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24 April 2015

Pezzettino


Pezzettino di Leo Lionni

Non sono una grande esperta di libri per bambini, ma mi piace molto cercarli. A natale ho utilizzato questo catalogo della Babalibri segnalatomi dalla mia amica Sonrisa per scegliere un libro per ogni nipotino di sangue e non. Per il mio nipotino Secondo ho scelto Pezzettino, convinta dalla recensione:
Sentirsi piccoli e incompleti
Nel mondo di Pezzettino tutti sono grandi e forti e fanno cose straordinarie, solo lui è piccolo e impacciato. «Sono senza dubbio un pezzo di qualcosa», pensa e decide perciò di scoprire che cosa gli manca. Inizia così la storia di Pezzettino, un piccolo quadrato arancione alla ricerca della propia identità...

Quando a natale prima di incartarlo l'ho sfogliato sono rimasta folgorata e ho deciso di comprarlo anche per Pisti. A Pasqua è arrivato e, nonostante sia un pochino difficile per lui, lo ha rapidamente sedotto. "Ti ricordi chi ha scritto questo libro?" gli chiedo mentre gurdiamo la copertina, prima di iniziare la lettura. "Un signore che si chiamava Leo Lionni". Mi piace insegnare a Pisti il nome degli autori dei libri che leggiamo. Mi sembra un segno di rispetto e gratitudine.  Mi piacerebbe scrivere per lui una biografia semplice dell'uomo incredibile che è stato Leo Lionni. Mi piacerebbe insegnargli che dietro una storia che ci piace c'è una persona e tutto il suo mondo. (Italiano, nato in Olanda ed espatriato altrove, hanno anche molte cose in comune).


Nella storia Pezzettino si cerca e va dai suoi amici, da Quello-Che-Corre, da Quello-Forte, da Quello-Saggio e da tutti gli altri e a tutti chiede "Io sono un tuo pezzettino?"  Ci sono piaciuti molto i personaggi della storia, nella seconda di copertina ce n'è uno che non è nominato nella storia. Pisti l'ha chiamato Quello-Che-Va-Piano.

Quello-Che-Va-Piano


Alla fine chiedo a Pisti:  "E tu sei un mio pezzettino?" Lui, tutto convinto, a mia grande sorpresa, dice  "Si!", nonostante tutto quel popo' di pagine di "No, tu non sei un mio pezzettino..."
"Ma no! Un giorno sì eri un po' come un mio pezzettino, quando eri nella mia pancia, ma ora sei un pezzettino tutto tuo, come Pezzettino lui!"


La mia mamma quando ero giù di morale, mi guardava da lontano e mi diceva:
 Non ti vedo tutta, ti manca un pezzo..
Forse anche per questo trovo Pezzettino un libro commovente e dolcissimo.



Con questo post partecipo al venerdì del libro 



P.S. Se anche voi come me, per deformazione emigrazionale, vi siete domandati, ma come lo traducono Pezzettino?


Pet-set-eeno

14 January 2014

sono proprio io




è me stessa che osservo mettere aposto il camion dei pompieri, il coniglietto, le pentoline. Sono io che prendo una spugna e la passo sul copridivano. Poi sbarazzo tutto, metto i piatti in lavastoviglie, pulisco il tavolo, raccolgo le briciole per terra. Mi sento spossata, stanca, ma anche distaccata, di sicuro ho addosso una faccia molto scura. 


Quella mattina sono tornata al lavoro dopo le vacanze di natale. Sono io quella che parla col medico del lavoro per la visita annuale di routine. Per me è la prima. Sono sempre io che dico che mi paiono strane tutte quelle domande evidentemente volte a capire se c'è una situazione di mobbing o esaurimento. Dico che capisco che sarebbe un conflitto di interesse, ma che io ero abituata a che certe domande le facesse lo stesso capo, in occasione di quei bei bilanci annuali, difficili da fare ma molto utili per centrarsi, guardare avanti e darsi lo slancio.


Non dico che ho avuto un periodo di burn out. No, probabilmente non faccio per niente bene, ma voglio ricominciare daccapo, non ho voglia di una ramanzina su qualcosa che capisco molto bene. Su diverse risposte al questionario sono diversamente sincera. So che non va bene, che devo risolvere certe cose, ma ritengo di potercela fare.

Sono io, proprio io quella lì seduta mentre la dottoressa mi fa le domande di routine. Operazioni, malattie importanti nella famiglia. Diabete, cancro?

Mia madre è morta di cancro ai polmoni.
Che età aveva?
64 anni
Il y a beaucoup de temps?
Il y a deux ans y quelque, dico io. La mia voce è ferma.

Lei fa una certa faccia, come allarmata e dice: ah, da poco... Dice proprio così. E poi mi fa una domanda semplice, anzi la più difficile, con la voce più empatica che si possa immaginare.
E come va? Sei riuscita a  faire le deuil ?


Mentre sto pensando che persino in francese suona meglio che in italiano, sento i rubinetti che si aprono, io sono pura spettatrice, non posso credere ai miei occhi, non posso credere all'acqua che stanno perdendo. Forse piango perchè fuori da quella stanza sembra che nessuno riesca ad immaginare... che più di due anni non sono che un soffio, che no, non sono bastati. Non ci sono ancora riuscita.


Dal punto di vista idraulico ho delle attenuanti molto valide che possano spiegare questa improvvisa sovrappressione, aldilà del fatto stesso che fa già un'ora che chiacchiero con questa  donna. E che questa donna da circa un'ora sembra in qualche modo volermi stanare. E be voilà, tana per Squabus.

Quella stessa mattina Mezzo si è svegliato presto e non ha più voluto dormire. Siamo rimasti accoccolati sul divano al buio a raccontarci le storie fino a che non ha fatto luce. C'era la copertina di lana che mia madre aveva fatto per me neonata, con questa pataccona che sarebbe una lumaca, ma senza le antenne. Mezzo mi chiede cos'è. Lo sa, ma lo vuole sentire: è una lumaca. Per la prima volta... Gli dico l'ha fatta la nonna. Lui dice nonna A.. Per la prima volta dico al Mezzo il suo nome. No l'ha fatta la nonna Sissi.  Mezzo ripete soddisfatto nonna Sissi. Gli piace il suono, nonna Sissi.
Più tardi quella mattina mando una email ad una nuova amica che per l'ennesima volta mi incrocia increspata, triste. Mi dice che le dispiace che Montepello mi metta tristezza. Quale sciocchezza più grande...  Decido di allentare il sacco e tirare fuori qualche ragione. Le dico che ho un peso privo di parole sul cuore e che quel peso si chiama mamma.


Infine, infinitamente straziante, la dottoressa ha il volto di mia madre sul letto di morte, ma nella sua versione viva, sorridente e allegra.  La somiglianza mi dilania il cuore e deve essere quello il particolare per cui, in corrispondenza di quella domanda, si aprono i rubinetti. C'è una spiegazione idraulica molto convincente.


Sono io quella che torna a casa, cammina fino alla fermata del tram, invece di prendere l'autobus, poi se ne va a casa, senza tornare al lavoro, spossata e distrutta. Quel giorno Mezzo vedrà il chercheur far capolino dalla porta al nido.