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02 February 2014

liberiamo una ricetta tardiva #liberericette

Volevo partecipare a Liberiamo una ricetta e ho fatto tardi :(

Avevo/ho una ricetta proprio bella. Me la sono fatta passare dalla titolare, che un giorno brava e spavalda come solo una titolare può essere ha portato in ufficio questi muffin mignon al potentissimo gusto di limone, che si chiamano financier. Mi son detta, può essere che resterò panchinara a vita, ma i financiers li saprò fare pure io! Così mi sono cimentata, e seppur io ultimamente in cucina abbia pochissima pazienza, sono venuti buonissimi al primo colpo.

Meglio tardi che mai, l'importante è che questa ricetta deliziosa sia libera, no?


Financiers au citron
Per circa 12 financiers, poi dipende dalla grandezza del pirottino/stampino che usate.

100g burro
50g di polvere di mandorle
120g di zucchero a velo
40g di farina (o maizena per financiers gluten-free)
scorza di mezzo limone (sembrerà poca roba, ma è potentissimo e l'aroma sarà deciso)
3 bianchi d'uovo ***


Preriscaldare il forno a 210°C. Fare fondere il burro a bagnomaria.
Mescolare la polvede di mandorle, lo zucchero a velo, la farina, la scorza di limone. Aggiungere i bianchi d'uovo poco a poco, quindi il burro. Mescolare bene.

Riempire i pirottini o stampini, non fino al bordo, perchè gonfieranno.
Cuocere 15-20 minuti a seconda del forno. Non farli dorare troppo che poi si seccano!

Sono buoni!!!!

Queste titolari sono proprio brave, mannaggia a loro!!


*** con i rossi io faccio una pasqualina, pasta sfoglia, spinaci, ricotta, sale qb... gnam pure quella!


"Le storie sono per chi le ascolta, le ricette per chi le mangia.Questa ricetta la regalo a chi legge. Non è di mia proprietà, è solo parte della mia quotidianità: per questo la lascio liberamente andare per il web"




24 June 2011

Tiromisu

... il ritorno del post kilometrico...

K. e' partita. I suo aereo per il Canada deve essere decollato una mezzoretta fa. L'ennesimo addio. Ci abbracciavamo ieri sera e mi tornavano in mente tutti gli abbracci di addio, in particolare l'abbraccio con Milena partendo da Nizza, quante lacrime. Ma K. e' di stoffa forte e vedendola liberarsi dalla presa asciutta e sorridente, le ho ricacciate dietro le mie. Si cresce anche. E di lacrime ne avevamo viste scorrere fin troppe negli ultimi giorni.

Dalle brutte notizie mie e sue. Lei che si preparava per un ultimo viaggio europeo in solitaria, Siviglia, Cadice, Granada, Barcellona. Invece si ritrova a impacchettare tutto in fretta e furia sperando di arrivare a casa in tempo per salutare suo padre per l'ultima volta. Sono andata da lei appena ho potuto, l'ho trovata ad occhi rossi, seduta al tavolo, correggeva i compiti di inglese dei suoi piccoli alunni. E mi e' sembrato buono e giusto questo suo impulso di andar via lasciando tutto in ordine. Sono andata a comprare cosa le mancava: spugne, sacchetti dell'immondizia. Ho chiamato il chercheur per i rinforzi. Poi mi sono messa in silenzio a pulire il forno, mentre lei finiva di correggere i compiti. Che' in ogni caso non riuscivo a stare ferma. E strofinare un forno incrostato fino a farlo tornare a specchio mi sembrava l'attivita' piu' sensata possibile. Il bisogno irrefrenabile di sistemare qualcosa, di combinare qualcosa di buono. Poi K. ha finito la correzione ed e' arrivata la cricca francofona al completo. Il chercheur si e' dedicato a fare spola alla pattumiera per buttare il buttabile (un'impresa: l'immondizia nel centro dei paesini chic olandesi...). D. si e' dedicato al bagno, mentre F. l'indisciplinato svuotava il frigo bevendo birra. Io continuavo a strofinare il forno.

