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17 May 2015

Aprile al metotrexato

post lungo e tortuoso, si salvi chi può...


Dalla cronaca, inizia dalla cronaca, se tutto il resto non viene. Chè poi non sai neppure tu cos'è il resto.



Two weeks

Non capisci se è vera questa forza che senti e che continui a ripetere a tutti quelli che ti chiedono come stai. Ti senti ancora illuminata, immagini che ci si aspetterebbe che tu fossi piegata in due dal dolore e invece no. Per niente proprio. Resti in ascolto, cerchi di vedere gli insegnamenti e le opportunità anche in questo.  Vuoi solo che i punti si rimarginino, che passi il dolore fisico per ricominciare a vivere e a prenderti cura di te stessa, perchè ferma qui non sai per quanto ancora durerà l'illuminazione. Ferma. Tu che vorresti correre o almeno nuotare. Invece ti restano soltanto la meditazione e la scrittura automatica, ma non riesci bene ad applicarti.

20 January 2015

Siamo proprio fottuti - Parte prima

Una valigia per partire
Siamo rientrati da 12 14 giorni e siamo già alle stracozze. In realtà ci siamo resi conto che avevamo serissimo bisogno di nuove vacanze (possibilmente diverse da quelle appena trascorse) già al secondo giorno del rientro.

Sono successe molte cose bizzarre in queste vacanze, alcune molto ma molto simboliche. E si sà che io amo molto le metafore. Per esempio io ieri sabato ho disfatto la valigia delle vacanze di natale. Quelle di cui sopra, appunto, che ci hanno devastati più che riposati. No, non erano 11 giorni che aspettava, era praticamente un mese, anzi un mese preciso. Ieri sabato ho disfatto la valigia che avevo fatto a tempo di record (la migliore valigia ever and ever, tra l'altro) alla vigilia della nostra partenza precipitata e volante per andare ad assistere i due Nonni Bionici. Lei-la-nonna-bionica ancora in ospedale per un'operazione programmata, lui in preda ai giramenti di testa e le nause (poi diagnosticata quale labirintite). Resterà memorabile la scenetta di lei, tempra d'acciaio e carattere solare, che arriva al casone nella campagna in ambulanza, si apre il cancellone rosso, si apre il portellone e compare lei distesa in barella, un po' deperita, sicuramente dolorante ma sorridente e gioiosa. Mentre lui, che pure un secondo prima solleticava, strapazzava il Pistacchio cantandogli Tu me fais tourner la tête provocandogli fortissime crisi di risa. Lui, appoggiato al casone, come se altrimenti cascasse giù (il nonno, non il casone) che le dice, con voce spezzata (ma se un attimo fa cantavi a tutte corde??) Scusa se non ti vengo incontro... Ecco come si definisce una Drama Queen.


Ma torniamo alla valigia. Mi sono resa conto della piccolissima dimenticanza solo dopo un paio di giorni nei quali ho fatto per così dire la zozzona. Era il momento della prima transumanza dai nonni Bionici verso il PadreMio, prima di innumerevoli andirivieni con o senza Pistacchio, con o senza macchina, con o senza valigia. Io iniziavo a sentire l'esigenza di cambiarmi e cercavo appunto nel bagaglio rimasto in macchina in vista della transumanza, quando ho realizzato... Non sapevo se ridere o piangere. Ma siccome si sà che io ultimamente piuttosto piango e allora non nascondo che sì, ho pianto. Non ci potevo credere e allo stesso tempo ci credevo benissimo e vedevo il contrappasso malefico di quel mio No chercheur -che stai facendo su e giù casa-garage per caricare la macchina-, no la mia valigia, lo so che è bellissima per la prima volta, ma ancora non l'ho chiusa. Per favore aspetta a portarla giù. E lui ha effettivamente aspettato pazientemente che glielo chiedessi.

Eravamo nelle campane lodiigiane quando appunto, non vedendola, io gli chiesi: ma l'hai poi presa la mia valigia? Faccia del vuoto. Sua, non mia, che in un nanosecondo ho capito tutto e in uno spazietto tipo nuvoletta sulla testa avevo proiettato un ologramma raffigurante la mia bellissima  valigia abbadonata sul letto, in quel di Montepello, sola, al freddo e al gelo. Lo chiamano karma, no?

Quindi niente orecchini nuovi meravigliosi che volevo indossare, niente gonnelline frufru acquistate compulsivamente nei miei giretti per il Centre Ville ed oltre. Per inciso, io ultimamente compro solo gonnelline frufru. Sono arrivata a possedere una cifra spropositata di gonnelline frufru, è una vergogna. Altro che decluttering (un giorno dovrò dire a voce alta  capire meglio cosa penso del concetto di decluttering, ma qui oggi si sta a scherzà... e che un po' di autoironia mi assista, ce n'è un gran bisogno. Chè dire che declutter è bello e morale sicuramente, ma è facile quando si porta una taglia inferiore diciamo alla 44. Al di sopra e soprattutto per noi fisarmoniche con problemi alimentari, scusasserro, ma c'è anche qualche difficoltà a stare essenziali e a non indulgere nell' acquisto consolatorio, nel tentativo compulsivo-stile: sia mai che sta volta ci azzecco e sta roba mi stia bene a casa così come mi pare in questo dannato camerino a luce fotonica e studiatissima... Poi si per carità c'è che siamo delle quaquaraqua senza midollo che non riusciamo a tenere la dieta e tornare al peso forma e tutto quello che si vuole. Di peso forma riparliamone poi...


Per fortuna lo zaino con intimo e 15 paia di collant, quello non l'avevo dimenticato, fufiu. Ma per il resto ho indossato per quasi tre settimane gli stessi jeans lavati e asciugati sul termosifone overnight, una gonna prestatami dalla Cognata-Quarta (ossia mamma di Quarto). Dinamica del prestito: No maddai che sfiga, maddai non preoccuparti, vieni qui che qualcosa la troviamo per te nel mio guardaroba. Per esempio quella gonna che ho comprato online della mia taglia ma poi è arrivata ed era enooooorme. Quella sicuramente ti sta. Ah be certo, se è davvero così enooooooorme allora si che mi sta !!! Si infatti, la puoi anche tenere poi, io non la metto. (Poi per la cronaca era davvero enorme per lei e a me stava un incanto!). Poi mi ha prestato una maglietta e un maglioncino premaman (!). Un'altra maglietta me l'ha prestata, poi regalata, zia Susanna. Un'altra gonnellina mi è scappata di comprarla, confesso (e anche una maglietta e un maglioncino... c'erano già i saldi a quel punto...) Così ora che ho disfatto la valigia tutte le mie gonnelline frufru fanno una cifra spropositata più due.


La valigia del ritorno
Poi, una volta rientrata, per quasi due settimane io son vissuta senza aprire la valigia che mi ero preparata prima di partire. E sono state due settimane d'inferno. Anche questo mi pare molto simbolico. Tornare in partria che ormai si è fatto così faticoso. Dimenticare la valigia. Non riaprirla nemmeno al ritorno. E per un mese vivere con le risorse che non mi sono di elezione, mentre le mie preferite sono ancora in valigia. E soprattutto io mica ci penso a tirarle fuori. Tirare fuori le risorse preferite. Certo si sta parlando di due stracci, mica di metafisica, comunque... Profondo, molto profondo questo concetto.

