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25 September 2018

Non so cosa sarà

Faccio cose anche un po' bizzarre. Divento volitiva su cose che non mi sarei nemmeno sognata prima. Spammo persino amici, vicini e conoscenti. Poi mi passa e mi assale il senso del ridicolo (come sempre).


Qualche giorno fa ho raccontato al bimbo che quattro anni fa era seduto su quel passeggino di quel giorno. Gli ho anche mostrato la foto. E sono quasi pronta a mandarla anche a mio padre.

Vorrei avere tempo in(de)finito, per iniziare e finire una cosa da scrivere, un pensiero. Anche un pianto.
Invece l'ho iscritto a mensa solo il lunedi' e il munedi' a pranzo vado in piscina. Quindi il mio tempo é scandito in periodi di due ore, due ore e mezza massimo. Che non sono sufficienti per perdersi e ritrovarsi. Per esempio ora é giusto l'ora di andare.



E' finita da poco l'olimpiade ed é iniziato un limbo che non ho idea che forma prenderà. 
A tratti mi manca il respiro, come il cuore mancasse un battito. 
Ma adesso vado

26 August 2015

May I see her?

11 Agosto 2015, in fuga

Ti ritrovi a pensare che aveva il suo dannato senso quell'impazzimento, quel dire agli amici ritrovati da appena due giorni, pur in condizioni per nulla uguali a quelle immaginate: Scusate ma noi ce ne andiamo, non giudicateci, abbiamo bisogno di spazio e di calma e di tempo.

E quindi ci siamo ritrovati io e te davanti a quel cancello ad aspettare papà, c'era la bicicletta in affitto da andare a riportare, le chiavi di casa degli amici da lasciare nella casella della posta perchè loro erano usciti. Faceva un gran caldo, intorno a noi c'era il traffico del boulevard Grosso, ma mentre scambiavamo queste poche parole per me è come se tutto si fosse fermato.

Mamma ti ricordi nonno E?
Si che mi ricordo nonno E

E mamma ti ricordi nonna A?
Certo che mi ricordo nonna A. E tu ti ricordi nonno P?

Si
E ti ricordi nonna S?

...
No, lo so, non puoi ricordartela, non l'hai conosciuta

E perchè?
Perchè è morta prima che tu nascessi. Tu eri nella mia pancia quando è morta

E mamma, la posso vedere?
No, non la puoi "vedere" perchè non c'è più, ma se vuoi quando siamo a casa di nonno P ti faccio vedere le sue foto

E anche i video?
No, non ho video, solo foto, se vuoi vederle me lo chiedi, d'accordo?

Si

Quando è tornato papà mi ha trovata con gli occhi pieni di lacrime, ho inforcato bici e occhiali da sole, il mondo ha ricominciato girare, io pedalavo e piangevo forte. Perchè da poco sai che esiste la morte, l'hai vista disegnata come un cavallo a zampe in su nel libro dei disegni arabbiati. E già quello, prima che succedesse, non mi riusciv a figurare di come sarebbe stato. Poi è semplicemente successo, senza troppo clamore. E non sei ancora preoccupato, è presto, ma so che ad un certo punto lo sarai e ora non so immaginare come potrò aiutarti.
Adesso stiamo parlando del fatto che anche le mamme possono morire e io, che sono ancora così ferita, non credevo proprio che sarei stata capace di annunciartelo.


Dovevamo forse essere in fuga, in un quadretto così surreale siamo riusciti a parlarne, mentre ogni altra volta che io ci abbia provato mi hai zittita. Ho capito che hai bisogno che queste conversazioni avvengano mentre io sono in piedi guardando altrove, in transizione tra una cosa e l'altra, come se nulla fosse. Che era idiota immaginarsi me e te uno di fronte all'altra che ci parliamo col cuore in mano. Tu non sei così, e va benissimo.


Appena il giorno dopo di nuovo ne parlavamo, non mi ricordo più perchè e per come. Tu giocavi, io stavo lì, in piedi sulla porta.

(...)
e dov'ero io quando nonna S è morta?
Nella mia pancia

e ho sentito rumore?
rumore? [!!??] ... forse mi hai sentita piangere forte

e perchè?
Perchè ero molto triste

e perchè?
Perchè era la mia mamma ed ero triste

Il tuo papà dietro di me stava appendendo i panni e mi ha dato un piccolo e tenerissimo pizzicotto sulla chiappa destra, che mi ha dato moltissima forza. Nessuna lacrima si è affacciata all'orizzonte. Cresciamo, bimbo mio, io spero che cresciamo forti.


Non mi hai ancora chiesto le foto, ma adesso sono pronta ad aspettarti. In piedi, guardando altrove. Va bene così.

07 March 2015

Un caffè al sole con Didi

La giornata era iniziata sotto il segno che chiamerei Emotional. Arrivata in ufficio avevo trovato nella casella della posta un plico destinato a me (e per una buona volta non era "spam")! La busta era quella di TU-cittadina-medievale-olandica e conteneva la tesi di D., uno dei primi studenti di master che conobbi laggiù e che poi tornò per il dottorato (e tra qualche tempo se ne verrà nientepopòdimenochè in quel di MontePello, per mia somma e immensa gioia!!!). Le mie mani corrono in fondo al libercolo, dove c'è la parte più meravigliosamente bella e significativa: i ringraziamenti. Il mio nome tra gli altri, con le parole più votate a farmi torcere le budella di nostalgia, soprattutto in questo momento. Quando arriva la colleghina dolce deve per forza vedere le gocce che cadono sulla scrivania, decide di starmi alla larga, in quel momento le sono grata. La mia giornata sarà di quelle più intense e ora ho bisogno di ricompormi. Attacco col da farsi, quel magone però è rimasto lì. La Titolare mi dice che lei mangerà presto, gli altri sono al seminario, mi chiede se voglio unirmi a lei. La sola visione della Titolare mi fa sentire come se avessi ingoiato un macigno, in questo periodo. Molta ammirazione e stima, ma la sua bravura e puntualità in questo momento di sfacelo, pur in ripresa, mi fa fisicamente male. E però fa comodo anche a me mangiare presto. Mi siedo accanto a lei a ingoiare pasta e macigni. 


Poi vado in camera oscura, ci mancava solo quello per il morale già a dura prova... per fortuna ci incrocio la nuova post-doc, quella che ha sostituito la Bella Sivigliana, che non tornerà dopo il congedo maternità, iniziato da un paio di settimane. Anche lei è spagnola, amche lei bellissima, molto più riservata e pacata. Viene da più a nord, ha gli occhi verdi e  trasparenti e parla un buonissimo italiano. Mi illumina la fatica della camera oscura dove non amo per niente rinchiudermi. Al ritorno in laboratorio sono tutti spariti ma non ci penso che sono fuori a bere il caffè, mi metto subito a valutare i risultati. Fa capolino Didi e mi dice: Gli altri saranno fuori....... l'invito è implicito ma esplicito. Vengo volentieri! Lascio là cassetta, pennarelli colorati e film: Andiamo fuori, che ci fa un gran bene. Lui col suo caffè, io con la mia bottiglietta d'acqua, chè a me il caffè è vietato, specie in giornate come questa! Arrivati al portone incrociamo gli altri cherientrano, ci diciamo dai andiamo lo stesso due minuti fuori che ci fa un gran bene... (che meraviglia questo angolino assolatissimo, nascosto e riparato dal vento che abbiamo eletto a posto del dopo-pranzo... che meraviglia!). 

