile in principio lavorare anche meno del 50% oppure più del 50% ma nell'arco di più di un anno. Nel mio caso mi era stato concesso senza problemi di lavorare il 10% in meno - aggiungendo alla mezza giornata libera settimanale, che avevo già chiesto ed ottenuto durante la gravidanza, un'altra mezza giornata. Così da poter usufruire del mio amato Mamadag fino all'esaurimento del monte-congedo.
Tutti questi dettagli, a parte per soddisfare la curiosità degli interessati (chissà Fefo? Papà che ha usufruito del congedo parentale in Svezia per due volte, un professionista! Qui il suo primo post), li ho voluti riportare per sottolineare che le modalità del congedo all'olandese in parole povere implicano che al termine della maternità le donne sono invitate a tornare sul lavoro rapidamente. Per inciso io non conosco gli altri sistemi, neppure quello italiano, avendo io abbandonato la patria in corso di masterizzazione ed avendo lavorato sì un po' già in Francia, ma troppo giovane ed acerba e poco interessata a queste questioni. E se qualcuno volesse riportare altrettanti dettagli sull'Italia e/o altri paesi, sarò felice di sentirli. Quel che vedo e sento è che la mamma media italica torna al lavoro un bel pezzo più in là della maternità (poi le definizioni di obbligatoria e facoltativa, le ho sentite ma ne ignoro le precisioni). Per tornare al discorso: potrebbe sembrare che il sistema olandese sia contro la donna e le famiglie. Di fatto se si valuta affiancandolo ad alcune elementi fondamentali della cultura olandese, che vado a citare in un attimo, il sistema è totalmente a favore e a supporto della mamma che vuole lavorare. Questa mamma , di ritorno dal momento più intenso della sua vita, come una persona molto diversa, con responsabilità familiari diverse, potrà ancora contare su una serie di pilastri della società che aveva già sperimentato:
- sacralità dei tempi di lavoro (36, 38, o 40 ore lavorative settimanali sono precisamente 36, 38 o 40 ore lavorative).
- sacralità delle ferie anche e soprattutto lunghe
- sacralità del diritto a un 'day off' ogni tanto. Ricorderò penso per sempre il mio capo che mi vede stanca o stressata e mi dice the weather is awesome, why don't you take a day off, go walking on the beach, you'll come back much more efficient. Sarebbe molto interessante argomentare qui quanto questa strategia sia vincente al 100000%oooo e su piani diversi e molteplici
- sacralità persino delle pause di lavoro, pranzo e coffee breaks (sante le pause per le mamme che hanno bisogno di fissare una visita chessòio col pediatra, cercare una informazione, respirare un attimo (ricordo bene quanto mi sembrassero riposanti le prime giornate di lavoro, rispetto ai mesi che avevo appena passato)
- città, vita, servizi a misura di donna (nido sulla strada del lavoro, tutto a portata di
- serenità, tranquillità, rialssatezza in generale.
E su qualcuno in più, mai notato prima:
- rispetto della genitorialità e delle responsabilità che coinvolge. Leggi giusto per fare un esempio: non c'è bisogno di fingersi malati per stare a casa con un figlio malato (a menochè non si vogliano fregare le ferie, ma quello di fregare non è un concetto contemplato, anche perchè con tutte le ferie concesse, che spesso si fa oggettiva fatica a spendere, non ce n'è di fatto bisogno)
- e infine il punto per me fondamentale, di fatto era qui che volevo arrivare: la consapevolezza che tutto-tutto, ma proprio tutto (gravidanza esclusa, ovvio) quanto ho scritto dicendo donna, mamma, vale preciso e sputato per uomo e papà. Congedo parentale compreso.
Sottolineando che un conto sono le regole ed i diritti scritti, un conto è la consuetudine.
L'interscambiabilità della parola donna, con la parola uomo in questo post non è un miraggio, un ideale, un punto di arrivo, ma un dato di fatto. Che mi mancherà molto.
Parità è anche Papadag
Era appunto di parità che volevo parlare. Parità è anche che così come un Mamadag esiste ugualmente, paro-paro come dicono a casa mia, un Papadag. La maggiorparte delle coppie bimbo-munite che ho conosciuto usufruivano di questa opportunità. E con mia somma gioia ho convinto il chercheur a seguire le usanze del luogo e a modificare ANCHE il suo orario settimanale.
Sono tornata felicemente sul lavoro che il mio piccolo aveva quasi 4 mesi (8 giorni prima per essere precisi). Finchè abbiamo vissuto in Olanda è andato al nido 3 giorni a settimana, il lunedì era Papadag, il mercoledì il turno della mamma.
Altro inciso - è stata dura lasciarlo, soprattutto considerando la spartanità del sistema. Per dirne una su tutte, il periodo di adattamento è consistito in 4 ore di mattina il primo giorno. 4 ore di pomeriggio il secondo. Per poi partire teoricamente al terzo con la giornata completa (9-17). IN ASSENZA DEI GENITORI FIN DAL PRIMO GIORNO. Gulp. E' ovvio che per le prime settimane e finchè Arturo non ha dimostrato di essersi abituato, l'adattamento l'ho fatto a modo mio, andando a lavorare molto presto (visto che lo accompagnava il papà) e uscendo dal lavoro prima possibile e i primi tempi anche molto molto presto, grazie anche alle ore concesse per l'allattamento. Quando ci ripenso rabbrividisco perchè era davvero piccolo. E la logistica latte un piccolo calvario. Eppure, sperando di non risultare una mamma snaturata, devo dire che la battaglia per la parità per me era troppo importante ed avevo anche davvero molta voglia di tornare al lavoro.