Sarà un caso che proprio da sabato si è ricominciato a vivere? ma andiamo per ordine.

(continua... forse, come al solito...)

23 August 2014

Di branco, uteri di forma bizzarra e stronzaggine

Ho aspettato tutta l'estate che mi venissero le parole...  sono arrivate che la pennichella stava finendo e non avevo neanche più batteria per tuittare due scemate.

Mi ha ispirato questo post, perchè lo capisco e parla un po' di quello che sta succedendo a me. Resto seduta a gambe incrociate davanti al mare, in attesa del buon vento. Mi dico che prima o poi arriverà, ma non ho le energie per cercarmelo.


Ho pensato tanto al concetto di branco, questa estate. Che, forse, siccome è un concetto che mi fa rabbrividire, poi è precisamente per quello che resto sola. Non sono capace di unirmi al branco e sciacallare chi ne resta fuori. E non riesco ad argomentare, ma si capisce così, spero. Il capannello di gente che gossippeggia e massacra l'assente o il debole o quello che semplicemente si fa i cazzi suoi mi da il voltastomaco. Allo stesso modo mi da la nausea l'idea di compiacere il gruppo. Però mi rendo conto che alla fine non (com)piaccio neanche me stessa.



Ho pensato che ho passato un anno a bramare relazioni. Poi  è successo, come succede sempre, che sono estremamente esigente e le persone mi deludono e allora finisco per metterci una pietra sopra. Però un cambiamento c'è stato. Stavo per fare di nuovo quella cosa terribile per cui la colpa è sempre mia, anche se allo stesso tempo sento un rancore sordo. Invece alla fine cresco, malgrado tutto, è vero che pur seduta su quella riva statica, divento anche io più saggia e più cauta e più clemente con me stessa e con gli altri. Non è colpa tua se non hai sensibilità, se mi racconti che sei incinta in quel modo e io di impulso, di cuore, gioisco con te, ma poi allontanandomi inizio a non sentirmi bene... empieza a no sentarme bien lo que escuchè - perchè è pur sempre in spagnolo che le penso le cose che ti riguardano, perchè sono sempre lì a mettermi sulla lunghezza d'onda degli altri e alla fine, in genere mi perdo, mi perdo in pensieri formulati in lingue che non sono la mia. Entonces no que no me sienta bien quell'orgoglioso: si tìa a la primera! Al primo tentativo. Tu che sai che sono ormai parecchi mesi che sono delusa e aspetto e sospiro. E mese dopo mese mi mordo le labbra col cuore che mi pizzica. Poi però ti incontro ancora e ancora a vomitarmi addosso le tue nausee e come stai male. No tia de verdad ya no puedo mas. Ad un certo punto taglio corto e prima di lasciarti brusca nel corridoio ci provo a destarti dal loop a una voce in cui ti sei cacciata: "Ti dico una cosa che forse ti farà sentire meglio: sarei grata di sopportare dieci volte queste nausee pur di essere incinta anche io..." Non ti fermi neanche un secondo a riflettere, un attimo dopo stai ancora ribattendo "No tia de verdad". E allora non ci sto ad essere il palcoscenico delle tue nausee, ti saluto e mi allontano veloce. Stai male, hai mille attenuanti e mi dispiace, ma, lo stesso, non ti voglio vedere (però conoscendomi presto sarà si di nuovo).


Poi, incredibilmente, forse perchè il male è contagioso, e l'insensibilità pure, faccio più o meno la stessa cosa con la Carmen. Le uazzappo la mia scoperta, lamentandomene esageratamente. Lei che c'ha il suo bel biglietto della lotteria in mano ed è in fila paziente, pure lei. In fondo io ho già vinto una volta (metafora orrenda, me ne rendo conto, ma tant'è) , mi sto davvero lamentando con lei? Mi sento una merda.


Quel giorni quando esco dalla clinica, dove mi hanno appena detto che ho una sola tuba funzionale, posso solo lontanamente percepire la devastazione che sarebbe non averne neanche una. Cazzo ti piangi, c'hai sempre l'altra e poi i tuoi reni sono a posto. E' un'ottima notizia questa.
L'utero è piuttosto piccolo e a forma di banana, dice la dottoressa che mi ha fatto l'isterosalpingografia facendomi un disegno. Disegna le due ovaie, l'utero a banana collegato alla sinistra, poi fa una croce sulla destra. Malformazione congenita, si chiama utero unicorne, ce l'ha una donna su quattromila, che culo eh?  Significa chances ridotte, ma pur sempre chances, vedi che infatti ti sei già riprodotta? Quindi via andare, senza troppe frigne. Come t'ho detto, avresti pure potuto aver un rene in meno, invece ce li hai tutti e due.

da qui

Nei giorni successivi sono arrabbiata e scatto come una molla per un nonnulla. A parte che le pance fioccano ovunque, paiono fiori a primavera. Ma poi, soprattutto, non ci sto dentro ad assistere muta alla stronzaggine , allora tipo che insulto una persona sull'internet. Una persona che incrocio in rete sempre sprezzante, arrogante, antipatica e che adesso se ne esce che alla fine siamo tutte stronze. Ma manco per niente, guarda. Sarà che io in questo momento sono incattivita, amara e arrabbiata ma non per questo non ho delle ragioni oggettive e sacrosante a sbroccarti in faccia, la rabbia mi fa solo da molla. Non è da me dire a qualcuno guarda che la stronza sei te cocca (il succo del discorso), però a sto giro zitta non riuscivo a starci. Pace.  Passerà. Oddio forse lei ancora neanche lo sa, ha messo la moderazione ai commenti, non ne è apparso ancora nessuno e forse mai apparirà. Pazienza. Ho litigato da sola.


Ma poi mi passa, ah se mi passa.
In realtà mi è già passata, ma per una volta che le parole mi son venute, le libero nell'aere..



01 August 2014

15 minuti di riposo

Questa cosa che inizi a fare analisi ed esami, si, ok, è per vedere quanto sei vecchia, aldilà dell'anagrafe. In che misura ragionevolmente è ragionevole sperare. Si, ok, ma alla fine è anche uno stratagemma per farti uscire di casa un mattino presto nel week end. E' il tuo J4, è sabato e tu devi andare proprio oggi. Quindi esci e Sans âme sta ancora dormendo e la boulangerie sta sfornando pains au chocolat (che dopo verrai a gustarti). Hai un po' fame e pedali piano. Poi ti dicono che ti devi sedere 15 minuti chè quell'esame inzia solo dopo 15 minuti di riposo. Metafora perfetta. Cioè tu ce l'hai già il sentore che alla fine ti diranno che tutto è perfetto e ti devi solo rilassare. Ma sià iniziano: si segga, si rilassi, la chiamiamo tra 15 minuti.


Che poi come si fa a dire ad una come te che si deve rilassare. E' assurdo
Rilassati, stai tranquilla, stai serena. 
Rilassati cazzo!!!!


