03 December 2014

La metafora dell'uncinetto


Sono andata in centro a prendere nuova lana, ne avevo già quintali, ma quintali troppo assortiti, provenienti da diversi cicli della spirale, non abbastanza colori e lane incompatibili. E poi ho perso di vista gli uncinetti del numero 6 e questo era inaccettabile. Avevo bisogno di sferruzzare proprio col numero 6.

Ho imparato l'uncinetto da mia madre e se ci penso non ci sono molte altre cose che mi abbia insegnato. Non a cucinare, nessun particolare segreto casalingo, nessun segreto del mondo e degli uomini. Non eccelleva in nessuno di questi campi, almeno da un certo punto della sua vita in poi. Prima, dicono le voci, era una persona eccezionale e vincente. Cullo il desiderio, il bisogno, di scrivere alle sue amiche di gioventù per farmi raccontare com'era la mia mamma prima. Per soffrire fino in fondo di quella malasorte ingiusta e poi perdonare tutto e tutti e anche lei. E infine anche me stessa.

Non mi ha insegnato molte cose, neanche a fare gli spinaci e i broccoli che faceva lei, che in mezzo a tutte le cose così così che cucinava, quando cucinava, erano buoni. Erano suoi.

Però l'anno della maturità mi ha fatto da spalla nella preparazione dell'interrogazione di scienze sulle rocce. Lei, da bravo architetto secchione-110-e-lode, le rocce le conosceva a menadito e mi aveva dato un sacco di trucchi per ricordarmele. Presi 9 e fu l'unica volta. Quel 9 rappresenta per me la potenzialità. Quello che avrebbe potuto essere e non stato. Povera la mia mamma che la vita se l'è fagocitata. Povera la mia mamma che nessuno ha saputo aiutare.

Però si, l'uncinetto me l'ha insegnato. Credo sia stato nello stesso anno delle rocce,  un anno fortunato. Mi ha insegnato la maglia bassa, quella alta e il punto gambero, mi pare. Dopo moltissimi anni ho scoperto, o almeno mi è parso di capire, che uno di quei punti non era fatto in maniera canonica. La mia mamma era un po' anarchica, soffriva nei ranghi, aveva l'esigenza di rompere gli schemi, come si poteva vedere nelle cose che ha progettato. La sua deve essere stata una maniera per reagire al suo papà militare e alla sua mamma meticolosa e pignola. La sua Ribellione.
Questa cosa è passata nei miei modi di fare para-para. Sono la testa per lo più saggia, ma molto calda della situazione, sono quella che si ribella e che non ci sta. Al limite per me ribellione è quella metodicità che anelo e non compio mai completamente. Quel delirio che ho per l'archiviazione, per la catalogazione senza speranza del mio caos (che guarda un po' si sta arginando...ma quella è un'altra metafora , quella dell'dell'armadio...)

Tornando all'uncinetto, resterò sempre col dubbio se per mia madre il fare la maglia bassa in quella maniera non canonica fosse intenzionale. Ci sta col personaggio. Ma anche non fosse intenzionale, era lei, lei era una maglia bassa non canonica. Però contava, contava le maglie e ripeteva lo schema sempre uguale a se stesso. In maniera stranamente ligia e stretta. Era testarda la mia mamma.


Io sono più creativa. Non riesco a contare, non riesco a seguire un pattern e con l'uncinetto questa cosa è limitatamente limitante. L'uncinetto, rispetto al lavorare a maglia che ho provato in una stagione invernale  olandica, quando la mia amica canadese K aveva montato un circolino di maglia (e uncinetto). Sono risucita a fare due berrettini, uno è andato alla bimba di H, la mia dottoranda americana preferita. Poi la maglia l'ho abbandonata perchè facevo fatica costretta in quei ranghi prefissati... L'uncinetto , dicevo, è un'arte molto versatile, il lavoro può cambiare continuamente e adattarsi senza troppo sforzo alle esigenze. L'uncinetto può anche somigliare alla scultura per certi versi. Se Pistacchio mi lasciasse più volentieri la sua mano quei guantini li avrei già finiti già da mo'. Invece sono ferma ad un pollice. Medito di fargli il calco della mano per andare avanti, perchè di questo passo quando ho finito o sarà estate o i guanti saranno piccoli.



Oggi sto pensando che non sembra poi così grave aver appreso quella maglia bassa anarchica ed atipica. Non canonica. Io, all'uncinetto, posso costruirci lo stesso un mondo che è colorato, bello e funzionale come tutti gli altri. Pur con la consapevolezza, a volte dolorosa, di non poter parlare maglie basse con gli uncinettari canonici. Non è grave.Ne troverò di atipici sul cammino, spero.