Altro giro, altra ruota
Intanto proprio mentre tornavo al lavoro si decidevano le sorti francesi, per cui eccoci traslocati a sud della Francia con il lavoro della vita per il chercheur e per me ... per cominciare: il nulla . Una scelta molto dura e sofferta - per me.
Ora le cose si sono smosse, devo dire anche abbastanza velocemente rispetto alle energie fisiche e soprattutto mentali che ho potuto e saputo dedicarci. Il primo di aprile inizierò infatti a lavorare. Sono molto spaventata dalle possibili differenze che riscontrerò rispetto al sistema olandese, al quale mi ero ormai abituata e proprio adoravo.
Un sentore d'allarme l'ho avvisato già in sede di discussione del contratto...
...to be continued...
Intanto questo ci tengo a postarlo simbolicamente oggi, con l'augurio di tanta parità per tutte.
Sono finita oggi sul tuo blog e questo post mi piace molto :)
ReplyDeleteIo vivo in Inghilterra e anche qui in molti posti di lavoro c'é grande flessibilitá al rientro dalla maternitá, sia in termini di part-time che di riduzione delle ore lavorative. La paritá c'é, fino ad un certo punto: la maternity leave puó durare fino ad un anno e per i primi nove mesi lo Stato ti dá un contributo (che basta forse a comprare da mangiare, ma non a pagare le bollette). La madre puó tornare al lavoro durante quei nove mesi e trasferire il diritto alla leave-e il contributo statale-al partner (ma fino al nono mese, non piú per un anno). Quello che non c'é ancora é la paritá nei contratti di lavoro: molte aziende pagano, per un periodo che puó variare da 6 settimane a tutti i nove mesi (!) lo stipendio durante la maternity leave, ma non pagano il partner a cui venga trasferita la leave. Cosí per esempio io non ho diritto ad essere pagata nel mio contratto ma l'azienda dove lavora mio marito paga per nove mesi interi le donne durante la maternity leave. Se ci fosse la paritá dovrei potere tornare al lavoro, mentre mio marito resta a casa con nostro figlio pagato fino a nove mesi, invece avrá diritto solo al contributo statale. Insomma, qua di strada da fare ce n'é, ma la flessibilitá giá aiuta sicuramente!
Disorientata
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ReplyDeleteGrazie :) Tengo molto a questo post, che se il mio spirito incazzoso sull'argomento seguirà così, è solo il primo di una luuuunga serie. La disparità mi indispone parecchio. La disparità di fatto, perchè spesso sulla carta sembrerebbe tutto rose e fiori. Per esempio guardavo su wikipedia che Italia e Francia sembrano avere una legislazione eccezionale.
ReplyDeletehttp://en.wikipedia.org/wiki/Parental_leave
Per il resto la materia è ostica e non è facile comparare. IN U.K. a quanto comprendo, da quel che dici e da wikipedia, la legislazione è deboluccia, ma ci sono compagnie più o meno illuminate. Probabilmente wikipedia non fornisce un quadro completo per fare paragoni
Una precisazione: ho parlato solo di congedo parentale. La maternità è in Olanda, come in molti paesi europei di 16 settimane. Solo per la futura-neo-mamma. Pagate al 100%. Punto debole è che il congedo di paternità è solo di 2 giorni. Cosa secondo me orrorifica. Mio marito è stato a casa 2 settimane, che -aldilà del fatto che noi abbiamo avuto qualche problemuccio extra nei primissimi tempi- mi è sembrata davvero una cosa più che normale, soprattutto al primo figlio.
io ho avuto un'esperienza positiva di *mamadag* in italia.
ReplyDeletealla terza figlia, dopo due maternità in cui avevo sfruttato solo il periodo di congedo obbligatorio, ho scelto, d'accordo con l'azienda, di lavorare tre giorni alla settimana, dal lunedì al mercoledì, a tempo pieno. giovedì e venerdì ero a casa, con la reperibilità in caso di necessità, e avevo finalmente un po' di tempo per me.
Siccome i giorni di congedo cosiddetto facoltativo sono 180, la cosa è durata parecchio.
lo stipendio era buono, in quanto venivo pagata al 30% ma solo sui due giorni settimanali di assenza.
credo che questa soluzione sia l'ideale sia per l'azienda, che non rinuncia al personale, sia per la mamma, che non si ritrova fuori dal mondo del lavoro dopo mesi di completa assenza.
Grazie WonderDida,
ReplyDeleteche piacere sentirlo!
quindi lo 'spezzettamento' del congedo è permesso dalla legge italiana? Probabilmente poi un'azienda può fare quel che vuole. Anche a me pare vincano tutti con soluzioni di questo tipo. E mi pare segno di intelligenza e pure strategia da parte del datore di lavoro concederlo.