30 June 2013

Storia di un corteggiamento


da qui

La vedevo seduta al suo banco di laboratorio, due porte prima del mio, alta, filiforme, mora, vestita di colori sgargianti, bella, sempre sorridente. La sbirciavo e seguivo con lo sguardo. Finchè un giorno davanti alla fotocopiatrice mi ha rivolto la parola. Benedetta fotocopiatrice. Mi ha parlato in francese ma, dentro, io sono scoppiata in un gridolino di gioia silenzioso e invisibile (ché io con la Spagna e gli spagnoli: affinità elettive) e le ho chiesto.
 Eres española? 
Que sì. 

M. è sivigliana e ha un fortissimo accento andaluzo. E quando parla rapida non afferro tutte le parole, mentre le est si fanno ett e si cantilenano tutte. Parla come quel gran pezzo di figliolo di Antonio Banderas nelle interviste arcaiche. Che tu lo vedi figo, misterioso, irraggiungibile, poi  este hombre parla con un accentaccio forte e bellissimo di pieno sud, dove fanno 45 gradi all'ombra e la gente balla il flamenco.

24 June 2013

Un buon non compleanno

Oggi. Proprio oggi, due anni fa.

Ci sono date che entrano sottopelle come tatuaggi invisibili.
24 giugno 2011 è uno dei miei tatù.



17 June 2013

il ritorno del post dei post

da qui

Tantissimi anni fa, quando ero una blogger molto più per finta di ora, capitavano periodi anche lunghissimi in cui non riuscivo a scrivere nulla.  Avevo allora la mania di scrivere la lista dei post che avrei voluto scrivere se avessi potuto. Dicesi il post dei post. Ché non è che uno non scrive e allora non ha niente da dire. Di solito è il contrario proprio: più una avrebbe da scrivere e pensare e meno riesce a pacare i pensieri  su pixel. E magari non ha neppure molto tempo e allora i pensieri si fanno fino inquieti.

15 June 2013

correndo via

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correndo

Correndo via, quel giorno, mi è venuto in mente questo periodo qui, quando eravamo già in Francia, ma la prima volta. Poi di espatri  ce ne sono stati altri tre e con loro un sacco di vita. Correvo e pensavo a quanta, quantissima strada abbiamo fatto, dentro e fuori di noi. Io ed il chercheur, finchè anche Pistacchio si è unito al gruppo.
Una piccola lacrima di commozione nel rileggere quel post.

Poi però m'è partita pure la grinta. Farcela non so ce la faccio, ma provarci è d'obbligo. Pare che anche Squabus si iscrive ad un concorso. La scadenza è vicina e saranno giorni duri. Fino al 27 di giugno verso le sei del mattino, invece del blog, Squabus scriverà le sue motivazioni. Vincere non crede ci sia alcuna speranza, pero' vuole vedere se la République le da almeno la possibilità di essere esaminata.

Insomma Squabus, più che andare, continua a correre.

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dietro il quartiere senz'anima


14 June 2013

questo non è un give@w@y

ATTENZIONE: La situazione mi sfugge di mano. Di terzo nome facevo Ingenua. Lo scopo di questo Progetto era di invitare lettori timidi e silenti a partecipare. Faccio qui presente che non si vincerà niente di valore né di tangibile mi sa. Per partecipare non c'è alcun bisogno di entrare a far parte dei miei followers, di lasciarmi il codice fiscale etc. Partecipi chi già era di casa o i neo arrivati che si sentano di casa qui, ma per affinità.



Squa's Delurking Project

Indìco un give@w@y che non è un give@w@y.
Ci sarà un vincitore, che non sarà  veramente un vincitore, di una gara che non è veramente una gara. Per partecipare non bisogna fare niente di speciale. Come si vince non ve lo dico, vi dovete fidare di me. Ve lo dico dopo. Quando scade il give@w@yche non è un give@w@y? Non  lo so neppure io.