Quello che mi pesa è non aver imparato la rifinitura. O come diavolo si chiude il lavoro. La mia mamma andava come un treno a sferruzzare e sfornare sciarpe, ma restavano « grezze ». Nel suo ultimo anno di vita ha intrecciato tonnellate di lana distribuendo sciarpe non rifinite a figli, nipoti, nuore e genero. L'uncinetto portava anche lei in the flow, mi sà. Quando era più giovane probabilmente aveva conosciuto quel desiderio di sperimentare che io sto assecondando con le collane. Nessuna sarà uguale alla precedente, perchè io non ce la faccio a replicare. E' più forte di me e per certi versi è un peccato. 


In quegli anni lontani delle rocce mi ero fatta una lunghissima sciarpa in due tonalità di grigi, che poi era andata in prestito all'economo di Madrid. Anni dopo qualche altra sciarpa. Poi dei bei guantini per la Teddy, una cappello per Sonrisa (era pure finito sul blog a ripensarci...), uno per il chercheur. Una coperta terribile per  Hnita-bebè. Anni dopo una collana semplicissima per me, che molte persone mi hanno sorriso. Molte persone hanno sorriso la mia collana, come dire ah tu sai fare questo. Io posso fare cose belle. Quindi adesso mi rimetto in creazione. So fare poco, ma quel poco che so fare deve creare cose belle. Voglio coltivare questa maglia bassa anarchica e farci cose meravigliose. Il DIY esistenziale è in mood ON.

(questo post ha perso un pezzettino nel suo lungo peregrinare, se lo ritrovo ce lo rimetto qui... che blogger distratta questa Squa... intanto buon uncinetto a tutti)



15 comments:

  1. che bel post, squa. Te lo sorrido. E vorrei vederla questa collana.

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    1. è questa
      http://instagram.com/p/wTaGTUK7ls/

      niente di che, ma appunto, rappresenta per me il fare, il provarci, con quel che si ha e che si può. Io sono quella che per eccesso di perfezionismo finisce per non fare nulla. Sto scendendo a patti.

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    2. Ma è bella! L'eccesso di perfezionismo blocca anche me, come ti capisco.

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  2. Bello veramente questo post, mi hai fatto sorridere pensando alla tua collana. Non importa quante cose una sa fare, l'importante è che le cose che facciamo le sappiamo fare bene e vengano belle belle.

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  3. "Non riesco a contare", ah come ti capisco! Dammi da contare 10 cose o da inventarne 50 e vedi dove finisco prima...
    Però che pesi si scaricano addosso agli altri quando non si affrontano i propri. Non tanto per la tua mamma, che ha avuto veramente una vita tremenda, da quel che si capisce, ma per tanti, troppi altri che preferiscono fare gli struzzi...

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    1. non l'ho capito il tuo discorso sui pesi che si scaricano e mi dispiace moltissimo non capire.
      Provo a immaginare di aver capito, tu dici che ci si fissa su certe problematiche per darsi delle scusanti. Se provo ad applicare il discorso al mio caso... tante volte me lo domando! SOno tutte scuse che mi invento per non vivere, per non tentare, per non osare. HO un compagno che mi ama e rispetta molto il mio passato ma che in parte, in fondo, diceva lo stesso. Ora basta però. Anche la MAtrioska di prima, in effetti. Santa UltimaMatrioska è arrivata, ha accolto tutto il mio dolore e il mio bisogno di rivendicarlo, di mostrarlo, di guardarlo in faccia. Solo una volta che il mio dolore è stato accettato, io ho potuto decidere d andare oltre. PArlare del mio passato qui significa che lo sto già superando.
      USare certe sofferenze come scusa è un problema in sè. NOn è un finto problema. MA non sono sicura di aver capito.

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    2. Cara Squat, la mia riflessione va spiegata meglio, perché troppo personale, in effetti :-). Non si appunta particolarmente su di te, e non era nemmeno direttamente sulla tua mamma, perché da quel poco che ho capito leggendoti, era in una situazione tra le più gravi, forse fatta precipitare da cure non adatte, ma ad ogni modo in cui la volontà, ormai, poco contava. Mi riferivo alla diffidenza e alla reticenza con cui troppe persone, anche non deprivate culturalmente e socialmente, con tutti i mezzi eocnomici necessari ecc., decidono di riconoscere e affrontare i propri cortocircuiti emotivi (i cui meccanismi hai peraltro spiegato nel post successivo). Ritengo infatti che l'elusione in materia comporti situazioni estremamente negative e penose a livello individuale, di relazioni e anche sociale. Dovrebbe essere eliminata, a livello sociale come personale, l'angoscia con cui ci si riferisce a simili situazioni e dovrebbe divenire senso di responsabilità verso sé stessi e verso gli altri quello di non sommergerle, ma appunto,di affrontarle. Penso che una certa cultura cattolica come idealista in Italia abbia purtroppo giocato non poco nella diffidenza verso questo approccio, ma è un altro discorso, né altrove si può dire che sia tutto scontato.
      Venendo un momento al tuo caso, giustamente scriverne e parlarne è parte di un processo che può, come ti auguro, arrivare a accettazione da parte altrui e superamento da parte propria. In bocca al lupo :-))) dopo tutto questo discorso razionalista ;-). Bello il post divulgativo sopra questo, anche se il libro "naturale" non l'ho visto.