Che poi, sia chiaro, non è che tu non sia abituata che le cose non vadano come le desideresti. Solo che se anche un minimo passano da te, se tu puoi dare un contributo, tu mica ce la fai a rilassarti e fare finta di niente. Lâcher prise... l'espressione magica che torna e ritorna. A te che ti sembra di non riuscire mica ad afferrarle le cose, ti dicono che devi lâcher prise. Ma se poco ci mancava e precipitavo nel vuoto.  Eh be allora lasciati precipitare, toccherai un suolo ad un certo punto e poi si vedrà. Tu pensa solo a rilassarti.


Sono lunghi 15 minuti di riposo.
Possono essere estenuanti

29 March 2014

La titolare

Bocca serrata e sottile, i cui lati puntano verso il basso. Anche lei mi ricorda mia madre, mia madre nei momenti no. La titolare solo a fotografarla, solo ad immortalare quell'espressione quasi terrorizzata, sembra schiacciata dalla vita. Le voci pettegole che si sentono fanno il resto nel dipingere intorno a lei un'aria di sofferenza e fatica. Ma è una fotografia sbiadita, vuota e ormai  irreale, probabilmente di un tempo che fu.

La titolare ha un figlio autistico e un passato di sofferenza marchiato in quella piega delle labbra, sussurrato dalle voci di corridoio.

Pare che tenda a far pesare agli altri i suoi problemi, aveva detto una voce petulante.
Certo è che ha davvero un'aria fragile ho osservato io prima di conoscerla, prima di sorprendermi delle sue battute ciniche e taglienti. Prima di rimanere sbalordita che da quella fotografia in tristezza e sofferenza saltassero fuori una fermezza e una determinazioni incredibili.

E' arrivata da noi a giugno dell'anno scorso, il giorno prima Squabus giocava a calcetto e si domandava come sarebbe stato averla come collega. In mezzo alla schiera di titolari indolenti e scansafatiche, non contenta di dove stava, lei aveva chiesto di cambiare gruppo, rischiando di macchiare, in un certo qual senso il suo cammino professionale. Poteva perdere o guadagnare tutto. E non so fino a che punto è cambiato il suo scenario interiore, non so fino a che punto vede un miglioramento nella sua vita, glielo dovrò chiedere, sono molto curiosa.

E' arrivata un po' schiva e timida, continuando a bere caffè con le persone di prima, nè dell'ex gruppo nè del nuovo. Si è guardata intorno circospetta, come tastando il terreno con attenzione prima di appoggiare il piede. Come chi si è vista sprofondare troppe volte nelle relazioni umane o come chi è irrimediabilemnte paranoico. Il dubbio è forte tutte le volte che mi dice "questo è un covo di serpi", raccontandomi tal o tal altra vicenda, come una lugubre novella 2000. Devo dire che del suo personaggio un po' mi insospettisce quel suo vedere tutto nero e cattivo, accanto all'avermi detto più di una volta che quando doveva decidere in che gruppo andare e poi decise per il nostro non sapeva che c'ero io. Lei lo sa che il suo arrivo da noi rende vana ogni mia speranza di diventare titolare. Ma chi potrebbe mai pretendere un tal riguardo verso una perfetta sconosciuta?


Ha preparato tutte le soluzioni che le servivano nella vetreria solida e luccicante, ha allineato perfettamente tutte le bottiglie sulla mensola del suo bancone. Ha messo il nastro adesivo colorato su tutte le sue cose, e come si usa ci ha scritto il suo nome, a chiare lettere: TITOLARE. Inizialmente ha scelto il nastro rosso, ma dopo qualche mese tutto è diventato verde. Una piccola insegna, anch'essa di nastro adesivo, campeggia sul suo bancone, scritta blu su fondo verde: ZONE VERTE.  Qualcuno deve averle fatto la battuta oppure lei ne ha fatto perfetta metafora, non era pronta ad affondare quel piede, poi ad un certo punto la fiducia l'ha pervasa e al semaforo è scattato il verde. Me la sono figurata intenta e concentrata a staccare tutti quei pezzetti di nastro rossi e sostituirli diligentemente con quelli verdi. Uno ad uno. La titolare è impressionantemente diligente e ordinata. Organizzata, puntuale. Bravissima.  Tutte cose che io non sarò mai a fondo o senza uno sforzo estremo.


Io - come poterlo negare? - rosico.
Rosico in un modo tutto mio, silenzioso e immobile. Incapace di volere male ad una persona così forte e sofferente. Non potrei fare del male neppure a persone che mi mostrano solo cattiveria e stolido disprezzo e che io ho preso a disprezzare a mia volta, pur con altalenanti sensi di colpa (un tal ingegner so tutto io, per esempio, ma quello è un altro ritratto e di tutt'altro calibro). 
Io davanti alla titolare resto abbagliata e anche un filo turbata.

Dal suo coraggio per esempio. O forse dovrei chiamarlo spirito di abnegazione. Dopo appena qualche mese, si è messa senza troppi teatrini a fare le cose tra le più truculente che si possano immaginare in un laboratorio di ricerca. Cose che però sono importanti e possono portare lontano nella comprensione della Scienza, con la esse maiuscola. Cose per le quali si è guadagnata il rispetto di tutti. Cose che io non riesco a dire, altro che immaginare di fare con le mie mani, o anche solo guardare con i miei occhi. Lei fragile, col suo bagaglio enorme di sofferenza marcato in viso, Lei, senza un lamento, ha preso in mano il bisturi e via.

E' lei che un giorno mi ha detto non c'è niente di peggio di un figlio malato. L'ha detto perchè io stavo alludendo ad altre possibili sofferenze, che non sono puntuali, che non hanno un prima e un dopo, che ti  entrano nell'essere fino a colonizzarlo interamente. Tanto che non sai chi sei e chissà se lo saprai mai. Scenari esistenziali e non, che non si possono dire tanto facilmente a chi non li conosce. Scenari che prima vanno smontati pezzo a pezzo e solo dopo se ne può parlare. Finchè sono così sofferenti, delicati, ci rendono delicati, fragili come cristallo. Ammiro e invidio la capità di parlare dei suoi demoni, significa che è andata oltre. L'allusione quel giorno però si è congelata tra i miei pensieri, finchè è scomparsa, volatilizzata. Delusa perchè non ci sono meglio e peggio nella sofferenza. C'è quel senso di tragedia e quella fragilità di cristallo. Il resto non conta. 
Quella stessa sera, quell'allusione volatilizzata mi si è ripresentata sulle labbra nella conversazione con un'altra persona. Mi sono tradita, poi mi sono pentita e non mi sento bene al pensiero di avere lasciato un pezzo di me vagare per menti altrui, senza la mia supervisione.

Molte persone credono -o si comportano come se credessero- che la sofferenza è solo una cosa terribile che ti succede ad un certo punto. Il fatto è che tu riesci o non riesci a fare fronte, a seconda di chi sei stato fino a quel giorno. Io resto sbalordita dall'inconsapevole arroganza di chi crede di essere forte perchè è riuscito a superare un evento difficile. La forza c'era prima, ed è un merito personale fino ad un certo punto, la tragedia certamente serve da filtro. O da palcoscenico.  

