27 March 2015

Si è fatta i ricci

Preparandosi ad una due settimane senza il chercheur, Squabus ha avuto il coraggio di invitare nuovamente il nonno de Squabus e quindi spolvera questa vecchissima cosa restata in bozza per più di un anno, che é la seocnda parte di questo post qui.

Visto poi che si parlava di passivo aggressivi.


Correva febbraio 2014

Squabus ha appena passato la settimana peggiore degli ultimi due anni e poco più. Il periodino non era certo roseo di suo, è vero, ma non si sarebbe certo aspettata un tracollo così a precipizio in sensazioni lontane, indesiderate e piuttosto orribili.

Squabus sta scrivendo in terza persona e questo già lo ha notato. Ci sono dei guai, e allora si crede di risolvere tutto scrivendo in terza persona... E invece no! Una svolta già c'è stata, e in peggio. I problemi si sono accumulati non è che si possono risolvere con la terza persona... (semicit: Bianca, Nanni Moretti)


Il nonno questa volta non è venuto con la zia Susanna a fare da back up per mamma Squa durante la settimana di lontananza del chercheur. Ora Squabus si è resa conto del perchè il nonno insisteva per venire con la zia Susanna. Il nonno è taciturno come la notte, ma scemo non è e forse non se lo dimentica mica che lui e Squa insieme non è che sia un gran assortimento. Squabus invece ha tendenza a dimenticarlo. Si potrebbero anche interpretare come prove tecniche di ottimismo. O masochismo, a scelta.


In poche parole succede che in qualche giorno appena di convivenza, una Squabus, un Pistacchio, un nonno, è tornata l'ombra, netta, scura e terrificante, di quelle ore morte delle venti. E quel desiderio di allontanarsi da lui, che sparisca dalla sua vista, di non doversi preoccupare per lui, di restare sola.

Nell'adolescenza di Squabus le modalità familiari erano silenzio, facce incazzate con nuvoletta muta del pensiero da dover interpretare, che tanto qualcosa di storto c'era sempre, la casa non era mai in ordine, la cena mai pronta, qualcosa di spiacevole lì fuori si trovava immancabilmente, ma Squabus -e presumibilmente anche tutti gli altri- comunque giù a domandarsi cosa avesse fatto di male,  cosa ci fosse di sbagliato in lei, in prima persona, non la casa, la cena, le cose che non funzionavano. A pensarci bene la sensazione chiara era che tanto niente sarebbe mai andato bene. Quella sensazione di pericolo imminente, di dover fare attenzione ad ogni minimo gesto.

Che magari poi raramente c'era la giornata sì e si facevano due chiacchiere. Ma per la maggior parte erano sbuffi, alzate di voce e cotolette sbattute con violenza nel microonde. Le famose cotolette che il chercheur mi bacchetta ogni tanto. Hei tu ti ho vista, non lanciare cotolette.  E tutto poi va bene.


Da qualche tempo il nonno ha perso la sua aggressività, non pare più lì affacciato sull'uscio aspettando la bagarre, come in stato provocatorio. Squabus era già arrivata alla consapevolezza che quello che rendeva così suo padre in quei tempi bui non era solo il suo innegabile carattere di merda, ma lo stress, uno stress infinito dovuto alla fatica di una famiglia difficile che gli pesava tutta sulle spalle e in aggiunta un lavoro impegnativo che probabilmente non aveva le qualità personali per svolgere. Sono speculazioni. Comunque una cosa è certa: il nonno in quanto a mindfullness zero zerella.

Per suo sommo sbalordimento e terrore, nei giorni scorsi, Squabus, dopo qualche giorno di clausura forzata in presenza di quell'uomo, che non parla, non dice, non si esprime, ha cominciato, lei, a trattare suo padre, come lui trattava lei e gli altri. Quel mobbing neppure tanto velato fatto di poche parole, che sta a voler comunicare, ma senza dirlo ad alta voce:
Spostati che tu non sei capace.
Zitto che mi dai ai nervi.
Non ti sopporto più e vorrei solo essere sola e non dovermi preoccupare anche di te.
Che poi magari suo padre non era neanche questo che stava pensando esattamente. Chi lo sa.

Mobbing familiare, non mi viene altro termine per descriverlo.
Una roba brutta che Squabus era convinta di essersi lasciata alle spalle.
E invece qualche giorno di clausura, certo aggravato da circostanze al contorno faticose, ma in altro contesto gestibilissime -con un pizzico di quella famosa mindfullness- Pistacchio malato, stanchezza, tre notti d'insonnia una in fila all'altra, momento no. La privazione del sonno rende le persone orribili. Ma poi soprattutto -anche qui- di sfondo una sensazione di insoddisfazione e frustrazione sul lavoro. Che poi Squabus se la sta tirando addosso o la sta tirando fuori? La differenza è fondamentale, nel primo caso Squabus si deve dare una regolata, raccogliere e coltivare le energie migliori, respirare a fondo e giù pedalare dritta con convinzione ed entusiasmo. A volte ci riesce e funziona, sembra andare meglio per un po', ma poi giù un nuovo inciampone. Nel secondo caso, perchè soffrire? Un altro lavoro là fuori ci sarà. I tempi sono duri, è vero, ma al limite si campa bene anche con uno stipendo e soprattutto con la salute non si scherza. Squabus ne è perfettamente conscia, solo non ha mica capito se viene prima l'uovo o la gallina.Se é addosso o fuori insomma.


Quindi giorni di clausura col nonno muto che non esprime neppure i bisogni primari. Un giorno che finalemnte riescono ad uscire per una passeggiata,
Squabus gli chiede cosa hai voglia di fare? 
Nonno: niente... 
Squa: Ma non hai mai desideri? 
Nonno: Io? no! [come a dire: sia mai...]
Squa: Questo è un gran problema perchè poi gli altri devono pensare per te (ma anche no, a posteriori, solo se sono masochisti e stupidi). 