Anche i lurkers  possono (non)vincere: basta solo che si palesino.
Forse non tutti sanno che il delurking day di solito si celebra il 14 gennaio, io, che di secondo nome faccio Salmone e andare controcorrente m'è sempre piaciuto, lo lancio fuori fase, con 6 mesi di anticipo o di ritardo,  a piacere.
Ne parlavamo con Robin qualcuno dei suoi post fa. Tra l'altro, se volete anche voi indire un give@w@y, che non è un give@w@y, le cui regole sono misteriose, o anche no, come vi piace di più. Se volete festeggiare con me in anti-fase, il de-lurking day, io sono anche contenta.

Volevo scrivere tutt'altro stasera, ma vedere quella data lì mi ha distratta dalla mia meta.

Che cosa (non)si vince? Ci devo ancora pensare. Si accettano idee tra l'altro. Un premio speciale della giuria potrebbe anche andare a chi suggerisce il premio più bello. 
Anche le mie amichette ataviche sono ammesse a partecipare. Non si dica che non sono democratica.

Avrò davvero il tempo per tutto questo?
Questo è il grande mistero.
Ma stasera ci piace giocare e giochiamo.

13 June 2013

io lo corro via

è bastata una manciata di giorni circondati da amici e tutto è stranamente come crollato. Sono indietro su tutto. Indietro fuori e anche dentro. Tantissimi i bei post che vorrei commentare e ogni giorno resto sempre più indietro.

Non erano amiche qualsiasi. Erano le mie amichette olandiche che venivano in zona per una conferenza (alla quale, tra l'altro, sarei dovuta andare anche io ma non sono stata abbastanza furba. Non mi do pace per la mia poca lungimiranza). Le mie amichette giovani e un po' più spensierate, ma neanche poi troppo, ché la vita ti da pensieri a tutte le età.

Mi sono anche seduta allo stesso tavolo con il mio ex-capo. Quell'omone lì. Bravo, comprensivo. Probabilmente più furbo degli altri, ma che intanto ti fa sentire apprezzata e considerata
Esattamente negli stessi giorni, che strana coincidenza, al lavoro il mio capo attuale mi fa la mancanza di considerazione n+1. E poi arrivavano delle brutte notizie. Oddio non proprio brutte, ma belle per qualcun altro, non certo per me. E diventa importante ricominciare la ricerca, la ricerca di un futuro stabile. La cui mancanza mi pesa più che mai.

E allora è persino banale provare di nuovo quel pizzico al cuore. Quella nostalgia fortissima d'Olanda. Di quel lavoro dove avevi conquistato tutto e soprattutto te stessa. Degli amici che ti venivano a trovare quando Pistacchio era minuscolo. E se lo coccolavano.

E se lo sono coccolato ancora, anche se grande, grosso, bipede, sorridente di un sorriso anche con gli occhi. Che chiude a mezzaluna, come nei cartoni animati. Come il suo papà credo. Mi sono ritrovata ad un tavolo con Spilunga, davanti ad una tazza di te, che continua a raccontarmi pezzettini della sua storia. Lei serena, mentre io piango quello che lei non potrà mai avere. Lei scoppia in una risatina tenera e dice è mai possibile che ti faccio sempre piangere.

E sarà anche la tempesta ormonale che sento in corpo. 4-5 mesi dopo la fine dell'allattamento mi sembra di essere tornata la bomba ad orologeria di prima. Un anno e mezzo di vita in una bolla ovattata è stato un regalo prezioso. Ora toccherà combattere di nuovo con l'ormone. Non so come fate voi, ma io lo corro via, o almeno ci provo. A colpi di molecole buone. Pistacchio ha appena avuto il suo latte, io mi infilo le scarpette e vado a correre per il quartiere senz'anima.