Io mi rispecchio invece in tutti coloro che sono cresciuti difettosi. Giorno dopo giorno nel difetto, fin dal principio o quasi. Che non significa che quella forza non ci sarà, un giorno, non significa affatto mollare. La forza verrà allenata, muscolo per muscolo, con fatica.
Significa però che verrà allenata in solitaria, davanti ad un pubblico che ci crede fragili punto, senza ragione. O forse per pigrizia, stupidità, insensatezza, masochismo.
Noi attori silenziosi, soli e incompresi di uno spettacolo criptico e inintellegibile.

Finchè non riusciremo a parlarne.

04 February 2014

don't leave before you leave

Il chercheur mi ha consigliato -insistentemente- di guardare questo TED talk, puntualmente mi ci addormentavo davanti e lui si spazientiva: guardalo, resisti che è importante. Ieri ce l'ho fatta e lo condivido con voi. Lo dedico soprattutto a Robin nel nido, -non perchè ci sia un qualche messaggio specifico che penso sia indirrizato a lei- ma perchè credo che siano parole interessanti. In realtà per Robin oggi volevo postare le domande dell'appraisal olandese ma non ci sono riuscita.


Potete anche ritrovare il video seguendo questo link e scegliere i sottotitoli o il doppiaggio nella lingua che preferite e anche il testo, che riporto qui sotto in inglese (il grassetto, le sottolineature e i colori sono miei), ma che potete ritrovare anche in italiano sempre seguendo il link.




29 December 2013

Toddler blues

Adoro la luce che c'è al tramonto nella cucina di mio padre.
La giornata volge al termine, la notte sta per sopraggiungere e la cucina rossa e arancione si tinge d'oro e di speranza. Sa di promesse e speranza per il futuro


Il presente, invece, ha un suono buffo che fa: Toddler blues.


Tante mamme sono state sopraffatte dal post parto, lo raccontano come un momento nero, un pozzo senza fondo. Io mi vergogno a dirlo, ma oggi mi faccio coraggio. Io non ho avuto la depressione post partum. Io ho avuto l'euforia post partum. Mi sentivo una leonessa, ero felice, centrata, allegra. Quella sensazione è durata fino al primo anno circa dopo il parto, quando ho smesso di allattare. Anzi è finita un poco prima, più o meno quando ho traslocato. Lì si è rotto l'incanto, ma ancora tenevo botta. Quando l'allattamento ha volto al termine c'è stato l'inizio della vera e propria caduta. Il pozzo l'ho visto nell'era del toddler, per così dire. Quando quello che era un baby è diventato un toddler che cammina e dice sempre e solo no. Che si sveglia presto e vuole compagnia. E all'improvviso non ama più stare da solo. E ti prende la mano e pretende che tu ti sieda vicino a lui. E che non puoi cucinare, perchè tu sei suo ostaggio, e non può esistere niente altro al di fuori di lui. La claustrofobia. Poi l'ansia improvvisa che gli è presa e al buio si paralizzava. E a letto non ci voleva andare. Erano i tempi della trincea. Dalla quale mi pare che lentamente, per molti versi, siamo usciti fuori, mi pare.  A botta di lunghe ore a giocare in camera sua insieme, a suon di baci e coccole e abbracci stretti. E canzoni. E storie sussurrate all'orecchio. In questo post-natale Pistacchio sembra finalmente di nuovo sereno, come lo ricordo. Nonostante dorma quasi ogni notte in un letto diverso dalla notte precedente. Nonostante veda tanta gente e non ci sia affatto abituato. Nonostante la sua mamma sia mica troppo troppo spensierata.


Insomma l'euforia post partum -almeno la mia- non era solo una questione fisiologica. Non era solo la biochimica della felicità e dell'allattamento. Quell'euforia là era sostenuta da una vita lieve in un paesino medievale, un lavoro bello che mi aspettava. Un nido allegro dove andare a piedi spingendo un passeggino e tornarci in bicicletta. La comodità di un paesino che lo avessero disegnato non poteva essere più vivibile.

Conciliazione.

Conciliazione non è solo una mamma, un papà, la prole, degli orari, una rete di aiuto al contorno. Concilizione sono servizi, e anche allegria. Anche una vita semplice. Con tutto ben disposto intorno che non si debbano fare i salti mortali per vivere. Che l'importante è vivere, non le attese in coda al confine tra un pezzettino di vita ed un altro.


E quindi credo che non ho avuto il baby blues anche perchè la vita nel paesino medievale era conciliante. Perchè avevo una rete intorno e ho a fianco un papà che condivide a metà la genitorialità. Perchè l'avventura è iniziata con noi al centro, senza interferenze e conflitti di interesse. Poi c'è stata anche una cosa fondamentale nella nostra prima settimana, in Olanda si chiama kraamzorg. La neomamma e il suo piccolo tornano praticamente all'istante a casa dall'ospedale. Il giorno stesso per parti senza complicazioni avvenuti prima del mezzogiorno, l'indomani per tutti gli altri casi. A noi toccarono 24 ore piene piene e abbondanti, nonostante Pisti sia nato alle 7. Dico con certezza che furono le 24 ore peggiori della mia mammitudine. Una famiglia era nata eppure ci ritrovavamo separati ed in terra straniera. Volevo tornare a casa al più presto, nonostante il terrore di quel che mi aspettava. Per fortuna ci aspettavano anche otto ore al giorno di kraamzorg: assistenza post-parto, a spese dell'assicurazione sanitaria. Che significa una persona che passa una giornata a casa della neofamiglia a fare attività di ogni sorta. Pulire, cucinare, rassettare, dare una mano nel ricevimento ospiti che è tanto di moda in Olanda fin dal primo giorno. Ma soprattutto, per i genitori alle prime armi, un corso accelerato di bimbitudine. Controlli quotidiani di neonato e neomamma. Peso, medicazioni. Spiegazioni varie. Primo bagnetto, che in Olanda fanno dal primo giorno, nonostante il moncone ombelicale sia ancora al suo posto. 


Al terzo (o quarto? non ricordo più) giorno dal parto, quando in seguito ad una piccola divergenza di vedute col chercheur scoppiai a piangere e non si trovavano più i rubinetti,  la kraamlady stava giusto per andarsene. Ricordo lei che si ferma sulla porta, con la giacca in mano, torna in dietro, afferra il libretto di istruzioni, che pareva il libretto dei compiti delle vacanze di un bambino di quinta elementare, con disegnini da compilare (quali curve del peso, temperature basali), spazi da riempire (poppate, diari giornalieri di cacche e quant altro). Apre il libretto a pagina x e mi mostra, vedi, lo dice anche qui: il terzo (o quarto?) giorno si chiama weepingday, gli ormoni cadono. Piangete tutte. Ma poi passa. 

Io non sapevo se ridere o piangere più forte. Neppure il beneficio della specialità mi si concedeva. Maledetta benedetta biochimica. Piangete tutte.


Ho scampato il baby blues grazie ad una congiunzione socio-geografico-astrale che mai più si ripeterà. Ora, pensavo, chi mi salva dal toddler blues?
Poi, il giorno di Natale ho visto la luce. Si chiama nipotino Secondo e ha 3 anni. Non vedevo l'ora che i cuginetti si riconoscessero ma allo stesso tempo avevo paura che Secondo, il nipotino pestifero mi corrompesse il dolce pargoletto che fu angelicato, già sulla via nefasta del toddlerume.


