E quindi,
come mi avete detto, tanti, tutti i bambini alle prime armi con le parole dicono mamma a tutto e tutti...
In effetti anche il mio piccolo ha cominciato a dirlo a vanvera. Poi però questa parola ha preso ad indirizzarsi verso due entità precise, ma non in tutte le circostanze. Io resto sempre mamma, mentre papà resta per lo più papà, ma diventa mamma quando è lontano, ma in avvicinamento. Quando Pistacchio lo cerca.
La prima esclamazione al chercheur che fa capolino dalla porta al ritorno dal lavoro è Maaammaaa! O quando Pistacchio gioca e sente il chercheur tossire nell'altra stanza. Io credo che sia a causa di un bellissimo librino. Può essere che mi sbagli e dopo tutto da quando ha cominciato a farlo, da quando ho avuto la folgorazione, da quand ho scritto la prima parte di questo post, ad ora... Pistacchio e il suo linguaggio hanno proseguito la loro evoluzione.
Ma c'è stato un momento in cui giurerei che Pistacchio chiamava il chercheur mamma a causa di questo libro qui. Un librino che, tra l'altro, mi sta preparando a qualcosa che è ancora più grande di me...
NO di Carla Rueda
E' la storia di un orsetto insieme alla sua mamma. Comincia a nevicare e loro camminano, camminano verso la tana dove passeranno (o dovrei dire dovrebbero passare) l'inverno.
Sono un po' tormentata: è lecito lo spoiler dei libri per bimbini? Forse no. Fermo restando che le illustrazioni sono molto belle, con un gioco di lucidi e opachi per rendere l'idea della neve che cade, e che il libro vale la pena vederlo anche per quelle... Io il librino ve lo racconto, se non volete saperlo, saltate più giù. Altrimenti sapevatelo...
*** SPOILER ***
Mamma orsa e l'orsetto si incamminano verso la tana, lei continua a dirgli che è ora di dormire, che l'inverno sarà duro, che farà molto freddo, che cadrà molta neve e potrebbe arrivare una bufera. Invece il piccolo trova mille scuse. Che la neve gli piace un sacco, che lui ha le sue noci, che se arriva la bufera sarà persino divertente.
La mamma allora va nella tana, mentre invece l'orsetto se ne va in giro a giocare, fa un pupazzo di neve, le capriole, finchè... arriva la bufera preannunciata dalla saggia Mamma orsa.
[ E qui Pistacchio bfuu bfuu (come fa la bufera?)... ]
E allora l'orsetto si spaventa, ma proprio tanto, e comincia a cercare...
Maaammaaa?
e poi a chiamare più forte
Maaammaaa!!
[ E Pistacchio chiama insieme all'orsetto, partecipe della sua
sventura. Con le vocali lunghe, cantilenanti. Con lo stesso maaaammaaa con cui chiama il
chercheur che torna dal lavoro o me che torno dal supermercato. Quasi mamma fosse appunto non già la mamma in sè, ma l'entità da cercare ]
L'orsetto spaventato alla fine ritrova la mamma nella tana ad aspettarlo e le dice: Mamma ho deciso di farti compagnia, l'inverno sarà lungo, ti sentirai sola senza di me...
Si fanno tante coccole.
E dormirono tutti felici e contenti.
Ecco però a me al primo impatto mi è venuta un po' l'orticaria sull'ultima pagina.
Ma perchè, o tu scrittice di librini per bambini, hai fatto dire all'orsetto questa bugia? Non mi davo pace.
*** FINE SPOILER ***
Il libro infatti finisce in
un modo che io ho sgranato gli occhi, poi li ho strizzati e forte ho
protestato ma NO, proprio come il titolo. Ma perchè? In sostanza finisce
con una menzogna. L'orsetto alla fine fa il figo e dice alla mamma una
menzogna che a me pareva molto brutta. E terribile mi pareva tutto il
gioco retto da un libro dalle illustrazioni bellissime e vincitore del
premio Nati per leggere 2012. Mi son cascate le braccia. Ma come? Facciamo passare ai bambini
questo messaggio? Ma perchè?
Ho cercato nel web una spiegazione. Il libro ha
vinto dei premi, qualcuno ne avrà parlato, a qualcuno sarà venuto il
mio stesso brivido?
Un'interpretazione l'ho trovata
qui:
(...) finale intelligente, in cui all’orsetto è concessa una resa con l’onore delle armi.
Ovvero,
fuor di metafora, quando un bambino, che ha tenuto il punto fino a quel
momento, cede, merita che la sua non sia una resa, ma una dignitosa
tregua, preludio di nuovi, e salutari, tira e molla, che, a quanto pare,
non finiscono certo con l’infanzia.
Mi viene in mente quando ci si prepara per un colloquio di lavoro e quelle domande difficili.
Qual'è il tuo peggior difetto? E tutti lì a cercare il difetto che
invece paia un pregio.
E' quello che alla fine fa anche questo libro. Prende quel
che sarebbe semplicemente una brutta cosa: la testardaggine dei bambini -e
anche mentire alla fine- e guarda al rovescio della medaglia: quella dell'orsetto è tenacia,
signori.
La cosa mi ha totalmento spiazzato.
Alla fine l'ho capito il messaggio. E ora che l'ho capito mi pare di una chiarezza disarmante. Un po' come quando si fissano quei quadri che all'apparenza sono ghirigori disordinati, ma poi salta fuori un disegno tridimensionale, nitido.
La sfida ai propri limiti è una cosa seria, ancora più importante di una verità o una menzogna.
Questi pensieri sono dedicati all'amatissima zia Cri, che *ci* ha regalato il
libro, ma non so se si aspettava tante riflessioni al riguardo.