20 January 2015

Siamo proprio fottuti - Parte prima

Una valigia per partire
Siamo rientrati da 12 14 giorni e siamo già alle stracozze. In realtà ci siamo resi conto che avevamo serissimo bisogno di nuove vacanze (possibilmente diverse da quelle appena trascorse) già al secondo giorno del rientro.

Sono successe molte cose bizzarre in queste vacanze, alcune molto ma molto simboliche. E si sà che io amo molto le metafore. Per esempio io ieri sabato ho disfatto la valigia delle vacanze di natale. Quelle di cui sopra, appunto, che ci hanno devastati più che riposati. No, non erano 11 giorni che aspettava, era praticamente un mese, anzi un mese preciso. Ieri sabato ho disfatto la valigia che avevo fatto a tempo di record (la migliore valigia ever and ever, tra l'altro) alla vigilia della nostra partenza precipitata e volante per andare ad assistere i due Nonni Bionici. Lei-la-nonna-bionica ancora in ospedale per un'operazione programmata, lui in preda ai giramenti di testa e le nause (poi diagnosticata quale labirintite). Resterà memorabile la scenetta di lei, tempra d'acciaio e carattere solare, che arriva al casone nella campagna in ambulanza, si apre il cancellone rosso, si apre il portellone e compare lei distesa in barella, un po' deperita, sicuramente dolorante ma sorridente e gioiosa. Mentre lui, che pure un secondo prima solleticava, strapazzava il Pistacchio cantandogli Tu me fais tourner la tête provocandogli fortissime crisi di risa. Lui, appoggiato al casone, come se altrimenti cascasse giù (il nonno, non il casone) che le dice, con voce spezzata (ma se un attimo fa cantavi a tutte corde??) Scusa se non ti vengo incontro... Ecco come si definisce una Drama Queen.


Ma torniamo alla valigia. Mi sono resa conto della piccolissima dimenticanza solo dopo un paio di giorni nei quali ho fatto per così dire la zozzona. Era il momento della prima transumanza dai nonni Bionici verso il PadreMio, prima di innumerevoli andirivieni con o senza Pistacchio, con o senza macchina, con o senza valigia. Io iniziavo a sentire l'esigenza di cambiarmi e cercavo appunto nel bagaglio rimasto in macchina in vista della transumanza, quando ho realizzato... Non sapevo se ridere o piangere. Ma siccome si sà che io ultimamente piuttosto piango e allora non nascondo che sì, ho pianto. Non ci potevo credere e allo stesso tempo ci credevo benissimo e vedevo il contrappasso malefico di quel mio No chercheur -che stai facendo su e giù casa-garage per caricare la macchina-, no la mia valigia, lo so che è bellissima per la prima volta, ma ancora non l'ho chiusa. Per favore aspetta a portarla giù. E lui ha effettivamente aspettato pazientemente che glielo chiedessi.

Eravamo nelle campane lodiigiane quando appunto, non vedendola, io gli chiesi: ma l'hai poi presa la mia valigia? Faccia del vuoto. Sua, non mia, che in un nanosecondo ho capito tutto e in uno spazietto tipo nuvoletta sulla testa avevo proiettato un ologramma raffigurante la mia bellissima  valigia abbadonata sul letto, in quel di Montepello, sola, al freddo e al gelo. Lo chiamano karma, no?

Quindi niente orecchini nuovi meravigliosi che volevo indossare, niente gonnelline frufru acquistate compulsivamente nei miei giretti per il Centre Ville ed oltre. Per inciso, io ultimamente compro solo gonnelline frufru. Sono arrivata a possedere una cifra spropositata di gonnelline frufru, è una vergogna. Altro che decluttering (un giorno dovrò dire a voce alta  capire meglio cosa penso del concetto di decluttering, ma qui oggi si sta a scherzà... e che un po' di autoironia mi assista, ce n'è un gran bisogno. Chè dire che declutter è bello e morale sicuramente, ma è facile quando si porta una taglia inferiore diciamo alla 44. Al di sopra e soprattutto per noi fisarmoniche con problemi alimentari, scusasserro, ma c'è anche qualche difficoltà a stare essenziali e a non indulgere nell' acquisto consolatorio, nel tentativo compulsivo-stile: sia mai che sta volta ci azzecco e sta roba mi stia bene a casa così come mi pare in questo dannato camerino a luce fotonica e studiatissima... Poi si per carità c'è che siamo delle quaquaraqua senza midollo che non riusciamo a tenere la dieta e tornare al peso forma e tutto quello che si vuole. Di peso forma riparliamone poi...