Ma tu dov'eri? gli chiedo. Io ero chiusa al buio della luce rossa, ma tu perchè non eri con gli altri? Ed è lì che mi dice:
Son tornato a casa  a pranzo. Sai son dovuto uscire prima dal seminario, ho ricevuto la telefonata di un mio cugino...
E' morta mia zia.
La moglie del fratello grande di mio padre.

Oh Didi, mi dispiace...
Era molto vecchia. Aveva tra novanta e cento anni, nessuno lo sa quanti precisamente.
Tutti sono d'accordo che era una donna straordinaria.
Mi dispiace molto, immagino che tu sia molto triste.

...

la chiamavo mamma. Da noi nel mio villaggio, tutte le zie e le nonne vengono chiamate mamma e tutti gli zii e i nonni papà. La famiglia è grande. Tutti partecipano all'educazione, te l'ho già detto eh? Dico sempre le stesse cose

...

Come sono i funerali da voi?
Per una donna così anziana è una cosa incredibile. C'è una grande folla, tutti arrivano dai villagi vicini.

...

I nipoti fanno una grande festa. I figli e i nipoti (di generazione precedente) non possono

...

Vuoi dire che per i nipoti di seconda generazione si fanno celebrazioni gioiose?


Sto già piangendo. (Sto di nuovo piangendo).

No scusa... è che ..
è morta mia madre...
sento che sta per "reagire", lo blocco con un gesto della mano
è morta più di tre anni fa, ero incinta, all'inizio della gravidanza. 

...

Non riesco a parlare a questo bimbo di sua nonna, nè della morte, il solo pensiero miatterrisce...
questa cosa di fare una festa con canti e balli mi sembra una cosa meravigliosamente stupenda. 
Scusa Didi, sono un po' emotional oggi.


Facciamo per rientrare


T'as la larme facile toi!

E si, diciamo così...





E meno male che il giorno dopo, e cioè oggi, davanti al mio nuovo quaderno-libro giallo, mi fermo a pensare alla cronaca della giornata di ieri, con quell'inizio e questa triste e bella conversazione,  che poi è proseguita con la sua maestosa serie di mazzate sui denti. Con tutto il magone, i macigni, le lacrime in canna e tutto il resto. Però facendo la cronaca si spiega tutta l'intensità ed in senso di sopraffazione. Sono effettivamente molto piccola sì di fronte a tutto questo. Piccola e stupefatta.


La mattina dopo a colazione, cioè stamattina, racconto al Pistacchio (ci provo almeno) la storia della zia di Didi. Per lo meno ci provo. Per lo meno riesco a pronunciare le parole la zia di Didi è morta ieri
E non è mica poca cosa.

03 October 2014

T.S.O.

Ho notato che ultimamente l'acronimo tso è diventato molto usato.
Si usa in contesti divertenti, che per carità ci sta, mica tu puoi fare sempre la rompicoglioni, quella che insomma con certe cose si scherza mica e vattelappesca. Pesante, tu sei pesante, un quintale di leggerezza dovresti procurarti e poi parlare....


Però ecco, a dire il vero tutte le volte che leggi quell'acronimo in contesti divertenti tu ...certo che vorresti ridere, vorresti davvero abbandonarti al lato cazzaro della vita, perchè si sa che  l'esagerazione è l'origine della comicità etc etc. Però il fatto è che a te sfilano davanti agli occhi certe scene che non fanno per niente ridere. Proprio per niente.  E tutte quelle volte ti chiedi se non sia fondata quella sensazione bastarda che alla fine nessuno possa capire. E poi, in fondo, ti domandi se quelle persone che usano questo acronimo sappiano davvero cosa significa. Poi ti salva pensare che forse qualcuno che lo sa davvero lo incontri e allora ti viene da parlare anche per lui, chè se devi parlare solo per te non ce la fai mica...


Tso, per te, mica per tutti, significa che sei una bambina e vengono a prendere tua madre e la portano dove lei non vuole andare e per un tot di tempo, dipende da molti fattori, la costringono a stare in un posto dove lei non vuole stare. Tu sei bambina e non sei sicura se ha ragione tua madre e le stanno facendo una incommensurabile violenza, oppure se hanno ragione tuo padre e quella gente che è venuta a prendersela e non se la porta via mica troppo facilemente.

Questo -e molte altre cose dolorisissime- significa l'acronimo T.S.O.. Per te.

23 July 2014

Amy

Lei se ne é andata solo qualche giorno dopo.
Mi sono figurata che l'anima di Amy fosse andata in ospedale quel mattino all'alba, proprio mentre il mio aereo decollava.
Si è presentata al suo capezzale per accompagnarla di là.
Io penso che si siano trovate simpatiche.
In qualche modo lontanissimo si assomigliavano.


Da allora quando sento Amy cantare ho i brividi.




I told you, I was trouble
You know that I'm no good

20 July 2014

Irrazionalmente razionale


Mi basta tornare col pensiero all'incontro per riuscire a generare nuova energia, sentirmi viva. Più viva che nell'ultimo anno abbondante. E di questo sono grata.

Ho letto e apprezzato la commozione e persino le perplessità che avete espresso nei commenti. Sarei stata perplessa anche io. Lo sono ancora. La scenetta ha ancora dell'incredibile per me. Me la sono raccontata e raccontata ancora per sentirmi meglio. Di quel giorno che tornavo in tram dalla mediateca dove ho scelto dallo scaffale semi-casualmente un libro che, poi, mi ha toccato il cuore in questo periodo di gelo. Una sconosciuta, probabilmente seduta davanti a me fin dalla fermata dove sono salita io con Pisti, mi ha toccato il braccio e mi ha fatto una domanda. E' scesa alla fermata successiva lasciandomi basita e commossa.


Nei giorni, forse settimane, successivi in terapia è successa qualcosa che non mi aspettavo. Nonostante quell'incontro mi avesse fatto sentire vicina a Lei e grata e illuminata e toccata. E viva. Nonostante tutte queste sensazioni positive, in me è cresciuto anche un sentimento molto negativo verso mia madre (o forse giustamente liberatorio?). La rabbia. Una rabbia che più rotonda e profonda è difficile.


Sono così profondamente arrabbiata per motivi credo legittimi e per altri totalmente irrazionali. Quelli irrazionali sono sempre legati a quei pensieri idioti, me ne rendo conto, ma che non posso fare a meno di pensare. Perchè non mi hai salutata?  (Come si può essere arrabbiati per questo motivo con chi muore? Sono un'diota, ne prendo atto.) Perchè non mi hai salutato nè degnato di un pensiero in quegli ultimi giorni, tu che mi hai sempre soffocata col bisogno che avevi di me? Non si crescono i figli legandoli a sé in maniera così insana. Non è giusto. Non si lasciano i figli andare in giro per il mondo corrotti e marchiati di quel Io sarò felice solo quando tu mi telefonerai, mi penserai, tornerai da me. La rabbia che sento è inaspettata e forse sana.

Nonostante tutte le giustificazioni e attenuanti alle quali hai diritto. Nonostante tutto, io avevo diritto a qualcosa di più. Sono stufa di vivere ancora per te, di difenderti, di essere ancora incatenata. Non ne posso più. Non posso neppure prendermela più con te, non sei più tu che mi devi lasciare andare, ora dipende solo da me.

18 June 2014

Di fantasmi sorridenti e arcobaleni

Excusez moi ce tram s’arrête-il place de la comédie?
La voce era lieve, l'accento forse un po' incerto. O forse questa è stata solo suggestione. Il tuofrancese non era così buono, la pronuncia era terribile. Ma chissà? forse in questo anno e mezzo che ti porto con me hai fatto progressi?

