31 May 2013

Allo scadere

Guardo l'orologio.
Un'ora alla mezzanotte.
Poi maggio sarà finito.
E con lui il tema del mese.
Almeno simbolicamente.

In realtà sono già fuori tempo massimo e andrò anche fuori tema. Forse.

Anche perchè il mio primo, unico, bimbo è ancora molto piccolo, a molte questioni sollevate non ho ancora avuto modo di pensare. Succede quindi che i blogstorming a tema scandiscano in maniera molto peculiare il mio  tempo. Quando torno sulla pagina del tema a fine mese, mi sembra passata una (bella) vita dalla prima volta che l'ho aperta.

Questa percezione dilatata deriva probabilmente dalle innumerevoli volte in cui ho pensato al concetto di tempo in questo mese. Così come agli stili di accudimento il mese precedente...
Forse anche dal fatto che il mio essere mamma ha fatto passi da gigante in un solo mese. Così come il mio piccolo, che è in una fase di crescita impressionante. Riflettevo sulle strategie di sopravvivenza e lui gattonava sereno,  mentre pensavo agli stili di accudimento ecco i suoi primi passetti, pensavo al concetto di tempo e intanto lui mi stupiva dimostrando di capire un sacco di cose che gli dicevo. Non smetterò mai di stupirmi che quel frugolino ora gli dico vai a mettere il topino nel tuo letto e lui sgambetta verso il letto e, guarda un po', infila tra le sbarre il topino. Tra le mie lacrime di commozione.

Riflettere non significa però sempre maturare un pensiero sensato. Io colgo questa occasione, in maniera un po' strampalata,  per dirvi grazie davvero. Perchè che il tempo sia tanto o poco o lento o veloce o tiranno, sicuramente mi aiutate a caricarlo di bei significati. E ormai fate come parte del calendario. A fine mese mi dispiaccio se non sono riuscita a partecipare e allo stesso tempo mi emoziono a scoprire quale sarà il prossimo argomento che affollerà la mente e i suoi momenti a disposizione nel tempo a venire.

Uso questo piccolo attimo, intorno allo scadere simbolico, prima di un nuovo inizio, per ringraziare tutti voi di genitoricrescono. Serena, Silvia e anche tutti gli altri. Grazie.

Questo post partecipa, anche se fuori tempo massimo, al blogstorming
Tema del mese: Il Tempo.

30 May 2013

paure oniriche

Mi sono svegliata e sono andata diretta a scrivere questo, quasi mi scappasse:

...riconoscere per tempo quel che farà paura...
Perchè a volte le paure prendono a tradimento,
cambiano i venti e tu ti ritrovi lì in balia.
Chissà che sognavo. Chissà che vuol dire.

28 May 2013

Olandia

Dice ma com'è che non parli più d'Olanda e non sfracelli la ... con quella nostalgia d'Olandia lì? Un po' devo dire che mi sto ambientando qui (ad un certo punto magari racconterò pure), un po'...  non ne parlo più qui, perchè ne parlo altrove.
Ho scritto volentierissimo un post per Francesca che ama raccogliere pensieri e appunti di viaggio. Poi siccome il post era yottametrico -ché dire kilo sarebbe poco- lei lo ha saggiamente divison in due


La settimana scorsa aveva pubblicato la prima parte, ovvero come Squa vi manda in vacanza nella sua vecchia vita (sigh):  Delft: Zuid Holland per grandi e piccini

Oggi la seconda, con anche tanto di super mappa. Le mappe sono la mia passione! Zuid Holland: i dintorni di Delft e un pezzo di Olanda a misura di bambino


Qui solo un piccolo preview, i commenti da lei :)

a Keukenhof ci sono soprattutto, ma non solo fiori!

la (contro)luce della spiaggia di Scheveningen

 

 
 



25 May 2013

Metablogica, ovvero il blog sul blog

Squa e Metablogica

 
Puntuale come una diligenza del far west o come un autobus cubano (modello Lista de Espera) Lei è tornata su questi schermi. Eccola qui: la riflessione Metablogica. In comodi e pratici pensieri, sparsi e sconclusionati. Come in una sorta di autointervista.

22 May 2013

se non vi piace ingegneria, chiamatela: Arte del sonno

il risultato è uguale. Che le parole non siano d'ostacolo, quando il messaggio è così importante.

Sono ufficialmente una vigliacca. Pungolo, cosi' i post li scrive lei, pero' diciamolo é anche bene: li scrive meglio di come non farei io. L'ho già commentata liberando le inibizioni, perchè chissà com'è, a casa degli altri a volte ci si sente più protetti. Mi limito a sottoscrivere ogni parola e a incorniciarlo il suo post.

