Si, ma tu Squa che cosa pontifichi a fare? Certo è facile per te dire che sarebbe bene se le mamme non stessero al centro. Tu c'hai un compagno super presente (tecnicamente parlando un marito, ma la parola compagno mi piace di più). Ecco, appunto, è proprio qui che mi voglio. Io per prima tesso sempre le lodi del mio compagno per essere il mio socio paritario in questa avventura. Se non lo dico esplicitamente, penso costantemente quanto sono fortunata rispetto alla media di quello che vedo o sento. Sto pensando, però, che mi faccio un gran torto in questo modello di pensiero tutto gratitudine e fortuna cascata dal cielo. Ne ho abbastanza di essere sempre così avara di meriti con me stessa. Io sarò anche fortunata, ma sono anche artefice attiva di questa fortuna. Che ho assecondato, coccolato, curato come una cosa preziosa. La materia prima c'era indubbiamente, ma poi io me lo sono voluto meritare un compagno socio paritario in azioni.
Flashback fine febbraio 2012
Il Pistacchio ha poche settimane, suo papà allo scadere della seconda è tornato a lavorare. Per me giornate intere a casa con un fagottino ancora tutto da capire. I punti che per una serie di circostanze hanno quasi fatto infezione e non si rimarginano mai. Le difficoltà infinite con l'allattamento. Un'ora per poppata, otto volte al giorno, lo sfinimento. Le coliche delle 18 circa, ogni giorno. Dedicarsi completamente a lui. Inventarsi una giornata.
C'era poi un momento un po' magico in cui papà tornava a casa dal lavoro, ad interrompere quella solitudine. La solitudine per eccellenza, quella di una mamma sola con il primo. C'erano i biberon di mezzanotte con il latte tirato al primo mattino, quando era abbondante. C'erano i turni. Io a letto prestissimo, dopo la poppata delle 20, poi papà era on duty per preservare le mie ore di sonno, nella fascia oraria per me preziosa. E benedetta sia sempre la nostra complementarietà del sonno.
In quelle settimane iniziali la prima crisi, santa crisi e santo
chercheur che gli ha saputo dare voce. Però brava pure io che ho saputo capire, senza neppure formalizzarlo a parole. Lo sto facendo adesso per la prima volta. E' stato quello il punto centrale della questione. Lì nasceva il
quattromanismo, con una sorta di giuramento, di promessa, di fiducia
che qualcuno sentiva dovesse essere accordata. In quelle settimane avevo ovviamente accumulato distanza conoscitiva sulla *materia Pistacchio*. Dopo due settimane di
luna di latte, adesso ero io sola a passare tutta la giornata con lui e lo scarto di conoscenza cominciava a pesare.
E' febbraio 2012 e noi stiamo parlando di tettarelle da lavare o di orari, non ricordo. Forse sono particolarmente stanca o forse nervosa. Il chercheur ad un certo punto mi dice: ...io però così non sono sereno. Ho paura di te, mi sembra che per te ogni cosa che faccio con il piccolo non vada bene. E io che mi sciolgo in tenerezza. Perchè io non pensavo assolutamente in quei termini. Non lo pensavo razionalmente, non lo volevo pensare, ma probabilmente il mio atteggiamento lasciava trasparire un qualcosa tipo: io so cosa è bene per il mio piccolo, tu no, quindi fai come ti dico e punto. In queste circostanze il messaggio che arriva ad un padre spaventato e rimasto indietro è: solo io, mamma, sono in grado di occuparmene come si deve. E' poi vero che in quella fase si è abbastanza leonesse, non è vero? Guai a chi si avvicina al mio piccolo, alla larga. Ecco perchè il momento delicato con un papà che vuole occuparsi della prole è proprio questo (se non c'è volontà allora inutile che ne stiamo a parlare).
Se non aiutiamo i nostri compagni (quelli che vogliono, beninteso) a recuperare lo scarto che la natura ed i ritmi di vita, e per esempio un lavoro impegnativo, (im)pongono. Se li teniamo al di fuori, è chiaro che faranno fatica a sentirsi parte di quel meraviglioso tutto.
L'immagine che mi appare è quella di una mamma con suo figlio in braccio ed una sorta di cerchio intorno. I padri si sentono irrimediabilmente fuori da questo cerchio, fatto di mesi di grembo materno, travaglio sulla nostra carne, tempeste ormonali, fiumi di latte. Ci guardano da fuori con sentimenti misti suppongo. Vivono spesso tutto questo anche con una sorta di senso di colpa.
Quello stesso senso di colpa ci garantirà, se lo vorremo prendere, la detenzione di un potere forse (ma solo forse) ancestrale. Lo
strofinaccio power, di cui parlava in modo molto interessante
Lorenza, qui.
Io credo valga la pena rompere questo incantesimo.
Allora potremmo alzare lo sguardo dal nostro piccolo attaccato al seno, prendere per mano il suo papà ed invitarlo nel cerchio. E qualche volta magari lasciargli anche tutto lo spazio, restare un attimo in disparte a scattare una preziosa foto, anche mentale.
#esserepapà