Ho alzato lo sguardo e ricambiando il sorriso ti ho detto
Oui bien sure c'est juste le prochain arrêt
mentre lo dicevo mi sono accorta che eri tu e ho sentito i miei occhi farsi grandi.  Mi hai sorriso di nuovo sotto il cappellino di paglia blu e gli occhiali da sole, mentre io pensavo che  i cappelli di paglia ti sono sempre piaciuti e che avrei avuto una sola fermata per noi. E che anche prima avevi un paio di occhiali di quella forma. E che su quel tram eri così sorridente e pacifica ed io non ricordo di averti mai visto così.


Nel breve tragitto da Gare Sait Roch a place de la Comédie il rubinetto si era già aperto, mentre io ravanavo in borsa a cercare gli occhiali scuri. Non ho osato sbirciarti oltre ma ho scattato una raffica di foto, le ho rubate per poterti osservare in differita. Non ho pensato neanche per un attimo che riguardando le foto più tardi avrei invece dovuto constatare che mi ero sbagliata. Non ho dubitato. E questo è troppo strano, questa cosa da sola sa di miracolo. Ti ho rubato mille foto anche per poterle mostrare a qualcuno, in modo da condividere questa certezza.

E infatti poi le ho mandate per uazzap, prima al mio fratello piccolo e tenero, poi a quello grande e scettico. Poi a zia Susanna ed infine a Elle la cuginetta adorata. Al chercheur le mostrerò stasera. So già che mi abbraccerà stretta e sorriderà. Lui ci crederà. Lui in realtà non crede in niente, ma trova che tutto è sacro. Come diceva Uma Thurman in Cowgirl. Vorrei rivederlo quel film.

Io non riesco a credere in niente. Ma mentre scendevi dal tram ho accettato di lasciare ogni resistenza e crederci.  Che si, eri proprio tu.


Le stesse espressioni, lo stesso modo di tenere la borsa, la stessa maniera di girare il capo, la stessa aria smarrita, ma più sorridente, serena e pacifica.  Avrei voluto rincorrerti e dirti... Dirti cosa?
Io penso che sia arrivata l'ora di crederci. Che siccome io non riesco a sognarti tu allora ti nascondi in quella dottoressa. E poi nella titolare. E poi nelle signore che incontro per strada. E in quell'arcobaleno che è apparso quel giorno ed era così perfetto e io ero così perfettamente al centro e lui mi circondava così perfettamente in un abbraccio di colori. Uno grande e netto ed uno più piccolo e meno marcato. E' uscito persino sul giornale, ma le foto sul giornale non rendono giustizia, perchè quell'arcobaleno era per me, era mio. Si stagliava sul cielo di Sans âme e mi abbracciava.


E io ora ci credo che siccome io ogni volta mi giro dall'altra parte, pur commossa, oggi hai deciso di darmi un piccolo colpetto sul braccio e chiedermi un'informazione. Proprio oggi che nellla borsa dei libri della Biblioteca per Pistacchio sono riuscita a inserire un libro per me. Si intitola Fai bei sogni ed è dedicato a quelli che nella vita hanno perso qualcosa.




Sul tram della linea uno, quello blu con gli uccellini, una giovane donna con affianco un bimbo seduto in un passeggino, ricambiava il sorriso di un altra donna dall'aria smarrita. La donna giovane ha guardato l'altra scendere dal tram, poi protetta dai suoi occhaili scuri è scoppiat in un pianto sommesso guardando fuori dal finestrino.

Riesco solo a scrivere di te.

06 February 2014

in cantiere con una matrioska blu tra le mani

Vorrei una stanza piccola e lontana, con una scrivania e un divanetto comodo e una finestra da cui vedere la luce che arriva al mattino. Piccola perchè sembri il rifugio che sarebbe per i miei risvegli antelucani, appunto. Lontana perchè il ticchettio dei miei pensieri non svegli nessuno - e soprattutto quello piccolo che è diventato tremendamente mattiniero, anche lui. E da allora io sono ostaggio del silenzio e del buio e i miei pensieri non sono liberi di vagare. Mi manco molto.

E quindi vorrei un po' di silenzio, un po' di tempo, un po' di spazio. Vorrei un bimbo che dorme fino alle 8. Volendo sognare, sogno una finestra sul mare.


Ho fatto delle cose dannatamente importanti questo gennaio. Ora mi ci vuole la massima concentrazione e taaaaaaaanta buona volonta per continuare a posare un mattone dietro l'altro e non abbandonare il cantiere. Questo gennaio è stato carico di cose. Non mi lamenterò più di leggere e sentire quanti propositi fanno le persone, finchè sentirò  intorno a me la precisa e sana buona volontà di fare davvero succedere le cose. E l'ho sentita, sono stata tirata in mezzo ed è stato bello. Ho visto gente, ho fatto cose, sono quasi a posto per tutto l'anno a  venire, se confronto con quello passato.  

Io ho fatto uno ed un solo proposito per il 2014, nome in codice matrioska blu. L'ho tenuto per me, per una sorta di scaramanzia. Avevo immaginato di metterci questa foto accanto al proposito. L'avrei rubata e sono sicura che a Daniele non sarebbe dispiaciuto . Quando ho letto quel tweet io ho pianto, dannata fontana rotta, perchè era quello e solo quello l'augurio che bisognava farmi.


Un giorno, una settimana fa, mi sono data malata, ho scritto questo, e dell'altro che ho lasciato in un cassetto, poi ho chiuso i computer e ho fatto delle telefonate molto importanti. Ho preso i primissimi appuntamenti per cercare casa. Nella stessa giornata ho rischiato di vuotare l'ultimo scatolone dell'ultimo trasloco. Sarebbe stato un bel simbolo.

Ma, soprattutto, ho chiamato la porta potenziale per uno strato oltre della matrioska. Ho sorriso perchè la candidata-porta riceve a Sans âme, ma anche nel Centre Ville, credo che questo dettaglio mi abbia galvanizzato. Sicuro mi ha messo di buonumore. La incontrerò domani, a Sans âme, e dire che sono emozionata non è abbastanza. Ho cercato di fare mente locale e pensare da dove iniziare. Da mia madre, forse. Ma dalla sua morte o dalla sua vita? Dalla depressione bianca? Da qualche parte bisogna iniziare. E' tutta la settimana che rifletto.

Però ecco ora sta a me. Sta a me organzizzare un appraisal col mio capo. Sta a me riflettere su tutte le volte che non alzo la mano. Sta a me continuare a cercare casa ed il filo dei circoli virtuosi di cui ho molto bisogno. 

Sta a me parlare con la mia matrioska blu e non già scrivere...

nome in codice matrioska blu

04 February 2014

don't leave before you leave

Il chercheur mi ha consigliato -insistentemente- di guardare questo TED talk, puntualmente mi ci addormentavo davanti e lui si spazientiva: guardalo, resisti che è importante. Ieri ce l'ho fatta e lo condivido con voi. Lo dedico soprattutto a Robin nel nido, -non perchè ci sia un qualche messaggio specifico che penso sia indirrizato a lei- ma perchè credo che siano parole interessanti. In realtà per Robin oggi volevo postare le domande dell'appraisal olandese ma non ci sono riuscita.


Potete anche ritrovare il video seguendo questo link e scegliere i sottotitoli o il doppiaggio nella lingua che preferite e anche il testo, che riporto qui sotto in inglese (il grassetto, le sottolineature e i colori sono miei), ma che potete ritrovare anche in italiano sempre seguendo il link.