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  4. Credo che tu scriva quello che la maggior parte dei figli pensa: in fondo cosa mi hanno insegnato i miei genitori? Se ci avessero insegnato a fare le lasagne, per fare un esempio banale, sarebbe stato diverso? Ora che siamo genitori possiamo vederla dall’altra parte, purtroppo i segreti del mondo probabilmente nessuno, o veramente pochi, li conosce. Forse vorremmo che i nostri genitori fossero “maestri” di vita ma sono persone. Non è facile da accettare quando lo scopriamo. Davvero all’inizio pensiamo che i nostri genitori siano supereroi perché sembrano sapere fare tutto e conoscere tutto del mondo, rispetto a noi bambini che sappiamo fare e conosciamo veramente poco o niente.

    Sicuramente dovremmo farlo, quello di scoprire quello che erano i nostri genitori prima che diventassero tali. Qualche giorno fa mia sorella ha postato una vecchi foto dei miei genitori da fidanzati, anche fisicamente sembrano persone diverse, stentavo quasi a riconoscerli.

    P.S. ma una scarpetta in più… :)

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    1. no mi spiace Daniele, non hai capito. Il post era basato su una metafora (l'ho messa apposta la metafora nel titolo ;). E' ovvio che non sono "arrabbiata" e amara e infinitamente triste perchè mia madre non mi ha insegnato a fare i broccoli, gli spinaci o la lasagna. I miei genitori, entrambi, non erano solo e semplicemente dei non-super-eroi. Te lo assicuro. MIa madre in particolare è stata un modello complesso. E non è poi un caso che i miei due fratelli maschi sembrano usciti fuori dalla loro storia passata (che è grosso modo) identica alla mia freschi come due rose. Più o meno.

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    2. Avevo banalizzato o generalizzato, forse troppo. Sicuramente tu leggi il mio commento avendo alle spalle storie che io non posso conoscere al di là di quello che riesco a capire dalle tue parola scritte.
      A me succede molto spesso parlando perché rinuncio a premesse importanti per essere più breve e gli altri mi danno risposte non in linea con le mie aspettative.
      Un abbraccio

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  5. io non so lavorare a maglia. e nemmeno l'uncinetto, so fare. facciamo che un giorno m'insegni tu, ti va?

    p.s. i "the flow" con le mani che fanno sono tra i miei preferiti. quasi quanto quelli con i piedi che vanno, uno dopo l'altro, uno dopo l'altro, camminando senza meta.

    e ri p.s. ancora: questa squa che scrive d'uncinetto mi scalda il cuore

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    1. Mi va e tanto. è una promessa... porteremo tanto cotone alle POrquerolles, quando sarà sarà, e faremo qualcosa insieme con quella maglia bassa non convenzionale. <3

      lo so che quello è il tuo flow e io anche questo natale ho voluto regalarmene un po' :)

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  6. E' una bellissima cosa rimettersi in creazione. Io ogni tanto disegno e modello la pasta, escono delle cose carine che poi lascio lì, ma mi sono messa in testa che adesso che abbiamo una casa più o meno stabile, inizio ad appendere le cose più piacevoli al muro. Non per fare sfoggio ma per ricordare a me stessa che so fare anche qualcosa di diverso oltre a studiare.
    Mi sono persa sicuramente molte cose dei tuoi post e rimango con un punto interrogativo su tua mamma, che cosa le è mai successo da un certo punto in poi? Scusami ne avrai sicuramente parlato molto

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    1. Close, che peccato mi ero persa questo commento.
      Di che pasta parli?
      Non ho parlato molto di mia madre, ho iniziato da pochissimo, se cerchi tra gli ultimi post quello che si intitolata tso, un pochino, forse, di capisce.

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Io lo so cosa stai pensando.
Lo scrivo, non lo scrivo, quasi quasi lo scrivo. Ma no dai...
E' lo stesso che penso anche io quasi ogni volta.
Ma tu prova, prova a lasciare una traccia.
Non sarà invano.

Prova pro-pro-prova