Ho fatto il richiamino, sono andata a fare una passeggiata al di là della frontiera. Sono tornata in Spagna. Potrei riscrivere, di nuovo, parola per parola:
Il mio rapporto speciale con la terra di Spagna e la magia del richiamino è stato piacevolmente disturbato e "desintonizzato" dalla piacevolezza di una compagnia femminile. Comunque, tra una chiacchiera e una passeggiata sotto la pioggia, ho respirato a pieni polmoni, ho riassaporato, ho goduto, ho ricordato.
Sbarcata a Barcelona Sans, ho rivisto come in una foto - e quella foto esiste per davvero- quattro giovini diociottenni-o-poco-più, seduti per terra, addentando un bocadillo de tortilla de patata. Correva l'anno 1995. Sbarcata a Barcelona Sans ho inziato a sorridere di un sorriso radioso che mi ha accompagnata tutto il week end.
Nei corridoi della linea 3 direzione Trinitat Nova ho cominciato a sentirmi come in un video musicale. Sorridevo, ancora e ancora, guardavo la gente, la musica era perfetta. Le persone camminavano veloci. Chissà dove. Voi gente che vivete nelle metropoli... (che io poi, tra parentesi, non lo so mica se potrei vivere in una metropoli.) Però voi, voi lo sapete che vivete come in un video musicale?
Poi mi sono ri-incantata per la gentilezza delle persone per strada. Per i sorrisi, la voglia di ridere. La simpatia. La solarità. La complicità con cui il perfetto sconosciuto ti rivolge la parola di fronte una cosa buffa. Il tu dato a tutte le generazioni, da tutte le generazioni. Mi piace, ed è una cosa di un simbolismo meraviglioso. Tu sei tu, non sei lei, non sei voi. Tu sei tu ed io lo so, non me lo dimentico e proprio con te parlo.
Parlare la loro lingua è la cosa più bella che so fare. Quanto alle parole. Poi, a malincuore, è la loro lingua, non la mia. Se mi chiedo qual è il mio sogno nel cassetto, forse posso rispondermi, con ironia, che è diventare spagnola. Dentro.
Ci ripenso con grande malinconia. Io ho voluto dimenticarmelo, ma da un certo punto in avanti ho pensato che era in Spagna che dovevo vivere. Posso fare finta di niente, fischiettare, cercare di trovare la mia nicchia qui, ma quello credevo fosse il mio destino. Per quanto provi ammirazione e rispetto massimo per la Francia, i francesi e il francesismo tutto, io forse non ce la posso fare a privarmi tutta la vita di quel non so ché che amo profondamente. Visceralmente. Che per lunghi perodi mi (cerco di) dimentico (are). Ma poi faccio il richiamino e torna tutto, come ondate prorompenti su una scogliera. Passione pura.
Con un leggero magone penso che ben due volte ci siamo trovati ad un incrocio della vita in cui le indicazioni dicevano: di là Barcelona, di là cittadina medievale olandica. E 4 anni dopo: di là, magari, se ci credi, nuovamente Barcelona, ma con un futuro incerto. Di là invece Montepello pronta che ti aspetta, col futuro delineato.
Montepello fu.
Montepello fu.
Non ho dovuto neppure varcare nuovamente la frontiera per ripiombare nello sfondo quotidiano
È bastato cambiare treno a Figueras. Ancora in Spagna, ma alla frontiera. Scendo dal luccicoso trenino spagnolo e mi dirigo verso il tgv. Sulla banchina pronti ad attenderci i controllori della sncf. Occhi al biglietto, labbra grige che non sorridono, svogliatezza del rapporto umano che resta professionale e non ti guarda in faccia, che non ha bisogno di empatia. Et vous? Vous allez où?
Mi sono seduta al mio posto, il treno è partito. Non ho potuto fare a meno di notare che andava all'incontrario. Mi son ritrovata seduta rivolta alla Spagna, mentre il treno procedeva in direzione Francia. Ho ripensato ai controllori grigi sulla banchina che mi hanno chiesto. Et vous? Vous allez où? Noi? Noi, chissà, un giorno magari emigriamo di nuovo.
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