Qui un preview:

La parola ingegneria disturberà quelli per cui tutto è natura, istinto, che una mamma già sa prima di leggere o sentire pareri. Io non sono sicura che in una società moderna e snaturata come quella dove viviamo sia davvero possibile ascoltare e seguire l'istinto.
Semmai quel che Why dice, io credo e lei mi correggerà se non interpreto correttamente, è che per essere in grado di riascoltarli gli istinti purtroppo bisogna applicarsi. Abbandonati alla vita frenetica e tutto stress e alle interferenze forse faremo fatica. E approposito di interferenze consiglio anche questo post di Why: le mamme intorno.


Mamme e papà davvero disperati perché i vostri bimbi non dormono, che non siete ancora disposti ad abbandonarvi al fatalismo. Accogliete questo messaggio con speranza. Vi auguro che la vostra chiave sia semplice da trovare. Non disperate.

Coloro che la parola ingegneria non piace molto, potranno leggere Arte o anche poesia del sonno, perché é quello che é. Il risultato non cambia. 

20 May 2013

confesso che ho peccato

da qui



Confesso al dio supremo

della solidarietà tra mamme
e a voi, sorelle,
che ho molto peccato
in pensieri, parole, opere e omissioni,
per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa.

E supplico il dio delle mamme,
gli angeli, i santi
e voi, sorelle,
di pregare per me e perdonarmi

19 May 2013

so solo che il mio fratellone stanotte stava diventando papà

Ma non ho ancora notizie. Sono qui attaccata a uazzap cercando di distrarmi e intanto penso a te, fratellone, e a tutta la strada che hai fatto.

In questa mattinata che forse papà lo sei già, chi lo sa?, penso a tutto il mondo che hai dentro, anche tu, del quale in fondo conosco poco. Conosco le difficoltà da cui sei arrivato e so che sono state anche più dure delle mie. Per te ho la stessa pena che provo per me.

Non è mai facile entrare in comunicazione col tuo mondo, te che a certe situazioni ti sei sempre sottratto.  Te che in ospedale in quelle ultime settimane non riuscivi a venirci. E lo dicevi, io non ce la faccio. Eppure lei, tra noi tre, era a te che affidava i suoi pensieri. Un giorno dovrò avere il coraggio di chiederti quali.

Te che è successo proprio come aveva preannunciato la psicologa del reparto di oncologia. Avevo chiesto un colloquio con lei per noi tre, temendo che la situazione sfasciasse quel fragile legame fraterno che appena appena ci univa. O dovrei dire univa debolmente voi due, tu ed il piccolo, ai miei due fianchi. Io bene o male sono riuscita sempre a tenermi collegata ad ognuno di voi.
Lei ci disse di essere indulgenti l'uno con l'altro. Che era importante che ognuno di noi riuscisse a perdonare la mancanza di risorse degli altri. Che magari dove non arrivava uno sarebbe arrivato l'altro e viceversa. Di apprezzarlo e di non barricarsi nel tu che non sei, tu che non fai, tu che non hai...
Cosa che il piccolo non riusciva a capire,  chiuso in una vera e propria fortezza di tu che non... Ma io, che sto in mezzo da sempre, una vita di mezzo, io ne ho fatto tesoro mentre cercavo di tenere insieme le fila. E al piccolo, col quale condividevo quei giorni, continuavo a ripeterglielo, che tu non ce la facevi. E di perdonarti.  Gli dicevo di ricordarselo quando sarebbe arrivato quel qualcosa che fosse per lui insormontabile.

E infatti. Sei stato tu a mandarmi quell'sms, COn quelle parole, che lo sapevo che dovevano arrivare, ma speravo arrivassero lasciandomi il tempo di occuparmi della nuova vita che avevo in grembo e tornare indietro. Invece quelle parole mi hanno colta all'atterraggio in Olanda dall'Italia. Nel momento in cui lei se ne andava anche io ero in volo. E' te che ho richiamato  dall'aereoporto di Schiphol, perchè nessun altro aveva avuto cuore di chiamarmi, nè papà, nè  il piccolo col quale avevo condiviso il suo capezzale e che ti aveva tanto biasimato
Lui che era sempre con me in ospedale e lui sì la faceva ridere. Io manco per niente, io ero quella che ad un certo punto dovevo scappare da qualche parte a piangere. Il piccolo invece aveva sempre la battuta giusta, ma al momento del volo si è sentito mancare. E io con lui. Tu invece è qui che hai preso il testimone, e come aveva detto la psicologa del reparto di oncologia, sei arrivato dove noi non avevamo la forza di arrivare.