Hahahahaha
Il nipotino fu pestifero aveva 2 anni e ora ne ha 3 ed è un ometto versione mignon ragionabilissimo. Ci puoi parlare, chiedere collaborazione, spiegargli. E lui non solo capisce, ma accetta fino. Cioè lui accetta quello che gli dici e fa quello che gli stai chiedendo. Mirabile dictu. Il bimbino pestifero era Terzo a sto giro natalizio, ossia il mio. Secondo era quello coscenzioso e collaborativo. Quarto era il patato di 7 mesi che dove lo metti sta. E mia cognata preoccupata a dire quindi mi stai dicendo che l'anno prossimo tocca a noi *questo*. Sento deglutire. No perché si, ora capisco perché ti sento provata. In effetti è un filino impegnativo. Deglutisce di nuovo.


Ed io che mi dico che cazzo, in mezzo a tutto il resto, sono in un ciclone in effetti. E cazzo pazienza ci vuole. Pazienza e zen. Cazzo, cazzo cazzo. Ce la faremo. E poi che i bimbi fanno davvero del loro meglio. E noi dovremmo fare come loro. Deglutisco anche io. Il toddler blues passerà. E poi sarà la volta di un nuovo blues. E poi un altro ancora. 

Per ora mi godo questo tramonto.

La luce in fondo al Toddler blues



02 December 2013

Il marito dell'altra panchinara (e.c.)

Non si vive solo di sogni romantici, ahimè, c'é anche da portare a casa la pagnotta. E come ha solo accennato in un post che parlava di panchine, di sport, di grinta ed entusiasmo, per Squabus il futuro lavorativo non è che sia poi così roseo,  per lo meno là sul binario dove si trova. Dovrebbe scendere dal treno, tirare fuori la mappa e studiare una via di fuga. Invece se ne resta lì seduta, si impegna a fare il suo dovere quotidiano, ma per il resto, guarda fuori dal finestrino, si gode il panorama e la piacevole compagnia, aspettando che un miracolo la porti da qualche parte, anche se sa bene che così perseverando non andrà molto lontano. Ma quella del treno, comunque, è un'altra storia.

Per dire che Squabus non è l'unica panchinara, Qualche giorno fa sulle scale ne ha incrociata un'altra, con cui chiacchiera talvolta. Ha un bimbo di 18 mesi e uno di tre o quattro, è panchinara da ben più tempo e gira voce sia in gambissima. Tanto che, dovesse liberarsi un posto da titolare, andrebbe certamente prima a lei, che a Squabus.


Squabus l'ha incrociata sulle scale, mano nella mano con un biondino alto intorno al metro, ma era incerta se fosse il primo o il secondo. C'era in quei giorni uno sciopero contro la riforma degli orari scolastici (altro argomento parecchio interessante su cui prima o poi un post ci dovrebbe proprio scappare), di bimbetti se ne sono visti un po' bazzicare per l'istituto.
- Ma che bel marmocchietto! E' tuo immagino?
- Si. 
- C'è sciopero anche oggi? 
La panchinara dice che no, che suo marito aveva un impegno e quindi le ha lasciato il piccolo per un'oretta.
- Ma perchè voi niente crèche (il nido)? Niente nounou (la tata)
Dice:
- No, mio marito è homme au foyer [che sarebbe come a dire che è casalingo stay at home dad***]
- Ma per scelta o necessità?
- No no, per scelta, dice lei.
- Ah! fa Squabus

La panchinara, apparentemente, ha un'altra marcia in più. E se anche le altre sono così, Squabus è spacciata.


***Errata corrige
OK, non chiamiamolo "casalingo," che implica una durata indefinita del suo status e poi non è  nemmeno una bella parola.  Chiamiamolo stay at home dad

12 November 2013

Persìno

Se siete facilmente *impressionabili* forse non é il post che fa al caso vostro. Scrivevo queste cose intorno ad allouin, quando avevo deciso che la sacrosanta dose personale di splatter me la volevo giocare così.


Ti sei svegliata di buonumore, in larghissimo anticipo, ma quella non è una novità. Oggi però sei persìno saltata giù dal letto fischiettando mentalmente quel motivetto accattivante. A momenti ti metti a ballare... Hai fatto il caffé, lavato silenziosamente ma allegramente la cucina, passato la pezzetta in bagno. Hai caricato la lavatrice e puntato il timer all'ora giusta per poter stendere i panni appena rientrata dal lavoro. Quella fregnacciona di flylady ti spiccia casa (ecco, magari...)

Hai scritto a lungo, a tutti, su tutto. Email, post, to do list, persìno la hit del momento: la to say list. Tipo: devo assolutamente raccontare alla collega questa cosa che mi dimentico sempre...
Hai letto i tuoi blog preferiti, ridi di gusto o ti commuovi con trasporto, quando le emozioni sono forti. Empatia massima.


Quando la piccola belva ha cominciato a chiamare, hai risposto con suoni d'amore, l'hai tirato su dal letto delicatamente, lo hai riempito di baci, nonostante i mille mila decibel che ti ha diretto nell'orecchio destro. L'hai seduto accanto al microonde mentre preparavi il latte e l'hai fatto ridere con la sola imposizione del tuo sorriso. Gli uccelletti fuori cantano gioiosi, le nuvolette sono di panna, persìno i netturbini caciaroni che passano sotto casa, che di solito fucileresti seduta stante, ti fanno simpatia.

Leggi con la belvetta i librini del buongiorno, gli fai il solletico sotto il collo, sulle ginocchia, sui gomiti. Gli cambi il pannolo con una mano. Giochi un'ora insieme a lui con i lego e ne vuoi persìno ancora. Prepari la colazione per tutti, poi svegli dolcemente il tuo compagno ricordandogli che tra un poco dovresti uscire e lui darti il cambio.


Esci svolazzando, sei allegra, pimpante, energica. Chiacchieri con la collega mattiniera, le dici quanto da to say list, prendete il caffè, o meglio lei il caffé, tu una tisana, chè di energie ne hai già abbastanza in corpo, si potrebbero distillare bevande altamente energetiche dal tuo sangue, per chi ne avesse bisogno. Metti su 5 esperimenti in un sol colpo e intanto telefoni a quella compagnia perchè vorresti provare quel kit, ma non sei sicura. La tizia ti dice che sei cosi' simpatica e metti così il buonumore che ti manda subito dei campioni da provare e totalmente gratis.

Sbrighi l'intera to do list delle due settimane precedenti. Fai su e giù dalle scale 50 volte. Di solito ti domandi imprecando perché hanno messo la mega-centrifuga al primo piano e il sonicatore nel sottosuolo? Oggi invece la vedi come un'opportunità per essere sportiva e aitante. Oggi ce la fai, oggi non c'é problema.
Ti chiedono aiuto con questo e con quello, tu dici sempre si. E sorridi, non smetti di sorridere, ti brillano gli occhi. Risolvi tutti i problemi. Oggi sei la perfetta mamma del labò. Ti prendi cura di tutto e tutti e le coccole dei colleghini gentili. Persìno quel gran buzzurro del tuo capo oggi ti fa i complimenti.