Per fortuna lo zaino con intimo e 15 paia di collant, quello non l'avevo dimenticato, fufiu. Ma per il resto ho indossato per quasi tre settimane gli stessi jeans lavati e asciugati sul termosifone overnight, una gonna prestatami dalla Cognata-Quarta (ossia mamma di Quarto). Dinamica del prestito: No maddai che sfiga, maddai non preoccuparti, vieni qui che qualcosa la troviamo per te nel mio guardaroba. Per esempio quella gonna che ho comprato online della mia taglia ma poi è arrivata ed era enooooorme. Quella sicuramente ti sta. Ah be certo, se è davvero così enooooooorme allora si che mi sta !!! Si infatti, la puoi anche tenere poi, io non la metto. (Poi per la cronaca era davvero enorme per lei e a me stava un incanto!). Poi mi ha prestato una maglietta e un maglioncino premaman (!). Un'altra maglietta me l'ha prestata, poi regalata, zia Susanna. Un'altra gonnellina mi è scappata di comprarla, confesso (e anche una maglietta e un maglioncino... c'erano già i saldi a quel punto...) Così ora che ho disfatto la valigia tutte le mie gonnelline frufru fanno una cifra spropositata più due.


La valigia del ritorno
Poi, una volta rientrata, per quasi due settimane io son vissuta senza aprire la valigia che mi ero preparata prima di partire. E sono state due settimane d'inferno. Anche questo mi pare molto simbolico. Tornare in partria che ormai si è fatto così faticoso. Dimenticare la valigia. Non riaprirla nemmeno al ritorno. E per un mese vivere con le risorse che non mi sono di elezione, mentre le mie preferite sono ancora in valigia. E soprattutto io mica ci penso a tirarle fuori. Tirare fuori le risorse preferite. Certo si sta parlando di due stracci, mica di metafisica, comunque... Profondo, molto profondo questo concetto.

Sarà un caso che proprio da sabato si è ricominciato a vivere? ma andiamo per ordine.

(continua... forse, come al solito...)

04 January 2015

una fine ed un inizio

ho una certa affinità per il chiudermi in bagno a recuperarmi.   A pensare, a scrivere, a ricompormi. Soprattutto a natale.

Sono chiusa in bagno, siamo nel casone dei Nonni-Bionici in lenta e allegra ripresa, Pisti è con loro di là, il chercheur cerca di dormire. E' il tre di gennaio, sono le 10 e io lotto per uscire dal mio ennesimo pozzo natalizio. Non è servito respirare preventivamente, ho comunque perso il fiato nel mentre, serve fino ad un certo punto ripetermi che, nonostante questa ricaduta, quella risalita non era un'illusione e potrò riprenderla appena recuperati i miei contorni. Dove sono i miei contorni? Quali sono? Come sono? Dove sono? Mi sono persa di nuovo.

E' sempre il finale che mi fotte. Il post-feste con le cartacce ancora per terra e i piatti da lavare e la confusione e la mancanza di sonno ed il sovraeccitamento. E il non riuscire a rilassarmi. E più cerco di rilassarmi più mi sovrasta l'angoscia... E' lì che crollo immancabilmente. Ripercorro mentalmente i giorni appena trascorsi. La SPM non ha certo aiutato, anche perchè a questo giro è stata poco pre e mi ha travolta giusto nel mentre. Un senso di fatica immane, un senso di spezzamento. Mi sento spezzata, non capisco più niente, Pisti sclerava in questa bolgia costituita, quando in formazione ridotta, di un nonno, pure di superbuonumore, una zia Susanna in fuga dai suoi fantasmi luttuosi e rifugiata da noi ed il suo ciuaua.