Tu hai contattato le pompe funebri e ti sei occupato di tutto. Ma come ce l'hai fatta? Tu le hai fatto una foto e mi hai scritto che aveva in viso un'espressione di pace. Credevi questo potesse placare lo sconquasso che avevo in cuore. Ho provato almeno gratitudine, anche se non mi ha sollevata e non ti ho mai chiesto di mostrarmela. Quando, per l'ennesima volta in poche settimane,  sono riuscita a riatterrare dal lato di mondo dove avrei dovuto rimanere - e mai riusicrò davvero a perdonarmelo fino in fondo- sono corsa a ritrovare per l'ultima volta il suo viso. Non ti ho detto che non era esattamente come me l'avevi annunciato. Non ho visto quella pace che mi avevi detto ed è stato terribile. Quando mi rivedo aggrappata alla sua bara in preda alle convulsioni, provo tanta pietà per me. Tu stavi fuori solido come un pilastro e quando sono uscita mi hai abbracciato stretto, senza dirmi una parola. Non era come mi avevi detto tu, ma forse i tuoi occhi avevano visto quel che io no riuscivo a vedere.

Ma adesso basta con i pensieri tristi. Avremo tra poco di nuovo qualcosa di bello da celebrare.   Sono emozionata ed insieme inquieta. Forse anche tu sarai triste che lei non ti abbia conosciuto papà. Ma allo stesso tempo, ti auguro con tutto il cuore che questo dono prezioso ti rimetta un poco in pace con quel mondo, come è stato per me. Che rappresenti un nuovo inizio in cui perdonare tutte le difficoltà che ci hanno segnati.  Ti auguro...

E adesso che uazzap ancora tace, io non ce la faccio e vado a chiedere novelle.


18 May 2013

Critica al mammacentrismo - parte prima (o dello spazio genitoriale)


da qui



Ho scritto una cosa forte e so potrà essere usata contro di me.
Tanto Squabus è quella che lei per prima non si fida di sè come mamma, che stai pure ad ascoltare quel che dice? Eppure io non posso negarlo, è proprio così. Nella mammitudine, come nella vita tutta, la mia unica certezza è il dubbio.


15 May 2013

quando un papà fa il papà


Le riflessioni sul mammocentrismo sono rimaste un po' in sospeso, non che le abbia trascurate. Seppur nell'ombra, lavorano, si confrontano e cercano di prendere forma. Intanto oggi faccio una cosa che non va neppure troppo fuori tema e che avrei voluto fare il giorno della festa della mamma, ma poi mi sono persa via, che peccato.

Devo, assolutamente devo, imprescindibilmente, allegramente, voglio aderire ad una iniziativa bellissima promossa da Daniele di BabbOnline. E sono contenta di farlo proprio in coincidenza del suo bellissimo ultimo post:  “...io che non parto e sto a guardarti e che rimango sveglio...” . E le sue parole le voglio anche incorniciare. Perchè restare può non essere rinuncia, ma la conquista più grande.




13 May 2013

Il romanticismo, il chercheur e le sue domande (III)


Giorni mio malgrado un po' cupi. Inaspettatamente, ma in fondo anche in seguito ad una certa logica, a pensarci su. Il dolore non si può ignorare, ma allo stesso tempo l'allegria bisogna coltivarla, nevvero? Lo sa anche il chercheur che mi vede cupa e con amore si mette ad ararmi il campo tutto intorno. Viene con me nel campo dei sentimenti e punta il dito: guarda un po' là, questa forse va estirpata, è malerba. Invece va' là che bella piantina, forse un po' d'acqua....

Lui non è un uomo da gesti eclatanti, e anche le feste non esistono, non Natale, non i compleanni, figurarsi le feste delle mamme. Lui è uno che è festa tutti i giorni, oppure niente. E le attenzioni e l'affetto si toccano con mano, ogni giorno, sempre. Che è quanto di più bello, anche se bisogna immaginarsela una vita a non avere mai, ma dico mai, un pacchetto da scartare. Però di fronte a due occhi cupi un giorno di troppo, pacchetti sempre niente, però si concede a gesti straordinari.

12 May 2013

Mamma sono io

eccolo è arrivato in un soffio, maggio, portando quel che annunciava. Riesco, per fortuna, a ritagliare dei momenti tutti per me e per le mie lacrime. E certi pensieri tristi, neri come la pece. Di quella tristezza che prende a tradimento.