Incroci il fattorino di fedex (gran pezzo di figliolo tra parentesi), attacchi bottone nel tentativo di capire una certa cosa (noiosissima questione di campioni che non devono mica viaggiare oltreoceano, eppure ogni volta arrivano scongelati). Quello oltre che gnocco si rivela persìno utile, ti da un paio di dritte, e ti sorride pure, abbastanza giulivo. Persìno.


A mezzogiorno corri dall'osteò (la giornata dello gnocco?!). Ti sei dimenticata la tessera del tram. Chiedi al conducente se è grave essere beccata senza. Quello in tutta risposta ti sbatte gli occhi. Ma che gli è preso a tutti quanti oggi? Sei così di buonumore che ti sembra sia scoppiata la pace nel mondo, l'armonia universale, la gioia cosmica.

Poi, volendo dire proprio tutto, hai perso persìno mezzo kilo. Ti senti leggera. Cinguetti. Dici e pensi cose allegre. Guardi fuori, ascolti. Aiuti le vecchine alla fermata. Sorridi a tutto e tutti. Sei come santa.


Vai a prendere il piccolo al nido e grasse risate con i maestri, con le mamme, con i bimbi. Soprattutto quel bimbino là che si chiama J ed è il compagnuccio preferito di Pisti, e tu te lo porteresti a casa, te lo mangeresti di baci. Che buon gusto ha tuo figlio!
Torni a casa e appendi i panni, fai il cambio degli armadi, metti su le pentole per la cena, per il pranzo di domani, per i pasti dei prossimi 4 giorni. Congeli tutto, poi scongeli altro, metti tutto a tavola, al centro una rosa rossa (esagerata, questa non é vera, ma ce la vedevo bene sul tavolo...).

Stasera metti a letto tu la belvetta e una volta tanto la giornata non é mica finita qui, capisci ammé.....


A ripensarci ti sembra tutto molto strano e bellissimo, non é neanche primavera. Oh no che non lo é. E' che tu, amica mia, la primavera oggi ce l'hai dentro: tu stai ovulando. Le femmine intorno a te, magari lo sanno anche. Alla lunga si ovulerà tutte insieme, almeno così vorrebbe una teoria. Secondo me è questione di sopravvivenza.


Ma la domanda impellente é, ma voi maschi, quando vedete intorno a voi una donna così, perché io non ci credo che sono l'unica a vivere queste esperienze trascendentali, ogni mese, ma voi, la guardate e pensate Beccata! tu stai ovulando! ? Oppure io vi ho appena svelato l'arcano?



Poi c'è l'altro lato della medaglia. Mi fa fatica descriverlo, tanto è l'esatto contrario. Pessimismo cosmico e fastidio. Quando tutto un disastro, ti senti brutta, grassa, triste e pure antipatica. Ma perché sei così antipatica? Ma perché le persone ti parlano??

Un brufolo sul mento, sei gonfia e per niente tronfia. Una fame atavica e pure una voglia svizzera di cioccolato. Ma anche di fuggire, essere altrove. Anche non essere proprio, persìno. Odi tutto e tutti, ma al di sopra te stessa. Sei un essere inutile, insulso e persìno maledetto.

Tu te lo dimentichi ogni mese cosa ti aspetta il successivo, in barba al calendario, ma amica, dai retta a me, tu stai solo per sanguinare. Mortacci. Al più tardi domani tu mestruererai. E tirerai un sospiro di sollievo che lèvati: ah ecco che era, vabbè ma allora ditelo. Mi iberno e ci rivediamo tra qualche giorno. Tanto tra due settimane potrò smaltire il lavoro di tutto il mese. Lo dicevo io che ci vorrebbe il part time superverticale. Oppure una vita a metà ciclo. Risolto ogni problema.


Per amor di precisione e di complicatezza questi due fenomeni chez la femme Squabùs sono calmierati ed esacerbati da altre due influenze meteorologico-astrali. Il sole/cielo-grigio e la luna. 
Se capitate vicino a Squabus il cielo grigio, la luna piena, nei dintorni un giorno di pre-mestruo... ecco scappate, che è come dire che sta per scoppiare la bomba atomica. Avvertiti. Se capitate col sole, la luna piena, ma a metà ciclo, Squabus potrebbe persìno salvarvi la vita o darle un senso, perchè è taumaturgica, magica, santa... divina proprio.


Ora su un tono leggermente più serio, lo so bene che ci sono donne che prova a dir loro: ma che c'hai le tue cose, si incazzano da morire. Odiano il clichè, non sono vulnerabili al potere dell'ormone oppure lo sono ma sono convinte che l'oggetto del contendere, discutere, etc sia sempre sacrosanto e non abbia a che vedere con la loro fase ovarica.  Nel dubbio meglio non scherzare mai con queste donne.





Invece l'eccessiva sensibilità al ciclo mestruale è una problematica reale, in inglese suona così: Premenstrual dysphoric disorder (PMDD). Può essere molto invalidante e non è la semplice sindrome mestruale di cui soffriamo tutte, o quasi.
Per esempio se la vostra più che la vita serena di una giovane donna nel fiorire dei suoi anni, vi pare più quella di Dr Jekyll e Mr Hyde, a seconda della fase in cui state, potrebbe valere la pena lavorare seriamente sul calendario e su alcuni accorgimenti.

Poi, certo, ci sono donne di cui sopra che sono esenti dal potere dell'ormone, è possibile. Oppure il potere della loro mente è più forte (che noia...) Oppure, più probabile, morirebbero piuttosto che ammettere la sua esistenza.  Come se il femminismo implicasse persìno la libertà dalla chimica, dalla biochimica e dalla fisiologia. Vero femminismo per me invece è decretare l'Hormon Power. Potere alle donne nel metà ciclo. Quelle a fine ciclo le mandiamo dove c'è da litigare. 

In effetti, le peggio cose che ha fatto nella vita, le peggio litigate, quelle che ancora ci pensa e dice ma perchè? Squabus le ha fatte in coincidenza ematico-astrale sfavorevole. Di solito implicavano un altro essere umano del segno dell'Ariete, preferibilmente di sesso maschile, come controparte nel litigio. Giusto per aggiungere un'altro elemento astrale influenzante, lo zodiaco, e perdere anche quel poco di credibilità che rimaneva, eventualmente. Chè, come dicevo, se la fase è di pre-mestruo, col cielo grigio e la luna piena, se poi siete persìno maschi e dell'Ariete, ascoltate a me: state alla larga. A meno chè non abbiate intenzione di far scatenare la quarta guerra mondiale, persìno.

14 June 2013

questo non è un give@w@y

ATTENZIONE: La situazione mi sfugge di mano. Di terzo nome facevo Ingenua. Lo scopo di questo Progetto era di invitare lettori timidi e silenti a partecipare. Faccio qui presente che non si vincerà niente di valore né di tangibile mi sa. Per partecipare non c'è alcun bisogno di entrare a far parte dei miei followers, di lasciarmi il codice fiscale etc. Partecipi chi già era di casa o i neo arrivati che si sentano di casa qui, ma per affinità.



Squa's Delurking Project

Indìco un give@w@y che non è un give@w@y.
Ci sarà un vincitore, che non sarà  veramente un vincitore, di una gara che non è veramente una gara. Per partecipare non bisogna fare niente di speciale. Come si vince non ve lo dico, vi dovete fidare di me. Ve lo dico dopo. Quando scade il give@w@yche non è un give@w@y? Non  lo so neppure io.