14 January 2014

sono proprio io




è me stessa che osservo mettere aposto il camion dei pompieri, il coniglietto, le pentoline. Sono io che prendo una spugna e la passo sul copridivano. Poi sbarazzo tutto, metto i piatti in lavastoviglie, pulisco il tavolo, raccolgo le briciole per terra. Mi sento spossata, stanca, ma anche distaccata, di sicuro ho addosso una faccia molto scura. 


Quella mattina sono tornata al lavoro dopo le vacanze di natale. Sono io quella che parla col medico del lavoro per la visita annuale di routine. Per me è la prima. Sono sempre io che dico che mi paiono strane tutte quelle domande evidentemente volte a capire se c'è una situazione di mobbing o esaurimento. Dico che capisco che sarebbe un conflitto di interesse, ma che io ero abituata a che certe domande le facesse lo stesso capo, in occasione di quei bei bilanci annuali, difficili da fare ma molto utili per centrarsi, guardare avanti e darsi lo slancio.


Non dico che ho avuto un periodo di burn out. No, probabilmente non faccio per niente bene, ma voglio ricominciare daccapo, non ho voglia di una ramanzina su qualcosa che capisco molto bene. Su diverse risposte al questionario sono diversamente sincera. So che non va bene, che devo risolvere certe cose, ma ritengo di potercela fare.

Sono io, proprio io quella lì seduta mentre la dottoressa mi fa le domande di routine. Operazioni, malattie importanti nella famiglia. Diabete, cancro?

Mia madre è morta di cancro ai polmoni.
Che età aveva?
64 anni
Il y a beaucoup de temps?
Il y a deux ans y quelque, dico io. La mia voce è ferma.

Lei fa una certa faccia, come allarmata e dice: ah, da poco... Dice proprio così. E poi mi fa una domanda semplice, anzi la più difficile, con la voce più empatica che si possa immaginare.
E come va? Sei riuscita a  faire le deuil ?


Mentre sto pensando che persino in francese suona meglio che in italiano, sento i rubinetti che si aprono, io sono pura spettatrice, non posso credere ai miei occhi, non posso credere all'acqua che stanno perdendo. Forse piango perchè fuori da quella stanza sembra che nessuno riesca ad immaginare... che più di due anni non sono che un soffio, che no, non sono bastati. Non ci sono ancora riuscita.


Dal punto di vista idraulico ho delle attenuanti molto valide che possano spiegare questa improvvisa sovrappressione, aldilà del fatto stesso che fa già un'ora che chiacchiero con questa  donna. E che questa donna da circa un'ora sembra in qualche modo volermi stanare. E be voilà, tana per Squabus.

Quella stessa mattina Mezzo si è svegliato presto e non ha più voluto dormire. Siamo rimasti accoccolati sul divano al buio a raccontarci le storie fino a che non ha fatto luce. C'era la copertina di lana che mia madre aveva fatto per me neonata, con questa pataccona che sarebbe una lumaca, ma senza le antenne. Mezzo mi chiede cos'è. Lo sa, ma lo vuole sentire: è una lumaca. Per la prima volta... Gli dico l'ha fatta la nonna. Lui dice nonna A.. Per la prima volta dico al Mezzo il suo nome. No l'ha fatta la nonna Sissi.  Mezzo ripete soddisfatto nonna Sissi. Gli piace il suono, nonna Sissi.
Più tardi quella mattina mando una email ad una nuova amica che per l'ennesima volta mi incrocia increspata, triste. Mi dice che le dispiace che Montepello mi metta tristezza. Quale sciocchezza più grande...  Decido di allentare il sacco e tirare fuori qualche ragione. Le dico che ho un peso privo di parole sul cuore e che quel peso si chiama mamma.


Infine, infinitamente straziante, la dottoressa ha il volto di mia madre sul letto di morte, ma nella sua versione viva, sorridente e allegra.  La somiglianza mi dilania il cuore e deve essere quello il particolare per cui, in corrispondenza di quella domanda, si aprono i rubinetti. C'è una spiegazione idraulica molto convincente.


Sono io quella che torna a casa, cammina fino alla fermata del tram, invece di prendere l'autobus, poi se ne va a casa, senza tornare al lavoro, spossata e distrutta. Quel giorno Mezzo vedrà il chercheur far capolino dalla porta al nido.

29 December 2013

Toddler blues

Adoro la luce che c'è al tramonto nella cucina di mio padre.
La giornata volge al termine, la notte sta per sopraggiungere e la cucina rossa e arancione si tinge d'oro e di speranza. Sa di promesse e speranza per il futuro


Il presente, invece, ha un suono buffo che fa: Toddler blues.


Tante mamme sono state sopraffatte dal post parto, lo raccontano come un momento nero, un pozzo senza fondo. Io mi vergogno a dirlo, ma oggi mi faccio coraggio. Io non ho avuto la depressione post partum. Io ho avuto l'euforia post partum. Mi sentivo una leonessa, ero felice, centrata, allegra. Quella sensazione è durata fino al primo anno circa dopo il parto, quando ho smesso di allattare. Anzi è finita un poco prima, più o meno quando ho traslocato. Lì si è rotto l'incanto, ma ancora tenevo botta. Quando l'allattamento ha volto al termine c'è stato l'inizio della vera e propria caduta. Il pozzo l'ho visto nell'era del toddler, per così dire. Quando quello che era un baby è diventato un toddler che cammina e dice sempre e solo no. Che si sveglia presto e vuole compagnia. E all'improvviso non ama più stare da solo. E ti prende la mano e pretende che tu ti sieda vicino a lui. E che non puoi cucinare, perchè tu sei suo ostaggio, e non può esistere niente altro al di fuori di lui. La claustrofobia. Poi l'ansia improvvisa che gli è presa e al buio si paralizzava. E a letto non ci voleva andare. Erano i tempi della trincea. Dalla quale mi pare che lentamente, per molti versi, siamo usciti fuori, mi pare.  A botta di lunghe ore a giocare in camera sua insieme, a suon di baci e coccole e abbracci stretti. E canzoni. E storie sussurrate all'orecchio. In questo post-natale Pistacchio sembra finalmente di nuovo sereno, come lo ricordo. Nonostante dorma quasi ogni notte in un letto diverso dalla notte precedente. Nonostante veda tanta gente e non ci sia affatto abituato. Nonostante la sua mamma sia mica troppo troppo spensierata.


Insomma l'euforia post partum -almeno la mia- non era solo una questione fisiologica. Non era solo la biochimica della felicità e dell'allattamento. Quell'euforia là era sostenuta da una vita lieve in un paesino medievale, un lavoro bello che mi aspettava. Un nido allegro dove andare a piedi spingendo un passeggino e tornarci in bicicletta. La comodità di un paesino che lo avessero disegnato non poteva essere più vivibile.

Conciliazione.

Conciliazione non è solo una mamma, un papà, la prole, degli orari, una rete di aiuto al contorno. Concilizione sono servizi, e anche allegria. Anche una vita semplice. Con tutto ben disposto intorno che non si debbano fare i salti mortali per vivere. Che l'importante è vivere, non le attese in coda al confine tra un pezzettino di vita ed un altro.