L'avevo trovata scritta nero su bianco tra le pagine di Nina,  quell'inquietudine che mi portavo dentro, racchiusa in poche parole: Perché adesso sono io La Mamma.

Ogni volta che il mio piccolo chiama Mamma, una piccola e perfetta voragine di felicità e dolore insieme mi si apre in cuore.

Io li vorrei fare gli auguri a tutte le mamme.
Anche alle quasi-mamme, alle non-mamme e a quelle figlie che oggi piangeranno.
Li avrei voluti lievi e soffici. Non come i miei tormenti.
Ancora non festeggio. Ancora non ce la faccio.
Guarderò altrove per un pochetto, aspetterò che passi maggio e con lui questo sottile dolore.

09 May 2013

Criptico ed impercettibile


Credevi di trovarti già oltre. 

Credevi di stare costruendo una strada che porta da qualche parte, non sai dove, ma lontano da quel senso di inadeguatezza, di solitudine e persino colpevolezza. Ma come può essere colpa tua? Così strano sentire tenerezza per te stessa. 

Poi. Poi ti capita di incrociare dei pensieri leggeri. Pensieri di qualcuno che è spaventato, comprensibilmente. Pensieri fatti di inconsapevole sufficienza, dettata da incolpevole ignoranza. Non ti riguarda, eppure quelle parole ti fissano dritto negli occhi e ti smuovono. Quella paura è così comprensibile. Mentre il dolore che si è destato alla bocca del tuo stomaco è indecifrabile. Inspiegabile. Criptico.

Semplicemente non sa, non può sapere che cosa significa.

Pensavi che la strada fosse solida. Poi. Poi all'improvviso, un senso di spossatezza e di vertigine. Non è successo apparentemente niente. Nulla si è mosso fuori. Solo, silenzioso, quel dolore allo stomaco. Come un pugno. Pedalando lasci sfogare una leggera sovrappressione. Un piccolo mancamento impercettibile.

Poi. Poi ritorni a camminare.

06 May 2013

Una storia di burnout. Ma com'è possibile bruciare in paradiso?

Nel tentativo di mettere ordine a quel ripostiglio, stavo raccontando una storia. Un post di PdC di un paio di settimane fa, mi ha fatto però sentire l'urgenza di fare una piccola deviazione, prima di tornare alla matrioska.

Io lavoravo in un posto che forse non era esattamente come quello che racconta PdC, ma mi dava lo stesso entusiasmo e meravigliosa gioia che leggo tra le righe del suo post.

Un ambiente di lavoro dove, per fare solo un esempio-anche banale- e citare una cosa che ho già scritto, vigeva la:


Ma allora come si fa a cadere in burnout quando si lavora in un ambiente così?
Sono almeno due i motivi che vedo chiari. 

Da una parte c'è che si ha così stima di un posto di lavoro così e di chi l'ha creato e mantenuto, che non si vuole deludere. Ce la si vuole meritare questa fortuna. E allora si arriva a livelli di coinvolgimento ridicolmente innaturali per meritarserla.

Dall'altra, semplicemente, non si è pronti. Quel ripostiglio continua a traboccare di difficoltà, mentre intanto, finalmente,  si ha un luogo così bello a cui dedicarsi. La cosa più naturale è tuffarsi in questo bel posto anima e corpo, nel tentativo, spesso inconsapevole, di dimenticare tutta quella confusione e quella sofferenza che ci perseguitano. Crediamo di meritare di più. E di fatto lo meritiamo anche, ma non siamo pronti. 

Ci sono cose da cui non si può fuggire.



Anche questo post appartiene alla serie che ho chiamato il ripostiglio. Per un gioco di parole: ri-post-iglio. O anche RIP-ost-IGLIO. E anche per contrasto. Se nel ripostiglio ci si ficca tutte quelle cose che non servono ora o non servono mai, qui invece voglio raccogliere le cose che vorrei sempre con me. O anche che vorrei con me in un altro modo, perchè così come sono non va bene, non mi fanno bene.

04 May 2013

NO di Carla Rueda o del *Mamma* inteso come oggetto di ricerca

E quindi, come mi avete detto, tanti, tutti i bambini alle prime armi con le parole dicono mamma a tutto e tutti...