Il giorno dopo, compro i biglietti per Milano, vado a lavorare tardissimo, parlo col capo, faccio partire i fermentatori in batch, lavo bicchieroni da 20 litri. E poi e' il giorno dei saluti. Avevamo stabilito che K. dormira' da noi, cosi' e' ad un passo dalla stazione, che' deve prendere il treno prima dell'alba. Io avevo finalmente stabilito per quella sera un appuntamento con Y. l'amica siberiana. Non c'eravamo piu' viste per mesi, per "colpa" mia e finalmente ero pronta ed avevo voglia di vederla. Il programma originario era cena, ma prima un workshop di tiramisu che volevo portare in ufficio il giorno dopo per il gravoso (per me) evento sociale porta la torta per il tuo compleanno. Che' io una voglia di festeggiarmi che non se ne ha un'idea. Pero' sono in fase di assecondamento ed accettazione dei codici sociali. Vedo tutto come un challenge: tipo vedi che schifo la vita a volte, che sara' mai portare una torta in ufficio? Non renderti la vita ancora piu' difficile e pedala e sbatti uova...
Mando una mail a Y. e le spiego tutta la situazione, proprio tutta. Mi si stringe il cuore di dirle di mia madre, la sua e' morta un anno e mezzo fa e so che non si e' ancora ripresa del tutto. Le spiego di K. che parte, che dormira' qui, del padre di K.. Del tiramisu' che mi resta di traverso. E le dico pero' che io voglia di vederla ne ho sempre, che saro' a casa nel tardo pomeriggio, di passare da me se vuole...
Arrivo dal lavoro alle 6, esausta. Tutto l'occorrente per il tiramisu e' li; a disposizione. Il divano mi rifiuta. Il mio corpo rifiuta il divano. Ale' mi tiro su. Faccio il tiromisu. Comincio a scaffettierare litri di caffe', in granparte deca, lo mischio con del cioccolato stavolta. Un sms di Y.: viene tra mezzora. Alla fine quasi programma originario. Cerco le fruste dello sbattitore. Non le trovo da nessuna parte. Per un attimo mi ricascano le spalle mentre mi rendo conto che la mia casa olandese non ne e' mai stata dotata: mi sto confondendo coi ricordi della casa nizzarda e quella coloradense, quando ancora facevo le torte di pere di fatto... Qui al massimo un minipimer e si e' rotto l'anno scorso. No, energie per bianchi a neve a mano non ne ho. Telefono a T., la dottoranda portoghese, che in effetti col Tiramisù ha un certo feeling. Mi porta le sue. Insisto che ci mancherebbe vado a prendermele io, insiste che no. Mi arrendo: mi lascio coccolare.
Arriva Y. e ci beviamo un infusione. La vedo triste, e' triste per me o c'e' qualcosaltro? cerco di sorridere e sdrammatizzare. Dice che lei sta bene, allora sara' preoccupata per me? Dico io per il momento mi sento forte. E insisto che devo fare questo tiramisu', ho bisogno di combinare qualcosa di buono. Arriva T. si ferma solo un minuto per lasciarmi le fruste. Sembra stanchissima e mi sento un po' **in colpa** di averla fatta venire fin qui. Poi caccio via il senso e mi prendo questa coccola.

Allora 4 bianchi a neve e si mettono da parte, 4 tuorli e 4 cucchiai di zuchero sbattutti, poi si uniscono 500 gr di mascarpone. Quindi si incorporano delicatamente i bianchi, con un mestolo di legno. Uno strato di savoiardi inzuppati, uno strato di crema, una spolverata di cacao. Non trovo il colino, lo cerco 5 minuti buoni, poi ci rinuncio. La pioggia di cacao sara' piu' a grandine. Magari e' anche piu' buono. Ci divertiamo nel processo di inzuppamento e disposizione del savoiardo. Presto il processo diventa in catena di montaggio. E' il dogma del lavoro di squadra: succede sempre. Due o tre strati. Di solito mi mette ansia che sia troppo poco quello che preparo, che non basti. Stavolta no. 2 teglie e ce le faremo bastare. Facciamo anche contenitori piu' piccoli, cosi' Y. se lo porta a casa. Ne prepariamo uno per K. e uno per gli altri della truppa.

Poi frema ma assertiva, dolce e delicata, dico che voglio andare a salutare K., quindi usciamo, il chercheur si sveglia dalla sua pennichella, beato lui! Poi accompagniamo Y. a casa che e' di strada ed andiamo al baretto belga d'abitudine. Una birra, il tiramisu, gli abrracci e a nanna. Alla fine K. va a dormire da un'altra amica che si e' offerta di accompagnarla in aereoporto. Crede che io mi sia offesa che non viene da me. Menomale che me lo chiede, cosi' posso dirle di non essere stupida. Volevo solo esserle di aiuto, alleviare. Ma forse c'e' qualcosa che non afferro. E sono esausta. La giornata e' stata intensa.

La vita e' fatta di priorita' e di accettazione delle emergenze che te le fanno cambiare. Vivere bene richiede saggezza nel valutare le priorita', ed adattarsi il piu' serenamente possibile quando cambiano. Forse alla fine cresco anche io, no? Due volte diciassettene oggi.. fa paura

E adesso si sveglia il chercheur e mentre scende le scale mi canta happy birthday (dear president)a mo' di Marilyn Monroe. Mi fa ridere a crepapelle.
Cosi' e'....

15 June 2011

Insalata di pasta pazza

(per un esercito)

Ingredienti per 8-10 persone (anche piu')

500 gr farfalle
5 uova sode
400 gr feta
~1 kg (anche di piu', a gusto) di pomodori rossissimi
origano del piu' buono
olio e.v.o. del piu' buono

Cuocere per il tempo di cottura meno 1-2 minuti (a seconda dei gusti), quindi fermare la cottura in acqua fredda e irrorare con un bel po' d'olio.
Intanto tagliuzzare tutti gli ingredienti. A cottura della pasta mescolare il tutto. Fare riposare almeno alcune ore in frigo (il giorno dopo - e anche quello dopo- ' ancora piu' buona). Aggiungere sale solo nel piatto, altrimenti fa acqua!