06 June 2013

Critica al mammocentrismo - parte seconda (del farsi da parte)


Si, ma tu Squa che cosa pontifichi a fare? Certo è facile per te dire che sarebbe bene se le mamme non stessero al centro. Tu c'hai un compagno super presente (tecnicamente parlando un marito, ma la parola compagno mi piace di più). Ecco, appunto, è proprio qui che mi voglio. Io per prima tesso sempre le lodi del mio compagno per essere il mio socio paritario in questa avventura. Se non lo dico esplicitamente, penso costantemente quanto sono fortunata rispetto alla media di quello che vedo o sento. Sto pensando, però, che mi faccio un gran torto in questo modello di pensiero tutto gratitudine e fortuna cascata dal cielo. Ne ho abbastanza di essere sempre così avara di meriti con me stessa. Io sarò anche fortunata, ma sono anche artefice attiva di questa fortuna. Che ho assecondato, coccolato, curato come una cosa preziosa.  La materia prima c'era indubbiamente, ma poi io me lo sono voluto meritare un compagno socio paritario in azioni.


Flashback fine febbraio 2012
Il Pistacchio ha poche settimane, suo papà allo scadere della seconda è tornato a lavorare. Per me  giornate intere a casa con un fagottino ancora tutto da capire. I punti che per una serie di circostanze hanno quasi fatto infezione e non si rimarginano mai. Le difficoltà infinite con l'allattamento. Un'ora per poppata, otto volte al giorno, lo sfinimento. Le coliche delle 18 circa, ogni giorno. Dedicarsi completamente a lui. Inventarsi una giornata.
C'era poi un momento un po' magico in cui papà tornava a casa dal lavoro, ad interrompere quella solitudine. La solitudine per eccellenza, quella di una mamma sola con il primo. C'erano i biberon di mezzanotte con il latte tirato al primo mattino, quando era abbondante. C'erano i turni. Io a letto prestissimo, dopo la poppata delle 20, poi papà era on duty per preservare le mie ore di sonno, nella fascia oraria per me preziosa. E benedetta sia sempre la nostra complementarietà del sonno.

In quelle settimane iniziali la prima crisi, santa crisi e santo chercheur che gli ha saputo dare voce. Però brava pure io che ho saputo capire, senza neppure formalizzarlo a parole. Lo sto facendo adesso per la prima volta. E' stato quello il punto centrale della questione. Lì nasceva il quattromanismo, con una sorta di giuramento, di promessa, di fiducia che qualcuno sentiva dovesse essere accordata. In quelle settimane avevo ovviamente accumulato distanza conoscitiva sulla *materia Pistacchio*. Dopo due settimane di luna di latte, adesso ero io sola a passare tutta la giornata con lui e lo scarto di conoscenza cominciava a pesare.
E' febbraio 2012 e noi stiamo parlando di tettarelle da lavare o di orari, non ricordo. Forse sono particolarmente stanca o forse nervosa. Il chercheur ad un certo punto mi dice: ...io però così non sono sereno. Ho paura di te, mi sembra che per te ogni cosa che faccio con il piccolo non vada bene. E io che mi sciolgo in tenerezza. Perchè io non pensavo assolutamente in quei termini. Non lo pensavo razionalmente, non lo volevo pensare, ma probabilmente il mio atteggiamento lasciava trasparire un qualcosa tipo: io so cosa è bene per il mio piccolo, tu no, quindi fai come ti dico e punto. In queste circostanze il messaggio che arriva ad un padre spaventato e rimasto indietro è: solo io, mamma, sono in grado di occuparmene come si deve. E' poi vero che in quella fase si è abbastanza leonesse, non è vero? Guai a chi si avvicina al mio piccolo, alla larga. Ecco perchè il momento delicato con un papà che vuole occuparsi della prole è proprio questo (se non c'è volontà allora inutile che ne stiamo a parlare).

Se non aiutiamo i nostri compagni (quelli che vogliono, beninteso) a recuperare lo scarto che la natura ed i ritmi di vita, e per esempio un lavoro impegnativo, (im)pongono. Se li teniamo al di fuori, è chiaro che faranno fatica a sentirsi parte di quel meraviglioso tutto.