E quindi credo che non ho avuto il baby blues anche perchè la vita nel paesino medievale era conciliante. Perchè avevo una rete intorno e ho a fianco un papà che condivide a metà la genitorialità. Perchè l'avventura è iniziata con noi al centro, senza interferenze e conflitti di interesse. Poi c'è stata anche una cosa fondamentale nella nostra prima settimana, in Olanda si chiama kraamzorg. La neomamma e il suo piccolo tornano praticamente all'istante a casa dall'ospedale. Il giorno stesso per parti senza complicazioni avvenuti prima del mezzogiorno, l'indomani per tutti gli altri casi. A noi toccarono 24 ore piene piene e abbondanti, nonostante Pisti sia nato alle 7. Dico con certezza che furono le 24 ore peggiori della mia mammitudine. Una famiglia era nata eppure ci ritrovavamo separati ed in terra straniera. Volevo tornare a casa al più presto, nonostante il terrore di quel che mi aspettava. Per fortuna ci aspettavano anche otto ore al giorno di kraamzorg: assistenza post-parto, a spese dell'assicurazione sanitaria. Che significa una persona che passa una giornata a casa della neofamiglia a fare attività di ogni sorta. Pulire, cucinare, rassettare, dare una mano nel ricevimento ospiti che è tanto di moda in Olanda fin dal primo giorno. Ma soprattutto, per i genitori alle prime armi, un corso accelerato di bimbitudine. Controlli quotidiani di neonato e neomamma. Peso, medicazioni. Spiegazioni varie. Primo bagnetto, che in Olanda fanno dal primo giorno, nonostante il moncone ombelicale sia ancora al suo posto. 


Al terzo (o quarto? non ricordo più) giorno dal parto, quando in seguito ad una piccola divergenza di vedute col chercheur scoppiai a piangere e non si trovavano più i rubinetti,  la kraamlady stava giusto per andarsene. Ricordo lei che si ferma sulla porta, con la giacca in mano, torna in dietro, afferra il libretto di istruzioni, che pareva il libretto dei compiti delle vacanze di un bambino di quinta elementare, con disegnini da compilare (quali curve del peso, temperature basali), spazi da riempire (poppate, diari giornalieri di cacche e quant altro). Apre il libretto a pagina x e mi mostra, vedi, lo dice anche qui: il terzo (o quarto?) giorno si chiama weepingday, gli ormoni cadono. Piangete tutte. Ma poi passa. 

Io non sapevo se ridere o piangere più forte. Neppure il beneficio della specialità mi si concedeva. Maledetta benedetta biochimica. Piangete tutte.


Ho scampato il baby blues grazie ad una congiunzione socio-geografico-astrale che mai più si ripeterà. Ora, pensavo, chi mi salva dal toddler blues?
Poi, il giorno di Natale ho visto la luce. Si chiama nipotino Secondo e ha 3 anni. Non vedevo l'ora che i cuginetti si riconoscessero ma allo stesso tempo avevo paura che Secondo, il nipotino pestifero mi corrompesse il dolce pargoletto che fu angelicato, già sulla via nefasta del toddlerume.


Hahahahaha
Il nipotino fu pestifero aveva 2 anni e ora ne ha 3 ed è un ometto versione mignon ragionabilissimo. Ci puoi parlare, chiedere collaborazione, spiegargli. E lui non solo capisce, ma accetta fino. Cioè lui accetta quello che gli dici e fa quello che gli stai chiedendo. Mirabile dictu. Il bimbino pestifero era Terzo a sto giro natalizio, ossia il mio. Secondo era quello coscenzioso e collaborativo. Quarto era il patato di 7 mesi che dove lo metti sta. E mia cognata preoccupata a dire quindi mi stai dicendo che l'anno prossimo tocca a noi *questo*. Sento deglutire. No perché si, ora capisco perché ti sento provata. In effetti è un filino impegnativo. Deglutisce di nuovo.


Ed io che mi dico che cazzo, in mezzo a tutto il resto, sono in un ciclone in effetti. E cazzo pazienza ci vuole. Pazienza e zen. Cazzo, cazzo cazzo. Ce la faremo. E poi che i bimbi fanno davvero del loro meglio. E noi dovremmo fare come loro. Deglutisco anche io. Il toddler blues passerà. E poi sarà la volta di un nuovo blues. E poi un altro ancora. 

Per ora mi godo questo tramonto.

La luce in fondo al Toddler blues



24 December 2013

dedicato a chi ci prova o ci proverà

Il problema del natale è che non c'è una via di fuga credibile. 
Restare inchiodati lì dove non vuoi essere toglie il fiato.


Cioè dove vai? Cosa fai? E con chi? A natale se devi fuggire you are on your own, non c'è alternativa.
Mi ricordo una vigilia di natale in cui quel ragazzino con i capelli lunghi mi aveva promesso una telefonata. Si dai ci becchiamo, ti chiamo. Si dai che bello! Ciao.
L'ho aspettata parecchio quella chiamata salvifica, ma non è mai arrivata. Quell'anno lì però non mi sono data per vinta. Ho trovato una via di fuga solitaria che forse non era credibile, ma era parecchio coraggiosa. Mi rivedo ancora lì, al buio, le lacrime agli occhi, ma tanto orgoglio nel cuore. Cinema Maestoso in piazzale Lodi, anno cosa? 1999 forse. Quale film? Non ricordo. Ventidueanni o giù di lì e l'esigenza di fuggire via. 


Credevo di aver smesso di fuggire, ma forse non è vero. Ho passato una giornata parecchio decadente, crogiolandomi tra pensieri abbastanza tristi. Ma va bene così. Guardo comunque  in faccia al futuro. Guardo avanti. Penso che se proprio mi tocca fuggire, almeno basta coi sensi di colpa. Se deve proprio essere fuga, che sia in allegria, non con contorno di patate e flagellazioni oggettivamente inutili.
Passo in rassegna alcuni propositi, oggi. Detesto fare propositi. Perchè raramente sono affidabile. Un tempo lo ero. Ero una roccia. Se decidevo una cosa andavo fino al suo fondo, la rivoltavo come un calzino finchè non era mia.
Poi forse ho fallito un paio di cose importanti. Ed ho perso la determinazione, la forza, l'entusiasmo. 
Invece a ventanni mi sentivo dio. Un dio triste e malinconico, ma dio onnipotente.


Ci sto provando a sorridere, a scherzare, a giocare. E mi stupisco parecchio di riuscirci in parte. Stasera però voglio pensare a chi non ce la fa. Dedico un pensiero a chi oggi  non ci sta dentro. A chi non ce la fa, a chi è schiacciato dal natale, dalle sue ombre pesanti. E da tutto il resto.
Dedico un pensiero soprattutto alle anime giovani. A ventanni certe cose sono molto faticose. Però non siete soli e se anche siete soli oggi, non lo siete in potenza. Non lo sarete un giorno, se la speranza sarà abbastanza.


Di propositi non ne voglio fare. Vorrei solo riuscire a fare mente locale e ricordare cosa mi ha portato di bello quest'anno, perchè pensare solo a quello che non mi ha portato è troppo semplice ed ingiusto. Soprattutto, più che propositi, voglio farmi una promessa. Voglio stendere una rete di salvataggio e voglio vederla sempre lì sotto, a ricordarmi che non deve essere per forza così difficile. E la scelta è mia.