Questo e' dedicato a Milena, che volevo chiamare, ma poi mi sono distratta nella (ri-)preparazione. (L'ho fatta ieri ed e' piaciuta molto. Erano settimane che non cucinavo con un po' di sentimento. E allora bisogna subito bissare)

perche' il mondo si cambia a poco a poco

10 January 2009

Elogio della torta salata

... un post-natalizio

E' stato Natale, poco tempo fa. E si sa che io odio il natale.
Le prime tre settimane di dicembre le ho passate in depressione preventiva. Ruminavo tra l'altro immagini e pensieri su come sarebbe stato il post di natale di quest'anno, ci tenevo a continuare la saga.

Dopo la metafora del sudoku del natale 2005,
la pausa del traslocante natale 2006,
gli spezzatini nevrastenici del natale 2007, la colonna sonora di quei giorni era niente paura, niente di piu' sentito in quel periodo di attesa in cui la vita stava per prendere una nuova piega.


Ed invece, guarda la vita, è stato un bel natale. Iniziato con una nota scura che ha però fatto da collante. Quando se ne va qualcuno quelli che restano han voglia di farsi del bene, per fortuna.
Inondato di un grandioso anche se freddo sole, questo natale pseudomilanese. Con la sensazione di non essere poi così tanto assente, non ci si incontra poi così spesso con questa vita frenetica, basta non vivere dall'altra parte dell'oceano per notare un certo filo conduttore. Fratelli ed amici si raccontano, appena arriva l'occasione.

Natale passato ai fornelli di una nuova cucina ancora da scoprire con finalmente un forno funzionante. Spignattando allegramente si è scacciata la tristezza, scrutando nel maestoso -nuovo pure lui- frigo dei miei, scegliendo gli ingredienti, accendendo fuochi. Tra tagliatelle, risotti, arrosti varii, ho cucinato un numero imprecisato di torte salate. Spinaci per la vigilia, porcini per il pranzo di natale. Poi radicchio per capodanno in montagna con gli amici. E' nata bimbaSonia ed una emozionata zia Squa ha portato in dono alla sua mamma una mezza porcini e speck ed un'altra mezza spinaci e zola. Le altre metà divise democraticamente con i quattro genitori. Un tripudio di torte salate, appunto.


La mia torta salata ha le seguenti caratteristiche:

Se ne frega di colesterolo e calorie, deve fare festa, scacciare la mestizia, scaldare il cuore, fare del bene. Non è fornita di dosi scritte e fissate, sono dettate dall'estro del momento, come fosse un quadro.
La sfoglia si compra al supermercato. Formaggio tipo galbanino a dadini quanto basta, una bella spruzzata di parmigiano, 2/3 fette di pancarrè sbriciolate (io uso un mixer e frullo il tutto), volendo una patata schiacciata, ma anche no.
L'ingrediente o gli ingredienti principali a propria fantasia e sensibilità. 3 uova per amalgamare. Circa 30 minuti in forno a 200°C, dipendendo dal forno. Una nuova spruzzata di parmigiano misto pancarrè frullati a fine cottura per gratinare, fa scena, ma non e' indipensabile.

Da mangiare tiepida, fredda o scaldata il giono dopo, a piacere, la torta salata come occasione di incontro tra lo speck ed i porcini, lo zola e gli spinaci, il radicchio ed il brie che in frigo si facevano i fatti propri.

13 March 2006

Alchimie


Tagliatelle zucca e 'nduja









La 'Nduja o Anduja è un tipico salame calabrese prodotto prevalentemente nel comune di Spilinga (VV) ed in quelli limitrofi, dal caratteristico gusto piccante. (...)
Viene prodotta con le parti grasse del suino, con l'aggiunta del peperoncino piccante calabrese e conservata nel budello cieco (orba), il tutto affumicato. Si consuma spalmandola su fette di pane abbrustolito, meglio se calde, o come soffritto per la base di un ragù o di un sugo di pomodoro, con aglio; sulla pizza, prima degli altri condimenti se cruda, oppure appena sfornata (...)

Dall'ultimo viaggio in terra natìa ho importato un bel pezzetto di codesta prelibatezza. Siccome in cucina mi piace sperimentare e siccome la zucca non mancava (in virtù del cestino settimanale acquistato col gruppo di acquisto solidale di cui un giorno vorrei parlare!)... non è stato difficile trovare l'alchimia.
Non mi piace scrivere le ricette delle alchimie casuali, ogni piatto è unico, comunque...
Lessare la zucca (io preferisco farla al vapore con tutta la buccia, bastano 10-12 minuti, quando è cotta si sbuccia facilmente). Farla a pezzetti.
Sciogliere in poco olio la 'Nduja.
Aggiungere la zucca.
Si può aggiungere poca acqua di fine cottura.
Io l'ho fatta con le tagliatelle (Garofalo, che in quanto a grande distribuzione rimane la mia pasta preferita)

Pare pure che la parola Anduja venga dal francese andouille, salsiccia. Quando i cerchi si chiudono...