Anche i lurkers  possono (non)vincere: basta solo che si palesino.
Forse non tutti sanno che il delurking day di solito si celebra il 14 gennaio, io, che di secondo nome faccio Salmone e andare controcorrente m'è sempre piaciuto, lo lancio fuori fase, con 6 mesi di anticipo o di ritardo,  a piacere.
Ne parlavamo con Robin qualcuno dei suoi post fa. Tra l'altro, se volete anche voi indire un give@w@y, che non è un give@w@y, le cui regole sono misteriose, o anche no, come vi piace di più. Se volete festeggiare con me in anti-fase, il de-lurking day, io sono anche contenta.

Volevo scrivere tutt'altro stasera, ma vedere quella data lì mi ha distratta dalla mia meta.

Che cosa (non)si vince? Ci devo ancora pensare. Si accettano idee tra l'altro. Un premio speciale della giuria potrebbe anche andare a chi suggerisce il premio più bello. 
Anche le mie amichette ataviche sono ammesse a partecipare. Non si dica che non sono democratica.

Avrò davvero il tempo per tutto questo?
Questo è il grande mistero.
Ma stasera ci piace giocare e giochiamo.

06 June 2013

Critica al mammocentrismo - parte seconda (del farsi da parte)


Si, ma tu Squa che cosa pontifichi a fare? Certo è facile per te dire che sarebbe bene se le mamme non stessero al centro. Tu c'hai un compagno super presente (tecnicamente parlando un marito, ma la parola compagno mi piace di più). Ecco, appunto, è proprio qui che mi voglio. Io per prima tesso sempre le lodi del mio compagno per essere il mio socio paritario in questa avventura. Se non lo dico esplicitamente, penso costantemente quanto sono fortunata rispetto alla media di quello che vedo o sento. Sto pensando, però, che mi faccio un gran torto in questo modello di pensiero tutto gratitudine e fortuna cascata dal cielo. Ne ho abbastanza di essere sempre così avara di meriti con me stessa. Io sarò anche fortunata, ma sono anche artefice attiva di questa fortuna. Che ho assecondato, coccolato, curato come una cosa preziosa.  La materia prima c'era indubbiamente, ma poi io me lo sono voluto meritare un compagno socio paritario in azioni.


Flashback fine febbraio 2012
Il Pistacchio ha poche settimane, suo papà allo scadere della seconda è tornato a lavorare. Per me  giornate intere a casa con un fagottino ancora tutto da capire. I punti che per una serie di circostanze hanno quasi fatto infezione e non si rimarginano mai. Le difficoltà infinite con l'allattamento. Un'ora per poppata, otto volte al giorno, lo sfinimento. Le coliche delle 18 circa, ogni giorno. Dedicarsi completamente a lui. Inventarsi una giornata.
C'era poi un momento un po' magico in cui papà tornava a casa dal lavoro, ad interrompere quella solitudine. La solitudine per eccellenza, quella di una mamma sola con il primo. C'erano i biberon di mezzanotte con il latte tirato al primo mattino, quando era abbondante. C'erano i turni. Io a letto prestissimo, dopo la poppata delle 20, poi papà era on duty per preservare le mie ore di sonno, nella fascia oraria per me preziosa. E benedetta sia sempre la nostra complementarietà del sonno.

In quelle settimane iniziali la prima crisi, santa crisi e santo chercheur che gli ha saputo dare voce. Però brava pure io che ho saputo capire, senza neppure formalizzarlo a parole. Lo sto facendo adesso per la prima volta. E' stato quello il punto centrale della questione. Lì nasceva il quattromanismo, con una sorta di giuramento, di promessa, di fiducia che qualcuno sentiva dovesse essere accordata. In quelle settimane avevo ovviamente accumulato distanza conoscitiva sulla *materia Pistacchio*. Dopo due settimane di luna di latte, adesso ero io sola a passare tutta la giornata con lui e lo scarto di conoscenza cominciava a pesare.
E' febbraio 2012 e noi stiamo parlando di tettarelle da lavare o di orari, non ricordo. Forse sono particolarmente stanca o forse nervosa. Il chercheur ad un certo punto mi dice: ...io però così non sono sereno. Ho paura di te, mi sembra che per te ogni cosa che faccio con il piccolo non vada bene. E io che mi sciolgo in tenerezza. Perchè io non pensavo assolutamente in quei termini. Non lo pensavo razionalmente, non lo volevo pensare, ma probabilmente il mio atteggiamento lasciava trasparire un qualcosa tipo: io so cosa è bene per il mio piccolo, tu no, quindi fai come ti dico e punto. In queste circostanze il messaggio che arriva ad un padre spaventato e rimasto indietro è: solo io, mamma, sono in grado di occuparmene come si deve. E' poi vero che in quella fase si è abbastanza leonesse, non è vero? Guai a chi si avvicina al mio piccolo, alla larga. Ecco perchè il momento delicato con un papà che vuole occuparsi della prole è proprio questo (se non c'è volontà allora inutile che ne stiamo a parlare).

Se non aiutiamo i nostri compagni (quelli che vogliono, beninteso) a recuperare lo scarto che la natura ed i ritmi di vita, e per esempio un lavoro impegnativo, (im)pongono. Se li teniamo al di fuori, è chiaro che faranno fatica a sentirsi parte di quel meraviglioso tutto.

L'immagine che mi appare è quella di una mamma con suo figlio in braccio ed una sorta di  cerchio intorno. I padri si sentono irrimediabilmente fuori da questo cerchio, fatto di mesi di grembo materno, travaglio sulla nostra carne, tempeste ormonali, fiumi di latte. Ci guardano da fuori con sentimenti misti suppongo. Vivono spesso tutto questo anche con una sorta di senso di colpa.
Quello stesso senso di colpa ci garantirà, se lo vorremo prendere, la detenzione di un potere forse (ma solo forse) ancestrale. Lo strofinaccio power, di cui parlava in modo molto interessante Lorenza, qui.

Io credo valga la pena rompere questo incantesimo.

Allora potremmo alzare lo sguardo dal nostro piccolo attaccato al seno, prendere per mano il suo papà ed invitarlo nel cerchio.  E qualche volta magari lasciargli anche tutto lo spazio, restare un attimo in disparte a scattare una preziosa foto, anche mentale.


18 May 2013

Critica al mammacentrismo - parte prima (o dello spazio genitoriale)


da qui



Ho scritto una cosa forte e so potrà essere usata contro di me.
Tanto Squabus è quella che lei per prima non si fida di sè come mamma, che stai pure ad ascoltare quel che dice? Eppure io non posso negarlo, è proprio così. Nella mammitudine, come nella vita tutta, la mia unica certezza è il dubbio.


15 May 2013

quando un papà fa il papà


Le riflessioni sul mammocentrismo sono rimaste un po' in sospeso, non che le abbia trascurate. Seppur nell'ombra, lavorano, si confrontano e cercano di prendere forma. Intanto oggi faccio una cosa che non va neppure troppo fuori tema e che avrei voluto fare il giorno della festa della mamma, ma poi mi sono persa via, che peccato.