L'immagine che mi appare è quella di una mamma con suo figlio in braccio ed una sorta di  cerchio intorno. I padri si sentono irrimediabilmente fuori da questo cerchio, fatto di mesi di grembo materno, travaglio sulla nostra carne, tempeste ormonali, fiumi di latte. Ci guardano da fuori con sentimenti misti suppongo. Vivono spesso tutto questo anche con una sorta di senso di colpa.
Quello stesso senso di colpa ci garantirà, se lo vorremo prendere, la detenzione di un potere forse (ma solo forse) ancestrale. Lo strofinaccio power, di cui parlava in modo molto interessante Lorenza, qui.

Io credo valga la pena rompere questo incantesimo.

Allora potremmo alzare lo sguardo dal nostro piccolo attaccato al seno, prendere per mano il suo papà ed invitarlo nel cerchio.  E qualche volta magari lasciargli anche tutto lo spazio, restare un attimo in disparte a scattare una preziosa foto, anche mentale.


03 June 2013

L'arcobaleno a Montpellier

Penso ancora al tempo e più che altro all'ossessione per il suo scadere. 

Il fine settimana è il momento principe per queste riflessioni. Appena venerdì volge al finire, io parto con quell'ansia, quella dannata foga. La fregola. Quel terrore di perdere tempo che più di tutto il resto me ne fa sprecare. I pensieri partono a razzo con tutto quello che si potrebbe fare.

Ne ha parlato bene Marzia, fonte inesauribile di riflessioni. Di come è una liberazione conquistare il presente. Invece a me quel condizionale lì mi tormenta. Soprattutto, poi, in forma passata. Quanti avrei potuto formulano i miei pensieri. Sono francamente stufa di ascoltarli. E con me chi mi ama e mi vorrebbe più serena.

Sabato è stata l'apoteosi. Nel pomeriggio, dopo la bene/male-detta pennichella pomeridiana [che ci incatena a casa, potenzia la mia ossessione per il tempo allo scadere, ma anche ci libera e veicola gioia per i sorrisi e la serenità ritrovata del dopo], abbiamo inforcato le bici e siamo partiti dal Quartiere Senz'Anima dove abitiamo, a MontePello, in direzione Centre Ville. Mamma in solitaria, Papà con Pistacchio sul seggiolino davanti. Abbiamo preso la pista ciclabile che corre lungo i binari della linea 1 del tram, che in 30 minuti ci avrebbe portati in centro. La nostra missione era unirci al Gay Pride che festeggiava, in questo finesettimana storico, il primo ed anche il secondo matrimonio omosessuale di Francia, celebrato proprio sabato pomeriggio.


Mentre pedalavamo, dal riparo dei miei denti esce questa bestialità:
Che bel sole! Avremmo potuto fare un giro in bicicletta...

Si, rido anche io, ma amara. Perchè questa è la mia condanna. Nel sottinteso della mia frase volevo intendere fare un giro in un posto più bucolico che il lungo tram, eccetera eccetera. Ma non è poi così importante. Il chercheur mi ha giustamente fulminata con lo sguardo. Ho incrociato i suoi occhi di fuoco, poi ho fatto un'istantanea di lui sulla bici, col Pistacchio nel seggiolino davanti. Di noi sulla ciclabile, lungo i binari del tram. Mi sono risa addosso ma tutta la forza di questa felicità l'ho sentita davvero. Forse piccola, forse effimera, ma ora e per me.


Ma soprattutto, il Centre Ville non ci ha delusi, ci siamo trovati dove avremmo voluto essere. Montpellier, la San Francisco di Francia per così dire,  era già nei giorni scorsi un festare di arcobaleni a celebrare una bellissima prima volta, che è bellissimo sia avvenuta qui, nella città in cui viviamo e abbiamo deciso di restare. Se c'è qualcosa di più bello di una bella prima volta... è la seconda! Ed è stato bello esserci in qualche modo.

da qui