In effetti anche il mio piccolo ha cominciato a dirlo a vanvera. Poi però questa parola ha preso ad indirizzarsi verso due entità precise, ma non in tutte le circostanze. Io resto sempre mamma, mentre papà resta per lo più papà, ma diventa mamma quando è lontano, ma in avvicinamento. Quando Pistacchio lo cerca.

La prima esclamazione al chercheur che fa capolino dalla porta al ritorno dal lavoro è Maaammaaa! O quando Pistacchio gioca e sente il chercheur tossire nell'altra stanza.  Io credo che sia a causa di un bellissimo librino. Può essere che mi sbagli e dopo tutto da quando ha cominciato a farlo, da quando ho avuto la folgorazione, da quand ho scritto la prima parte di questo post, ad ora... Pistacchio e il suo linguaggio hanno proseguito la loro evoluzione. 

Ma c'è stato un momento in cui giurerei che Pistacchio chiamava il  chercheur mamma a causa di questo libro qui. Un librino che, tra l'altro, mi sta preparando a qualcosa che è ancora più grande di me...



NO di Carla Rueda

da qui

E' la storia di un orsetto insieme alla sua mamma. Comincia a nevicare e loro camminano, camminano verso la tana dove passeranno (o dovrei dire dovrebbero passare) l'inverno.


Sono un po' tormentata: è lecito lo spoiler dei libri per bimbini? Forse no. Fermo restando che le illustrazioni sono molto belle, con un gioco di lucidi e opachi per rendere l'idea della neve che cade, e che il libro vale la pena vederlo anche per quelle...  Io il librino ve lo racconto, se non volete saperlo, saltate più giù. Altrimenti sapevatelo...










*** SPOILER ***
Mamma orsa e l'orsetto si incamminano verso la tana, lei continua a dirgli che è ora di dormire, che l'inverno sarà duro, che farà molto freddo, che cadrà molta neve e potrebbe arrivare una bufera. Invece il piccolo trova mille scuse. Che la neve gli piace un sacco, che lui ha le sue noci, che se arriva la bufera sarà persino divertente.

La mamma allora va nella tana, mentre invece l'orsetto se ne va in giro a giocare, fa un pupazzo di neve, le capriole, finchè... arriva la bufera preannunciata dalla saggia Mamma orsa. 
[ E qui Pistacchio bfuu bfuu (come fa la bufera?)...  ]
E allora l'orsetto si spaventa, ma proprio tanto,  e comincia a cercare...

Maaammaaa?

e poi a chiamare più forte

Maaammaaa!!

[ E Pistacchio chiama insieme all'orsetto, partecipe della sua sventura. Con le vocali lunghe, cantilenanti.  Con lo stesso maaaammaaa con cui chiama il chercheur che torna dal lavoro o me che torno dal supermercato. Quasi mamma fosse appunto non già la mamma in sè, ma l'entità da cercare ]

L'orsetto spaventato alla fine ritrova la mamma nella tana ad aspettarlo e le dice: Mamma ho deciso di farti compagnia, l'inverno sarà lungo, ti sentirai sola senza di me...

Si fanno tante coccole. 

E dormirono tutti felici e contenti.


Ecco però a me al primo impatto mi è venuta un po' l'orticaria sull'ultima pagina.  
Ma perchè, o tu scrittice di librini per bambini, hai fatto dire all'orsetto questa bugia? Non mi davo pace.

*** FINE SPOILER ***









Il libro infatti finisce in un modo che io ho sgranato gli occhi, poi li ho strizzati e forte ho protestato ma NO, proprio come il titolo. Ma perchè? In sostanza finisce con una menzogna. L'orsetto alla fine fa il figo e dice alla mamma una menzogna che a me pareva molto brutta. E terribile mi pareva tutto il gioco retto da un libro dalle illustrazioni bellissime e vincitore del  premio Nati per leggere 2012. Mi son cascate le braccia. Ma come? Facciamo passare ai bambini questo messaggio? Ma perchè?

Ho cercato nel web una spiegazione. Il libro ha vinto dei premi, qualcuno ne avrà parlato, a qualcuno sarà venuto il mio stesso brivido?
Un'interpretazione l'ho trovata qui:

(...) finale intelligente, in cui all’orsetto è concessa una resa con l’onore delle armi. 
Ovvero, fuor di metafora, quando un bambino, che ha tenuto il punto fino a quel momento, cede, merita che la sua non sia una resa, ma una dignitosa tregua, preludio di nuovi, e salutari, tira e molla, che, a quanto pare, non finiscono certo con l’infanzia.