Devo, assolutamente devo, imprescindibilmente, allegramente, voglio aderire ad una iniziativa bellissima promossa da Daniele di BabbOnline. E sono contenta di farlo proprio in coincidenza del suo bellissimo ultimo post:  “...io che non parto e sto a guardarti e che rimango sveglio...” . E le sue parole le voglio anche incorniciare. Perchè restare può non essere rinuncia, ma la conquista più grande.




26 April 2013

Mamma a tempo pieno ?

Della serie Parole da incorniciare, per guardarle a lungo e rifletterci parecchio. Parole proprio importanti, utili, inspirational o semplicemente belle. Mentre il blog scorre via, per definizione, provo a farne istantanee che so un giorno avrò voglia di riguardare.



qualche giorno fa scriveva del lasciare il lavoro per dedicarsi a fare la mamma a tempo pieno. Cito solo la fine del post. Che è un post bellissimo che mi ha toccato un po' di corde critiche per così dire.  
Forse è vero, forse una donna che sceglie di non essere indipendente economicamente decide di mettersi nelle mani di un uomo. Il fatto, però, è che una donna, con tutti i suoi sogni, in due mani non ci sta. E allora preferisco pensare alle braccia di quest'uomo. Braccia che stringono, e accolgono, e sostengono. Senza essere proprietarie.

02 April 2013

Logi(sti)ca-mente

Vacanza finita :(

Una vacanza che ha fatto bene più all'umore che al corpo. Non è che ci siamo riposati più di tanto, non siamo riusciti neppure a fare troppe chiacchiere adulte, complice anche la presenza di bimbe nottambule. Però il Pistacchio si è sicuramente rifatto della quattordicigiorni di clausura. Ha riso e sorriso agli zii, alle bimbe e al cagnetto Iuppidù, con pura gioia. E' tornato la maschera della felicità. Noi stanchi ma felici, soprattutto per lui devo dire. Il potere della comunità sullo spirito, si diceva poc'anzi.

Domani si torna al lavoro – per me dopo 6 mesi di pausa. Ed eccomi tornata alle mie riflessioni. Sto pensando che la logistica fa tanto, credo che abbia addirittura a che fare con la felicità. E se non proprio con la felicità, con la serenità che permette di potersi godere una felicità che magari c'è ma non si estrinseca sempre come si deve.

24 March 2013

Biùtiful

Quella simpatica mattacchiona di Fede  a.k.a. Cronache Unte mi ha premiata
 
Ovviamente la ringrazio tanto, troppo buona.
Leggo le sue Cronache Unte fin da quando erano altamente digeribili e scritte da Cincinnati, ai tempi scriveva pure Messiah also known as: il Pucciu! Esilaranti i loro battibecchi! Poi è passata tanta acqua sotto i ponti, 452 traslochi ed espatri ciascuna, e soprattutto sono arrivati la Squatter e il Pistacchio. A pochissimi giorni di distanza, anche se lei in ritardo, lui in anticipo. Ho già cercato di fidanzarli, programmaticamente, ma con una mamma femminista lotta dura la mia. 

 
Fede! Mi hai fatto un bello scherzetto, io me ne vado in panico in queste cose. Vabbè dai, prendo un'aria casual e mi appresto a seguire le regole del gioco.



19 March 2013

Genitori a quattro mani


Caro Pistacchio,

devi sapere che genitori a quattro mani lo siamo stati fin dal primo giorno. 

Fin dall'affacciarsi delle due lineette. I tempi erano così duri che sentivamo di doverlo dire alle persone più vicine, anche se era davvero troppo presto. Come dire, se non ci riusciamo noi, aiutateci voi a difenderci da  tutta quella sofferenza, capitata esattamente insieme alla gioia più grande. Così, per proteggerti, abbiamo annunciato subitissimo che eravamo incinti.
Eravamo così indissolubilmente incinti che siamo andati insieme mano nella mano a praticamente ogni visita ed ecografia. Ci tenevamo per mano e ci commuovevamo a sentire il tuo cuore.

Genitori a quattro mani perchè lo siamo spesso letteralmente. Per tutte quelle volte che ci troviamo in  tre sul fasciatoio... sembrerà assurdo a chi non pratica il parenting a quattro mani, ma fin dalle tue prime settimane abbiamo trovato molto meno faticoso cambiarti insieme tutte le volte che era possibile, piuttosto che cambiarti da soli la metà delle volte. Non significa che non ne siamo ed eravamo perfettamente capaci individualmente. Solo che a quattro mani è più facile... e anche bello.  Si chiama effetto cooperativo e non è una nostra scoperta.

16 March 2013

Mamma che lavora a tempo pieno. Ma chi io? (Gulp)

Un post che vuole raccontare una situazione vissuta come discriminazione di genere.  
Impercettibile, involontaria ed inconsapevole, quindi pure in qualche modo peggiore.
Un post forse (ma forse, non so mica) un po' paranoico che spera di essere letto e commentato anche da uomini. Così per capire il livello di paranoia registrato da altri da me. Altri anche in senso di genere.


Era gennaio. Un gruppo del centro nazionale di ricerca francese mi contatta. Il curriculum fitta, le mie motivazioni giudicate molto buone, mi invitano quindi per un colloquio con il direttore del gruppo, poi un secondo coi suoi collaboratori. Il direttore mi offre il posto ed allora io avanzo la mia richiesta di un contratto all'80%. Dice che si informa, poi organizza un incontro per discuterne con quella che chiama la gestionnaire (che già suona malissimo, pòrella - n.d.Squa: sarebbe la segretaria amministrativa dell'istituto). Essendo un posto in una struttura pubblica, sapevo già che non ci sarebbe stato il minimo spazio per negoziare alcunchè a livello economico.

Ma a me più che della pecunia, interessa del mio tempo. Anche se non c'è spazio a negoziare niente altro sono comunque fermamente decisa a difendere almeno il Mamadag

14 March 2013

Elucubrazioni su 3,4,5 giorni di nido

Sottotitolo: Papadag non pervenuto e anche Mamadag minacciato
Intimamente e sinceramente disposta a volgere al nuovo, al bello, al sole... il problema è che mi sento fisicamente ed oggettivamente una ciofeca. Al momento reduce dal quinto o sesto piccolo ma invalidante malanno da quando il 2013 è tra noi. Come non bastasse, anche un maldischiena tutto nuovo, che quelli di prima si erano stufati di me ed hanno mandato il compare sconosciuto, ugualmente rompipalle, ma di diversa natura.
Intanto il tempo sta per scadere e tra due settimane o poco più mi ritroverò tra i banchi di un nuovo lavoro.


08 March 2013

Mamadag

Sottotitolo: la mia esigenza di parità

Disclaimer: le cose che racconto e i dettagli che preciso, si riferiscono al pezzettino di mondo in cui ho vissuto io: un lavoro in una università di una piccola cittadina medievale e deliziosa. Potrebbero non applicarsi ad altri contesti olandesi


Mamadag, parola olandese (e figurarsi se non si tornava all'Olanda... mi si perdonerà) che significa giorno della mamma. E' quel giorno della settimana che la maggiorparte delle mamme lavoratrici olandesi stanno a casa dal lavoro per i primi anni di vita dei loro figli. Ripeto ancora una volta che questo applica per lo meno alla realtà che ho vissuto io.