E' ora di riprendere in mano quella matrioska che è rimasta in brutta copia tra le mie bozze. Tra l'altro, ne ho comprata una blu al mercatino di natale. L'ho comprata perchè mi faccia da promemoria che è ora di riprendere il cammino. Non sono arrivata abbastanza lontano e da sola non ce la faccio. Ho bisogno di aiuto e chissà forse anche di un supporto.   Credevo che avrei continuato a rifiutare di doparmi per stare meglio. Non sono sicura di sapere più le ragioni di questa mia testardaggine. Non so neppure se voglio ricordarmele. Invece ho deciso che mi arrendo. Lotterò come posso, ma poi mi prometto che se va avanti così io accetterò di modificare la mia biochimica. Il natale 2013 è il natale della resa. Mi arrendo. E decido di lottare, due facce della stessa medaglia. E' il fronte della battaglia a cambiare.


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Oggi ho simbolicamente preso in mano un sudoku. Ho iniziato a risolverlo, armata di una penna, rosso natalizio. In memoria di quel natale, che a giudicare dall'ironia che ci ho messo dentro, non era andato neppure troppo male. Lei stava bene. Lui era despota come normale. Succedevano cose. Avevo 30 anni scarsi e la mente ancora fresca. Il sudoku di oggi mi ha messo di fronte ai miei neuroni invecchiati. Oggi neanche io riesco più a risolverlo senza gli appuntini.

Quel post del sudoku è uno dei post a cui tengo di più in assoluto.


E oggi lo dedico di cuore a chi fa fatica. 

buon natale,
che lo amiate o lo detestiate,
che porti qualcosa di buono...

07 December 2013

Canto sconclusionato dell'ultimo natale triste

Come va?

Va che ho l'impressione di avere sempre meno tempo, ma la voglia di scrivere è un po' tornata. 

Va che sono raffreddatissima da 2 settimane piene oramai e sono stanchissima e provata.
Va che però c'è il sole e l'aria è tiepida e vivere a Sud tira su il morale.

Va che stasera il chercheur parte e se ne va dall'altra parte del mondo per undici giorni. Non è la prima, non sarà l'ultima, e fa un effetto un po' così. Va che di questi tempi quei due sono tutti pappa e ciccia. 
Va che con Pisti, con santa pazienza,  avevamo recuperato la serenità del sonno.
Va che però poi ho fatto un paio di sciocchezze. Perchè avevo bisogno di stringere a me un bambolotto e ho finito per distrturbare quell'equilibrio, appena un attimo dopo che l'avevamo ritrovato. 
Va che penso che fino a oltre natale io ancora lo desidero quel bambolotto da abbracciare ogni mattina all'alba, che mi sta diventando troppo triste. L'alba, non il bambolotto.


Va che quindi il chercheur svolazzerà in sud america per conferenze e per una piccola vacanzina meritatissima, che spero gli faccia un gran bene.
Va che, grazie al cielo, qualche numero di telefono da comporre in caso di bisogno, di tristezza, ma anche di allegria, adesso ce l'avrei anche in rubrica.
Va che comunque viene il nonno a farmi da backup per una parte di quegli undici giorni. Va che la cosa in sè non lo so mica se si può tradursi in essere aiutata. Però dai non viene neanche solo.

Va che viene con la zia Susanna. 

Va che zia Susanna, la mia zia giovane e preferita, ha perso il marito, lo zio giovane e saggio, poco più di 5 mesi fa. 

Va che zia Susanna mi sorride per skype, per telefono e fino per whatsup chè è stata smartizzata anche lei. Mi sorride e dice cose allegre. Poi mi scrive queste email tristissime, che il cuore a leggerle ti si incrina e vorresti farti carico di almeno un pezzetto della sua disperazione. Parole di una tristezza normale e giusta e sacrosanta. Era l'amore della sua vita e io non ne ho visti molti altri così. Zia SUsanna era appena maggiorenne, quando fecero la fuitina. Se ne andò di casa, si sposarono. Nessuno della famiglia di lei andò al matrimonio. Credo che mio nonno lo vietò  Anni dopo dovette cedere ed accogliere il genero e le due nipotine in famiglia. Non poteva fare altrimenti, perchè si capiva già da allora che alla resa dei conti zia Susanna e il suo marito saggio sarebbero stati la coppia più felice tra tutti. Finchè. 

Va che zia Susanna mi scrive dicono che il tempo guarirà il mio dolore e invece mi sembra sempre peggio. Come glielo dico che 5 mesi sono niente? Che è anche probabile che il peggio deve ancora arrivare? E io neanche me lo posso immaginare cosa sia perdere l'amore così. Un amore in quel modo lì, che fai la fuitina e poi convinci tutti che hai fatto una cosa buona e giusta. 

Però so che negli ultimi due anni, ogni giorno, se mi fossi lasciata andare, avrei potuto recuperare il dolore più nudo e crudo, esattamente tale e quale al primo giorno. Solo un po' attutito, forse, come un grido sordo, ma il dolore è uguale. Preciso al primo giorno. Solo senza fiato. 
Va che a volte mi lascio andare.
Va che non avrò il coraggio di chiederle se sono riusciti a salutarsi. Che poi mi domando se questa ossessione del Saluto è solo mia.  


Va che mio padre e zia Susanna si sono appena messi in viaggio e arriveranno stasera tardi e sono molto emozionata perchè mio padre vicino a  sua sorella, la zia Susanna, è una persona migliore.
Va che dovevo fare un post a parte per zia SUsanna, che se ne merita anche cento. Invece sono in fase put-purrì. 

Va che, al di là di zia Susanna, comunque mio padre è proprio convinto sulla sua strada di redenzione. Mangia tre volte al giorno, non beve più. Davvero. Sorride spesso. Non è più nevrastenico, anzi, si affanna a cercare i regali giusti e ha persino comprato un albero di natale. Perchè dice che ormai i nipoti sono in un'età dove ha senso avere un albero di natale e tutto il resto. Questa cosa un po' mi ha commossa. Anche se mi sa tanto di scusa. E' lui che vuole recuperare il natale, per noi tutti, per sè, ed è giusto. Ora che i nipoti hanno in ordine crescente: sei mesi l'ultimo, quasi 2 anni, 3 anni, e quasi 10 anni la Prima (ovvero colei che ancora non si capacita di essere l'UnicA, chè anche l'ultimo arrivato è maschio).  Iniziamo ad essere una folta tribù. Sette adulti più quattro bambini, fa undici, una squadra di calcio, proprio come sarebbe piaciuto a Lei, che invece sta lassù negli spalti. Speriamo faccia il tifo.


Va che appena l'ho visto ho desiderato fortissimamente questo librino bellissimo per Pistacchio. E anche quell'alberello di stoffa, da appendere all'albero di natale di mio padre. E poi ai prossimi. Vorrei tanto che fosse mio. Come una bamboccia.

Va che voglio cose belle, voglio bei pensieri.

Va che sono stanca di odiare il natale

Va che, giustappunto, ho passato in rassegna la compilascion dei natali passati, quelli che ho diligentemente etichettato ioodionatale.