E poi continua la saga dei cuginetti: Prima, Secondo, Terzo (e Quarto si legga poi).  Mentre il chercheur si prende cura dei Nonni-Bionici, noi siamo tutti rinchiusi in un bilocale (la cui stanza matrimoniale, offerta molto generosamente è pur sempre del nonno patriarca e  a lui rimane, altrimenti sarebbe forse anche peggio): una squa, un nonno, una prozia ed un piccolo ciuaua di nome Golia. Si aggiungono, tutti i giorni lavorativi e a volte non, il nipotino Secondo (sempre più saggio e grande nei suoi quattro anni) e la nipotina Prima che a tratti mi guarda con aria sprezzante e dichiara "non  mi piace come si comporta". Si sta riferendo a Terzo, che è il mio e che alla soglia dei tre anni non somiglia molto a quello che avevo visto l'anno scorso in Secondo. Ma come potrebbe? In questa bolgia che già noi tre e due mezzi (uno dei quali è di specie canina) stavamo cercando i nostri spazi... I genitori di Prima e Secondo lavorano, il padre solo il pomeriggio. E infatti quell'oggi a mezzogiornomenounquarto si sono svegliati -Secondo e suo padre- e nel giro di mezzora lo ha portato qui, Prima ha dormito direttamente qui, già che c'era... E Pisti ieri ha fatto baldoria anche lui, la sua volta all'anno e non ci è abituato e lui che no, non si sveglia a mezzogiorno, alle 8 era sveglio come una lippa con 7 ore di sonno e oggi (quell'oggi lì dove l'ansia dei giorni prima si stava sempre più concretizzando) oggi deve mangiare presto e deve andare a dormire e farsi le sue 3-4 ore dei giorni di recupero. Ma arriva Secondo e si fa fatica, io faccio una gran fatica, Pisti sclera, tutti gli altri stanno un gran bene e gridano e ridono e sono nella loro normalità. Io non ne posso più. Queste non sono vacanze dirò alle mie cognate quella sera a cena, dopo solo 2 ore di sonno di recupero del Pisti svegliato da casseruole tirate fuori dalla lavapiatti e messe a posto in maniera molto ma molto sonora. Poi inizierà lo sclero tra i cuginetti piccoli a cicli regolari. Poi arriveranno tutti gli altri a cena. I genitori lavoratori di Prima e Secondo. I genitori lavoratori di Quarto, insieme a lui, 19 mesi di piccolo Budda, ancora in fase angelica. L'anno scorso avevo sbagliato previsione. Non è toccato a Quarto, è ancora il turno di Terzo, il mio... ma come? Ma siamo stati fermi un giro? Forse i genitori di Quarto la scamperanno, forse i terrible two non sono per tutti, forse chi più e chi meno, vorrei bestemmiare...

E quindi quando saremo 12 persone intorno ad un tavolone, ah no 11 perchè il chercheur è esonerato, dirò alle mie cognate che sono esausta e la cognata-prima mi dirà "si ma dai è una stanchezza diversa". Sarà pure diversa ma se non ti sei ripresa delle stanchezze tue, che te ne fai di questa stanchezza diversa? Io non ne posso più, io voglio tornare a casa, ma non è che non avevo voglia di famiglia. E di amici e di stacco. Solo che questo è un logorìo.

Quello che non dirò quella sera, perchè formalizzerò solo un paio di giorni dopo è che queste due settimane di smembramento della nostra famiglia sono state la ragione forse più grande di quel senso di spezzamento e di smarrimento. Insieme alla SPM del pre e del mentre ed insieme a tutto il resto.

Chè ero fuori di me e non capivo più un cazzo e appena il chercheur ha varcato la soglia è stata come un'iniezione di valium. E' arrivato e mi ha portato la calma, saggezza e l'interpretazione delle cose che mi sfuggivano di mano. E questo effetto calmante è meraviglioso, bellissimo, forse è anche amore, ma è anche inquietante ed io non so come prenderlo.
 Mi sentivo una persona orribile chè ero riuscita a litigare persino con zia Susanna che è zia e anche santa. Però ha ragione lui, zia Susanna pure era in fuga e una fuga ed una pentola a pressione  vicine non promettono nulla di buono

E quindi litigo, non capisco più un cazzo, non so più chi sono, ma sono una persona orribile. Quando sono lì la bolgia mi manda fuori di capoccia, quando sono dai Nonni-Bionici mi manca il respiro, mi sento in trappola, in clausura, mi pervade un senso di angoscia.

E poi quell'istinto inconsapevole, irresistibile, di prendere tutto a picconate. Di distruggere tutto, di allontanare tutti, di fare il vuoto. Vorrei essere generosa e attenta ma arrivano momenti -e arrivano a tradimento- in cui sento solo puro istinto di sopravvivenza e una gran voglia di fuggire...

E meno male, meno male che zia Susanna ha rapito il nonno verso i mari del sud ed io che inizialmente c'ero rimasta male "ma come vengo su due volte l'anno e tu te ne vai proprio mentre io arrivo", poi memore delle tradizionali litigate mute mi son detta va bene, squa, prendi quello che c'è e prendilo per il verso giusto. E per 10 giorni buoni mi impegno, do' il meglio di me, respiro, sorrido. POi niente, sbrocco, la SPM si impossessa di me e non capsico più un cazzo. Suppongo che sia il cervello emotivo che mi fa brutti scherzi, lunghezze d'onda passate in un presente dove non hanno più luogo.