A nonno muto dopo qualche giorno risponde una Squabus provata psicofisicamente, nervosa, facilissimamente irritabile ed anche incazzosa. Solo che incidentalmente il povero Pistacchio stava nel mezzo. Quel povero innocente Pistacchio, già piuttosto frignino nel pieno della sua duennite acuta fatta di reazioni incontrollabili e incapacità di darsi un contegno.

Risultato: un circolo vizioso di frigna, fastidio e -incredibilmente chiaro e limpido- l'assorbimento preciso di Pistacchio della modalita di mobbing contro il nonno. Non voleva più essere toccato da lui, lo cacciava e lo trattava male. E il nonno che incassava tutto senza un briciolo dell'aggressività dei tempi andati. Una cosa terribile. Squabus si è accorta che il silenzio ed il nervosismo aveva contagiato tutto. Che non stava più parlando neanche con il suo piccolo. Che si era dimenticata delle sessioni di solletico mattina pomeriggio e sera, intervallate da: facciamo un respiro profondo e poi lui che ride e chiede: encore? E giù un altra manciatina di solletico sotto il collo, sul pancino, sui cosciotti morbidi. Solletico e risate pazze 2-3 volte al giorno, o anche a richiesta, come la tetta, Squabus è certa che qualcuno ne ha già studiato gli effetti benefici per la salute e lo spirito. Invece no, Squabus aveva perso il solletico, l'entusiasmo e la parola, e per forza quel piccoletto lì si sentiva perso, abituato com'è al rimbambimento materno fatto di bla bla bla e di storie e di racconti. Chissà se sono tutti così i bimbi, Pisti adora essere parlato. La parola è una delle poche cose che lo può calmare.  Lui gli piace ascoltare. Lui in quel silenzio stava impazzendo peggio di sua madre e probabilemnte anche attraverso sua madre. Che cosa brutta.


Poi per fortuna è tornato il chercheur. Un'ondata di pace ha pervaso Squabus, Pistacchio, la casa intera. Il nonno fino ad un certo punto.  La sola presenza del chercheur ha placato l'animo inquieto di Squabus e anche se il jet lag metteva a dura prova lui e la sua pazienza, Squabus ha ritrovato la parola, la voce ferma, pacata e tranquilla e tutta la pazienza scomparsa. Pistacchio ha ripreso a sorridere, a Squabus pareva leggergli in viso un certo sollievo Meno male che sei tornata, mamma, ho avuto paura...
Per fortuna l'incantesimo malvagio è stato annullato nuovamente... come si fosse sveglaita da un sogno terribile, Squabus si è detta no, no! Quella ragazzina non c'è più e dovesse tornare la cacciamo a calci. Ci ho messo anni ad allontanarmi da quel paradigma, questa non sono io, questa sono io in relazione a mio padre, come il chercheur ripete allo stremo.


Squabus si sente di merda, si sente una persona orribile. Il nonno è appena partito e lei si è detta ecco adesso piangerai e ti sentirai una cacca e ti pentirai tantissimo della tua cattiveria. Poi no, poi ha deciso che sarebbe stato da perfetti idioti piangere per questi giorni passati, valeva più la pena buttare fuori, come se questa bruttura fosse qualcosa di diverso da lei. 
E quindi si, è vero: al giorno d'oggi Squabus è probabilmente una persona orribile, ma si da comunque una piccola pacca sulla spalla, perchè oggi non si è abbandonata al magone più ottuso e inutile e invece ha deciso di metterlo nero su bianco, che non è mica sempre cosa semplice. Squabus ha passato una settimana comportandosi come la peggiore passivo-aggressiva e con gran terrore pensa che probabilmente in scala minore è così che si comporta col mondo, perchè è cresciuta così. Squabus è incazzata nera per questa opportunità mancata di crescere come una persona migliore. Squabus è altresì perfettamente consapevole che non servirà a nulla nascondersi tutta la vita dietro ad un mi hanno cresciuta così, che è ora di prendersi le proprie responsabilità e non solo a parole. Squabus sa di dovere cambiare. Il come, quello è ancora tutto un gran mistero.



Adesso corre l'anno 2015, sono passate quattro stagioni e mezzo ed il nonno sta per tornare ed il chercheur per ripartire. Squabus ha un po' paura. Giusto un pochino.

4 comments:

  1. Certe volte nei rapporti familiari si parte con le migliori intenzioni e poi non si riesce a mantenerle. Specialmente quando ci si vede poco e sembra un peccato mortale perdere quel momento per stare bene.
    Da fuori sembra tutto facile poi quando ci sei...
    Un abbraccione.

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    1. Vero! Infatti credo di aver rispolverato questo vecchio scritto proprio perché d'improvviso mi sembrava facile di nuovo. Non voglio e non posso essere (di nuovo???) così ingenua. ...

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  2. il come, oh, il come! Pacca sulla spalla, pat-pat, da una che sta messa quasi uguale.
    PS: È davvero un grande il chercheur.

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    1. Si, il chercheur è davvero un uomo grande, (però) l'effetto che ha su di me come persona la sua assenza/presenza mi da le vertigini.... ma forse è la definizione stessa di amore? Non lo so

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Io lo so cosa stai pensando.
Lo scrivo, non lo scrivo, quasi quasi lo scrivo. Ma no dai...
E' lo stesso che penso anche io quasi ogni volta.
Ma tu prova, prova a lasciare una traccia.
Non sarà invano.

Prova pro-pro-prova