Il natale del 2006, in transizione tra Francia e gli USA,  ha avuto il primo ed il più bel post etichettato ioodionatale, scritto sotto il segno del sudoku. Talmente bello che nel natale del 2007, in cui tornammo in patria per le vacanze, potei solo evocarlo. Il natale del 2008 non era stato neanche male, chè, si sa, gli eventi tristi uniscono. Quell'anno lì era il primo natale che tornavamo in patria dall'Olanda. Il natale del 2009 auspicavo nuove tradizioni benefiche. Il natale del 2010 è stato il più devastante degli ultimi anni. PArtita con le migliori intenzioni e caduta vittima di esse, mandai tutto in vacca, infligendomi da sola la totale privazione delle cose di cui più avevo bisogno. Fu l'inizio della disillusione, del crollo di alcune certezze. Che in realtà non erano mai state così certe. Fu l'inizio della vita ancora più orsa. La caduta delle maschere.
Il natale 2011 non fu scritto, fu il natale del pancione grande e di quel dolore immenso nel cuore. Così profondo che non potevo permettermi di tornare 'a casa'. Venne mio padre e i suoceri e lo passammo in Olanda. Fu bello. Diverso. Il più bello. Poi, dopo natale,  per una volta noi restammo e loro partirono. E questo per un emigrato è una cosa proprio preziosa. Non dovere sempre essere quello che parte via. Non dimenticherò mai il capodanno, tutti nel Grote Markt a vedere i fuochi. Tutti che si abbracciano sorridendo. Io ed E., che quell'anno aveva perso il fratello, che ci guardiamo in lacrime e poi ci abbracciamo, in silenzio. 

Neanche il natale 2012 fu scritto. Fu il primo di mio figlio. Realizzai che attraverso di lui mi si costringeva a guardare in faccia questa cosa del natale. Mi sentii soffocare.

Va che sta arrivando il natale 2013. Nonostante tutto, io lo voglio scrivere con allegria. Voglio esorcizzare quel senso di soffocamento. Va che ci provo.


Va che, anche se forse  non centra nulla con tutto il resto, avrei anche voglia di riuscire a scrivere la fobia dell'armadio, perchè ci sono nel mezzo e vorrei affrancarmene una volta per tutte, o se non per sempre, almeno per un po', come già era successo, con un po' di aiuto.


Va che riscopro che le lacrime della rilettura di alcune cose scritte, no, non  mi fanno stare bene, ma le sento sensate. Le lacrime. E allora mi rileggo molto. E piove parecchio, quest'autunno. Poi leggo lei e mi domando quando ne sarò capace io? Ne sarò mai capace?

Va che a volte mi viene un desiderio inconsulto di aprire quella porta. Ma poi ho paura che ci sia un precipizio.


Va che, nonostante tutto, va meglio. O almeno credo.


Va che ora vorrei sapere..voi come va?

02 December 2013

Il marito dell'altra panchinara (e.c.)

Non si vive solo di sogni romantici, ahimè, c'é anche da portare a casa la pagnotta. E come ha solo accennato in un post che parlava di panchine, di sport, di grinta ed entusiasmo, per Squabus il futuro lavorativo non è che sia poi così roseo,  per lo meno là sul binario dove si trova. Dovrebbe scendere dal treno, tirare fuori la mappa e studiare una via di fuga. Invece se ne resta lì seduta, si impegna a fare il suo dovere quotidiano, ma per il resto, guarda fuori dal finestrino, si gode il panorama e la piacevole compagnia, aspettando che un miracolo la porti da qualche parte, anche se sa bene che così perseverando non andrà molto lontano. Ma quella del treno, comunque, è un'altra storia.

Per dire che Squabus non è l'unica panchinara, Qualche giorno fa sulle scale ne ha incrociata un'altra, con cui chiacchiera talvolta. Ha un bimbo di 18 mesi e uno di tre o quattro, è panchinara da ben più tempo e gira voce sia in gambissima. Tanto che, dovesse liberarsi un posto da titolare, andrebbe certamente prima a lei, che a Squabus.


Squabus l'ha incrociata sulle scale, mano nella mano con un biondino alto intorno al metro, ma era incerta se fosse il primo o il secondo. C'era in quei giorni uno sciopero contro la riforma degli orari scolastici (altro argomento parecchio interessante su cui prima o poi un post ci dovrebbe proprio scappare), di bimbetti se ne sono visti un po' bazzicare per l'istituto.
- Ma che bel marmocchietto! E' tuo immagino?
- Si. 
- C'è sciopero anche oggi? 
La panchinara dice che no, che suo marito aveva un impegno e quindi le ha lasciato il piccolo per un'oretta.
- Ma perchè voi niente crèche (il nido)? Niente nounou (la tata)
Dice:
- No, mio marito è homme au foyer [che sarebbe come a dire che è casalingo stay at home dad***]
- Ma per scelta o necessità?
- No no, per scelta, dice lei.
- Ah! fa Squabus

La panchinara, apparentemente, ha un'altra marcia in più. E se anche le altre sono così, Squabus è spacciata.


***Errata corrige
OK, non chiamiamolo "casalingo," che implica una durata indefinita del suo status e poi non è  nemmeno una bella parola.  Chiamiamolo stay at home dad

06 November 2013

Volontà

Son stata ad un funerale oggi. Un ricercatore del mio gruppo, persona fantastica mi dicono. Io l'ho solo incrociato mentre lottava. Due anni di lotta e una voglia di vivere eccezionale, non poco più di un mese... e tutto il resto, come Lei.

Io non voglio essere seppellita. Voglio essere cremata e voglio che le mie ceneri siano sparse in mare. 
Lo diceva sempre, nei momenti di allegria. Contrasto agrodolce, tinte bianco e nero, come solo Lei poteva fare.

Non ha mai specificato quale mare, ma quando il momento di pensarci é arrivato, non avevamo dubbio alcuno su quale mare dovesse essere.

E' stato il grande ad occuparsi di tutti i dettagli burocratici. Io ero decollata da Linate, ironia della sorte malvagia e cattiva, esattamente alla stessa ora in cui lei decollava da questo mondo. Uno scherzo infame. La notizia mi raggiunse all'atterraggio. In forma di sms.


La mattina dopo avevamo la visita per il tri-test, il solo stupido motivo per cui eravamo tornati in Olanda. Li faranno bene anche in Italia i tri-test. Era il momento del prelievo del sangue, da una parte mi domandavo se tutta quella tristezza potesse falsare i risultati. Se lo stato di disperazione in cui mi ritrovavo potesse avere riscontri biochimici. Dall'altra il risultato di quel test non mi importava più. Per niente. In quel momento mi sentivo protetta. Come se quel pozzo nero senza fondo potesse tenere lontana ogni altra catastrofe. Il terrore, la ricerca ossessiva di tracce di sangue, sarebbero arrivati dopo, quando quella tristezza non finiva più e mi sfiniva, mi svuotava, mi devastava.

Ma sto divagando, naufragando in ricordi, luttuosi e fecondi al tempo stesso. Che sorte beffarda. Quanto tempo aveva aspettato e sperato che le dessi quella notizia. Un sms all'atterraggio, dicevo, la mattina dopo il test . E poi via, di nuovo a prendere, l'ennesimo, fottuto, aereo.


Burocraticamente parlando, pero', le ceneri non potevano essere disperse perché le sue volontà non erano state da lei espresse in forma scritta. Ci veniva da ridere perché Lei a noi lo aveva detto, ridetto e stradetto, fino alla nausea.

Fu cremata e le sue ceneri raccolte in una cassettina orribile garbata di cui mio padre é il custode. Quindi sbagliavo, in qualche modo neanche la morte li ha separati. Lui ci ha molto tenuto a tutti i dettagli, le ha fatto quasi un altarino. A modo suo, diciamo. Poi ha cominciato a sfinirci con il "ricordino". Una cosa che non avevo ispirazione di fare, in quel momento, e che mi sono sforzata di fare. Per Lui. Sedici pagine. Scoppio a ridere a solo pensarci. Si é mai visto un ricordino di sedici pagine? L'infinito senso di colpa che si materializzai n ogni millimetro quadrato di carta stampata. Poi mi chiese quanti ne volevo stampati per i miei amici. Dissi tre: uno per M., uno per la Carmen, uno per Sonrisa che vennero a starmi vicina al funerale, in quel giorno di fine luglio. Io pero' non glielo diedi mai il ricordino. Chissà magari invece ne avrebbero avuto piacere. M. si forse. M. le voleva proprio bene e Lei semplicemente la adorava . A M. il ricordino lo devo proprio dare, sono in ritardo di solo due anni...