E quindi arriva il 31 e li sto accompagnando in aereoporto, c'è un silenzio terreo nell'abitacolo, io guardo avanti. Poi arriviamo e li saluto. Mio padre mi dice di essere dispiaciuto, ma in realtà lo percepisco sollevato. Si è saputo ricostruire un nuovo contorno e poche altre persone oltre me possono sapere quanto ne avesse bisongo. Non è solo, sta partendo con sua sorella e passerà 3 settimane con lei. Non è solo e sono contenta per lui. Però, ed è  ridicolo, io, nel profondo, proprio in fondo,  mi sento abbandonata. Alla soglia dei quarantanni, una famiglia mia e ancora sono ferma lì. Solo che questa volta mi sento io il carnefice. Come in un PadreMadre di Cremonini rovesciato "...e se son stato così lontano è stato solo per salvarmi!" Lo sta dicendo Lui a me. Mio padre. E' Lui che si deve difendere dalla mia furia distruttrice. Mi è chiaro e lampante. Quante altre volte è stato così? Forse sempre. Non sono (solo) vittima, sono (anche) carnefice. Ho orrore di me stessa.

Riparto. Guido e singhiozzo forte come una bambina. Ho quattro anni o poco più, sono quella bamboccia.  Sono ancora quella bamboccia. Sono di nuovo quella bamboccia. E nessuno si sta prendendo cura di lei. E' stata appena abbandonata all'aereoporto a guidare una macchina enorme. Mi concentro per separarmi da lei ed abbracciarla. Ci sono io adesso con te, non sei più sola. Piange ed è inconsolabile. Rientro a casa di mio padre dove mi aspetta la mia vera famiglia. Stringo forte il chercheur e sto ancora singhiozzando: anche io sono la tua famiglia. Ho paura di perdermi del tutto. Vengo raccolta col cucchiaino, come diceva Lei. Dal mio chercheur, forse un po' sorpreso, anche a lui parevo più solida a questo giro, mi sa. Sarò mai veramente solida tornando qui? 

Poi un capodanno lastminute molto bello, con due amici atavici e la loro terza preziosa presenza in potenza... i fuochi di mezzanotte sul pratone, le chiacchiere, il vino lassativo. L'insonnia del primo dell'anno, resto sola mentre loro tornano dai Nonni-Bionici in uno degli ultimi va e vieni. Metto ordine dentro e fuori. Mi concentro sugli elementi di quella risalita, faccio silenzio, mentre ascolto Janis. Chiedo scusa, anche se le mie scuse sembrano passare inosservate, recepite, ma non rielaborate. Vado a correre intorno al laghetto. E' la seconda volta da quando sono qui, Santo Laghetto del Paesello, ci si corre proprio molto bene. Poi prendo la metropolitana e in una piccola meravigliosa odissea vado a trovare J. e G. neomamma e papà col loro bellissimo piccolo fagottino. Ed è un piccolo momento di meraviglia e calma, tutto fuori è immobile,  ci sono solo loro tre. Finalmente a sera ritorno dai Bionici e sono stremata. Il giorno successivo vengo nuovamente fagocitata dal loro casone freddo, buio e isolato, fino all'indomani quando al sorgere del sole, prima che l'incantesimo mi intrappoli nuovamente lì, raccolgo tutto, mi chiudo in bagno, aspetto che il chercheur si svegli, poi scappo, prendo il treno per il Paesello. Il mio primo treno del 2015. E un altro ancora più bello mi sta aspettando.

E' ancora il 3 gennaio e mi ritrovo nuovamente sola. Se mi concentro sulle cose positive  la solitudine mi fa molto bene, devo però fare un grosso sforzo. Vado a correre di nuovo. Poi mi procuro un numerino per un altro treno. Per una bella avventura.

Mi sento ancora tutta rotta, mentre consulto orari del treno per questa fuga meravigliosa e non so se truccarmi con i colori del futuro che voglio, cercando il miglior lato di me, o se presentarmi sulla banchina con  i cocci tra le mani. Perchè il fatto che io stia comunque guardando gli orari sa di incredibile e di istinto di sopravvivenza.  Ho una voglia incredibile di conoscere, chiacchierare, dire, ascoltare, passeggiare in una  compagnia che so già bella e buona, pur non avendola mai sperimentata prima.


E adesso sono qui, ancora al buio, il sole sorgerà quando uscirò e andrò incontro a questa avventura.