Mi viene in mente quando ci si prepara per un colloquio di lavoro e quelle domande difficili. Qual'è il tuo peggior difetto? E tutti lì a cercare il difetto che invece paia un pregio.
E' quello che alla fine fa anche questo libro. Prende quel che sarebbe semplicemente una brutta cosa: la testardaggine dei bambini -e anche mentire alla fine- e guarda al rovescio della medaglia: quella dell'orsetto è tenacia, signori. 
La cosa mi ha totalmento spiazzato. 




Alla fine l'ho capito il messaggio. E ora che l'ho capito mi pare di una chiarezza disarmante. Un po' come quando si fissano quei quadri che all'apparenza sono ghirigori disordinati, ma poi salta fuori un disegno tridimensionale, nitido.
La sfida ai  propri limiti è una cosa seria, ancora più importante di una verità o una menzogna.



Questi pensieri sono dedicati all'amatissima zia Cri, che *ci* ha regalato il libro, ma non so se si aspettava tante riflessioni al riguardo.

01 May 2013

Di *mamma* qui ce n'è almeno due


Da queste parti si riflette molto sul mammocentrismo, come lo abbiamo chiamato nel post qui sotto. Ci sto pensando proprio tanto. Cioè io sono lì che sbuccio patate, per fare un esempio, ed intanto penso a quanto è mammocentrico il mondo là fuori. Tra una pensata e l'altra, cerco di acchiappare le nuvolette che mi sbuffano sul capo e di spiaccicarle sullo schermo pixelato. Prima o poi, con un po' di pazienza e speranza, diventeranno post.

Intanto, anche questa piccola storia non è poi così scollegata dal discorso...


Pistacchio, il nostro bimbo di quindici mesi, da qualche tempo ci chiama entrambi mamma. Sia me che il chercheur. Non sempre, a volte papà viene anche chiamato papà. Io, mi sembra, sono sempre mamma. La solita fortunella.

C'è comunque un po' di confusione, perchè ha anche appena imparato la sua prima parola in francese: moi (leggasi mua, tradotto: io. Vogliamo parlarne?). Se la passeggia e canticchia una canzoncina che farebbe: 
toi-toi-toi, moi-moi-moi 
toi-toi-toi, moi-moi-moi 
toi-toi-toi, moi-moi-moi 
...le loup te mangera
AAHAMM
 

e giù grasse risate. Ma il chercheur, che non sopporta i film dell'orrore e già censura i libricini che fanno -dice lui- paura, censura anche le canzoni cruente. L'ha quindi cambiata in toi-toi-toi, moi-moi-moi  ... le loup de Saint Gerard. L'AAHAMM finale però è rimasto. A casa De Chercheurs insomma vige un certo tipo di censura. Ma questa è un'altra storia.


Tornando in carreggiata, il Pistacchio di tutta la canzone canticchia solamente moi-moi-moi puntandosi il dito al petto, come da copione-canzoncina, ma il suono esce ancora fuori un po' vago, più un ma.
Poi ci sarebbe anche miao che vorrebbe dire al gattino blu nel quadro accanto al suo letto. Ma le diverse vocali non si distinguono ancora tanto bene.

Sul mamma invece ci siamo. Forte e chiaro.

Solo che spesso, come dicevo, siamo entrambi mamma. Papà è papà quando si gioca, quando è con lui. Diventa  mamma appena torna dal lavoro o quando è in un'altra stanza. Come se la parola mamma rappresentasse il genitore da cercare.

Non abbiamo ancora ben testato l'ipotesi -sto pensando come-, però se fosse vera a me pare una cosa incredibile. Non che mi faccia piacere. Io son sempre mamma, mentre il chercheur si può fregiare di ben due titoli, rosico un po'. Però la cosa mi riempie di stupore.

La folgorazione sulla situazionalità del termine mamma mi ha colpita sabato scorso mentre tornavo dal supermercato ed il Pistacchio mi ha scorto dalla finestra e ha gridato maaammmaaaa! E allora ho capito che questa associazione mentale gli viene da un librino che al momento leggiamo tutti i giorni prima della nanna. Nei giorni di riposino a casa anche più di una volta al giorno. Il libro -di cui vorrei raccontare- in realtà è per bimbi più grandi e gliel'ha regalato la zia Cri. Un librino per bimbini che mi ha spiazzata tantissimo e forse preparato a qualcosa che non mi aspettavo.


Il mio tempo però stamattina è scaduto. Il libro un'altra volta. Per ora continuo a ruminare il concetto di mammocentrismo. Intanto questa storia mi ricorda che a volte è tutta questione di definizioni...