Il ricordino...  Una sorta di poesia che ci misi tre mesi a scrivere, le foto della sua tesi di laurea, i suoi disegni, una foto, la preghiera del marinaio, Ma soprattutto, stralci delle cose strampalate che scriveva.

La persona che mi ha insegnato

più di qualsiasi professore è mia nonna M

della quale porto anche il nome;

(...)

 è mia nonna, anche se è morta nel 1977,

perché nella mia filosofia ……

si vive sempre nel ricordo degli altri …..

ed è un credo anche questo ……

la morte non esiste.


Diceva sempre nonna M……

quando muoio io dovete vestirvi di rosso

e non mi dovete piangere,

ma «se vi sciarriati» [se litigate],

esco dalla tomba e «vi ffugu» [vi affogo].


Dopo aver sbrigato alcune pratiche, siamo partiti per quel mare. Non abbiamo parlato di lei. Non ne eravamo in grado. Ma essere su quel mare li' ci é sembrata la cosa migliore che potessimo fare.


Lui non ci ha pensato neanche un attimo ad andare contro la legge, io e gli altri due invece siamo rimasti inquieti e nervosi. Pero' in fondo lo sappiamo tutti che quella cassettina un giorno scomparirà nel nulla, forse faremo una denuncia di furto fasulla, come per non lasciare un discorso in sospeso. Spero solo che sarà facile scassinarla e commettere questo allegro reato.

Immagino che quel giorno, se lei ci potrà vedere da laggiù, ci ringrazierà e riderà forte 
Finalmente, non ne potevo più.

Vivi nel mio ricordo, ogni giorno. Ci mettero' ancora parecchio tempo a circondarlo di pensieri sereni e di allegria e ad indossare quegli abiti rossi che avresti voluto. Ma ci riusciro'. E' una promessa.

24 June 2013

Un buon non compleanno

Oggi. Proprio oggi, due anni fa.

Ci sono date che entrano sottopelle come tatuaggi invisibili.
24 giugno 2011 è uno dei miei tatù.



06 June 2013

Critica al mammocentrismo - parte seconda (del farsi da parte)


Si, ma tu Squa che cosa pontifichi a fare? Certo è facile per te dire che sarebbe bene se le mamme non stessero al centro. Tu c'hai un compagno super presente (tecnicamente parlando un marito, ma la parola compagno mi piace di più). Ecco, appunto, è proprio qui che mi voglio. Io per prima tesso sempre le lodi del mio compagno per essere il mio socio paritario in questa avventura. Se non lo dico esplicitamente, penso costantemente quanto sono fortunata rispetto alla media di quello che vedo o sento. Sto pensando, però, che mi faccio un gran torto in questo modello di pensiero tutto gratitudine e fortuna cascata dal cielo. Ne ho abbastanza di essere sempre così avara di meriti con me stessa. Io sarò anche fortunata, ma sono anche artefice attiva di questa fortuna. Che ho assecondato, coccolato, curato come una cosa preziosa.  La materia prima c'era indubbiamente, ma poi io me lo sono voluto meritare un compagno socio paritario in azioni.


Flashback fine febbraio 2012
Il Pistacchio ha poche settimane, suo papà allo scadere della seconda è tornato a lavorare. Per me  giornate intere a casa con un fagottino ancora tutto da capire. I punti che per una serie di circostanze hanno quasi fatto infezione e non si rimarginano mai. Le difficoltà infinite con l'allattamento. Un'ora per poppata, otto volte al giorno, lo sfinimento. Le coliche delle 18 circa, ogni giorno. Dedicarsi completamente a lui. Inventarsi una giornata.
C'era poi un momento un po' magico in cui papà tornava a casa dal lavoro, ad interrompere quella solitudine. La solitudine per eccellenza, quella di una mamma sola con il primo. C'erano i biberon di mezzanotte con il latte tirato al primo mattino, quando era abbondante. C'erano i turni. Io a letto prestissimo, dopo la poppata delle 20, poi papà era on duty per preservare le mie ore di sonno, nella fascia oraria per me preziosa. E benedetta sia sempre la nostra complementarietà del sonno.

In quelle settimane iniziali la prima crisi, santa crisi e santo chercheur che gli ha saputo dare voce. Però brava pure io che ho saputo capire, senza neppure formalizzarlo a parole. Lo sto facendo adesso per la prima volta. E' stato quello il punto centrale della questione. Lì nasceva il quattromanismo, con una sorta di giuramento, di promessa, di fiducia che qualcuno sentiva dovesse essere accordata. In quelle settimane avevo ovviamente accumulato distanza conoscitiva sulla *materia Pistacchio*. Dopo due settimane di luna di latte, adesso ero io sola a passare tutta la giornata con lui e lo scarto di conoscenza cominciava a pesare.
E' febbraio 2012 e noi stiamo parlando di tettarelle da lavare o di orari, non ricordo. Forse sono particolarmente stanca o forse nervosa. Il chercheur ad un certo punto mi dice: ...io però così non sono sereno. Ho paura di te, mi sembra che per te ogni cosa che faccio con il piccolo non vada bene. E io che mi sciolgo in tenerezza. Perchè io non pensavo assolutamente in quei termini. Non lo pensavo razionalmente, non lo volevo pensare, ma probabilmente il mio atteggiamento lasciava trasparire un qualcosa tipo: io so cosa è bene per il mio piccolo, tu no, quindi fai come ti dico e punto. In queste circostanze il messaggio che arriva ad un padre spaventato e rimasto indietro è: solo io, mamma, sono in grado di occuparmene come si deve. E' poi vero che in quella fase si è abbastanza leonesse, non è vero? Guai a chi si avvicina al mio piccolo, alla larga. Ecco perchè il momento delicato con un papà che vuole occuparsi della prole è proprio questo (se non c'è volontà allora inutile che ne stiamo a parlare).

Se non aiutiamo i nostri compagni (quelli che vogliono, beninteso) a recuperare lo scarto che la natura ed i ritmi di vita, e per esempio un lavoro impegnativo, (im)pongono. Se li teniamo al di fuori, è chiaro che faranno fatica a sentirsi parte di quel meraviglioso tutto.

L'immagine che mi appare è quella di una mamma con suo figlio in braccio ed una sorta di  cerchio intorno. I padri si sentono irrimediabilmente fuori da questo cerchio, fatto di mesi di grembo materno, travaglio sulla nostra carne, tempeste ormonali, fiumi di latte. Ci guardano da fuori con sentimenti misti suppongo. Vivono spesso tutto questo anche con una sorta di senso di colpa.
Quello stesso senso di colpa ci garantirà, se lo vorremo prendere, la detenzione di un potere forse (ma solo forse) ancestrale. Lo strofinaccio power, di cui parlava in modo molto interessante Lorenza, qui.

Io credo valga la pena rompere questo incantesimo.

Allora potremmo alzare lo sguardo dal nostro piccolo attaccato al seno, prendere per mano il suo papà ed invitarlo nel cerchio.  E qualche volta magari lasciargli anche tutto lo spazio, restare un attimo in disparte a scattare una preziosa foto, anche mentale.